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Sentenza

Mobilità volontaria....
Mobilità volontaria.
Cons. St., Sez. V, 17 gennaio 2014, n. 178
N. 00178/2014

N. 03472/2012 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 3472 del 2012, proposto da: 
Confedir - Mit Confederazione dei Sindacati dei Dirigenti Pubblici e Manager del Terziario, Leonilde Marzolini, Silvana De Paolis, tutte rappresentati e difesi dall'avvocato Domenico Tomassetti, con domicilio eletto presso Domenico Tomassetti in Roma, via G. Pierluigi Da Palestrina, n. 19;
contro

Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Renato Marini, con domicilio eletto presso Renato Marini in Roma, via dei Monti Parioli, n. 48; 
per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I TER, n. 611/2012, resa tra le parti, concernente approvazione procedure concorsuali per la copertura di vari posti a tempo pieno ed indeterminato nel ruolo dirigenziale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lazio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2013 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Tomassetti e Corea, per delega di Marini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La presente controversia trae origine dal ricorso proposto da Confedir Mit - Confederazione Sindacati Dirigenti Pubblici e Manager del Terziario e dalle d.sse Marzolini Leonilde e De Paolis Silvana per l'annullamento:

- delle Determinazioni Dirigenziali del Direttore Regionale Organizzazione, Personale, Demanio e Patrimonio nn. A7282, A7283, A7284, A7285, A7286, A7287 e A7288, tutte adottate in data 23.12.2010 e pubblicate nel BURL in data 28.12.2010, che hanno indetto n. 7 procedure concorsuali rispettivamente per la copertura, a tempo pieno ed indeterminato presso la Giunta Regionale, di 24 posti di dirigente Area Amministrativa, di 12 posti di dirigente Area Economico-finanziaria, di n. 6 posti di dirigente Area tecnica con funzioni di ingegnere, di n. 3 posti di dirigente Area amministrativa con funzioni di esperto in relazioni internazionali e comunicazione pubblica, di n. 3 posti di dirigente Area informatica, di n. 1 posto di dirigente Psicologo, di n. 1 posto di dirigente Pedagogista;

- della Determinazione Dirigenziale del Direttore Regionale Organizzazione, Personale, Demanio e Patrimonio n. A7434 del 29.12.2010 (pubblicata nel BURL del 7.1.2011), con la quale sono state rettificate tutte le predette Determinazioni Dirigenziali di indizione delle procedure concorsuali per cui è causa;

- della Determinazione Dirigenziale del Direttore del Dipartimento “Istituzionale e Territorio” n. A7280 del 23.12.2010 (pubblicata nel BURL del 28.12.2010), con la quale è stato emanato l'avviso di mobilità volontaria esterna per la copertura, mediante passaggio diretto di personale tra pubbliche amministrazioni, di soli 10 posti vacanti nell'organico dirigenziale della Giunta della Regione Lazio;

- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali alle predette determinazioni dirigenziali, tra i quali, ove necessario, la Deliberazione della Giunta Regionale del Lazio n. 552 del 4.12.2010, con la quale è stata riconosciuta la vacanza di n. 60 posti nella qualifica dirigenziale della Giunta Regionale ed è stato disposto di coprire solo n. 10 posti vacanti con la procedura di mobilità di cui all'art. 30 del D.Lgs. n. 163/2001 e s.m.i.; la Deliberazione della Giunta Regionale del Lazio n. 47 dell'11.2.2011, con la quale sono state soppresse 24 posizioni dirigenziali nell'organigramma della Giunta Regionale del Lazio e, contestualmente, è stata disposta la riduzione della pianta organica dirigenziale a n. 259 unità; la nota del Direttore del Dipartimento “Istituzionale e Territorio” n. 108653 del 23.12.2010, con la quale sono stati suddivisi i posti a disposizione per la stesura dei bandi di concorso impugnati.

2. Nella fattispecie oggetto del contendere, con D.G.R. n. 552 del 2 dicembre 2010 è stata riconosciuta la vacanza di n. 60 posti nella qualifica dirigenziale della Giunta regionale ma è stato disposto di coprire solo 10 posti con la procedura di mobilità di cui all'art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001. Avverso detta condotta, esemplificata reagivano collettivamente la Confederazione sindacale e le dirigenti in epigrafe menzionate.

3. Con la sentenza del 18 gennaio 2012, n. 611, il TAR per il Lazio, estromessa dal giudizio la Confedir-Mit per carenza di legittimazione ad agire, nonché il Consiglio Regionale del Lazio e gli intervenienti sig.ri Troilo e Cecere, perché non interessati dagli atti impugnati dalle ricorrenti, dichiarava inammissibile, per difetto di giurisdizione, il capo di domanda relativo all'impugnativa dell'avviso di mobilità e respingeva nel resto il ricorso proposto dalle citate Dirigenti.

3.1. In particolare, il primo Giudice riteneva che la Confedir fosse priva della legittimazione ad agire e dunque da estromettere dal giudizio. Secondo il TAR per il Lazio, non poteva essere riconosciuta legittimazione ad agire in favore della Confedir con riferimento ad un'azione nella quale l'interesse dedotto in giudizio concerne una parte soltanto delle categorie rappresentate o singoli associati o, in ogni caso, in cui le posizioni delle categorie rappresentate possono essere tra loro contrapposte di modo che l'associazione si pone in conflitto di interesse con alcuni dei suoi rappresentati. La Confedir, infatti, notava il primo Giudice, nella sua veste di ente collettivo rappresenta non solo i dirigenti, ma anche i funzionari e nella fattispecie i concorsi sono aperti anche a funzionari direttivi di ruolo di amministrazioni pubbliche, in possesso del titolo di studio richiesto, con riserva, tra l'altro, del 50% dei posti messi a concorso a soggetti interni alla Giunta Regionale del Lazio con una certa anzianità di servizio di ruolo “in posizioni funzionali …. per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea”. Pertanto, nella misura in cui Confedir agiva in giudizio, per contrastare l'indizione dei bandi di concorso in luogo dell'utilizzo del'istituto della mobilità si evidenziava la presenza di un conflitto di interesse tra le categorie rappresentate, tale da incidere sulla legittimazione stessa della suddetta ricorrente.

