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Sentenza

Piani di recupero urbanistico. Inesistenza di limiti normativi ostativi alla pos...
Piani di recupero urbanistico. Inesistenza di limiti normativi ostativi alla possibilità di rilasciare distinte e autonome concessioni edilizie in favore di singoli soggetti attuatori di piano di recupero urbanistico
T.A.R. Piemonte, Sez. I, 3 gennaio 2014, n. 5

N. 00005/2014 REG.SEN.

N. 03214/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3214 del 2000, proposto da:
Rinaldi Rolando e Baronchelli Maria Augusta, rappresentati e difesi dagli avv.ti Riccardo Borgna e Assunta Confente, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultima in Torino, via Ettore De Sonnaz, 11;

contro

Comune Novara, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vittorio Barosio ed Enrico Inserviente, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, corso G. Ferraris, 120;

nei confronti di

Immobiliare Maddalena Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Andreis, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Torino, via Pietro Palmieri, 40;

per l'annullamento

della "determina" UEP n. 4538 con cui, in data 22.8.2000, il Comune di Novara, Area Sviluppo, Urbano, Servizio Edilizia Privata, ha rilasciato alla Soc, Immobiliare Maddalena Srl la chiesta concessione" per realizzare sostanziali modifiche ai fabbricati già ad uso industriale, mutamento di destinazione a sede della Facoltà di Farmacia, in corso Trieste 27, oltre alla realizzazione delle opere di urbanizzazione previste dal Piano di Recupero funzionali all'intervento, con l'obbligo di osservanza di tutti gli obblighi, adempimenti e prescrizioni contenuti nell'atto rep. n. 80084 del 6.3.2000, rog. Notaio C. Bellezza;

nonché per l'annullamento

di ogni atto prodromico e di ogni atto consequenziale, successivo, e connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune Novara e di Immobiliare Maddalena Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2013 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti sono proprietari di un edificio a due piani adibito ad attività imprenditoriale in Novara, lungo C.so Trieste al n. 27/C, situato all'interno dell'area industriale, dismessa dagli inizi degli anni ottanta, dell'ex complesso produttivo WILD.

1.1 Con delibera n. 2/1996 il Comune di Novara ha approvato un programma di riqualificazione urbana ove si prevede il recupero edilizio - mediante variante di piano regolatore - del quartiere S. Agabio, comprensivo dell'area di cui sopra.

Ai soggetti privati aderenti è stato richiesto – quale espressa condizione per la loro partecipazione – il reinvestimento nel programma di una quota del plusvalore realizzato con il cambio di destinazione d'uso conseguente alla variante.

1.2 I successivi passaggi attuativi del programma di riqualificazione si sono realizzati attraverso:

a) la delibera n. 26/1997, con la quale il Comune di Novara ha adottato la variante al piano regolatore, consistente nella modificazione della destinazione d'uso dell'area in questione da area produttiva esistente ad area destinata ad attrezzature terziarie non commerciali (variante approvata in via definitiva con delibera n. 127/1997). La delibera subordina la realizzazione degli interventi previsti sull'area dell'ex complesso produttivo Wild alla formazione e approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo di iniziativa privata;

b) la delibera di giunta comunale n. 1008 del 1999, con la quale è stato approvato il progetto di piano di recupero (p.d.r.) dell'ex complesso industriale Wild, sito nella zona Nord-Est del territorio comunale. Tale progetto, presentato da proprietari di aree e di immobili interessati dal piano (inclusa la Immobiliare Maddalena s.r.l.), prevede la sistemazione dei fabbricati dell'ex complesso produttivo in funzione dell'insediamento della Facoltà Universitaria di Farmacia, nonché della realizzazione, nello spazio antistante, di una grande piazza pubblica, quale elemento di riqualificazione dell'intera area;

c) la sottoscrizione, in data 6 marzo 2000, da parte del Comune e dei soggetti proponenti e attuatori, della convenzione per la realizzazione del piano di recupero.

