La direzione del Sert può essere affidata ad uno psicologo
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 28 novembre – 24 dicembre 2014, n. 6228
Presidente Lignani – Estensore Capuzzi
Fatto
L'Ordine degli Psicologi del Lazio aveva impugnato, davanti al Tar del Lazio, sede di Roma, l'avviso pubblico per il conferimento di un incarico di direttore di struttura complessa Unità Operativa Dipendenze Psicologiche Ser.T, II° Distretto, area medica, indetto dalla Azienda intimata, nella parte in cui aveva riservato la partecipazione alla selezione ai soli medici, senza prevedere la partecipazione anche agli psicologi.
Il Tar si pronunziava con una prima sentenza n. 11607 del 2005 sulle eccezioni di rito sollevate dai resistenti l'AUSL e dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri respingendole, mentre con la sentenza ora appellata, esaminando la questione relativa alla legittimità della previsione della riserva ai medici come unica categoria legittimata alla partecipazione alla selezione senza ammettere la categoria degli psicologi, accoglieva il gravame.
Secondo il Tar non esisterebbe una norma di legge o di regolamento che consenta l'esclusione degli psicologi dalla possibilità di conferimento dell'incarico di dirigente di struttura complessa Unità Operativa dipendenze patologiche (Ser.T.) essendo decisiva, a favore della tesi della necessaria inclusione dei psicologi, la disposizione contenuta nell'articolo 2 della legge n. 45 del 18 febbraio 1999 riguardante il fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga e in materia di personale dei servizi per le tossicodipendenze ove si prescrive soltanto il possesso di una precedente esperienza nei Ser.T ed il possesso dei titoli riguardanti l'attività svolta nel settore del trattamento e della riabilitazione degli stati di dipendenza da sostanze stupefacenti o psicotrope, ma non si circoscrive la validità di tali esperienze alla categoria professionale dei medici.
Con tre distinti appelli la sentenza del Tar Lazio è stata impugnata dalla Asl Roma A, dall'Ordine dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri nonché dal dottor Ferdinando Cesarini.
Si è costituita per resistere all'appello il Consiglio dell'Ordine degli psicologi del Lazio.
Alla pubblica udienza del 28 novembre 2013 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Diritto
1. I tre appelli devono essere riuniti ai fini di una unica decisione in quanto diretti avverso la medesima sentenza.
Oggetto dei gravami è la sentenza del Tar che ha ritenuto illegittimo l'avviso pubblico per il conferimento di un incarico di direttore della struttura complessa U.O., dipendenze patologiche II° distretto (Ser. T., servizio tossicodipendenza), area medica e delle specialità mediche, nella parte in cui restringeva l'incarico alle sole figure professionali appartenenti all'area medica, disciplina di medicina interna, escludendo la categoria professionale degli Psicologi.
Il Tar ha fondato il proprio giudizio sul rilievo che nell'articolo 2 della legge n. 45 del 18 febbraio 1999, riguardante il Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga e in materia di personale dei Servizi per le tossicodipendenze si prescrive il possesso di una precedente esperienza nei Ser.T. ed il generico possesso dei titoli riguardanti l'attività svolta nel settore del trattamento e della riabilitazione degli stati di dipendenza da sostanze stupefacenti o psicotrope, ma non si circoscrive la validità di tali esperienze alla categoria professionale dei medici.
Il Tar richiamava altresì il regolamento recante la determinazione dei requisiti per l'accesso alla direzione sanitaria aziendale, ai requisiti e ai criteri per l'accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del servizio sanitario nazionale contenuto nel d.P.R. 10-12-1997 n. 484 nonché il d.m. 30 novembre 1990 n. 444, emanato in forza della l. 26 giugno 1990 n. 162, contenente disposizioni sulle strutture e sulle funzioni dei Ser.T nell'ambito delle unità sanitarie locali. Tali normative pongono sullo stesso piano, medici e psicologi, non riconoscendo alcuna prevalenza ai trattamenti medico farmacologici rispetto a quelli di carattere psicologico e socio-riabilitativo, che devono essere assicurati dalle strutture regionali.
Secondo il Tar, alla luce di tali normative, l'avviso pubblico non avrebbe potuto escludere gli psicologi dall' incarico di direttore della struttura complessa U.O., dipendenze patologiche II distretto.
2. La sentenza deve essere riformata in quanto le argomentazioni del Tar, sia pure in astratto condivisibili, nel caso specifico non sono pertinenti.
Ed infatti rileva la Sezione che nella specie non viene in esame la astratta verifica della possibilità che la posizione apicale di direzione di un servizio di tossicodipendenza possa essere conferito ad uno psicologo, né è conferente il lungo richiamo a normative e sentenze che prevedono la equiparazione degli psicologi ai medici nella direzione del Ser.T, venendo in rilievo più semplicemente la legittimità di un avviso selettivo per la ricerca di un soggetto da preporre alla direzione di una struttura relativa ad Area Medica-Medicina Interna al quale afferisce, anche, il servizio di un Ser.T.
La questione quindi si risolve nel semplice quesito se alla direzione di un servizio di medicina interna comprendente un Ser.T possa essere preposto uno psicologo.
Si noti al riguardo che la deliberazione 15.2.2002 n.183 della Asl Roma A, di riorganizzazione della pianta organica e delle strutture aziendali, aveva soppresso il Dipartimento di Tossicodipendenze istituendo la U.O. del II° Distretto nel quale era confluito anche il Ser.T.
Si trattava di un atto aziendale adottato ai sensi dell'art. 15 bis e ter del d.lgs. n.502/92 che rimodulava la pianta aziendale della Asl sopprimendo il Dipartimento Tossicodipendenze riconducendo il Ser.T nella struttura complessa Medicina Interna.
Non si vede come avrebbe potuto essere affidato un servizio di Medicina Interna, per il solo fatto che in esso era ricompreso anche un Ser.T., alla direzione di una professionalità diversa da quella appartenente all'area medica tenuto presente che l'unità operativa di medicina interna era articolata in vari ambulatori e degenze e dunque implicava la somministrazione di cure dirette ai pazienti.
Si aggiunga poi che la delibera n.183/2002 non risultava impugnata autonomamente o come atto presupposto in primo grado, né veniva messa in discussione la organizzazione della struttura delineata dall'atto aziendale, risultando peraltro che tale delibera si atteggiava in rapporto di presupposizione nei confronti dell'avviso di selezione impugnato che pedissequamente non poteva che bandire una selezione riservata ai medici.
Tanto è sufficiente per giustificare la riforma della sentenza appellata.
3. In conclusione l'appello merita accoglimento, la sentenza appellata deve essere riformata, il ricorso di primo grado respinto.
4. Spese ed onorari dei due gradi possono essere compensati.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l'effetto in riforma della sentenza appellata respinge il ricorso di primo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
17-01-2014 21:43
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