3.2. Proseguendo nello scrutinio delle censure proposte il Tribunale rilevava che le due Dirigenti erano prive di interesse in relazione alle censure concernenti la specifica disciplina concorsuale, posto che tali censure, quand'anche venissero accolte, comporterebbero la riedizione della lex specialis concorsuale emendata dai vizi rilevati, ma lascerebbero inalterato il numero di posti dirigenziali da mettere a bando.

3.3. Ancora il primo Giudice disattendeva l'eccezione di difetto di legittimazione nei confronti delle Dirigenti: la circostanza che costoro non avessero partecipato alla mobilità per una delle Aree per le quali era stato indetto il relativo Avviso, non le privava dell'interesse a ricorrere per poter conseguire, attraverso l'annullamento dei bandi di concorso e la destinazione alla mobilità di tutti i posti di funzione disponibili, la migliore collocazione ad esse gradita.

3.4. Quanto all'eccezione di difetto di giurisdizione proposta dagli interventori ad opponendum, la sentenza gravata la riteneva fondata solo in relazione alle censure che attengono la pubblicità del bando di mobilità. Per il resto, secondo il ragionamento esposto nella sentenza di prime cure, si è in presenza di un rapporto di presupposizione tra l'atto che, a monte, definisce la percentuale dei posti di funzione da ricoprire tramite concorso e i relativi bandi e non tra procedura di mobilità e bandi. Ora a fronte di tale atto (la cui natura organizzativa non è compromessa dalle intese intervenute con le OO.SS.), la posizione delle ricorrenti potrebbe conservare natura di diritto soggettivo, solo ammettendo che l'art. 30 del d.lgs n.165 del 2001, non consente una tale opzione in quanto vincola l'amministrazione a riservare alla mobilità volontaria la totalità dei posti di funzione vacanti e disponibili. Per converso, ove la norma de qua possa e/o debba interpretarsi nel senso di consentire all'amministrazione regionale di conferire la titolarità degli uffici dirigenziali vacanti in parte attraverso la mobilità ed in parte attraverso pubblica selezione, ecco allora che, a giudizio del TAR per il Lazio, detta norma introduce un potere di scelta, discrezionale, espressivo di potestà amministrativa, a fronte del quale la posizione azionabile non può che avere natura di interesse legittimo al corretto uso di detta potestà.

3.4. Quanto all'obbligo della Regione Lazio di procedere alla previa copertura attraverso mobilità di tutti i posti dirigenziali resisi disponibili, la sentenza gravata giungeva ad una risposta negativa, ritenendo che al riguardo residui un potere discrezionale della Regione nell'individuazione del numero dei posti in questione. Il Giudice di prime cure giungeva ad una simile conclusione sulla scorta della giurisprudenza costituzionale ed amministrativa. In particolare, faceva notare che Corte cost., n. 388/2004, ha ritenuto che l'art. 30, d.lgs. 165/2001, disciplinante la mobilità volontaria, deve essere interpretato nel senso che il previo esperimento delle procedure di mobilità e la verifica concreta dell'indisponibilità concreta di personale da mobilitare deve precedere l'indizione delle procedure concorsuali, ma non ha affermato in alcuna parte che il previo esperimento di mobilità deve necessariamente coinvolgere tutti i posti di funzione disponibili, come ritengono le ricorrenti. Nello stesso senso Cons. St., n. 5830 del 2010, che si è limitato a precisare che la procedura di mobilità deve necessariamente precedere l'indizione del concorso. Pertanto, legittimamente la Regione può, in parte coprire i posti avvalendosi della mobilità, ed in parte utilizzare la procedura concorsuale. In questo senso milita, a giudizio del Tribunale amministrativo, anche la giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost., 100/2010; 95/2008; 380/2004), che ha precisato che la regolamentazione delle modalità di accesso al lavoro pubblico regionale è riconducibile alla materia dell'organizzazione amministrativa delle regioni e degli enti pubblici regionali e rientra nella competenza residuale delle regioni di cui all'art. 117 Cost. Il TAR per il Lazio, richiamandosi ad un'interpretazione costituzionalmente orientata, concludeva che nella materia di cui si tratta l'autonomia regionale non tollera “limiti precisi e puntuali” ma solo “di principio, quale il previo esperimento di procedure di mobilità”: pur se nella nuova configurazione legislativa la procedura di mobilità volontaria non costituisce più una facoltà dell'amministrazione, è pure vero che detta “disponibilità” è concetto diverso da quello riportato dall'art. 34 bis c.1 d.lgs. 165/2001, in materia di mobilità d'ufficio. Ciò che non è consentito e viene colpito da sanzione di nullità ex art.30, comma 2, d.lgs. 165/2001, è, secondo la pronuncia gravata, la “elusione” di tale principio, e cioè il ricorso ad una tecnica di reclutamento che, per le circostanze più varie, di fatto, vanifichi il trasferimento volontario e dunque eluda il principio. Poiché la censura prospettata dalle ricorrenti è incentrata esclusivamente sul fatto che la procedura di mobilità non ha avuto riguardo a tutti i posti di funzione disponibili, la stessa è, quindi, secondo il primo Giudice, infondata.

