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Sentenza

Lodo del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport presso il Coni. Controver...
Lodo del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport presso il Coni. Controversia tra due tesserati, per reciproche contestazioni in ordine alla regolarità tecnica delle vetture rispettivamente condotte nella gara svoltasi il 26 settembre 2010 sul circuito automobilistico di Vallelunga, valida per il campionato sport prototipi Italia 2010. Competenza.
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 17 giugno – 28 luglio 2014, n. 3983
Presidente Pajno – Estensore Franconiero

Fatto e diritto

1. L'Aci – Automobil Club d'Italia impugna nel presente giudizio il lodo pronunciato dal Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport (Tnas) presso il Coni il 3 maggio 2013 (prot. n. 905), nella controversia che ha visto contrapposti i propri tesserati sig.ri Ivan Nicola Bellarossa e Davide Uboldi, per reciproche contestazioni in ordine alla regolarità tecnica delle vetture rispettivamente condotte nella gara svoltasi il 26 settembre 2010 sul circuito automobilistico di Vallelunga, valida per il campionato sport prototipi Italia 2010.
Con il lodo arbitrale impugnato, il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, accogliendo la domanda del sig. Bellarossa, dichiarava il sig. Uboldi escluso dalla classifica finale della gara.
2. A sostegno della presente impugnativa, promossa davanti al TAR Lazio – sede di Roma, l'Aci aveva sostenuto che il Tnas non potesse pronunciarsi sulla controversia, essendo detto organo di giustizia previsto in alternativa, e non già in funzione di terzo grado di giudizio, rispetto a quelli istituiti dalla Commissione sportiva automobilistica italiana (Csai), federazione automobilistica riconosciuta dal Coni, operante per conto dell'Aci. Davanti a questi ultimi organi di giustizia i due contendenti si erano rivolti attraverso impugnative incrociate, dirette a conseguire l'esclusione dalla gara l'uno dell'altro. Per quanto qui rileva, la posizione del sig. Uboldi veniva definita dal Tribunale nazionale d'appello della Csai, con l'irrogazione di una multa (sentenza 3/2012). Questa decisione veniva appunto contestata dal sig. Bellarossa mediante la procedura arbitrale conclusa con il lodo impugnato nella presente sede.
3. L'adito TAR Lazio – sede di Roma ha tuttavia declinato la giurisdizione. Richiamando un proprio precedente in termini (sentenza 21 giugno 2013, n. 6258), il giudice di primo grado ha negato alla pronuncia sportiva impugnata la natura di provvedimento amministrativo, qualificandolo invece come “vero e proprio lodo arbitrale ed è quindi impugnabile solo dinanzi alla Corte di appello per motivi di nullità”, come statuito dall'art. 12-ter, comma 3, dello statuto del Coni.
4. L'Aci ha dunque proposto appello ex art. 105, comma 2, cod. proc. amm., al quale resiste il Coni.
A fondamento del proprio appello, l'Aci richiama la giurisprudenza della VI Sezione di questo Consiglio di Stato (sentenze 9 luglio 2004, n. 5025 e 9 febbraio 2006, n. 527), che hanno attribuito natura di provvedimenti amministrativi alle decisioni della Camera di conciliazione ed arbitrato presso il Coni (richiama anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 49 dell'11 febbraio 2011) e ritiene che le medesime conclusioni siano valevoli per il Tnas.
Assume inoltre la sussistenza della giurisdizione amministrativa, in ragione del conflitto tra enti pubblici che reputa determinatosi per effetto del lodo impugnato, in ragione del fatto che il regolamento Csai non contempla per le controversie automobilistiche tra tesserati dell'Aci alcuna clausola compromissoria in favore del Tnas.
5. Il Collegio osserva che in virtù dell'art. 3, comma 1, d.l. n. 220/2003 («Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva», conv. con l. n. 280/2003), è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2”. A sua volta, il comma 1 della disposizione richiamata attribuisce alla giurisdizione sportiva “la disciplina delle questioni aventi ad oggetto (…) b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”. Soggiunge il comma 2 dell'art. 2 in esame che nella materia in questione “le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui agli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo”.
Inoltre, il secondo inciso del predetto art. 3, comma 1, recita: “In ogni caso é fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91”.
