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Sentenza

I gabbiotti della polizia municipale non sono posti di lavoro ma solo zone di ri...
I gabbiotti della polizia municipale non sono posti di lavoro ma solo zone di riparo momentaneo.
TAR Lazio, sez. III-bis, sentenza 17 – 18 giugno 2014, n. 6426
Presidente Bianchi – Estensore Ferrari

Fatto

1. Con ricorso notificato in data 28 marzo 2006 e depositato il successivo 21 aprile Roma Capitale (già Comune di Roma) ha impugnato le disposizioni, impartite dalla Direzione provinciale del lavoro del Ministero del lavoro, di cui al verbale di ispezione del 27 gennaio 2006, con le quali è stato intimato di “non utilizzare le cabine protettive della P.M. quali posti di lavoro, neanche per contingenti esigenze di servizio”, non avendo le stesse i requisiti minimi previsti dalla vigente normativa, per essere utilizzati quali posti di lavoro (2 mq e 10 mc lordi minimi per lavoratore).
2. Avverso i predetti provvedimenti la ricorrente è insorta deducendo eccesso di potere e violazione di legge sotto diversi profili. Osserva in primo luogo che il provvedimento impugnato non reca alcuna indicazione delle norme specifiche che conterrebbero le prescrizioni in esso richiamate. Per quanto invece riguarda la normativa generale dettata a tutela del lavoro, ma non richiamata nel succitato provvedimento, essa fa riferimento agli ambienti destinati in via ordinaria e continuativa ad ospitare i lavoratori, mentre le cabine protettive non possono essere considerate “locali chiusi destinati al lavoro”.
3. Il Ministero del lavoro non si è costituito in giudizio.
4. All'udienza del 17 giugno 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Diritto

Come esposto in narrativa, Roma Capitale ha impugnato le disposizioni, impartite dalla Direzione provinciale del lavoro del Ministero del lavoro, di cui al verbale di ispezione del 27 gennaio 2006, con le quali le è stato intimato di “non utilizzare le cabine protettive della P.M. quali posti di lavoro, neanche per contingenti esigenze di servizio”, non avendo le stesse i requisiti minimi previsti dalla vigente normativa, per essere utilizzati quali posti di lavoro (2 mq e 10 mc lordi minimi per lavoratore).
Il ricorso è fondato.
L'assunto da cui muove il provvedimento impugnato è che le cabine protettive della Polizia municipale sono “luoghi di lavoro”. Di conseguenza, essendo le stesse di misura inferiore al minimo previsto per tali luoghi, ne sarebbe vietato l'utilizzo.
Tale presupposto non è però condivisibile, con la conseguenza che essendo viziata la premessa è erronea anche la conseguenza che dalla stessa è fatta derivare. La Polizia Municipale, che svolge lavoro sulla strada, ha in essa il suo un “luogo di lavoro”, essendo i vigili urbani sostanzialmente addetti alla fluidificazione del traffico, a verificare le conseguenze di incidenti stradali, ecc., con la conseguenza che le cabine protettive costituiscono punti di appoggio per scrivere, se necessario, verbali di contestazione o per ripararsi momentaneamente da condizioni metereologi particolarmente avverse, così come ci si riparerebbe, ma in maniera meno soddisfacente, sotto una pensilina. In queste cabine gli addetti al traffico possono riporre i proprie effetti personali o, ancora, sostare nei brevi momenti di riposo.
Niente dunque di più diverso dal “posti di lavoro” nei quali il dipendente svolge la propria attività lavorativa durante l'orario di servizio.
Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere accolto.
Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l'esonero a carico del Ministero del lavoro, in considerazione della particolarità della vicenda contenziosa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Esonera il Ministero del lavoro dalla rifusione delle spese e degli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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