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Sentenza

Concessione demaniale. Canone. Quantificazione. Criteri di determinazione. Natur...
Concessione demaniale. Canone. Quantificazione. Criteri di determinazione. Natura provvedimentale dell'atto gravato. Giurisdizione.
T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 21 novembre 2014, n. 563

N. 00563/2014 REG.SEN.

N. 00149/2014 REG.RIC.

N. 00251/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 149 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Greensisam s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Roberto Righi, Carmine Pullano, Giovanni Gerbi e Luciano Canepa, con domicilio eletto presso il secondo, in Trieste, via Carducci 10;

contro

L'Autorita Portuale di Trieste, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3;
il Comune di Trieste, rappresentato e difeso dall'avvocato Oreste Danese, domiciliato in Trieste, via del Teatro Romano 7;
il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituiti;


sul ricorso numero di registro generale 251 del 2014, proposto da:
Greensisam S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Luciano Canepa, Roberto Righi, Carmine Pullano e Giovanni Gerbi, con domicilio eletto presso il terzo, in Trieste, via Carducci 10;

contro

L'Autorità Portuale di Trieste, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3;
il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituiti;

quanto al ricorso n. 149 del 2014:

quanto al ricorso introduttivo:

-per l'accertamento e la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dall'Autorità Portuale di Trieste nonchè dal Comune di Trieste, in relazione alle diffide a provvedere notificate in data 15.1.2014 volte ad ottenere il rilascio dell'autorizzazione unica conseguente alla conferenza di servizi decisoria conclusasi l'11.12.2009 ex art. 14 ter L. 241/1990 per la realizzazione del progetto volto alla realizzazione del complesso polifunzionale previsto dalla concessione demaniale n. 1/2005 di cui la ricorrente è la titolare, con la conseguente condanna, ove ritenuta ammissibile dal Tar, al rilascio di tale autorizzazione e del relativo titolo documentale,

nonchè previo mutamento del rito ex art. 117 c.p.a.;

-per l'accertamento del comportamento colposo e generativo di danno anche da ritardo degli Enti intimati;

-e per la conseguente condanna ex art. 30, 4° comma CPA di essi in solido, al risarcimento in favore della ricorrente del danno nella misura di euro 11.000.000,00 più interessi legali e rivalutazione monetaria, ovvero nella diversa misura che verrà ritenuta di giustizia, previa occorrendo ammissione di CTU;

-per l'accertamento del diritto della ricorrente di non corrispondere il canone di concessione finchè perdura il silenzio inadempimento dell'Autorità Portuale di Trieste in merito al rilascio dell'autorizzazione unica di cui sopra;

Quanto ai motivi aggiunti depositati in data 25.6.2014:

per l'annullamento

-della comunicazione dd. 27 maggio 2014, n. prot. 4993 del Settore Bilancio Contabilità e Finanze dell'Autorità Portuale di Trieste, con la quale si è sollecitata la ricorrente al pagamento dei canoni demaniali 2014 per un importo di euro 608.537,50;

-per l'accertamento del silenzio serbato dall'Autorità Portuale di Trieste in relazione alle diffide volte ad ottenere il rilascio dell'autorizzazione unica conseguente alla conferenza di servizi decisoria conclusasi l'11 dicembre 2009 per la realizzazione del progetto volto alla realizzazione del complesso polifunzionale previsto dalla concessione demaniale n. 1/2005;

-per l'accertamento del comportamento colposo e generativo di danno anche da ritardo degli Enti intimati;

-per la condanna ex art. 30, 4° comma CPA di essi in solido, o di chi di giustizia tra essi, al risarcimento in favore della ricorrente;

-per l'accertamento del diritto della ricorrente a non corrispondere il canone di concessione finchè perdura il silenzio inadempimento dell'Autorità Portuale di Trieste in merito all'autorizzazione unica di cui sopra;

quanto al ricorso n. 251 del 2014:

per l'annullamento

-della decisione dd. 8 aprile 2014 prot. 3545 del Dirigente del Settore Demanio dell'Autorità Portuale di Trieste, con la quale si chiede di voler provvedere ad integrare la fideiussione, con la sottoscrizione dell'atto formale come previsto dall'art. 5 del contratto, aumentandola dell'importo di euro 3.679.900,00;

-per l'accertamento del diritto del ricorrente a non versare alcuna cauzione o polizza fideiussoria, oltre a quanto previsto dall'art. 5;

-per l'accertamento e la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dall'Autorità Portuale di Trieste e del Comune di Trieste in relazione alle diffide a provvedere e volte ad ottenere il rilascio dell'autorizzazione unica conseguente alla conferenza di servizi,per la realizzazione del complesso polifunzionale;

-per l'accertamento del comportamento colposo degli Enti intimati, nonchè per la loro condanna in solido, e per l'accertamento del diritto della ricorrente di non corrispondere il canone di concessione finchè perdura il silenzio inadempimento dell'Autorità Portuale di Trieste.


Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Autorita Portuale di Trieste e del Comune di Trieste;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti delle cause;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2014 il dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente società, con il ricorso rubricato al n. 149/14, agisce in giudizio per l'accertamento del silenzio serbato dall'autorità portuale e per quanto di ragione dal comune di Trieste a seguito delle due diffide di data 15 gennaio 2014 volte a ottenere il rilascio dell'autorizzazione unica conseguente alla conferenza di servizi decisoria conclusasi l'11 dicembre 2009 ex articolo 14 ter della legge 241 del 1990 per realizzare un progetto di un complesso polifunzionale previsto dalla concessione demaniale 1 del 2005 di cui la ricorrente è titolare e per la condanna conseguente al rilascio di tale autorizzazione.

Chiede inoltre, previo mutamento di rito ex articolo 117 del codice del processo amministrativo, l'accertamento del comportamento generativo di danno anche da ritardo e per conseguente condanna al risarcimento favore della ricorrente del danno nella misura di € 11 milioni più interessi legali e rivalutazione monetaria ovvero nella misura che verrà ritenuta di giustizia, nonché per l'accertamento del diritto della ricorrente a non corrispondere il canone di concessione fino al perdurare del silenzio dell'autorità portuale di Trieste sul rilascio dell'autorizzazione.

La ricorrente riproduce testualmente la diffida rivolta all'autorità portuale e al comune e spiega che, benché titolare della concessione demaniale del 2005 e in relazione alla quale ha corrisposto regolarmente il canone e nonostante che abbia sopportato ingentissime spese, non ha potuto eseguire in nessuna parte il programma economico della concessione né tanto meno l'attività edilizia volta a riqualificare il porto vecchio di Trieste, non potendo quindi realizzare lo scopo della concessione e coinvolgere gli operatori economici e investitori.

Ciò è avvenuto in quanto la ricorrente non dispone ancora dell'autorizzazione unica necessaria per l'inizio ed esecuzione dei lavori edilizi conseguente alla conclusione del procedimento della conferenza di servizi decisoria, non essendo intervenuta ancora l'autorizzazione unica di competenza dell'autorità portuale quale ente procedente alla conferenza di servizi. In sostanza quello che manca è il provvedimento finale, e ciò per il comportamento dei due enti coinvolti, autorità portuale e comune, i quali, in violazione del principio di leale collaborazione e dell'obbligo di concludere il procedimento in modo espresso, ancora discutono su chi di loro sia il soggetto competente al rilascio dell'autorizzazione unica che assorbe anche il permesso a costruire.

Secondo la società ricorrente le due note del 13 febbraio 2014 dell'autorità portuale e del 17 febbraio 2014 del comune confermano il comportamento omissivo contestato.

La società, in applicazione dei principi civilistici ex articoli 1453 e 1460 del codice civile, chiede che il Tar dichiari che la ricorrente non è tenuta al pagamento di alcun canone di concessione. Poi chiede una statuizione di un obbligo a provvedere di cui si chiede la declaratoria.

Esaurita la fase relativa al silenzio il giudizio proseguirà con rito ordinario in relazione alla domanda risarcitoria per tutti i danni subiti.