6. Le norme qui richiamate depongono in modo chiaro nel senso dell'insussistenza nella giurisdizione amministrativa nella presente controversia, donde il rigetto dell'appello.
E' infatti evidente che la pronuncia del Tnas impugnata in questo giudizio rientra nella sopra citata ipotesi contemplata all'art. 2, comma 1, lett. b), d.l. n. 220/2003, concernente l'irrogazione di una sanzione per irregolarità commesse da un affiliato nell'ambito di una competizione sportiva ufficiale.
7. Contrariamente a quanto assume l'Aci, inoltre, non può più essere invocato l'orientamento della VI Sezione di questo Consiglio di Stato nelle sentenze 9 luglio 2004, n. 5025 e 9 febbraio 2006, n. 527. Questo si è infatti formato antecedentemente alle modifiche dello statuto del Coni del 2008, in virtù delle quali, in luogo della previgente Camera di conciliazione ed arbitrato, i cui provvedimenti sono stati qualificati come amministrativi giustiziali, sono stati istituiti due organi giustiziali: l'Alta Corte di giustizia sportiva e il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (rispettivamente previsti dagli artt. 12-bis e 12-ter), quest'ultimo competente “sulle controversie aventi ad oggetto diritti disponibili”, e la prima, invece, “per le controversie per le quali non è possibile l'arbitrato”.
Sempre a questo riguardo, antecedentemente alle modifiche l'arbitrato presso il Coni aveva avuto sempre natura irrituale o libera, in ragione della opportunità di scongiurare qualsiasi intervento. Con le modifiche statutarie sopra dette, per contro, è stato introdotto un espresso rinvio alla disciplina processualcivilistica relativa all'arbitrato rituale ex artt. 806 e seguenti. Vi è dunque, sia pure con qualche variante, comunque non rilevante, un rinvio alle norme dell'ordinamento generale, che pertanto l'ordinamento sportivo, nell'ambito della sua autonomia costituzionalmente garantita (in questo senso: Corte Cost., sentenza 11 febbraio 2011, n. 49), ha ritenuto di recepire.
Tra le disposizioni del codice di procedura civile richiamate viene in rilievo ai fini della presente controversia l'art. 828, relativo al “ricorso per nullità” del lodo (art. 12-ter, comma 3 dello statuto del Coni). Inoltre, il comma 2 dell'art. 12-ter in esame disciplina in via autonoma le modalità per adire l'arbitrato sportivo, secondo modalità evidentemente ricalcate sulle pertinenti norme processualcivilistiche, laddove si prevede la necessità che vi sia una clausola compromissoria negli statuti federali o, in difetto, un “altro espresso accordo tra le parti”.
8. Rispetto alle norme espressive dell'autonomia sportiva, quelle finora esaminate, vi è una piena convergenza con quelle dell'ordinamento generale, idonea dunque ad attribuire piena validità per quest'ultimo alle ipotesi di deroga alla giurisdizione ammesse in via generale dal citato art. 3, comma 1, secondo periodo d.l. n. 220/2003.
9. Questo profilo merita ancora una fondamentale precisazione.
La natura arbitrale del giudizio davanti al Tnas – e, a priori, la validità per l'ordinamento generale delle clausole compromissorie o dei compromessi che lo prevedano – è ulteriormente avvalorata dal fatto che nelle controversie riguardanti “i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”, ai sensi del sopra citato art. 2, comma 1, lett. b), d.l. n. 220/2003, non viene in rilievo alcuna posizione avente la consistenza di interesse legittimo.
La federazione sportiva titolare del potere sanzionatorio nei confronti dei propri tesserati non è infatti chiamata ad apprezzare fatti ed interessi nel perseguimenti dei fini istituzionali ad essa devoluti dall'ordinamento, ponderandoli con i contrapposti interessi privati, ma ad accertare obiettivamente e a sanzionare, nei limiti di quanto previsto dalle pertinenti norme statutarie o regolamentari, fatti aventi rilievo disciplinare concernenti lo svolgimento dell'attività sportiva.
Alla luce di quest'ultimo rilievo, non è condivisibile l'assunto dell'Aci secondo cui controversia sportiva da cui trae origine il presente giudizio si incentra sul conflitto tra due enti pubblici.
10. Le spese del presente grado d'appello seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l'Aci a rifondere al Coni le spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 4.000,00, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Avv. Antonino Sugamele

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