Diritti sindacali.
Cons. St., Sez. III, 9 settembre 2014, n. 4580
N. 04580/2014
N. 09261/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso numero di registro generale 9261 del 2008, proposto da:
ASAP - Associazione Sindacale Appartenenti Polizia, rappresentata e difesa dagli avv. Guido Orlando, Sergio Acquilino, con domicilio eletto presso Guido Orlando in Roma, piazza Cola di Rienzo n. 69;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE II n. 01167/2008, resa tra le parti, concernente diritto all'informazione di sindacati non maggiormente rappresentativi nell'ambito del Corpo della Polizia di Stato;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio dell'Amministrazione appellata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2014 il Cons. Alessandro Palanza e uditi per le parti l'avvocato Orlando e l'avvocato dello Stato Spina Maria Luisa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L'attuale Appellante A.S.A.P. (Associazione Sindacale Appartenenti Polizia) si costituiva come sindacato di categoria dei dipendenti della Polizia di Stato nel 1994, senza possedere il requisito della maggiore rappresentatività e senza sottoscrivere i contratti collettivi di lavoro.
In data 15.11.1994, il Ministero dell'Interno prendeva atto dell'avvenuta costituzione informandone i vari uffici tramite una comunicazione circolare nella quale si specificava che la "citata O.S. non possedendo requisiti di maggiore rappresentatività sul piano nazionale gode, come tutte le altre OO.SS. regolarmente costituite, dei diritti sindacali previsti dalla legge 121/81 in materia di riunione (art. 82), di disponibilità spazi murali (art. 92/a c.) e riscossioni di contributi sindacali (art. 93)". Tra il 1995 e il 2005 intercorreva una fitta corrispondenza tra l' A.S.A.P. e il Ministero dell'Interno per il mancato invio da parte di quest'ultimo di tutta la documentazione avente ad oggetto il rapporto di lavoro e le questioni sindacali inerenti ai soci dell'organizzazione sindacale sopra richiamata. Escludendo taluni riscontri di generica disponibilità, l'invio mensile del materiale necessario all'A.S.A.P continuava a mancare, nonostante, in data 18.12.2000, il Ministero dell'Interno - Ufficio per le Relazioni Sindacali comunicasse alla stessa di aver interessato per l'incombente la Direzione Centrale dei Servizi Tecnici Logistici. Successivamente, in data 29.03.2005, il Ministero dell'Interno - Ufficio per le Relazioni Sindacali della Polizia di Stato mutava il suo orientamento, negando la disponibilità manifestata in un primo momento nei confronti dell'A.S.A.P.. Infatti con lettera n. 557/RS/S.24/2005/0549 l'Ufficio comunicava che le procedure d'informazione preventiva o successiva potevano essere attivate solo nei confronti delle OO.SS. firmatarie del contratto di lavoro così come previsto dall'art. 25 del D.P.R. n. 164/2002. Tuttavia, nella stessa comunicazione si rendeva disponibile ad inviare le singole circolari, nel caso fossero espressamente e specificatamente richieste dall'A.S.A.P.
In data 07.05.2005 l'A.S.A.P. inviava all'Ufficio sopra richiamato formale diffida chiedendo di rimuovere lo stato di illegittima omissione con espressa richiesta di fornire tutta la documentazione già richiesta in precedenza. Il Ministero procedeva con il respingere in toto le richieste segnalando che il rivendicato diritto d'informazione non era riconosciuto alla richiedente ma solo alle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale e facendo presente che i tabulati riguardanti la consistenza associativa delle OO.SS. potevano essere ritirati direttamente presso l'ufficio (nota n. 557/RS/S24/0549 del 01.06.2005).
Nel 2006 l'A.S.A.P. proponeva ricorso dinanzi al TAR Liguria per l'accertamento del diritto d'informazione spettante all'associazione. In particolare l'associazione sindacale chiedeva l'accertamento del diritto a ricevere tutta la documentazione avente ad oggetto il rapporto di lavoro e le questioni sindacali nonché i tabulati degli iscritti e dei contributi associativi versati, lamentando la violazione dell'art. 82 della legge n. 121/1981 riguardante il diritto degli appartenenti alla Polizia di associarsi in sindacati; la violazione dell'art. 93 della stessa legge riguardante la facoltà riconosciuta agli appartenenti alla Polizia di rilasciare delega alla propria O.S. per la riscossione di una quota mensile dello stipendio a titolo di pagamento dei contributi sindacali; la violazione dell'art. 39 della Costituzione riguardante il diritto di associarsi liberamente in sindacati.
Il Ministero dell'Interno chiedeva la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto del gravame.