4. Con atto d'appello notificato il 20 aprile 2012 e depositato il 10 maggio 2012 insorgono gli originari ricorrenti, invocando la riforma della sentenza di primo grado, per i seguenti motivi:

a) sarebbe erronea la sentenza impugnata nella parte in cui non ha rilevato che la Confedir ha agito a tutela di un interesse istituzionale al decoro ed alla dignità delle categorie che rappresenta, non intaccato dalla possibilità di presentare domanda ai concorsi da parte di funzionari non identificati, come chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio (CdS n. 1034/2012 e CdS, A.P. n. 10/2011); b) sarebbe erronea la sentenza nella parte in cui non prende atto che i ricorsi spiegati da Confedir e dalle dirigenti appellanti impugnano non la procedura di mobilità, ma i bandi, poiché il loro interesse è l'accertamento dell'illegittimità delle procedure concorsuali. Il ricorso cumulativo è ammissibile, perché proposto contro atti connessi e contenente domande che fondano sugli stessi presupposti di fatto e di diritto;

c) sarebbe erronea la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che se non nell'an quantomeno nel quomodo l'amministrazione regionale abbia il potere discrezionale di stabilire la misura dei posti da coprire mediante mobilità volontaria e di quelli da mettere a concorso. Ciò in quanto la mobilità volontaria sarebbe solo un principio tendenziale rispetto al quale l'amministrazione può stabilire discrezionalmente quantum e quomodo della sua attuazione. La sentenza è, però, contraddittoria nella parte in cui afferma che vi è un principio previsto dalla legge statale, ma si è in presenza di potestà legislativa residuale, quindi, esclusiva. Sull'obbligo di avviare la mobilità prima dell'indizione del concorso, le appellanti richiamano l'insegnamento contenuto nella sentenza di questo Consiglio, n. 5830/2010, che afferma la valenza della disciplina anche per gli enti locali e nelle pronunce della Consulta n. 324/2010, 388/2004, secondo le quali l'istituto della mobilità volontaria si applica anche alle Regioni quale espressione del principio di buon andamento e imparzialità art. 97 cost.

In questo senso andrebbe letto il combinato disposto dell'art. 30 d.lgs. 165/2001 e dell'art. 32, comma 6, l.r. Lazio, 6/2002.

Inoltre, non vi sarebbe alcuna motivazione in ordine alla scelta di coprire solo il 20% dei posti ricorrendo alla mobilità.

Infine, l'avviso di mobilità non sarebbe stato pubblicato in G.U.;

d) la sentenza risulterebbe, altresì, erronea nella parte in cui, dopo aver estromesso la Confedir, non ha esaminato il secondo motivo di ricorso che viene riproposto. Posto che la dotazione organica del profilo dirigenziale del Consiglio regionale fa riferimento al dato numerico di 59 unità senza distinguere tra profili professionali, appare illogico prevedere quattro distinti bandi, contrariamente a quanto dispone la deliberazione dell'Ufficio di Presidenza che fa riferimento ad un concorso. Quest'illegittimità è evidenziata dalla diversissima tipologia di titoli di studio richiesti e dalla identità della prove d'esame.

L'illegittimità di tale scelta discenderebbe ulteriormente dall'esame degli approdi della giurisprudenza della Suprema Corte che ha chiarito come la qualifica dirigenziale non esprime più una posizione lavorativa, ma un'idoneità professionale. Tanto che secondo Cass. lav., 23760/2004, l'accesso alla qualifica di dirigente è unico tranne che per i dirigenti tecnici. Ciò nonostante nessuno dei bandi ha previsto l'iscrizione ad un albo professionale. Mentre i singoli bandi prevedono il titolo di studio richiesto così restringendo la platea di soggetti potenzialmente interessati con violazione del principio della massima partecipazione. Inoltre, i bandi prevedono la possibilità di partecipare anche a soggetti privi di esperienza nella p.a. in contrasto con quanto disposto dall'art. 28, d.lgs. 165/2001.

5. In data 22 novembre 2012 si costituiva in giudizio la Regione Lazio.

6. In data 29 novembre 2012 si costituiva in giudizio il Consiglio della Regione Lazio, che affidava le sue difese alla memoria depositata il 26 luglio 2013. Con tale atto il Consiglio regionale insisteva per la conferma della sentenza gravata, esponendo che:

a) l'accordo sindacale di concertazione del 16 dicembre 2010 con il quale si stabiliva di procedere alla mobilità per il 20% dei 32 posti dirigenziali vacanti veniva sottoscritto anche dalla Confedir;

b) l'estromissione di Confedir risultava corretta e a tanto deve provvedere anche il Giudice d'appello, poiché la legittimazione ad agire dell'organizzazione sindacale andrebbe traguardata alla presenza di un'effettiva e concreta lesione di altrettanti diritti spettanti iure proprio all'ente de quo, altrimenti l'interesse fatto valere si sovrapporrebbe all'interesse pubblico alla legittimità amministrativa, come chiarito nel parere del CGA n. 25/2008. Inoltre, il sindacato non potrebbe ricorrere contro provvedimenti lesivi dei diritti di propri associati che siano favorevoli ad altri associati. Né sarebbe conferente il richiamo fatto dall'appellante alla giurisprudenza di questo Consiglio;

c) sarebbe corretta la sentenza nella parte in cui ha escluso la giurisdizione del g.a. in relazione alla censura relativa alle modalità di pubblicazione dell'avviso di mobilità;