La società ricorrente ha proposto appositi motivi aggiunti depositati il 25 giugno 2014 in relazione alla nota del 27 maggio 2014 dell'autorità portuale che ha sollecitato la corresponsione del canone di concessione ancora da corrispondere per l'annualità in corso. Fa presente di aver impugnato con separato ricorso il provvedimento dell'8 aprile 2014 dell'autorità portuale stessa che ha chiesto un'integrazione della fideiussione.

Trattandosi di un atto di gestione del rapporto concessorio la cognizione, secondo la ditta ricorrente, rientra nella giurisdizione esclusiva del Tar ex articolo 133 comma primo lettera b) del codice del processo amministrativo.

In via di diritto, la società ricorrente deduce la violazione dei principi ex articolo 1453 e 1460 del codice civile in relazione all'articolo 11 della legge 241 del 1990 e all'articolo 18 della legge 84 del 1994, violazione dell'accordo integrativo di provvedimento del 10 agosto 2005 e violazione dell'articolo quattro della concessione contratto del 10 agosto 2005.

I principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti entrano in gioco anche nelle concessioni contratto, per cui il dovere di cooperazione secondo buona fede e l'obbligo di concludere il procedimento risulta posto a carico dell'ente pubblico concedente.

Il concessionario non sarebbe tenuto al pagamento del canone nella misura ordinaria almeno sino al rilascio del titolo abilitativo alle trasformazioni edilizie previste dalla concessione demaniale, come si ricava chiaramente dall'accordo integrativo e dalla concessione stessa all'articolo quattro. La ragione del canone ricognitivo per cinque anni era proprio la previsione del tempo necessario per l'espletamento della conferenza di servizi. Il superamento del quinquennio peraltro è avvenuto senza che l'ente pubblico abbia ottemperato ai suoi obblighi. In sostanza, secondo la ricorrente, la prestazione patrimoniale del concessionario non può essere pretesa fin a che l'autorizzazione unica non sia stata rilasciata.

Resiste giudizio l'autorità portuale di Trieste, tramite l'avvocatura distrettuale dello Stato, contestando la rappresentazione dei fatti offerta dalla società ricorrente e rilevando come il canone sia dovuto semplicemente per la messa a disposizione del bene e eccependo il difetto di legittimazione passiva in relazione a ogni pretesa di tipo risarcitorio.

Dopo aver ricostruito i fatti, evidenziando come la ditta ricorrente abbia più volte modificato il progetto, rileva come la soprintendenza ha rilasciato la propria attualizzazione solo in data 21 febbraio 2012, consentendo quindi all'autorità portuale di inviare gli elaborati alla regione per l'accertamento della conformità urbanistica ai sensi dell'articolo 10 della legge regionale 19 del 2009.

La regione chiedeva documenti integrativi consegnati dalla società il 26 ottobre 2013; la regione ha acquisito poi il parere di competenza del comune di Trieste ma non ha mai concluso il procedimento. L'autorità portuale aveva nella nota del 7 novembre 2013 invitato le amministrazioni comunali e regionali alla sollecita conclusione del procedimento. Solo in data 15 gennaio 2014 il comune ha comunicato che la soprintendenza aveva rilasciato l'autorizzazione monumentale.

L'autorità portuale poi con una nota del 13 febbraio 2014 ha respinto la diffida della ditta ricorrente.

Dopo aver ricostruito in via di fatto la vicenda, l'autorità portuale eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla richiesta di pagamento dei canoni demaniali, oltre che la carenza di interesse all'impugnazione di un atto non provvedimentale, laddove anche il ricorso per motivi aggiunti contesta il sollecito di un pagamento di canoni demaniali.

Quanto al merito l'autorità portuale eccepisce la tardività del ricorso per il silenzio, azione che può essere proposta finché perdura l'inadempimento è comunque non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento.

Inoltre non vi era alcun obbligo a provvedere in capo all'autorità portuale, alla quale non sarebbe quindi imputabile alcun inadempimento.

Quanto al canone, il privato deve corrisponderlo ove il bene sia nella sua disponibilità. Non essendovi poi nessun silenzio e nessun inadempimento nessun risarcimento può spettare alla società ricorrente

Sempre l'Autorità portuale nella memoria depositata il 25 settembre 2014 rileva che il rilascio del permesso costruire da parte del comune di Trieste con provvedimento del 31 luglio 2014 fa venir meno ogni concreto interesse al ricorso da parte della ditta ricorrente almeno nei confronti dell'autorità portuale, in quanto risulta che nessun ostacolo alla realizzazione delle opere sia imputabile a detta autorità portuale. Se vi sono stati ritardi essi dipendono dalla negligente condotta della società ricorrente e dalle lungaggini imputabili alla regione e al comune di Trieste.

Resiste in giudizio il comune di Trieste che, nella memoria depositata il 22 agosto 2014, ricostruiti i fatti, eccepisce l'inammissibilità del ricorso per acquiescenza, in quanto la ditta, avendo prodotto ampia documentazione, ha rivelato l'intento di accettare il procedimento concernente il permesso di costruire di competenza del comune e i provvedimenti presupposti, cioè l'autorizzazione monumentale di competenza della sovrintendenza e l'autorizzazione paesaggistica di competenza della regione.

Eccepisce poi l'inammissibilità del ricorso per mancanza di presupposti, in quanto l'articolo 31 comma terzo del codice del processo amministrativo prevede per il rito del silenzio che l'attività deve essere vincolata oppure che non esistono margini di discrezionalità e non siano necessari adempimenti ulteriori che devono essere effettuati dall'amministrazione.

Eccepisce poi l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto il rilascio del permesso di costruire del 31 luglio 2014 in adesione alle istanze della ricorrente comporta l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.

Quanto al merito ritiene che al caso vada applicato l'articolo 12 della legge regionale 19 del 2009 e per cui per l'intervento in argomento esistono come presupposti l'autorizzazione monumentale, quella paesaggistica e l'esistenza di opere di urbanizzazione primaria.

Per quanto riguarda l'autorizzazione monumentale essa è stata rilasciata il 18 dicembre 2013, quella paesaggistica regionale in data 5 novembre 2013, mentre per quanto riguarda le opere di urbanizzazione l'autorità portuale ha trasmesso i relativi elaborati in data 25 febbraio 2014.

Il comune contesta anche le altre censure concludendo per il rigetto.

Il comune con una memoria di replica depositata il 23 ottobre 2014 ribadisce la propria posizione contestando anche le affermazioni avversarie.

Con il secondo ricorso depositato il 25 giugno 2014 la ditta Greensisam srl impugna chiedendone l'annullamento, la decisione 8 aprile 2014 n 3545 dell'Autorità portuale che ha chiesto a garanzia del pagamento del canone l'integrazione della fideiussione; chiede altresì l'accertamento del diritto a non versare alcuna cauzione o polizza fideiussoria.

Dopo aver richiamato il primo ricorso, deduce la violazione dei principi di cui all'art 23 della Costituzione, la violazione dei principi ex art 11 della legge 241 del 1990 e dell'art 18 della legge 84 del 1994, la violazione dell'art. 5 della concessione demaniale n 1 del 2005 rilasciata dall'autorità portuale in data 10 agosto 2005.

Trattandosi di una concessione – contratto, ogni modifica deve essere consensuale.

Con memoria depositata il 1 luglio 2014 l'autorità portuale, ricostruita la vicenda, eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla richiesta d'integrazione della polizza fideiussoria, attività non provvedimentale.

Quanto all'inadeguatezza dell'importo essa risulta accertata dalla sentenza n 45/2011 della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, confermata in appello.

In ulteriore memoria depositata il 26 settembre 2014 l'autorità portuale eccepisce il difetto di interesse a seguito del permesso a costruire rilasciato dal Comune in data 31 luglio 2014.