1.3 A seguito della sottoscrizione della convenzione il Comune, con determinazione del 22 agosto 2000, ha rilasciato all'Immobiliare Maddalena s.r.l. la concessione edilizia per la realizzazione di una prima parte dei lavori relativi al piano di recupero, e precisamente per le opere edilizie di ristrutturazione da eseguirsi nell'immobile sito in Novara, lungo C.so Trieste al n. 27/C.

2. Nel presente procedimento, i ricorrenti hanno impugnato detta concessione edilizia, deducendone l'illegittimità sotto tre profili.

2.1 In primis, viene eccepita come incongrua e contraddittoria la limitata portata del titolo edilizio, in quanto, pur accedendo ad un più ampio progetto di riqualificazione urbana, la concessione edilizia, a dispetto della unitarietà del programma di recupero dell'area, riguarda lavori relativi ad un singolo edificio.

Sotto un diverso profilo, i ricorrenti rilevano il fatto che tale concessione è stata rilasciata in favore di un soggetto (la Immobiliare Maddalena s.r.l.) diverso dal richiedente (SO.CO.E); e che la stessa è ulteriormente viziata per incompetenza del soggetto adottante, in quanto sottoscritta dall'assessore all'urbanistica e all'edilizia e non dal dirigente comunale funzionalmente preposto a tale incombente.

2.2 Ulteriori censure sono state indirizzate alla convenzione urbanistica del 6 marzo 2000.

Esse attengono a diversi profili di contenuto della convenzione, ritenuta incongrua sia nella parte in cui erroneamente include, tra i soggetti proprietari di immobili compresi nell'ambito territoriale del piano di recupero, la E. Buffoni & C. s.r.l, pur essendo questa proprietaria di un'area libera esterna all'ex complesso Wild; sia nella parte in cui non indica le ragioni della mancata partecipazione dei ricorrenti alla convenzione urbanistica medesima, pur a fronte dell'indicazione della loro proprietà tra quelle inserite nel programma di riqualificazione urbana; sia, infine, nella parte in cui dà atto che la proprietà dei ricorrenti, rappresentando una quota inferiore al 25% del totale, è inclusa nel p.d.r. e potrà se del caso essere assoggettata a procedura espropriativa.

Il tema sotteso alle diverse doglianze riguarda l'illegittimo inserimento del fabbricato di proprietà dei ricorrenti tra le aree immobiliari ricomprese nel programma di riqualificazione urbana: tale inclusione, infatti, sarebbe avvenuta in assenza di una richiesta di ammissione da parte dei ricorrenti e su presupposti fallaci, in quanto l'edificio in questione non poteva essere considerato “impianto produttivo dismesso”, come richiesto dal presupposto programma di riqualificazione urbana.

2.3 Un'ultima censura attiene alla delibera di variante e pone in rilievo il fatto che nella predisposizione di detta delibera (necessaria per adeguare il P.R.G.C. alle previsioni del P.R.U.) impropriamente non sarebbero state elencate le proprietà coinvolte.

3. A seguito della rituale costituzione in giudizio del Comune di Novara e della controinteressata Immobiliare Maddalena s.r.l., il ricorso è stato trattato in fase cautelare – con reiezione dell'istanza di sospensiva - e successivamente è stato discusso e trattenuto a decisione all'esito dell'udienza pubblica del 12 dicembre 2013.

4. I motivi di ricorso si rivelano in parte infondati e in parte inammissibili.

Da infondatezza risultano affetti i primi tre motivi, tutti inerenti la concessione edilizia.