In data 30.05.2008 il TAR Liguria emanava la sentenza n. 1167 con cui dichiarava l'inammissibilità del ricorso sotto tre profili:
- domanda proposta in maniera eccessivamente generica;
- domanda costruita come istanza d'accesso ad atti dell'amministrazione in violazione dell'iter previsto appositamente dal legislatore nella legge n. 241/1990;
- difetto di giurisdizione per i comportamenti antisindacali la cui tutela appartiene al giudice ordinario.
L'A.S.A.P. ricorre quindi in appello dinanzi al Consiglio di Stato avverso la sentenza sopra richiamata: contestando il giudizio di genericità della domanda, che è invece molto precisa e circostanziata anche con il riferimento all'informazione trasmessa agli altri sindacati; negando che la domanda possa considerarsi quale procedura di accesso; e negando anche di aver inteso proporre azione di accertamento della condotta antisindacale del datore di lavoro, ben sapendo che si tratta di procedura riservata alle associazioni sindacali nazionalmente più rappresentative. Ha inteso invece avvalersi degli strumenti generali per far valere il diritto di informazione del sindacato come soggetto costituzionalmente qualificato, a prescindere dalle sue dimensioni, per aspetti che concernono le ragioni della sua esistenza e minima funzionalità.
DIRITTO
1. - La causa è stata discussa e trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 22 maggio 2014.
2. - L'appello è fondato nei limiti della seguente motivazione.
2.1. - Vanno esaminate le diverse motivazioni per le quali il giudice di primo grado ha, invece, ritenuto il ricorso inammissibile per almeno tre profili.
2.2. - Con riferimento al primo profilo di inammissibilità per genericità della domanda, deve condividersi l'obiezione dell'appellante che ha dimostrato come la domanda non sia affatto generica dal momento che si richiede la documentazione - ed in particolare quella normativa - ordinariamente trasmessa agli altri sindacati e quella relativa alle quote trattenute sugli stipendi degli iscritti allo stesso sindacato.
2.3. - Non convince neppure la seconda motivazione di inammissibilità secondo la quale l'ASAP avrebbe proposto in via sostanziale una procedura di accesso senza seguire le modalità e il rito specifico previsto per l'accesso agli atti della PA dalla legge n. 241/1990. La domanda ha infatti tutti i requisiti sostanziali per essere riqualificata dal giudice come domanda di accesso agli atti ai sensi dell'art. 32 del codice del processo amministrativo (o dei previgenti principi giurisprudenziali), senza incontrare ostacoli nelle disposizioni della legge n. 241 del 1990 e nell'esistenza di un apposito rito per l'accesso. I presupposti sostanziali richiesti concorrono nel caso di specie sia sotto il profilo soggettivo dell'agente, sia sotto quello oggettivo dei contenuti: a) la richiesta della documentazione normativa trasmessa agli altri sindacati e quella relativa alle quote trattenute sugli stipendi è stata rivolta reiteratamente alla Pubblica Amministrazione competente; b) la domanda proviene da un soggetto pienamente legittimato ad avanzarla essendo gli atti oggetto dell'accesso suscettibili di spiegare i loro effetti diretti o indiretti nei confronti del richiedente in relazione a interessi concreti che possono corrispondere secondo la giurisprudenza anche a situazioni collettive o diffuse e dunque anche ad un sindacato, in quanto portatore di interessi diffusi; c) i suoi contenuti sono appropriati in quanto sono attinenti alla natura sindacale dell'agente, concernendo un tipo di informazione che spetta istituzionalmente - proprio per lo svolgimento della sua attività essenziale e primaria - al sindacato, il quale ha, quindi, uno specifico interesse collettivo ad azionare il diritto di accesso nella materia; d) tale informazione è detenuta o formata dalla Amministrazione a cui è stata rivolta la richiesta, quale autorità in materia, come osserva del resto la stessa sentenza appellata, traendone però conseguenze opposte a quelle che ne sono in questa sede ricavate; e) secondo la stessa Amministrazione, la documentazione coincide con quella che rientra nei diritti di informazione delle organizzazioni sindacali, ma non spetta a questo titolo al richiedente in quanto non possiede i requisiti necessari per qualificarsi come una delle associazioni sindacali più rappresentative ai sensi del D.P.R. n. 254/1999; f) ciò dimostra che la richiesta è invece azionabile in forma di accesso e che non incontra il limite del divieto di esercitare nella forma dell'accesso un controllo generalizzato su attività amministrative, ai sensi dell'art. 24, comma 3, della legge n. 241/1990. Pertanto, salvo quanto invece di seguito statuito, come minimo la richiesta avrebbe dovuto e potuto considerarsi ammissibile come legittima domanda di accesso agli atti, non mancando alcuno dei presupposti sostanziali richiesti dagli artt. 22 e seguenti della legge 241/1990 e rispondendo la richiesta alla lettera e allo spirito della medesima legge, che impone alle Pubbliche Amministrazioni di aprire i propri archivi a chiunque abbia un interesse giuridicamente rilevante a visionare determinati documenti in nome dei principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento dell'attività amministrativa.