In successiva memoria di replica depositata il 16 ottobre 2014 l'autorità portuale contesta l'affermazione della Regione che ha ritenuto che nel caso non sia necessario il procedimento di conformità urbanistica, rilevando come le opere presentano una funzione pubblica nell'ambito della cosiddetta portualità allargata.

Con una memoria unica sui due ricorsi n. 149 e n. 251 del 2014 depositata in data 8 agosto 2014 la ditta ricorrente ha ribadito la propria posizione contestando le tesi avversarie.

Sempre con altra memoria unica depositata il 3 ottobre 2014 la ricorrente ha ulteriormente precisato le proprie conclusioni.

Nella pubblica udienza del 5 novembre 2014, dopo la relazione del giudice relatore e l'intervento delle parti, le cause sono state introitate per la decisione.

DIRITTO

1. I due ricorsi in epigrafe vanno riuniti sia per connessione soggettiva sia in quanto i motivi aggiunti al primo ricorso, riguardando i canoni concessori, appaiono strettamente collegati con l'oggetto del secondo ricorso, concernente la domanda di integrazione della fideiussione. Inoltre, in entrambi i ricorsi sia parte ricorrente sia le parti resistenti argomentano sulle varie questioni intrecciando e sovrapponendo i rispettivi ragionamenti giuridici.

2. I motivi aggiunti del primo ricorso e l'intero secondo ricorso risultano inammissibili, sia per difetto di giurisdizione trattandosi di questioni che riguardano esclusivamente il canone di concessione, sia in quanto vengono impugnati atti privi di alcun contenuto provvedimentale.

3. Va innanzi tutto dichiarato inammissibile il ricorso per motivi aggiunti al primo ricorso; invero la società ricorrente ha proposto appositi motivi aggiunti depositati il 25 giugno 2014 contro la nota del 27 maggio 2014 n. 4993 dell'autorità portuale che ha sollecitato la corresponsione del canone di concessione ancora da corrispondere per l'annualità in corso.

3.1 Si tratta di controversia in materia di canoni, sottratta espressamente dall'art. 133 del codice del processo amministrativo alle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Recita invero detto art. 133: "Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: [... ] le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi".

3.2 Invero, detta norma, come affermato anche dal Consiglio di Stato nella sentenza 5964 del 2013, va letta alla luce di quanto precisato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 204 del 2004, e cioè nel senso di escludere dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di canoni che abbiano natura meramente patrimoniale, continuando, invece, a ricondursi nella giurisdizione del giudice amministrativo quelle nelle quali si discuta delle modalità di determinazione del canone, stabilite dall'amministrazione nell'esercizio dei suoi poteri discrezionali (C.d.S., sez. V, 30 novembre 2012, n. 6110; 6 luglio 2012, n. 3963; C.G.A., 24 ottobre 2011, n. 682).

In altri termini, se sulla base della disposizione citata devono senz'altro ascriversi al giudice ordinario tutte le questioni inerenti la quantificazione del canone spettante al concedente sulla base delle regole predeterminate dalla legge o da atti autoritativi dell'amministrazione, restano invece devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie nelle quali si discuta della legittimità degli atti nei quali l'amministrazione, nell'esercizio del potere demandatole dalla legge, stabilisce quelle regole e quindi fissa i criteri che verranno successivamente applicati per la concreta determinazione del canone dovuto dal concessionario (Consiglio di Stato 4 novembre 2013 n. 5289; 3 febbraio 2011, n. 787; 14 ottobre 2010, n. 7505; 26 maggio 2010, n. 3348; TAR Friuli Venezia Giulia n 18 del 2014).

3.3. Va poi aggiunto che l'atto gravato, datato 27 maggio 2014, non si può nemmeno qualificare come provvedimento, trattandosi di un mero sollecito del saldo di fatture emesse a carico della società ricorrente e non pagate per la somma complessiva di euro 608.537,50. Nel caso si tratta a tutta evidenza di un atto privo di contenuto discrezionale, in quanto l'autorità portuale si è limitata a sollecitare la corresponsione del canone di concessione per l'annualità in corso senza procedere ad alcuna sua rideterminazione o ad alcuna valutazione.

Si tratta quindi di questione esulante dalla giurisdizione del TAR e comunque inammissibile per la natura non provvedi mentale dell'atto gravato.

4. Venendo al secondo ricorso, esso ha ad oggetto il provvedimento n. 3545 dell'8 aprile 2014 emesso dall'autorità portuale. In esso si fa riferimento alla nota del 13 dicembre 2013 con cui la società odierna ricorrente ha paventato l'ipotesi di una possibile rinuncia alla concessione dei beni demaniali di cui alla concessione 1 del 2005.

La nota aggiunge che, come previsto dagli articoli 4 e 17 dell'atto di concessione, in caso di rinuncia anticipata, la società dovrà rimborsare la parte di canone non ancora corrisposta, che quantifica in euro 3.679.861,80. Aggiunge poi l'autorità portuale che a garanzia del pagamento di tale rateo di canone la società dovrà provvedere a integrare la fideiussione aumentandola dell'importo di € 3.679.900.

4.1 Anche in questo caso la questione esula dalla giurisdizione del TAR, vertendosi esclusivamente sulla corresponsione dei canoni e sulle relative garanzie.

4.2 Inoltre, come emerge da una semplice lettura dell'atto impugnato, anche in questo caso si tratta di un atto privo di alcun contenuto provvedimentale, in quanto collegato e condizionato all'ipotesi della rinuncia alla concessione da parte della società ricorrente, rinuncia allo stato mai formalizzata ma solo ipotizzata e comunque palesemente in contrasto con le diffide rivolte dalla detta società al comune e all'autorità portuale in data 15 gennaio 2014 e con la stessa proposizione del ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione, con cui si mira a ottenere l'autorizzazione unica, palesando la volontà di utilizzare la concessione medesima. Inoltre, la volontà di proseguire nell'attività concessoria emerge da tutti gli atti dei due ricorsi e dallo stesso comportamento processuale di parte ricorrente.

Sulla base quindi dei principi regolanti i ricorsi amministrativi, il ricorso n. 251 del 2014 va dichiarato interamente inammissibile per difetto di giurisdizione e perché rivolto avverso un atto privo di contenuto provvedimentale e quindi non lesivo.

5. Risulta poi inammissibile il ricorso principale nella parte in cui è rivolto avverso il silenzio, in quanto proposto fuori termine.

Invero, nella stessa prospettazione di parte ricorrente il ricorso è rivolto a ottenere un'autorizzazione unica in esito alla conferenza di servizi; sennonché tale conferenza dei servizi si era conclusa nel dicembre del 2009, mentre il presente ricorso viene notificato il 10 aprile 2014 e depositato il 23 aprile, a seguito di due diffide rivolte il 15 gennaio del 2014 rispettivamente all'autorità portuale e al comune di Trieste, ben oltre un anno dalla scadenza del termine previsto per l'azione di silenzio dal codice del processo amministrativo, articolo 31, comma secondo.

La diffida poi non vale a riaprire un termine già scaduto. Invero la diffida e l'esperimento del successivo giudizio sul silenzio dell'amministrazione non costituiscono presupposti per l'esercizio dell'azione risarcitoria, ma costituiscono i rimedi necessitati per fare emergere la spettanza del provvedimento favorevole che costituisce, a sua volta, il presupposto per ottenere il risarcimento del danno (TAR Genova 13 maggio 2009 n 1026).

6. Quanto alla domanda di danno per ritardo, va osservato in generale che la fattispecie risarcitoria del danno da ritardo a provvedere trova oggi specifica disciplina nell'art. 2 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, "disposizione questa che tutela in sé il bene della vita inerente alla certezza, quanto al fattore tempo, dei rapporti giuridici che vedono come parte la Pubblica amministrazione, stante la ricaduta che il ritardo a provvedere può avere sullo svolgimento di attività e iniziative economiche condizionate alla valutazione positiva della stessa, ovvero alla rimozione di limiti di rilievo pubblico al loro espletamento" (Cons. St., sez. III; sentenza n. 468 del 31 gennaio 2014; TAR Lecce 29 7 2014 n 2027).