d) del pari immune da censure sarebbe l'affermazione del principio secondo il quale la previa mobilità non deve interessare tutti i posti a disposizione. L'impiego pubblico regionale in parte ricade nella potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile specie per i profili privatizzati, in parte alla potestà legislativa regionale residuale specie per i profili non privatizzati. Quindi, per la parte relativa al reclutamento il d.lgs. 165/2001, non si applicherebbe alle Regioni. Per i dirigenti ciò si desumerebbe anche dall'art.13 d.lgs. 165/2001. Quindi, l'art. 30 sarebbe applicabile solo al reclutamento dei dirigenti statali. Ulteriore argomento dovrebbe trarsi anche dall'art. 74 d.lgs. 150/2009, che nell'individuare le norme che devono essere applicate dalle Regioni, non fa riferimento all'art 49, d.lgs. 150/2009, che ha modificato l'art. 30, d.lgs. 165/2001. Inconferente sarebbe quindi il richiamo a Corte cost. 324/2010, perché nella fattispecie si discute non della mobilità, ma della procedura di reclutamento. Del resto, diversamente opinando la controversia apparterrebbe al g.o., perché la questione avrebbe ad oggetto il diritto civile secondo il quale la mobilità esprime un'ipotesi di cessione del contratto;

e) come precisa il comma 2 dell'art. 30, d.lgs. 165/2001, quello della mobilità sarebbe un principio e non una regola. Il primo ontologicamente richiederebbe una sua specificazione da parte di una norma, da qui non si potrebbe desumere che sia talmente definito da imporre la mobilità per tutti i posti a disposizione. L'art. 30 devolverebbe la definizione dei criteri generali ai contratti collettivi. Opererebbe, pertanto, l'art. 7 CCNL enti locali del 1999 riprodotto nei successivi accordi secondo il quale tra le materie devolute a livello di concertazione decentrata vi è quella dell'andamento dei processi occupazionali. Quindi anche dell'uso della mobilità, secondo quanto riprodotto nell'accordo sindacale del 16 dicembre 2010;

f) un'interpretazione dell'art. 30, comma 1 e 2bis, d.lgs. 165/2001, che non distinguendo tra il profilo sostanziale dell'istituto della mobilità quale cessione del contratto, che ricade nella materia dell'ordinamento civile di competenza esclusiva dello Stato, e il profilo procedimentale che consente, previa concertazione decentrata, di fissare le quote di posti per i quali fare ricorso alla mobilità, ma imponga di applicare rigidamente la regola della mobilità alle Regioni risulterebbe incostituzionale. Tanto da meritare la sottoposizione della questione alla Consulta per contrasto con gli artt. 114, 117 e 123 cost. Infatti, la scelta della modalità di selezione dei dirigenti rientrerebbe nella competenza dello statuto regionale ai sensi dell'art. 123 cost.;

g) infondata sarebbe inoltre la censura secondo la quale la procedura di mobilità non si è svolta prima dell'inizio delle prove di concorso;

h) ancora vi sarebbe, come specificato dal primo Giudice, difetto di giurisdizione del g.a. sulla censura relativa alle modalità di pubblicazione dell'avviso di mobilità e comunque l'art. 4 comma 1 bis d.p.r. 487/1998, imporrebbe la pubblicazione in G.U. dell'avviso di concorso e non dell'avviso di mobilità. Inoltre tale norma sarebbe superata dall'art. 35 d.lgs. 165/2001, secondo il quale è necessaria adeguata pubblicità della selezione secondo quanto previsto dal regolamento dell'ente locale: il regolamento di organizzazione del Consiglio Regionale n. 3/2003 prevede la sola pubblicazione dell'avviso di mobilità nel BUR;

i) quanto al secondo motivo di ricorso riproposto in appello esso è avanzato solo dalla Confedir mentre l'appello non contesta la carenza di legittimazione delle dirigenti, sicché sul punto vi è giudicato. La generale carenza di legittimazione di Confedir impedirebbe lo scrutinio anche in appello di questa censura. Le dirigenti ricorrenti sarebbero, inoltre, prive di legittimazione perché non hanno presentato domanda di partecipazione ai bandi concorsuali pur avendone i requisiti;

l) la presenza di un ruolo unico non escluderebbe la possibilità di individuare i titoli di studio necessari per ricoprire le particolari funzioni che dovranno essere svolte in concreto. In questo senso militerebbe anche l'art. 16 l.r. Lazio 6/2002;

m) quanto, infine, alla censura inerente la possibilità di partecipazione al concorso anche da parte di chi non ha pregressa esperienza lavorativa, si tratterebbe di materia di competenza legislativa regionale (art. 27 d.lgs. 165/2001, Corte cost., 274/2003, 380/2004). L'art. 100 del regolamento di organizzazione del Consiglio regionale n. 3/2003, prevederebbe che l'accesso alla dirigenza sia consentito a soggetti muniti di laurea e di un titolo ulteriore, secondo un'impostazione sposata anche nella sentenza n. 430/2012 del TAR Lazio.

5. Con successive memorie le appellanti reiteravano le proprie posizioni, invocando la riforma della sentenza impugnata.

DIRITTO

1. L'appello proposto da Confedir come quello proposto dalle d.sse Leonilde Marzolini, Silvana De Paolis sono infondati e non meritano di essere accolti, sia pure con le precisazioni che verranno fatte in prosequio.