2.4. – Si deve tuttavia prendere atto e, anzi, valorizzare il fatto che l'appellante nega fermamente di aver voluto e di voler ricorrere alla procedura di accesso, volendo invece far valere il diritto di informazione di qualsiasi sindacato - anche se non compreso tra le associazioni più rappresentative - a determinate comunicazioni essenziali all'esercizio delle sue funzioni da parte dell'Amministrazione. L'appellante nega altresì di aver inteso avanzare una richiesta di accertamento di condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 della legge n. 300 del 1970, in quanto era ben consapevole della mancanza di legittimazione della organizzazione ad avvalersi di tale procedura espressamente riservata alle associazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale. L'appellante ne deduce che è errata la sentenza che su questa base ha infine dichiarato il ricorso in primo grado inammissibile per la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo in tema di accertamento di condotte antisindacali del datore di lavoro ai sensi del citato art. 28.
2.5. - In tema di giurisdizione devono considerarsi le disposizioni dell'art. 63 del d. lgs. n. 165 del 2001 il quale, al comma 3, specifica che "sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970 n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni"; e al comma 4, prevede che restano devolute al giudice amministrativo: "le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi".
2.6. - Dalla disciplina che regola la giurisdizione in materia, deve dedursi che - per i Corpi di polizia che rientrano nella giurisdizione esclusiva - se una questione non rientra nella giurisdizione riservata al giudice ordinario dal comma 3, rientra necessariamente nel comma 4, che attribuisce al giudice amministrativo la giurisdizione restante per la disciplina dei rapporti di lavoro inclusi quelli attinenti ai diritti sindacali. Può essere di conseguenza applicato a maggior ragione alle procedure di tutela previste nel giudizio amministrativo - nelle aree del pubblico impiego ad esso riservate in forma di giurisdizione esclusiva - il principio di diritto affermato in via generale dalla sentenza della Corte di Cassazione 3 maggio 2003, n. 6723, che ha ribadito che le stesse posizioni oggetto di tutela attraverso lo speciale procedimento di repressione della condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 della legge n. 300/1970, più volte citata, possono trovare tutela nel procedimento ordinario, per il quale assume rilievo condizionante il presupposto dell'interesse ad agire, secondo la regola comune dettata dall'art. 100 c.p.c.. La stessa sentenza della Corte di Cassazione appena citata richiama le sentenze della Corte costituzionale al riguardo: “la Corte costituzionale ha affermato che quel procedimento (ex art. 28) non modifica né restringe in alcun modo le tutele assicurate dalle leggi ai diritti delle associazioni sindacali, essendo piuttosto diretto a reprimere, in via d'urgenza e provvisoria comportamenti diretti contro l'attività e la libertà sindacale (Corte cost. 6.3.1974, n. 54). Tale orientamento fu ribadito ancora dalla stessa Corte costituzionale (sent. 24.3.1988, n. 334) che dichiarò nuovamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 28, in riferimento agli artt. 3 e 39 Cost., osservando che la previsione, ivi contenuta, dei requisiti soggettivi ai fini dell'esperibilità di quel procedimento speciale non priva né limita le altre associazioni sindacali dei mezzi di tutela (sostanziali o processuali) di cui già fruiscono in base al codice di rito”. Anche tali sentenze della Corte costituzionale vanno di conseguenza interpretate e applicate – nelle aree del pubblico impiego riservate alla giurisdizione esclusiva - alla luce della ripartizione di giurisdizione successivamente fissata dai commi 3 e 4, testualmente sopra riportati, dell'art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001. A favore della esistenza di una giurisdizione del giudice amministrativo in tema di diritti sindacali, esterni alle specifiche procedure che spettano alla giurisdizione del giudice ordinario, si è pronunciata di recente la sentenza di questa Sezione del 9 aprile 2014 n. 1689, tanto più significativa in quanto conclude una vicenda processuale nata da un diniego di propria giurisdizione da parte del giudice ordinario. La stessa sentenza si pronuncia in modo restrittivo sui requisiti utili per accedere alla procedura speciale di tutela sindacale quale sede locale di una associazione rappresentativa in campo nazionale.