Due di questi sono di tenore formale e paiono agevolmente superabili sulla base della piana lettura della documentazione di riferimento, dalla quale risulta che:

a) diversamente da quanto eccepito in ricorso, la domanda di concessione edilizia è stata sottoscritta sia dall'amministratore delegato della SO.CO.E. – Società Costruzioni Edili con sede in Novara, quale esecutrice dei lavori; sia dal legale rappresentante della Immobiliare Maddalena s.r.l., quale proprietaria del terreno: dal che risulta evidente che detta istanza non può imputarsi solo alla prima delle società firmatarie, emergendo con chiarezza, dal dato testuale richiamato, non solo la doppia sottoscrizione da parte dei due soggetti richiedenti, ma anche la diversità dei titoli che legittimavano gli stessi a formulare e sottoscrivere congiuntamente il documento;

b) la concessione del 22 agosto 2000, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, è stata sottoscritta, oltre che dall'Assessore all'Urbanistica ed Edilizia, anche dal dirigente comunale competente. E' smentita per tabulas, pertanto, l'asserita illegittimità del provvedimento, sotto il profilo dell'incompetenza del funzionario che l'ha adottato.

5. L'ulteriore censura di illegittimità della concessione edilizia, argomentata sul fatto che la stessa sarebbe stata rilasciata in relazione ad interventi edilizi su singoli edifici, a dispetto della unitarietà del programma di recupero dell'area, appare fallace sotto plurimi profili.

5.1 In dissenso da quanto argomentato in ricorso si osserva, innanzitutto, che, pur nel contesto di un piano di recupero di una area vasta, non constano limiti normativi di carattere generale alla possibilità di rilasciare distinte e autonome concessioni edilizie in favore dei singoli soggetti attuatori del piano e con riferimento a singole opere edili in esso incluse. In altri termini, non è dato rinvenire un principio normativo che statuisca l'obbligatorietà di un unico titolo edilizio che abiliti contestualmente tutti gli interventi edilizi da realizzare sugli edifici compresi nel piano di recupero.

5.2 Non solo detto limite normativo non è rinvenibile in termini generali, ma esso pare estraneo anche alla normativa regionale piemontese: l'art. 41 bis della legge urbanistica regionale n. 56/1977, al comma 4, n. 6), prevede che il piano di recupero contempla “i tempi previsti per l'attuazione del piano, con l'indicazione delle relative priorità”, dal che pare potersi desumere che è ammessa una certa gradualità temporale nell'attuazione del piano.

5.3 Con più specifico riferimento alla vicenda per cui è causa, la stessa previsione, contenuta nello strumento urbanistico esecutivo, di un termine decennale di validità, appare funzionale a consentire l'articolazione degli interventi edilizi nell'ambito del programmato periodo di vigenza.

5.4 D'altra parte, la coerenza unitaria degli interventi programmati è ulteriormente garantita dagli impegni assunti dai soggetti attuatori del programma, e dal cronoprogramma delle opere, come definito nel programma di riqualificazione e nell'accessoria convenzione edilizia.

A questo riguardo va aggiunto che il Comune di Novara, nella memoria depositata in data 11 novembre 2013, ha dato atto della compiuta realizzazione di tutte le opere previste nella convenzione (ad eccezione di quanto originariamente previsto per l'area di proprietà dei ricorrenti).

La censura in esame, pertanto, non può trovare accoglimento.

6. Gli ulteriori motivi di ricorso, come già anticipato, si rivelano radicalmente inammissibili, in quanto indirizzati avverso gli strumenti urbanistici generali e attuativi del piano di recupero, che non sono stati fatti oggetto di specifica impugnazione.

Tale carenza non pare superabile in virtù della clausola di stile contenuta in ricorso per cui risulta gravato "ogni altro atto prodromico, o consequenziale, successivo e connesso“, trattandosi di formulazione inadatta, per la sua estrema genericità, a rivestire la portata di concreta e specifica impugnazione, e, quindi, ad individuare adeguatamente il "petitum" immediato cui estendere il gravame.

Per tutte le ragioni sin qui esposte il ricorso non può trovare accoglimento.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Condanna la parte ricorrente a rifondere in favore delle parti resistente e controinteressata le spese di lite che liquida, per ciascuna di esse, in €. 2.000,00, oltre Iva, Cpa e accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Paola Malanetto, Presidente

Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario

Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
 		
 		
 		
 		
 		

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/01/2014

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO
Avv. Antonino Sugamele

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