2. Preliminarmente, occorre confermare la statuizione del primo Giudice in ordine al difetto di giurisdizione del g.a. in relazione alla censura inerente la violazione della disciplina in tema di pubblicità dell'avviso di mobilità. L'istituto in questione, infatti, attiene alla gestione del rapporto lavorativo e non presuppone in senso stretto l'esercizio di un potere amministrativo, che giustifichi all'indomani della privatizzazione dell'impiego alle dipendenze della pubblica amministrazione, la giurisdizione del g.a. In questo senso non può che ribadirsi l'orientamento di questa Sezione (Cons. St., Sez. V, 12 settembre 2011, n. 5985), che riprende quello delle Sezioni Unite della Cassazione (Cass., Sez. Un., Ordinanza n. 19251 del 09-09-2010) secondo il quale: “In tema di mobilità per passaggio diretto tra pubbliche amministrazioni, disciplinata attualmente dall'art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, integrando siffatta procedura una mera modificazione soggettiva del rapporto di lavoro con il consenso di tutte le parti e, quindi, una cessione del contratto, la giurisdizione sulla controversia ad essa relativa (nella specie, instaurata dal dipendente al quale era stato preferito altro candidato al posto da coprire tramite mobilità interna) spetta al giudice ordinario, non venendo in rilievo la costituzione di un nuovo rapporto lavorativo a seguito di procedura selettiva concorsuale e, dunque, la residuale area di giurisdizione del giudice amministrativo di cui al quarto comma dell'art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165”.

3. Va, ancora, precisato che le censure scrutinabili sono solo quelle ritualmente introdotte con il ricorso introduttivo del giudizio. Al riguardo, va chiarito che solo con l'atto d'appello le originarie ricorrenti si dolgono della mancata motivazione da parte dell'amministrazione appellata in ordine alla scelta di riservare all'istituto della mobilità solo una percentuale dei posti vacanti in pianta organica. Sotto questo profilo non appare sufficiente la generica indicazione contenuta nei titoletti del ricorso introduttivo rispettivamente a pag. 6 e a pag. 17. I motivi di ricorso in primo grado come in appello devono avere un adeguato grado di specificità, sì da rappresentare una critica al provvedimento amministrativo o alla sentenza di primo grado oggetto di impugnazione. Diversamente opinando tutti i ricorsi si tradurrebbero nella mera elencazione sommaria delle tipologie di vizi di legittimità propri dell'atto amministrativo, così riversando sul giudice amministrativo l'onere di individuare la presenza di eventuali concrete censure dell'atto impugnato, trasformandosi così la giurisdizione del g.a. in giurisdizione di diritto oggettivo.

4. In via preliminare, ancora, va rilevato come sia inammissibile l'appello proposto da Confedir, con ciò che ne consegue in termini di impossibilità di esaminare le censure soltanto a questa riferibili non esaminate dal primo Giudice. Ad una simile conclusione deve giungersi attraverso lo scrutinio della giurisprudenza di questo Consiglio, il cui insegnamento viene travisato dalla Confedir.

Il principio contenuto nella motivazione della sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 10/2011, infatti, è nel senso che l'ordine professionale, ma in ogni caso potrebbe dirsi ogni ente rappresentativo, può agire in giudizio senza che sorga questione di conflitto di interessi, quando agisce a tutela dell'interesse istituzionalizzato, anche se tale iniziativa miri ad elidere l'utilità di cui fruisca uno dei destinatari dell'atto impugnato, che sia iscritto al suddetto ordine professionale. Del resto ogni ente rappresentativo ha una propria sera giuridica che risulta fortemente connotata dalle caratteristiche delle sfere giuridiche dei soggetti che vi partecipano, ma senza che si giunga ad una piena sovrapposizione. L'alterità ontologica assicura la diversità delle sfere giuridiche. Pertanto, non può dirsi privo di legittimazione l'ente rappresentativo che agisca a tutela di un interesse istituzionalizzato, che per essere soddisfatto deve vedere sacrificato l'interesse di un suo rappresentato. Nello stesso senso si è pronunciato questo Consiglio con la sentenza n. 1034/2012, di cui si riporta in parte qua la motivazione: “Con l'ultimo motivo di appello si assume come, «anche a volere ritenere che le organizzazioni sindacali intendano tutelare l'interesse dei dipendenti di ruolo in posizione meno elevata nella carriera volto ad indurre l'amministrazione a bandire i concorsi per i posti ricoperti con comando o con assunzioni non di ruolo temporanee, non v'è dubbio che l'interesse che in tale modo si vorrebbe tutelare da parte delle oo.ss. non sia omogeneo ed indivisibile per tutti gli associati e, che, anzi, ricorra un tipico caso di conflitto di interessi tra lavoratori». Il motivo non è fondato. L'Adunanza plenaria di questo Consiglio, con la sentenza 3 giugno 2011, n. 10, ha già avuto modo di affermare, con riferimento ad una fattispecie diversa ma con argomentazioni estensibili a tutte le controversie in cui ad agire in giudizio siano enti esponenziali di interessi collettivi, che per valutare tale conflitto occorre avere riguardo a quello che viene definito «interesse istituzionalizzato». Non è, dunque, sufficiente che l'azione proposta possa, in concreto, ledere la posizione di taluni dei soggetti appartenenti alla categoria, purché l'ente persegua l'interesse che ha costituito la ragione della creazione dell'ente stesso. Nel caso di specie è indubbio che l'interesse che viene in rilievo è quello al rispetto delle normative di disciplina delle modalità di instaurazione del rapporto di lavoro, con la conseguenza che non sussiste la situazione conflittuale prospettata”.

Nel nostro caso non si registra la presenza di un'ipotesi riconducibile a quelle scrutinate dalle citate pronunce. Infatti, siamo in presenza di un conflitto di interessi interno all'organizzazione sindacale, poiché la presente iniziativa giurisdizionale è volta alla tutela dell'interesse della categoria dei dirigenti a fruire della mobilità per tutti i posti vacanti in pianta organica, ma contrasta quella omogenea della categoria funzionari direttivi, il cui interesse è evidentemente quello di poter accedere ad una superiore qualifica funzionale.