2.7. – Alla luce delle considerazioni che precedono, si può affermare che spetta certamente al giudice amministrativo la verifica della sussistenza dei presupposti per esercitare la propria giurisdizione, nel senso di accertare che l'interesse fatto valere in giudizio non rientra tra quelli tutelabili attraverso le procedure di cui all'art. 28 della legge n. 300/1990 e di conseguenza rientra nelle procedure ordinarie rientranti nella giurisdizione del giudice amministrativo per la restante disciplina dei rapporti di lavoro alla luce del principio fissato dall'art. 63, commi 3 e 4, più volte citati.
2.8. - Affermata la giurisdizione del giudice amministrativo, deve esaminarsi nel merito la fondatezza della richiesta dell'appellante nei termini più generali dallo stesso proposti, dopo aver già riconosciuto al punto 2.3. la possibilità di riqualificare la stessa nei termini di una fondata richiesta di accesso agli atti. Le ragioni già esposte al riguardo della legittimità della richiesta di accesso valgono anche a convalidare la domanda nei termini più generali di accertamento del diritto di informazione del sindacato legittimamente costituito e riconosciuto, ma non in possesso dei requisiti di associazione più rappresentativa sul piano nazionale. Tali ragioni sono ulteriormente rafforzate dalla constatazione che le richieste non riguardano l'esercizio delle competenze contrattuali riservate alle associazioni sindacali più rappresentative e dunque non può considerarsi adeguatamente motivato e quindi legittimo il diniego dell'Amministrazione con il richiamo al diritto di informazione quale è disciplinato dal D.P.R. n. 254/1999 per le associazioni più rappresentative. Per gli aspetti basilari in questione nel presente giudizio, il diritto di informazione non può essere plausibilmente negato a qualsiasi sindacato legittimamente costituito e riconosciuto che ne faccia richiesta. In modo più specifico, il diritto alla informazione relativa alle quote trattenute sugli iscritti, è direttamente fondato sull'art. 93 della legge n.121/1981, riguardante la facoltà riconosciuta agli appartenenti alla Polizia di rilasciare delega alla propria organizzazione sindacale per la riscossione di una quota mensile dello stipendio a titolo di pagamento dei contributi sindacali. Per quanto riguarda la diffusione delle circolari e altri atti normativi, il diritto alla informazione diretta e tempestiva è funzionale alla necessità di esercitare le funzioni primarie che spettano a qualsiasi sindacato per la tutela dei diritti dei propri iscritti, a prescindere dal concorso alla formazione di contratti nazionali. Non è infatti sufficiente la mera accessibilità degli atti sul sito Internet, dal momento che si mettono i sindacati non maggiormente rappresentativi in condizione di netto svantaggio ( anche ai fini della competizione per estendere la partecipazione e concorrere con i sindacati maggiori) rispetto alle associazioni più rappresentative sul piano nazionale quanto all'esercizio di funzioni che spettano necessariamente a qualsiasi sindacato. Il diritto alla informazione in materia è pertanto fondato sull'art. 82 della legge n. 121/1981, riguardante in particolare il diritto degli appartenenti alla Polizia di associarsi in sindacati e sull'art. 39 della Costituzione riguardante il diritto di associarsi liberamente in sindacati. Nel senso di assicurare a tutte le organizzazioni sindacali la collaborazione degli uffici per il miglior svolgimento delle relazioni sindacali si esprime del resto la circolare dello stesso dl Ministero dell'Interno n. 557/RS/01/31/0636 in data 22 febbraio 2005.
2.9. - Il fatto che dall'agosto 2007 almeno l'informazione relativa alla riscossione delle quote contributive degli iscritti sia stata regolarmente fornita, non rende improcedibile la domanda per questa parte, dal momento che essa ha per oggetto non solo la regolare trasmissione dei dati richiesti, ma anche l'accertamento di un diritto nello stesso senso.
2.10. - L'accertamento del diritto nei limiti derivanti dalla motivazione non ha - per la sua natura strumentale e funzionale all'esercizio di una successiva attività sindacale - effetti retroattivi, salvo che non si dia dimostrazione, con istanza di parte, di una sua specifica utilità nei limiti indicati dalla presente sentenza e per i fini valorizzati dalla stessa, con riferimento ad oggetti delimitati e circoscritti, fatta salva la fattibilità amministrativa delle relative operazioni.
3. - In base alle considerazioni che precedono, l'appello deve essere accolto nei limiti della motivazione indicati nei punti 2.8., 2.9. e 2.10..
4. - In relazione all'andamento della vicenda processuale e al progressivo consolidamento della giurisprudenza in materia, le spese tra le parti per entrambi i gradi del giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso in primo grado nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/09/2014
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
12-09-2014 23:15
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