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Sentenza

Limiti di eta' e accesso al lavoro pubblico. Il compimento di un anno di vita, e...
Limiti di eta' e accesso al lavoro pubblico. Il compimento di un anno di vita, e dunque il raggiungimento di una determinata eta', si realizza quando il suddetto anno e' stato interamente vissuto, sicche' il limite di eta' indicato quale requisito di ammissione deve intendersi superato alla mezzanotte del giorno del compleanno.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 15 maggio – 15 luglio 2014, n. 3703
Presidente Romeo – Estensore Ungari

Fatto e diritto

1. L'appellante è cittadino albanese; non ancora maggiorenne, nel 2002, a seguito di ricongiungimento familiare col padre, è giunto in Italia, dove tuttora vivono, oltre ai genitori, i due fratelli e la sorella.
Ha proposto ricorso gerarchico avverso il provvedimento del Questore di Grosseto in data 27 giugno 2012, con cui è stata respinta la sua istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, a causa della mancata sottoposizione ai rilievi fotodattiloscopici, della mancata consegna delle fototessere e della omessa dimostrazione del possesso di un adeguato reddito da fonte lecita; ha lamentato in quella sede che non fossero state considerati i legami familiari.
2. Con provvedimento prot. 40076 in data 1 dicembre 2012, il Prefetto di Grosseto ha respinto il ricorso, affermando la non rilevanza dei legami familiari, posto che il ricorrente non risultava al momento convivente con alcuno di loro e costituiva quindi una “singola famiglia”, mentre l'art. 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998, è volto a tutelare l'integrità dei nuclei familiari, caratterizzati dalla convivenza.
3. Il TAR Toscana, con la sentenza appellata (II, n. 685/2013), ha respinto l'impugnazione del rigetto, affermando che la non convivenza con i parenti - e quindi l'uscita del ricorrente dal nucleo familiare, la salvaguardia dell'unità del quale costituisce la ratio dell'art. 5, comma 5, cit. - giustifica il rilievo ostativo attribuito dalla Prefettura alla mancanza di reddito.
4. Nell'appello, lo straniero ribadisce che:
- i vincoli familiari non possono ridursi al mero dato formale della convivenza sotto lo stesso tetto;
- occorreva, in applicazione dell'art. 5, comma 5, cit., una seria istruttoria in ordine alla natura ed alla effettività dei vincoli familiari in Italia, all'inesistenza di legami familiari e sociali col paese di origine, alla lunga durata della permanenza in Italia;
- in realtà, si era trasferito dal fratello; poi, quando quest'ultimo ha lasciato l'abitazione per trasferirsi in un'altra, è tornato dai genitori, con i quali risiede tuttora;
- dopo aver lavorato regolarmente per anni, versa in stato di disoccupazione solo a causa della vicenda relativa al rinnovo del permesso di soggiorno, ma per lui è immediatamente disponibile un contratto di lavoro presso la ditta edile dello zio.
5. Con ordinanza n. 352/2014, questa Sezione ha sospeso l'esecutività della sentenza.
6. L'appello è fondato e deve pertanto essere accolto.
6.1. Alla luce delle motivazioni del rigetto del ricorso gerarchico, deve ritenersi che la Prefettura abbia attribuito rilievo ostativo sostanziale (soltanto) alla mancanza di un adeguato reddito proprio.
La giurisprudenza di questa Sezione ha chiarito che, ai sensi dell'art. 5, del d.lgs. 286/1998, il possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento dello straniero e del suo nucleo familiare costituisce condizione soggettiva non eludibile, perché attiene alla sostenibilità dell'ingresso dello straniero nella comunità nazionale, sotto il profilo della capacità di offrire un'adeguata contropartita in termini di lavoro e quindi di formazione del prodotto nazionale e partecipazione fiscale alla spesa pubblica, nonché della garanzia che il cittadino extracomunitario non si dedichi ad attività illecite o criminose (cfr., da ultimo, Cons. Stato, III, 9 aprile 2014, n. 1687).