Si realizza, in definitiva un contrasto tra le categorie omogenee dei dirigenti e dei funzionari direttivi, i primi potenzialmente agevolati dall'originario ricorso, i secondi invece potenzialmente danneggiati dallo stesso. Tanto che se vi fossero due distinte associazioni sindacali: una per i dirigenti ed una per i funzionari, la prima avrebbe potuto agire per la caducazione degli atti impugnati e la seconda resistere per ottenerne la salvezza.

Del resto, proprio il richiamo all'interesse istituzionalizzato al decoro ed alla dignità delle categorie rappresentate, che viene evocato nell'atto d'appello, appare evidenziare il contrasto, poiché si assume che venga leso quello dei dirigenti a non fruire della mobilità piuttosto che quello dei funzionari ad accedere alla posizione dirigenziale mediante concorso. In questo senso, da ultimo, Cons. St., Commissione speciale, parere 26 giugno 2013 n. 3014: “È proprio questo profilo che consente di introdurre un "filtro" o un criterio di selezione al riconoscimento della legittimazione al ricorso degli enti esponenziali: condizione imprescindibile è che l'ente faccia valere un interesse omogeneo della categoria, ovvero che l'atto impugnato leda l'interesse di tutti e non solo di alcuni dei suoi aderenti. Laddove, al contrario, l'atto impugnato sia fonte di un potenziale conflitto di interessi tra gli appartenenti alla categoria, nel senso che, pur ledendo alcuni possa avvantaggiare altri, non vengono certamente in rilievo interessi diffusi o collettivi. In questo caso, non è più in discussione l'interesse della categoria nella sua unitarietà, ma, all'interno del gruppo, l'interesse particolare di alcuni contro l'interesse particolare di altri. Trattandosi allora di interessi particolari (sebbene, eventualmente, comuni a una pluralità di soggetti) la legittimazione non potrà che essere dei singoli, che potranno ricorrere solo se e quando nei loro confronti si attualizzi una lesione»)”.

Un'ulteriore prova dell'inesistenza di un simile interesse si trae dalla considerazione, che non si veda come la dignità dei dirigenti e dei funzionari possa essere lesa dalla previsione di un meccanismo che consente l'accesso ai funzionari mediante concorso, posto che anche alla categoria dirigenziale si accede appunto tramite concorso. In definitiva, la sentenza impugnata merita piena conferma sull'estromissione della Confedir dal giudizio di primo grado con la conseguenza che l'appello da essa proposto va dichiarato inammissibile. Conseguentemente, non vi è ragione di esaminare le censure proposte dalla sola Confedir con il secondo motivo di ricorso di primo grado, né di approfondire le indicazioni in tema di ricorso cumulativo.

5. Restano in definitiva da esaminare quelle censure proposte dalle Dirigenti appellanti, con le quali si contesta la scelta dell'amministrazione regionale di non prevedere per tutti i posti disponibili la loro copertura mediante procedura di mobilità. Solo in quest'ottica, infatti, a queste appellanti può essere riconosciuto un interesse a contestare l'attività della p.a.

5.1. Non merita di essere accolta l'eccezione secondo la quale le dirigenti appellanti sarebbero prive di legittimazione, perché non hanno presentato domanda di partecipazione ai bandi concorsuali. Tale prospettazione di parte appellata non coglie, infatti, nel segno giacché le odierne appellanti contestano la stessa possibilità di utilizzare una simile procedura, quindi non hanno interesse a partecipare al concorso.

6. Va precisato, innanzitutto, che la conferma della sentenza gravata, secondo il percorso argomentativo che segue, consente di tralasciare, risultando manifestamente infondata l'eccezione di costituzionalità proposta dal Consiglio regionale in ordine al presunto contrasto dell'art. 30 comma 1 e 2-bis, d.lgs. 165/2001, con gli artt. 114, 117 e 123 cost.

6.1. Il cuore del quesito giuridico al quale deve fornire risposta questo Consiglio è se l'istituto della mobilità volontaria, la cui disciplina è contenuta nel citato art. 30, s'imponga alle Regioni in modo tale che non sia possibile bandire un concorso a copertura dei posti vacanti in pianta organica, se non previo tentativo di reperire per tutte le necessarie risorse umane attingendo ad altre pubbliche amministrazioni, grazie all'istituto della mobilità volontaria. In particolare, ciò che cade nel fuoco del presente giudizio è il quesito se residui in capo alla Regione un margine di discrezionalità in ordine ai posti da riservare alla mobilità volontaria ed i posti da assegnare mediante procedura concorsuale.