Sul piano oggettivo "l'illecito de quo riceve qualificazione dall'inosservanza del termine ordinamentale per la conclusione del procedimento; sul piano soggettivo il ritardo deve essere ascrivibile ad un'inosservanza dolosa o colposa dei termini di legge o di regolamento stabiliti per l'adozione dell'atto terminale".

Nel caso in esame peraltro la domanda di danno da ritardo risulta anch'essa tardiva ex articolo 30, comma quarto, del codice del processo amministrativo. Anche in tal caso la diffida poi non vale a riaprire un termine già scaduto.

7. Quanto evidenziato peraltro non rende inammissibile l'intero primo ricorso, che in sostanza, sulla base del petitum e della causa petendi, mira ad ottenere il risarcimento del danno a seguito dell'inadempimento parziale agli obblighi derivanti all'ente pubblico dalla concessione stipulata tra la ditta ricorrente e l'autorità portuale il 10 agosto del 2005. Si tratta quindi di un'azione per l'inadempimento nell'ambito di un rapporto di concessione, con connessa un'azione di risarcimento dei danni.

7.1 Venendo al fulcro del presente ricorso, trattandosi di una questione strettamente afferente a una concessione essa rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo prevista in via esclusiva dall'articolo 133, comma I, lettera b) del codice del processo amministrativo, secondo cui rientrano nell'ambito della giurisdizione esclusiva le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti in tema di concessione di beni pubblici, anche in questo caso escludendo le controversie in tema d'indennità, canoni e altri corrispettivi.

7.2 Ancora nella vigenza dell'articolo 5 della l. n. 1034 del 1971, la Corte di cassazione aveva stabilito che rientra nella giurisdizione esclusiva amministrativa ai sensi dell'art. 5 la controversia originata dalla richiesta del concessionario di bene demaniale di risarcimento dei danni per inadempimento dell'amministrazione se è in discussione il rapporto concessorio nel suo momento funzionale (così Cass., SS.UU., 11 marzo 2002, n. 3533).

Questi princìpi sono stati confermati dapprima dall'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (il quale, al comma 2, lett. b), sub 4) ha previsto che, in sede di stesura del Codice, la disciplina delle azioni avrebbe dovuto essere delineata in modo da contemplare tutte le pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa) e poi dall'articolo 7 del Codice del processo amministrativo, il cui comma 7 ha stabilito che, nell'ambito del processo amministrativo, il principio di effettività è realizzato anche attraverso la concentrazione di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi.

7.3 È pertanto riferibile alla giurisdizione amministrativa esclusiva e tutelabile nelle forme e secondo la tipologia delle azioni in concreto esercitabili dinanzi a questo giudice la controversia in esame, nel cui ambito si fa in primis questione dell'accertamento dei profili d'inadempimento relativi a un atto concessorio e delle relative conseguenze in punto di risarcimento del danno.

I profili risarcitori della questione, in base a princìpi ormai pacifici, rientrano a propria volta nella conoscenza del giudice chiamato a pronunciarsi sulla vicenda e sulla domanda giudiziale.

8. Va poi rilevato che il rilascio da parte del comune di Trieste in data 31 luglio 2014 di un permesso a costruire alla società ricorrente non fa venir meno l'interesse al ricorso, sia perché tale permesso non sostituisce l'autorizzazione unica che doveva essere rilasciata dall'autorità portuale in quanto ente che aveva indetto la conferenza dei servizi, sia perché tale permesso, che pure consente alla ditta ricorrente di utilizzare la concessione, è intervenuto a distanza di quasi cinque anni dalla conclusione della conferenza dei servizi e quindi ha comportato, come si esaminerà meglio in seguito, un evidente danno per la ditta stessa.

8.1 In altri termini, se il bene della vita cui aspira la società ricorrente, cioè l'utilizzo della concessione in essere con la conseguente attività edificatoria e gestionale, risulta già raggiunto tramite il rilascio da parte del Comune di Trieste del permesso a costruire, tuttavia, il tempo trascorso tra la data di conclusione della Conferenza di servizi e la data di attuazione della possibilità concreta di intervento nell'area della concessione, configura l'interesse a un congruo risarcimento del danno, ove ovviamente si tratti di un danno ingiusto imputabile all'amministrazione e ne sussistano i presupposti oggettivi e soggettivi.

9. Ciò premesso, per individuare la questione centrale del presente ricorso, cioè il presunto inadempimento dell'autorità portuale, è opportuno prendere le mosse dalla concessione rilasciata alla ricorrente il 10 agosto 2005. Si tratta di una concessione di un'area demaniale situata nel comprensorio del punto Franco vecchio di Trieste avente come scopo la riqualificazione funzionale di un'area comprendente alcuni magazzini. La concessione ha durata di 90 anni e ha lo scopo di realizzare un complesso edilizio polifunzionale d'interesse portuale. Nelle more dell'istruttoria è stata autorizzata l'anticipata occupazione delle aree.

9.1. La concessione in parola, all'articolo 4, prevede per i primi cinque anni a far data dalla stipula della concessione un canone provvisorio pari a euro 60.000 annui più un canone definito “ricognitorio” pari a euro 296,00 annui, laddove a far data dal sesto anno viene stabilito un canone ordinario, di euro 427.934,63 annui.

Sempre dal sesto anno la Greensisam dovrà versare un conguaglio per le annualità pregresse, da corrispondersi mediante incremento percentuale del canone da applicarsi per i restanti anni della concessione.

9.2 Va poi tenuto presente che nell'area oggetto della concessione il commissario del governo con un decreto del 23 luglio 2001 aveva sospeso a tempo indeterminato l'applicazione del regime doganale di punto franco.

9.3 Prima della stipula della concessione, in data 21 aprile 2004 si era svolta una conferenza di servizi tra l'autorità portuale, la ditta odierna ricorrente, il comune, la regione, la soprintendenza ai beni artistici e paesaggistici, il genio civile, la capitaneria di porto, l'agenzia delle dogane, il comando dei vigili del fuoco e il servizio sanitario regionale, che tutti hanno espresso parere favorevole con alcune prescrizioni sul progetto preliminare.

9.4 Il comitato portuale in data 23 novembre 2004 con apposita determinazione ha individuato e ha autorizzato la stipula della concessione per anni 90.

9.5 Per completare il quadro normativo sotteso alla presente controversia, necessita porre attenzione alla variante al piano regolatore portuale riguardante il Porto vecchio, in cui si colloca interamente la concessione oggetto della presente controversia.

Le previsioni della legge 84 del 1994 si applicano anche al porto franco di Trieste, ex articolo 5 della legge stessa, non essendo prevista alcuna deroga. La legge n. 84/1994 ha però attribuito ai piani regolatori dei porti una nuova prospettiva: questi non sono più dei semplici programmi di opere marittime e infrastrutturali, ma diventano invece degli articolati e complessi processi di pianificazione e gestione. Invero, il nuovo Piano Regolatore Portuale previsto dalla legge n. 84/1994 è assimilabile ad un piano di tipo "strutturale" che, secondo l'attuale linguaggio della disciplina urbanistica, corrisponde ad uno strumento intrinsecamente "flessibile".

9.6. La variante al Piano Regolatore Portuale per l'ambito del Porto vecchio, in conformità alla legge n. 84/1994, presenta caratteristiche di intrinseca flessibilità nel "disegno" dell'ambito del Porto Vecchio.

Inoltre la "Variante al Piano Regolatore Portuale per l'ambito del Porto Vecchio di Trieste", approvata dal Comitato Portuale con deliberazione n. 15/2005 di data 21.06.2005 adegua i contenuti del vigente Piano Regolatore Portuale a quelli del vigente Piano Regolatore Generale Comunale, approvato in seguito alle "Intese" raggiunte tra il Comune di Trieste e l'Autorità Portuale in data 23.01.1996, così come previsto dalla legge n. 84/1994 e dalla legge regionale n.52/1991.