6.2. Tuttavia, ai sensi del secondo periodo del comma 5, dell'articolo 5 del d.lgs. 286/1998, “Nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”.
Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Sezione (cfr., da ultimo, Cons. Stato, III, 29 aprile 2014 n. 2207; 29 gennaio 2014, n. 457):
- la previsione, introdotta nel citato comma 5, ad opera del d.lgs. 5/2007, in attuazione della direttiva comunitaria sulla tutela dell'unità familiare dei migranti, nell'attribuire rilevanza ai legami famigliari ed alla intensità e durata dell'inserimento dello straniero nella società italiana, ha trasformato da vincolato in discrezionale il diniego del permesso di soggiorno, per le ipotesi in cui sussistano quei presupposti che, in linea generale, ai sensi dei precedenti commi dell'art. 5 e del precedente art. 4, risulterebbero altrimenti tassativamente ostativi;
- detta previsione a tutela dell'unità familiare, anche se testualmente si riferisce agli stranieri che abbiano esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o siano essi stessi familiari ricongiunti, a seguito della sentenza (additiva) della Corte Costituzionale 18 luglio 2013, n. 202, si applica anche allo straniero “che abbia legami familiari nel territorio dello Stato”; vale a dire, anche ai nuclei familiari che abbiano quella stessa composizione che, occorrendo, legittimerebbe una procedura di ricongiungimento, ma che non abbiano avuto bisogno di ricorrervi, in quanto riuniti ab origine.
6.3. In particolare, per quanto concerne la situazione in cui sembra versare l'odierno appellante, è stato sottolineato che i “legami familiari” rilevanti sono quelli indicati dall'art. 29 del d.lgs. 286/1998 (e, a monte, dalla direttiva comunitaria n. 86/2003); con la precisazione che non è necessaria la convivenza, dal momento che il dispositivo della sentenza della Corte Costituzionale n. 202/2013 si riferisce ai “legami familiari nel territorio dello Stato”, e non ai (soli) familiari conviventi; e che nel rapporto tra genitori e figli non necessita che i figli siano attualmente minorenni, perché se è vero che sono ricongiungibili solo i figli minorenni, è anche vero che la citata sentenza non fa riferimento alle persone che presentino “attualmente” i requisiti del ricongiungimento, ma (anche) a quelle che a tempo opportuno avrebbero avuto titolo al ricongiungimento, ma non abbiano avuto necessità di avvalersene (cfr. Cons. Stato, III, 3 gennaio 2014 n. 1).
6.4. Quanto esposto smentisce che l'interpretazione restrittiva data dal TAR Toscana - che si risolve nel ridurre i legami rilevanti a quelli esistenti all'interno del nucleo familiare composto dai soli conviventi - sia aderente al dato normativo, come interpretato dalla Corte Costituzionale.
Nel caso in esame, la distonia di detta interpretazione rispetto alla ratio di tutela dei legami familiari, sopra ricordata, appare poi evidente se si considera che l'appellante ha precisato di essersi trasferito dal fratello nel 2008 e di essere rientrato dai genitori (con i quali tuttora vive) allorché il fratello ha lasciato l'abitazione per trasferirsi in un'altra con moglie e figli, e che entrambi i nuclei familiari risiedono nella frazione di Marina di Grosseto (e quindi, tenuto conto che la frazione conta circa 600 abitanti, appartengono allo stesso contesto sociale).
6.5. In conclusione, in riforma della sentenza appellata il ricorso di primo grado va accolto, con annullamento del provvedimento impugnato, salvo il potere-dovere dell'Amministrazione di riesaminare la situazione dell'appellante, secondo i criteri di cui all'art. 5, comma 5, secondo periodo, del d.lgs. 286/1998.
7. Considerato che la portata applicativa della disciplina è frutto di evoluzione della giurisprudenza costituzionale ed amministrativa, sussistono giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento impugnato.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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