6.2. L'analisi della giurisprudenza costituzionale porta a ritenere che il principio della mobilità si imponga anche alle Regioni, seppure con differente impatto, a seconda che si tratti di mobilità d'ufficio o di mobilità volontaria. Nel primo caso Corte cost., n. 388/2004, ha già precisato che: “la legge statale non soltanto non si ingerisce affatto nelle scelte delle amministrazioni regionali e degli enti locali circa le loro esigenze di munirsi di nuovo personale (né quanto al numero, né quanto alla qualità di tale personale), ma si limita a prevedere – come già faceva, ma in modo del tutto generico, l'art. 34, comma 6 – che le nuove assunzioni possano avvenire con procedure concorsuali solo dopo che sia stata verificata concretamente l'impossibilità di valersi di personale proveniente da altre amministrazioni e destinato, ove non sia possibile il suo ricollocamento, al licenziamento: libere essendo le amministrazioni pubbliche locali di specificare in modo dettagliato il tipo di personale del quale intendono valersi (non solo l'area e il livello, ma anche le funzioni e le specifiche idoneità richieste) nonché la sede di destinazione”. Nel secondo, invece, Corte cost., n. 234/2010, ha precisato che: “1.1. – La Regione Toscana impugna anche l'art. 49, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2009, il quale sostituisce l'art. 30, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, che ora prevede che tutte le amministrazioni, e dunque anche le Regioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali necessarie per coprire posti vacanti, debbano «rendere pubbliche le disponibilità dei posti in organico da ricoprire attraverso passaggio diretto di personale da altre amministrazioni, fissando preventivamente i criteri di scelta» e che «il trasferimento è disposto previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato». Ad avviso della ricorrente, il predetto art. 49 violerebbe l'art. 97 Cost., perché limita il reclutamento del personale mediante il concorso pubblico, nonché l'art. 117, quarto comma, Cost., poiché incide sull'autonomia organizzativa delle Regioni, introducendo un impegnativo onere per l'amministrazione e limitando la sua possibilità di ricercare, scegliere ed assumere il personale più preparato…La Regione deduce la violazione di un precetto costituzionale diverso da quelli attinenti al riparto di competenze tra Stato e Regioni e, nella fattispecie, il preteso contrasto con l'art. 97 Cost. non ridonda nella compressione di sfere di attribuzione costituzionalmente garantite alle Regioni. 4.2. – La questione sollevata in riferimento all'art. 117, quarto comma, Cost., invece, non è fondata. La norma impugnata non appartiene ad ambiti materiali di competenza regionale, bensì alla materia dell'ordinamento civile. L'istituto della mobilità volontaria altro non è che una fattispecie di cessione del contratto; a sua volta, la cessione del contratto è un negozio tipico disciplinato dal codice civile (artt. 1406-1410). Si è, pertanto, in materia di rapporti di diritto privato e gli oneri imposti alla pubblica amministrazione dalle nuove disposizioni introdotte dall'art. 49 del d.lgs. n. 150 del 2009 rispondono semplicemente alla necessità di rispettare l'art. 97 Cost., e, precisamente, i principi di imparzialità e di buon andamento dell'amministrazione”.

Il quadro complessivo che se ne desume, quindi, è che spetta allo Stato legiferare in tema di mobilità, ma nella suddetta materia l'intervento statale non azzera del tutto quel potere organizzativo che resta assegnato alle Regioni, anche nell'ipotesi di mobilità d'ufficio nella quale, la necessità di salvaguardare la permanenza del contratto di lavoro in essere con altra pubblica amministrazione, fa premio sui consistenti limiti imposti all'amministrazione regionale e che sono tali da impedire alla stessa, di indire procedure concorsuali per ogni posto necessario senza prima percorrere la via della mobilità d'ufficio. Pertanto, in via di prima approssimazione possiamo affermare che, sia in caso di mobilità d'ufficio, che in caso di mobilità volontaria residua in capo all'amministrazione regionale una potestà di organizzazione, la cui latitudine in tema di mobilità volontaria deve essere ulteriormente indagata.

6.3. Un secondo passo utile verso la soluzione finale può essere fatto attraverso l'esame della giurisprudenza di questo Consiglio sul tema, ed in particolare, della sentenza n. 5830/2010 di questa Sezione. La suddetta pronuncia afferma il principio dell'obbligo della mobilità volontaria prima dell'indizione del concorso anche per gli enti locali, chiarendo che: “il reclutamento dei dipendenti pubblici avviene attraverso un procedimento complesso nell'ambito del quale la procedura concorsuale non è affatto soppressa, ma è subordinata alla previa obbligatoria attivazione della procedura di mobilità, in attuazione dei fondamentali principi di imparzialità e buon andamento, predicati dall'articolo 97 della Costituzione”.

Nella fattispecie controversa, però, la carenza di organico riguardava soltanto un posto, quindi, il Consiglio non ha potuto esprimersi in merito all'esistenza di una potestà discrezionale dell'amministrazione di riservare alcuni dei posti a concorso, utilizzando la mobilità solo per coprire una quota parte di quelli vacanti in pianta organica. Occorre, pertanto, cercare di offrire alla questione un inquadramento sistematico in modo tale da fornire una soluzione in armonia con l'ordinamento. Soccorre, al riguardo, quella giurisprudenza che ha indagato i rapporti tra i diversi mezzi di assunzione alle dipendenze della pubblica amministrazione.

7. La giurisprudenza di questo Consiglio con alcune importanti pronunce ha chiarito il rapporto esistente tra le differenti modalità di assunzione alle dipendenze della p.a., prevedendo tra le stesse una gradazione elastica, ossia ricavando la presenza nell'ordinamento di una disciplina che, nel preferire per l'accesso all'impiego alle dipendenze della p.a. alcune modalità di assunzione, lascia residuare tendenzialmente un margine di discrezionalità in capo a quest'ultima.

7.1. Merita così di essere rammentato che Cons. St., Ad. Plen., 28 luglio 2011, n. 14, ha analizzato i rapporti esistenti tra l'indizione di un concorso e lo scorrimento della graduatoria di un concorso, già espletato. Il massimo organo di giustizia amministrativa ha concluso che: “Posto che in tema di copertura di posti nel pubblico impiego la decisione di "scorrimento" della graduatoria non può essere collocata su un piano diverso e contrapposto rispetto alla determinazione di indizione di un nuovo concorso, tenendo presente che entrambi gli atti si pongono in rapporto di diretta derivazione dai principi dell'art. 97 Cost., e quindi devono essere sottoposti alla medesima disciplina anche in relazione all'ampiezza dell'obbligo di motivazione, va precisato che si è oramai realizzata la sostanziale inversione del rapporto tra l'opzione per un nuovo concorso e la decisione di scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace, in quanto quest'ultima modalità di reclutamento rappresenta oggi la regola generale, mentre l'indizione del nuovo concorso costituisce l'eccezione e richiede un'apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico, con l'avvertenza peraltro che la riconosciuta prevalenza delle procedure di scorrimento non è comunque assoluta e incondizionata, perché sono tuttora individuabili casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento del personale mediante nuove procedure concorsuali, anziché attraverso lo scorrimento delle preesistenti graduatorie, risulta pienamente giustificabile, con il conseguente ridimensionamento dell'obbligo di motivazione”. Può, pertanto, affermarsi in sintonia con quanto statuito dalla Plenaria che l'amministrazione nella copertura di un posto in pianta organica esercita un potere discrezionale che viene mano a mano riducendosi.