Tali intese, di data 23.01.1996, sono state ratificate dal Consiglio Comunale, con delibera n. 74/2005 di data 03.10.2005. Nella stessa delibera il Consiglio Comunale ha dato esplicitamente atto che la Variante è da considerare coerente, per scelte progettuali e di utilizzazione dell'ambito del Porto vecchio, con le indicazioni dello strumento urbanistico comunale.

9.7 La necessità di conformare lo strumento urbanistico portuale a tali intese è stato uno degli obiettivi perseguiti dalla nuova Variante al Piano Regolatore Portuale per l'ambito del Porto vecchio, assieme alla necessità di individuare strategie di trasformazione dell'ambito del porto, che garantissero un'attuazione urbanisticamente corretta, ma anche compatibile con il regime giuridico delle aree (demaniale e di punto franco).

La variante configura sostanzialmente un ampliamento della destinazione d'uso attualmente consentita in questa area dal piano portuale vigente, cioè della funzione "portuale commerciale", in quanto prevede l'insediamento anche di altre funzioni, purché complementari o comunque di supporto allo sviluppo della funzione portuale commerciale.

9.8. Secondo il disegno della variante in parola, l'obsolescenza funzionale e il notevole degrado fisico degli immobili del Porto Vecchio richiedeva di non procrastinare ulteriormente l'inizio di processo di recupero e di riutilizzo degli edifici esistenti per funzioni anche complementari a quella principale "portuale commerciale", e di rimandare ad una fase pianificatoria successiva l'ampliamento progressivo delle trasformazioni possibili.

Nel piano citato si prefigura l'utilizzo dell'ambito del Porto vecchio per il mantenimento degli attuali insediamenti operativi, comprese le ulteriori nuove attività ed iniziative di portualità denominata “allargata”, stabilendo che l'ambito stesso, per le sue caratteristiche assolutamente peculiari di vicinanza alla città, pregevolezza dell'impianto architettonico, disponibilità di spazi aperti, potrà divenire un'area di sviluppo economico in funzione dell'espansione del ruolo del porto.

9.9 Su questi presupposti il Piano prevede che nell'area si potranno insediare, come in parte anche nel passato, oltre ad attività strettamente operative, anche quelle relative ad attività di sviluppo economico (centri direzionali di imprese impegnate nei traffici e nella logistica, aree residenziali), attività turistiche (terminal crociere e terminal traghetti), attrezzature con annesse aree commerciali e d'intrattenimento, attività diportistiche (centri di sailing attrezzati con impianti ricettivi evoluti), attività espositive, attività universitarie e culturali, quali scuole di formazione e centri post universitari in materia marittima, di diritto e di commercio internazionale.

In conclusione sul punto, la variante de qua si configura come una modifica e ampliamento della destinazione d'uso attualmente consentita nella zona franca del Porto vecchio, ovvero della funzione "portuale commerciale", con altre funzioni, "purché complementari o comunque di supporto allo sviluppo della funzione principale: portuale commerciale".

9.10 Va peraltro osservato come il piano regolatore del porto è stato adottato previa verifica di compatibilità col piano regolatore comunale, ma altresì con il regime di punto franco oltre che con la normativa sul demanio.

In particolare, il piano regolatore portuale prevede, per quanto riguarda il Porto vecchio, dove si colloca la concessione oggetto del presente ricorso, anche la possibilità di realizzare attività tipiche della cosiddetta portualità allargata, che comprendono oltre quelle strettamente portuali anche attività economiche, direzionali, logistiche, universitarie, culturali, di comunicazione, formazione, ricerca e informazione, ricettive, ricreative commerciali, di ristorazione, diportistiche anche di carattere sportivo e terminal di traghetti.

9.11 Per la loro rilevanza sul regime giuridico nella zona, in particolare riguardo alla presente controversia, che ha ad oggetto una concessione nell'ambito del porto vecchio di Trieste fondata sulla disciplina del piano regolatore portuale, vanno citate e richiamate le sentenze del TAR per il Lazio n. 2677 del 2009 e quella di conferma della precedente del Consiglio di Stato n.2780 del 2012, nonché quella di questo TAR n. 400 del 2013.

10. Nell'atto di concessione si precisa a pagina 7 lo scopo della concessione stessa, quello cioè di realizzare e di gestire - anche facendo ricorso a soggetti terzi - un complesso polifunzionale recuperando edifici storici nell'ambito del Porto vecchio. Le attività da svolgere nei vari edifici sono indicate a pagina 8 e riguardano attività commerciali, ad uso ufficio, parcheggio, commerciale diportistiche e alberghiero residenziale.

10.1 Come già sopra precisato, nella concessione si stabilisce altresì il canone da corrispondere e in particolare a pagina 11 si fissa un canone ricognitorio per i primi cinque anni in ragione della maggiore spesa da sostenere da parte del concessionario per la realizzazione e allestimento delle opere preventivate, mentre dal sesto anno si prevede un canone ordinario di ben maggiore entità.

10.2 All'articolo 2 della concessione si parla della necessità di indire quanto prima la conferenza di servizi prevista per l'approvazione del progetto definitivo.

11. Ad avviso di questo collegio, risulta preliminare una ricostruzione delle vicende giuridiche e fattuali che riguardano l'intervento a suo tempo richiesto dalla ditta ricorrente, oggetto di una conferenza di servizi decisoria oltre che di una serie di provvedimenti provenienti da diverse autorità, in relazione alla quale la ditta ricorrente ha proposto in data 15 gennaio 2014 due diffide a provvedere rivolte all'autorità portuale e al comune di Trieste. Quest'ultimo, esperita apposita istruttoria, ha rilasciato un permesso a costruire alla ditta ricorrente in data 31 luglio 2014.

11.1 Si è già precisato che la ricorrente aveva ottenuto la concessione demaniale 1 del 2005 rilasciata dall'autorità portuale con temporanea occupazione del suolo, aree ed edifici demaniali situati all'interno del porto vecchio di Trieste, allo scopo di realizzare e di gestire un complesso polifunzionale. Il progetto definitivo era da sottoporre all'esame di una conferenza di servizi.

11.2 Come noto, in linea di principio, la conferenza di servizi è uno strumento di semplificazione amministrativa che, consentendo la valutazione congiunta e in unica sede di tutti gli interessi pubblici in gioco, attua i principi costituzionali dell'imparzialità e del buon andamento cui deve improntarsi, ai sensi dell'art. 97 Cost., l'azione della pubblica amministrazione, realizzando anche i corollari di speditezza, economicità, efficacia ed efficienza (cfr. per tutte, da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 17 ottobre 2012, n. 5292).

11.3 Ai fini del rilascio di detta autorizzazione unica la decisione collegiale della Conferenza di servizi si connotava - al momento della conclusione della conferenza di servizi in esame - come atto presupposto alla decisione finale, atteso che il procedimento si concludeva con un autonomo provvedimento adottato individualmente, al di fuori di detta Conferenza (e cioè dopo che la stessa aveva esaurito la sua funzione), dalla sola Amministrazione procedente.

Quindi, mentre l'atto conclusivo dei lavori della conferenza si concretava in un atto istruttorio endoprocedimentale "a contenuto consultivo", l'atto conclusivo del procedimento era il provvedimento finale (a rilevanza esterna) con cui l'Amministrazione decideva a seguito di una valutazione complessiva (C d S n 5000 del 2013).

11.4 Conviene riprodurre la normativa relativa alla Conferenza dei servizi tenendo presente che, al momento della seduta finale nel dicembre del 2009, era ancora vigente la normativa che prevedeva dopo la conclusione e approvazione da parte della Conferenza dei servizi il rilascio da parte dell'amministrazione procedente di un'autorizzazione unica, laddove nella normativa attuale la decisione finale della Conferenza diventa essa stessa il provvedimento unico di autorizzazione.

“Legge 241 del 1990

Art 14

1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente puo' indire una conferenza di servizi.

