Interventi edilizi su immobili abusivi.
T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, 15 maggio 2014, n. 2701
N. 02701/2014 REG.SEN.
N. 00529/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 529 del 2010, proposto da:
Aldo Costagliola, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso introduttivo, dagli avvocati Leonardo Polito e Maria Stanziano, con i quali elettivamente domicilia in Napoli, presso lo studio dell'avvocato D. Vitale, alla via Dei Mille, n. 13;
contro
Comune di Procida, in persona del rappresentante legale p.t., n.c.;
per l'annullamento
1) dell'ordinanza di demolizione n. 112 del 28 ottobre 2009, notificata al ricorrente in data 3 novembre 2009, del dirigente il Servizio Tecnico del Comune di Procida con la quale si dispone la demolizione, entro il termine di 90 gg. dalla notifica, delle opere realizzate, in assenza del permesso a costruire, in Procida, alla via Belvedere 31, consistenti in “L'esecuzione presso l'immobile, in Procida alla via Belvedere, in catasto al foglio 11 particelle 121, 705 e 1142, già oggetto di permesso in sanatoria n. 103/2008 (condono ex lege 47/85), di stompagnatura del vano che mette in collegamento l'immobile stesso con adiacente immobile abusivo per il quale tutt'ora pende istanza di condono edilizio ex lege 326/03”;
2) di ogni altro atto o provvedimento preliminare, presupposto, connesso e conseguente, per quanto lesivo del diritto del ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2014 la dott.ssa Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe, notificato in data 30 dicembre 2009 e depositato il 28 gennaio 2010, il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale il Comune di Procida gli ha ingiunto, ai sensi dell'art. 33 del D.P.R. n. 380/2001, di demolire entro 90 gg. dalla notifica dello stesso le opere realizzate in assenza di titolo presso l'immobile sito alla via Belvedere n. 31. La contestazione riguarda “l'esecuzione, presso l'immobile in Procida, alla via Belvedere, in catasto al foglio 11, particelle 121, 705 e 1142, già oggetto di permesso in sanatoria n. 103/2008 (condono ex lege 47/85), di stompagnatura del vano che mette in collegamento l'immobile stesso con adiacente immobile abusivo per il quale tutt'ora pende istanza di condono edilizio ex lege 326/2003”.
A sostegno del gravame deduce varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
Non si è costituito in giudizio il Comune intimato.
Alla pubblica udienza del 7 maggio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Oggetto della presente controversia è l'ordinanza con la quale il Comune di Procida ha ingiunto al ricorrente di demolire quanto realizzato in assenza di alcuna autorizzazione presso l'immobile sito alla via Belvedere n. 31. Si tratta, in particolare, della realizzazione di un collegamento (attraverso la stompagnatura di un vano) tra un immobile condonato e un altro per il quale tutt'ora pende istanza di sanatoria ai sensi della legge n. 326 del 2003.
Con il primo motivo il ricorrente deduce che si tratterebbe di opere interne soggette a mera DIA, di entità tale da non realizzare alcuna trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio.
Il motivo non può essere accolto.
Per giurisprudenza consolidata di questo Tribunale in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione. Ciò non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo affermare che, a pena di assoggettamento alla medesima sanzione prevista per l'immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell'art. 35, l. n. 47 del 1985, ancora applicabile per effetto dei rinvii operati dalla successiva legislazione condonistica (cfr. T.A.R. Campania, sez VI, 4 luglio 2013, n. 3487).
Anche nel caso di esame, le ulteriori opere eseguite dopo la presentazione dell'istanza di condono, ancorché pertinenziali, interne o di non grande entità, devono dirsi abusive e in prosecuzione dell'illecita pregressa attività edilizia, essendo mancata l'attivazione per esse del procedimento per il completamento previsto dall'art. 35, l. n. 47 del 1985 (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 14 settembre 2012).
Legittima, pertanto, sotto tale profilo, l'ingiunzione rivolta all'interessato di demolire le opere abusivamente realizzate e di ripristinare lo stato dei luoghi ai sensi dell'art. 33 del D.P.R. n. 380/2001 (cfr. secondo motivo).
Devono essere respinte anche le ulteriori censure articolate in ricorso.
Per quanto concerne l'aspetto motivazionale dell'atto (anche sotto il dedotto profilo della enucleazione dell'interesse pubblico all'adozione della misura rispristinatoria) la giurisprudenza ha chiaramente affermato come in presenza di un abuso edilizio “l'ordinanza di demolizione non richiede, in linea generale, una specifica motivazione; l'abusività costituisce di per sé motivazione sufficiente per l'adozione della misura repressiva in argomento. Ne consegue che, in presenza di un'opera abusiva, l'autorità amministrativa è tenuta ad intervenire affinché sia ripristinato lo stato dei luoghi, non sussistendo alcuna discrezionalità dell'amministrazione in relazione al provvedere” (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 19 luglio 2006, n. 6021); infatti “presupposto per l'emanazione dell'ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la constatata esecuzione di queste ultime in assenza o in totale difformità del titolo abilitativo, con la conseguenza che, essendo l'ordinanza atto dovuto, essa è sufficientemente motivata con l'accertamento dell'abuso, e non necessita di una particolare motivazione in ordine all'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso – che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell'assetto urbanistico violato – ed alla possibilità di adottare provvedimenti alternativi” (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 617; 15 luglio 2003, n. 8246).
Con riguardo al preteso omesso accertamento della conformità urbanistica dei lavori, si osserva che è ius receptum in giurisprudenza il principio secondo cui, una volta accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione ovvero in difformità totale dal titolo abilitativo, non costituisce onere del Comune verificare la sanabilità delle opere in sede di vigilanza sull'attività edilizia (T.A.R. Campania, Sez. IV, 24 settembre 2002, n. 5556; T.A.R. Lazio, sez. II ter, 21 giugno 1999, n. 1540): l'atto può ritenersi sufficientemente motivato per effetto della stessa descrizione dell'abuso accertato, presupposto giustificativo necessario e sufficiente a fondare la spedizione della misura sanzionatoria.
Destituita di ogni fondamento risulta la censura incentrata sulla omissione della fase partecipativa al procedimento (violazione dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990) in quanto i provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, non devono essere preceduti dalla comunicazione dell'avvio del procedimento (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV 12 aprile 2005, n. 3780; 13 gennaio 2006, n. 651), perché trattasi di provvedimenti tipizzati e vincolati, che presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere non assentito delle medesime.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Non essendosi costituita l'amministrazione intimata nulla va disposto in ordine alle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sez. VI, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe (R.G. 529/2010), lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Renzo Conti, Presidente
Arcangelo Monaciliuni, Consigliere
Paola Palmarini, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/05/2014
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
01-06-2014 19:59
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