Così, se appare ampia la discrezionalità dell'amministrazione nel decidere se coprire il posto, questa discrezionalità viene a ridursi in relazione al quomodo della provvista del posto, giacché la scelta di non scorrere la graduatoria, ma di bandire un concorso pubblico deve essere adeguatamente motivata a cagione della ridotta discrezionalità che deve riconoscersi sul punto all'amministrazione.

7.2. Allo stesso tempo questa Sezione (cfr. Cons. St., Sez. V, 31 luglio 2012, n. 4329) ha affermato l'estraneità della modalità di assunzione per scorrimento della graduatoria di concorso già espletato rispetto alla fattispecie delineata dal comma 2 bis dell'art. 30, d.lgs. 165/2001. Da ciò non deriva un obbligo per l'amministrazione di utilizzare lo scorrimento, ma la presenza di una residua discrezionalità in capo alla p.a., che deve motivare, qualora utilizzi la mobilità volontaria invece di scorrere. Tra l'utilizzo dello scorrimento della graduatoria e quello della mobilità volontaria il legislatore ha, quindi, dato preferenza al primo metodo, poiché a fronte dell'idoneità di entrambi di consentire il reperimento di personale professionalmente qualificato, la mobilità volontaria esige di una nuova procedura, che comporta un dispendio di tempo e di risorse. Ciò non toglie che l'amministrazione, adeguatamente motivando, possa comunque farvi ricorso, piuttosto che scorrere la graduatoria.

8. Venendo più da vicino all'indagine circa l'esistenza di una qualche discrezionalità in capo all'amministrazione regionale, in tema di mobilità volontaria, non v'è dubbio che la Regione non possa declinare l'invito a fare uso della mobilità volontaria, né possa disciplinarne autonomamente gli effetti. Ciò nonostante non può trascurarsi che l'amministrazione regionale resta titolare di un potere di organizzazione che si estrinseca attraverso l'uso di un potere discrezionale nel determinare la quantità dei posti riservati alla mobilità volontaria rispetto a quelli riservati a pubblico concorso. Si è già, infatti, rammentato come la stessa Consulta nella pronuncia n. 388/2004, in tema di mobilità d'ufficio abbia ritenuto che, pur a fronte di vincoli più incisivi dettati dall'esigenza di salvaguardare i rapporti di lavoro in essere, l'amministrazione regionale resti comunque titolare di un potere discrezionale “…di specificare in modo dettagliato il tipo di personale del quale intendono valersi (non solo l'area e il livello, ma anche le funzioni e le specifiche idoneità richieste) nonché la sede di destinazione”.

Nell'ipotesi di mobilità volontaria in assenza di un fine superiore, quale quello del mantenimento dei contratti lavorativi in essere, deve riconoscersi all'amministrazione regionale il potere di determinare quanti posti coprire mediante mobilità volontaria. Il suddetto potere discrezionale dovrà essere esercitato mercé un atto fornito di congrua motivazione, affinché si palesino chiaramente quali sono le ragioni per le quali si preferisce reperire sul mercato, piuttosto che tra i dipendenti già in servizio presso altre amministrazioni, le professionalità necessarie.

9. Un ulteriore argomento che corrobora quest'impostazione può trarsi dalla lettura del dato testuale dell'art. 30 e da un confronto con quello dell'art. 34-bis, d.lgs. 165/2001. Quest'ultima norma, infatti, dispone che le amministrazioni pubbliche “sono tenute” ad utilizzare la procedura della mobilità d'ufficio prima di avviare le procedure di assunzione di personale e le eventuali assunzioni effettuate in violazione di tale previsione “sono nulle di diritto”. Al contrario, l'art. 30, d.lgs. 165/2001, dispone che: “Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro…” e che “sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi volti ad eludere l'applicazione del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale”.

Quindi, mentre nel primo caso la nullità scatta in caso di violazione della disciplina, nel secondo è l'elusione del principio del previo esperimento di mobilità, che determina la patologia dell'atto, dal ché si evince come in capo all'amministrazione regionale residui un potere discrezionale, che deve essere orientato al rispetto del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale, la cui osservanza deve essere dimostrata dall'amministrazione in sede di motivazione.

10. In mancanza, però, di una censura specifica ritualmente proposta in primo e secondo grado, che evidenzi in che termini un eventuale difetto di motivazione abbia inficiato l'esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione regionale, l'indagine di questo Giudicante non può andare oltre, perché esulerebbe dal thema decidendi.

11. Date le suesposte considerazioni è giocoforza respingere l'appello proposto dalle d.sse Marzolini Leonilde e De Paolis Silvana.

12. Nella particolare complessità giuridica delle questioni sottoposte allo scrutinio del Collegio si rinvengono ragioni eccezionali per compensare le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando:

a) respinge l'appello;

c) compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Pajno,	Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti,	Consigliere

Antonio Amicuzzi,	Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino,	Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi,	Consigliere

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
 		
 		
 		
 		
 		
DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/01/2014
Avv. Antonino Sugamele

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