2. La conferenza di servizi e' sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza puo' essere altresi' indetta quando nello stesso termine e' intervenuto il dissenso di una o piu' amministrazioni interpellate ovvero nei casi in cui e' consentito all'amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza delle determinazioni delle amministrazioni competenti.

3. La conferenza di servizi puo' essere convocata anche per l'esame contestuale di interessi coinvolti in piu' procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attivita' o risultati. In tal caso, la conferenza e' indetta all'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente.

4. Quando l'attivita' del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di piu' amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi e' convocata, anche su richiesta dell'interessato, dall'amministrazione competente per l'adozione del provvedimento finale.

omissis


Art 14 ter

01. La prima riunione della conferenza di servizi e' convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessita' dell'istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione.

1. La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all'organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti e puo' svolgersi per via telematica.

omissis

3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto definitivo ai sensi dell'articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l'adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede ai sensi dei commi 6-bis e 9 del presente articolo (8).

3-bis. In caso di opera o attivita' sottoposta anche ad autorizzazione paesaggistica, il soprintendente si esprime, in via definitiva, in sede di conferenza di servizi, ove convocata, in ordine a tutti i provvedimenti di sua competenza ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

omissis

Testo vigente nel 2009:

[9. Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza.]

12. Nel caso in esame, la seduta preliminare della conferenza dei servizi si è svolta in data 21 aprile 2004, laddove le successive sedute si sono effettuate dal 2006 all'11 dicembre del 2009, seduta nel corso della quale furono raccolti i pareri favorevoli degli enti interessati, senza peraltro che di seguito l'autorità portuale abbia emesso alcun provvedimento.

12.1 Conviene riassumere i contenuti di dette sedute della conferenza di servizi.

La Conferenza di servizi risulta indetta dall'Autorità portuale responsabile del procedimento, e riguarda “il recupero e la riqualificazione funzionale delle aree e dei magazzini 1- 1a- 2- 3- 4 e 2a del Punto franco vecchio di Trieste siti in un'area demaniale”.

I partecipanti sono l'Autorità portuale, la Greensisam, il Comune di Trieste, la Regione Friuli Venezia Giulia, la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici, la Capitaneria di Porto, l'Agenzia delle dogane, il Comando provinciale dei vigili del fuoco, l'Azienda sanitaria n 1 Triestina e l'Agenzia del demanio.

Seduta n 1 dell'8 giugno 2006.

Si richiama l'art 14 ter della legge 241 del 1990 e si precisa che il provvedimento finale sostituirà “a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti”.

Seduta n 2 del 11 luglio 2006.

In sostanza si propongono modifiche sulle quali le autorità competenti si impegnano a pronunciarsi, il particolare il Comune con il Consiglio comunale.

Seduta n 3 del 21 settembre 2006.

Dopo ampia discussione relativa soprattutto alle questioni urbanistiche, la Conferenza dei servizi ha “preso atto del parere positivo ai fini urbanistici espresso dal Comune di Trieste” ha approvato all'unanimità il progetto definitivo, ferma restando la disponibilità ad adeguare la destinazione d'uso di due immobili al termine dell'iter di variante predisposta dal Comune. Si stabilisce poi il progetto venga trasmesso alla Regione assessorato competente per ottenere la VIA regionale.

Seduta n. 4 del 2 ottobre 2007.

Si dà atto che la Regione con delibera 14/81 del 22 giugno 2007 ha definito positivamente la VIA.

Inoltre si precisa che si sono tenuti tavoli tecnici per esaminare varie problematiche. Inoltre si sono acquisiti i pareri favorevoli della Regione, dell'Ufficio delle dogane, dell'Ufficio del genio civile, dell'agenzia del demanio, dell'Azienda per i servizi sanitari del Comando dei vigili del fuoco e della Capitaneria di Porto.

Seduta n 5 del 10 dicembre 2008.

Si esamina il progetto preliminare in variante al progetto definitivo che rispetta i nuovi parametri fissati dalla variante al Piano regolatore portuale.

La Regione fa presente che il nuovo progetto a seguito di modifiche della legislazione sulla VIA dovrà essere riesaminato.

Il Comune comunica che sarà possibile accedere all'iter del permesso a costruire mentre il progetto non è soggetto ad autorizzazione regionale di conformità urbanistica ma all'iter edilizio comunale.

Vengono ribaditi i pareri favorevoli delle varie amministrazioni.

Seduta n 6 del 9 luglio 2009.

Si da lettura di una nota della Direzione regionale dei beni culturali e paesaggistici che pone rilievi sul progetto imponendo una rivisitazione dello stesso.

Seduta finale n 7 dell'11 dicembre 2009.

Si prende atto del parere regionale di non assoggettabilità a VIA del progetto, del parere favorevole del Demanio, del nulla osta della direzione per i beni paesaggistici della Regione, dei pareri favorevoli della Capitaneria di Porto, dell'Agenzia delle dogane, dei Vigili del Fuoco, dell'Azienda sanitaria n 1 e del Comune di Trieste.

13. La ricorrente osserva in ricorso come, nonostante il tempo trascorso e i ripetuti solleciti, manchi ancora l'autorizzazione unica di competenza dell'autorità portuale, quale ente procedente nella conferenza dei servizi indetta ex articolo 14 ter della legge 241 del 90.

13.1 Le questioni all'esame del collegio coinvolgono innanzitutto la natura della conferenza dei servizi conclusasi l'11 dicembre 2009 e gli obblighi dalla stessa derivanti.

Questo Tribunale innanzitutto rileva che per sua natura la conferenza dei servizi prevista dalla legge 241 del 1990 ha come scopo principale quello di acquisire tutti i pareri e le autorizzazioni necessarie da parte delle varie autorità nell'ambito di un unico procedimento; spetta all'autorità che ha indetto la conferenza di servizi adottare il provvedimento finale, il quale per sua natura sostituisce le altre autorizzazioni o i pareri necessari comunque denominati (incluso ove necessario il permesso a costruire).

Orbene, nel caso l'Autorità portuale non ha adottato a distanza di anni alcun provvedimento autorizzatorio unico, come era suo preciso onere e dovere giuridico.

14. Altra questione rilevante nella presente controversia riguarda l'applicazione della legge regionale 19 del 2009; l'articolo 10 di tale legge prevede due condizioni alternative per l'accertamento di conformità ivi previsto, che le opere pubbliche siano delle amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale, oppure che le opere siano di interesse statale da realizzarsi dagli enti istituzionalmente competenti o da concessionari di servizi pubblici.

Conviene riprodurre detto art. 10

Art 10

1. È soggetta esclusivamente alle disposizioni procedurali del presente articolo la realizzazione delle opere pubbliche:

a) delle Amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale, o delle opere di interesse statale da realizzarsi dagli Enti istituzionalmente competenti o da concessionari di servizi pubblici;

b) dell'Amministrazione regionale e delle Amministrazioni provinciali, nonché delle opere pubbliche da eseguirsi dai loro formali concessionari.

2. Per le opere pubbliche di cui al comma 1, lettera a), l'accertamento di conformità alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi, salvo che per le opere destinate alla difesa militare di cui al comma 14, è eseguito dalle Amministrazioni statali competenti d'intesa con l'Amministrazione regionale, sentiti gli Enti locali nel cui territorio sono previsti gli interventi, entro centoventi giorni dalla richiesta da parte dell'Amministrazione competente. Gli Enti locali esprimono il parere entro trenta giorni dalla richiesta; scaduto tale termine si prescinde da esso.

3. Per le opere pubbliche di cui al comma 1, lettera b), l'accertamento di conformità è eseguito dalla struttura regionale competente, sentiti gli Enti locali nel cui territorio sono previsti gli interventi, entro sessanta giorni dalla richiesta da parte dell'Amministrazione competente. Gli Enti locali esprimono il parere entro trenta giorni dalla richiesta; scaduto tale termine si prescinde da esso.

omissis

L'articolo 12 della medesima legge regionale recita:

Attività edilizia dei privati su aree demaniali

1. La realizzazione da parte di privati di interventi edilizi su aree demaniali è disciplinata dalla presente legge e dal relativo regolamento di attuazione, nonché dalle altre leggi regionali di settore. Qualora la competenza amministrativa sulle medesime aree ricada in capo allo Stato sarà comunque dovuta l'osservanza delle norme statali in materia.

2. Salvo le opere pubbliche di cui agli articoli 10 e 11 e le altre opere pubbliche o di interesse pubblico realizzate anche senza oneri finanziari per la pubblica Amministrazione, gli interventi edilizi realizzati da privati su aree demaniali destinati a ospitare attività economiche sono soggetti al pagamento del contributo di costruzione secondo quanto previsto dal capo IV della presente legge.

14.1. Orbene, nel caso in esame, le opere da realizzarsi da parte della ditta odierna ricorrente non sono di interesse pubblico e nemmeno ovviamente opere pubbliche, in quanto si tratta di attività commerciali, ad uso ufficio, commerciale, diportistico e alberghiero residenziale. Si tratta di attività di carattere imprenditoriale privato che risultano coerenti con le destinazioni previste dalla variante al piano regolatore per l'ambito del porto vecchio, rientrando nella sopra esaminata nozione di “portualità allargata” nonché compatibili con la sospensione del regime doganale del porto franco nella zona in questione.

14.2. Non può condividersi sul punto la posizione dell'Autorità portuale e della Regione, mentre appare corretta quella del Comune.

Invero, se risulta evidente come le opere rientrano nel concetto denominato di “portualità allargata”, ciò non modifica affatto la loro natura privata. Le finalità pubbliche sottese alla concessione e prima ancora alla strumentazione urbanistica sono evidenti: non si tratta solo della riscossione del canone concessorio per la durata novantennale della concessione, ma soprattutto di utilizzare, recuperare e ripristinare dei beni inutilizzati e a rischio di degrado.

Tale finalità di pubblico interesse peraltro, per la sua natura indiretta e generale, non rende le singole opere da realizzare a cura del privato né opere pubbliche né opere di pubblico interesse. Si tratta quindi di opere private ancorché insistenti su terreno demaniale.

Nemmeno rende pubblica l'opera il fatto che al termine della concessione (di durata novantennale) essa passerà alla proprietà del demanio, in quanto si tratta di un esito già previsto dal Codice della navigazione, ma che non influisce sulla natura giuridica del bene.

In sostanza si tratta di opere private insistenti sul demanio, ammesse pacificamente dall'ordinamento.

14.3. La destinazione delle opere da realizzarsi implica che non può trovare applicazione l'articolo 10 della legge regionale 19 del 2009 bensì l'articolo 12 della medesima legge, concernente l'attività edilizia dei privati su aree demaniali.

Ne consegue che devono trovare applicazione gli articoli 21 e seguenti della medesima legge regionale, con il rilascio del permesso a costruire e l'acquisizione dei relativi pareri.

15. Peraltro, la natura privata delle opere da realizzare non comporta affatto che il permesso a costruire non potesse e dovesse essere incluso nell'autorizzazione unica da rilasciarsi al termine della Conferenza dei servizi, essendo presenti in quella sede sia il Comune, competente per il rilascio del permesso a costruire, sia la Sovrintendenza e la Regione, cui spettava emanare i pareri presupposti.

Nel caso, la società ricorrente, non avendo ottenuto l'autorizzazione unica, ha provveduto in via autonoma a richiedere al Comune il permesso a costruire acquisendo i relativi pareri e ottenendolo appena in data 31 luglio 2014.

Sennonché spettava all'Autorità portuale emettere l'autorizzazione unica alla conclusione della Conferenza di servizi decisoria, autorizzazione che in base alla legge 241 del 1990 nel testo all'epoca vigente era in grado di assorbire e includere anche il permesso a costruire e a fortiori i relativi e presupposti pareri.

15.1 Una conferenza di servizi decisoria come quella indetta dall'Autorità portuale, una volta acquisiti tutti i pareri favorevoli dei partecipanti, deve essere seguita immediatamente dal rilascio dell'autorizzazione unica, nel caso affatto mancante.

Da quanto esaminato sulla natura privata delle opere da realizzarsi nella zona demaniale, emerge che nell'ambito della conferenza dei servizi sono stati omessi una serie di pareri e di interventi di varie autorità indispensabili per il rilascio dell'autorizzazione unica, in particolare il parere monumentale della sovrintendenza e il parere paesaggistico regionale, acquisiti invece nel successivo iter comunale di rilascio del permesso a costruire.

In sostanza, la conferenza dei servizi conclusasi nel 2009 non ha affatto esaurito i compiti previsti dalla legge, in particolare non ha acquisito in modo compiuto tutti i pareri delle varie autorità necessari per il permesso a costruire, pareri e permesso che potevano e dovevano essere inclusi e compresi nella autorizzazione unica, anche in quanto tutte le autorità cui spettava emettere detti pareri erano comunque tra i partecipanti alla conferenza di servizi stessa.

Ciò viene dimostrato dalle vicende successive, in cui i necessari pareri sono stati acquisiti separatamente su impulso della stessa ditta ricorrente e dal fatto che l'autorizzazione è stata di fatto sostituita dal permesso a costruire rilasciato dal comune in data 31 luglio 2014.

15.2 L'illegittimità del comportamento dell'Autorità portuale ha comportato un evidente danno ingiusto per la ditta ricorrente, che non solo non ha ottenuto tempestivamente l'autorizzazione unica, ma ha dovuto agire per conto proprio per ottenere dal Comune il permesso a costruire, attivandosi altresì per ottenere i necessari pareri delle altre autorità.

15.3 Il comportamento omissivo dell'Autorità portuale, violando la normativa sulla conferenza dei servizi, non ha rispettato il sinallagma dell'atto concessorio, non consentendo l'utilizzo concreto e tempestivo della concessione per la parte edificatoria e consequenzialmente anche per quella gestionale.

Ove l'autorità portuale avesse ritenuta incompleta o carente la conferenza dei servizi, avrebbe ben potuto a norma di legge riconvocarla ovvero annullarla in autotutela, mentre quello che non poteva giuridicamente fare era, dopo la conclusione della conferenza di servizi e l'approvazione del progetto da parte di tutti i partecipanti, omettere di emanare l'autorizzazione unica. Ed è proprio quello che è avvenuto.

16. Come già sopra accennato, il ricorso avverso il silenzio non può trovare accoglimento, così come quello avverso il ritardo perché entrambi tardivi, né ovviamente le diffide valgono a riaprire i termini scaduti.

Inoltre, il rilascio da parte del Comune del permesso a costruire, Comune cui la ditta ricorrente aveva a ogni buon conto rivolto la diffida a provvedere anche se l'autorizzazione unica doveva essere rilasciata dall'autorità portuale, comunque ha soddisfatto interesse sostanziale della ditta ricorrente che dal momento del rilascio del permesso è in grado di operare per realizzare finalmente la concessione.

17. Risulta palese da quanto sopra indicato l'inadempimento da parte dell'autorità portuale al suo obbligo di concludere la conferenza dei servizi con un'autorizzazione unica, che avrebbe dovuto assorbire tutti i pareri e le autorizzazioni delle varie autorità, ivi incluso il permesso a costruire.

Il fatto che l'autorità portuale non abbia ottemperato a un preciso obbligo derivante dalla legge e dalla stessa concessione ha provocato a tutta evidenza un palese danno alla ditta ricorrente, che si è vista costretta a richiedere al comune il permesso costruire e ad acquisire i pareri necessari dalle varie autorità.

Si tratta quindi di un inadempimento da parte dell'ente pubblico non giustificato da alcuna obiettiva ragione.

17.1 Indubbiamente un danno sussiste, a causa del lasso di tempo intercorso dalla conclusione della Conferenza dei servizi, durante il quale la ditta ricorrente non ha potuto dar corso all'utilizzo concreto della concessione, con la conseguente attività economica, danno causato dal comportamento dell'Autorità portuale che non ha rilasciato l'autorizzazione unica come era suo dovere. La ditta è stata costretta ad iniziare un diverso iter presso il Comune di Trieste, acquisendo i pareri necessari, iter conclusosi solo con il rilascio del permesso a costruire in data 31 luglio 2014.

Il risarcimento del danno peraltro viene quantificato dalla ditta ricorrente in modo del tutto apodittico, impreciso e generico, accampando vari contatti con altre ditte e le ingenti spese sostenute.

17.2 Ad avviso di questo collegio, in assenza di prove certe da parte della ditta ricorrente, il danno va determinato in via equitativa, anche tenendo conto che la concessione conserva la sua attualità e valenza economica, considerata la sua durata novantennale. Vanno altresì considerate, nello stabilire le modalità di rimborso del danno, da un lato la persistenza dell'interesse della ditta ricorrente a utilizzare la concessione, di durata novantennale, e d'altro lato l'attualità dell'interesse pubblico al recupero dell'area e degli edifici ivi insistenti, che implica l'uso effettivo della concessione stessa.

17.3. Peraltro il danno, ad avviso di questo Collegio, va quantificato nella differenza tra il canone provvisorio più quello ricognitorio previsti per i primi cinque anni, e quindi per la durata presunta della conferenza dei servizi, e il canone completo, naturalmente per il periodo che va dalla scadenza dei cinque anni dalla stipula della concessione, fino al 31 luglio di 2014, data di rilascio da parte del Comune del permesso a costruire, che consente alla ditta di attivarsi per realizzare la concessione.

Va ricordato quanto sopra indicato al punto 9.1, che la concessione in parola, all'articolo 4, prevede per i primi cinque anni a far data dalla stipula della concessione un canone provvisorio pari ad euro 60.000 annui più un canone definito “ricognitorio” pari ad euro 296,00 annui, laddove a far data dal sesto anno viene stabilito un canone ordinario, di euro 427.934,63 annui.

La concessione poi precisa che, sempre dal sesto anno, la Greensisam dovrà versare un conguaglio per le annualità pregresse, da corrispondersi mediante incremento percentuale da applicarsi per i restanti anni della concessione.

La differenza tra i due canoni (quello provvisorio più quello ricognitorio e quello intero) viene posta carico dell'autorità portuale, unica responsabile del mancato tempestivo rilascio dell'autorizzazione unica, e deve essere corrisposta, a condizione che la ditta ricorrente non rinunci alla concessione o vi receda, perché in tal caso scatterebbe quanto previsto dalla concessione stessa, in particolare all'articolo 2, ultimo comma - che espressamente parla di diritto per l'Autorità portuale di esigere il pagamento del canone per tutto il periodo di occupazione, qualora la decadenza sia imputabile alla concessionaria - e si consentirebbe all'autorità portuale di richiedere il canone nella misura intera, eventualmente utilizzando e integrando la fideiussione.

17.4. Quanto alle modalità di erogazione del dovuto a titolo di risarcimento del danno da parte dell'Autorità portuale, il rimborso della differenza avverrà contestualmente all'avanzamento dei lavori effettuati dalla ditta sulla base del permesso a costruire, a stati di avanzamento, in cinque rate uguali, con erogazioni a partire dal momento della realizzazione del primo 20 % dei lavori e le restanti ad ogni ulteriore 20 %. Le somme saranno maggiorate degli interessi di legge.

L'inadempimento da parte della ditta degli obblighi derivanti dalla concessione (e dal permesso a costruire) ovvero il suo recesso unilaterale dalla stessa comporta la perdita totale del risarcimento del danno e la restituzione di quanto eventualmente già incassato, oltre che, come già previsto dalla concessione, il recupero della differenza tra i canoni previsti per i primi cinque anni e quello intero, salve le azioni relative alle garanzie fideiussorie e a un loro eventuale adeguamento.

18. In sostanza, questo collegio, in sede di giurisdizione esclusiva in materia di concessione, accertato l'inadempimento da parte dell'autorità portuale all'obbligo di concludere il procedimento successivo alla conferenza di servizi decisoria con un'autorizzazione unica, riconosce in via equitativa alla ditta ricorrente un danno calcolato nella differenza tra il canone globale previsto per i primi cinque anni e quello previsto per il periodo successivo, naturalmente per il solo lasso di tempo fra la scadenza del termine quinquennale previsto dalla concessione per i canoni ridotti e il rilascio da parte del comune del permesso a costruire.

Il risarcimento del danno è dovuto con le modalità sopra indicate e a condizione che la ditta ricorrente mantenga gli obblighi previsti dalla concessione per la durata che residua rispetto ai 90 anni e non rinunci o receda unilateralmente dalla concessione stessa.

18.1 Occorre appena aggiungere come, sulla base di pacifici principi amministrativi, in attuazione della concessione, sia la ditta ricorrente sia l'autorità portuale sia le altre amministrazioni pubbliche coinvolte dovranno agire in buona fede realizzando i rispettivi obblighi di legge. In particolare, per quanto concerne l'autorità portuale essa dovrà realizzare quella parte di opere di urbanizzazione di sua spettanza e per quanto riguarda la Greensisam srl essa dovrà procedere tempestivamente all'edificazione di quanto previsto e alla successiva gestione.

19. Concludendo e riassumendo.

L'autorità portuale ha sottoscritto una concessione novantennale alla ditta ricorrente nell'ambito del Porto vecchio di Trieste, area demaniale e di porto franco, per realizzare e gestire alcune opere private incluse nella nozione di portualità allargata.

Tra gli obblighi previsti dalla concessione vi era l'indizione di una conferenza di servizi decisoria. Quest'ultima peraltro si è conclusa senza il rilascio di un'autorizzazione unica, che avrebbe dovuto includere anche il permesso a costruire e i relativi pareri.

Il permesso a costruire invece è stato rilasciato autonomamente dal Comune di Trieste in data 31 luglio 2014.

Il mancato rispetto da parte dell'Autorità portuale degli obblighi derivanti dalla concessione ha causato un danno ingiusto alla ditta ricorrente.

In via equitativa questo Collegio quantifica il danno nella differenza tra i canoni ridotti stabiliti dalla concessione per i primi cinque anni e il canone intero previsto dal sesto anno, per il lasso di tempo che intercorre tra l'inizio del sesto anno e il rilascio del permesso a costruire.

Per salvaguardare l'interesse pubblico all'attuazione della concessione e conformemente all'atto concessorio stesso, l'erogazione del risarcimento è condizionata al permanere in essere della concessione e viene collegata agli stati di avanzamento dei lavori previsti dalla concessione medesima e dal permesso a costruire.

20. In conclusione, il primo ricorso va accolto nei limiti del risarcimento del danno come sopra quantificato; per la parte rimanente il primo ricorso va dichiarato in parte inammissibile e in parte improcedibile, mentre il secondo ricorso risulta in toto inammissibile.

Le spese dei due giudizi, in relazione all'esito della controversia, vanno compensate per metà, mentre per il rimanente fanno carico alla sola autorità portuale e vengono liquidate in dispositivo. Le spese vanno compensate nei confronti del comune.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sui ricorsi e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, riunitili, dichiara inammissibili i motivi aggiunti al primo ricorso, accoglie in parte e in parte dichiara inammissibile e improcedibile il primo ricorso e dichiara inammissibile in toto il secondo ricorso.

Le spese dei due giudizi vanno compensate per metà, mentre per il rimanente fanno carico alla sola Autorità portuale e vengono liquidate a favore della ditta ricorrente per € 8.000, oltre agli oneri accessori e al rimborso del contributo unificato della misura versata.

Spese compensate nei confronti del Comune di Trieste.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Umberto Zuballi, Presidente, Estensore

Enzo Di Sciascio, Consigliere

Alessandra Tagliasacchi, Referendario

 		
 		
IL PRESIDENTE, ESTENSORE		
 		
 		
 		
 		
 		

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/11/2014

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO
Avv. Antonino Sugamele

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