Condizionamenti mafiosi e scioglimento del consiglio comunale.
T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 03-06-2014, n. 5856
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4932 del 2013, proposto da:
R.C. e altri, rappresentati e difesi dagli avv. Andrea Scuderi, Emiliano Luca, con domicilio eletto presso Andrea Scuderi in Roma, via Antonio Stoppani, 1;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; Commissione Straordinaria per la Gestione del Comune di Augusta, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvoc.Distrett.Stato Napoli, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; U.T.G. - Prefettura di Siracusa, Comune di Augusta;
nei confronti di
L.M.C.;
sul ricorso numero di registro generale 4933 del 2013, proposto da:
M.C., rappresentato e difeso dagli avv. Emiliano Luca, Andrea Scuderi, con domicilio eletto presso Andrea Scuderi in Roma, via Antonio Stoppani, 1;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione Straodinaria per la Gestione del Comune di Augusta, Ministero dell'Interno, Comune di Augusta, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; U.T.G. - Prefettura di Siracusa;
nei confronti di
L.M.C.;
per l'annullamento
del D.P.R. 7 marzo 2013 con cui è stato disposto lo scioglimento del consiglio comunale di Augusta (Siracusa) ex art. 143 del D.Lgs. n. 267 del 2000
nonché degli atti presupposti..
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Commissione Straordinaria per la Gestione del Comune di Augusta e di Ministero dell'Interno e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Commissione Straodinaria per la Gestione del Comune di Augusta e di Ministero dell'Interno e di Comune di Augusta;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2014 il dott. Raffaello Sestini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1 - I promotori del primo ricorso in epigrafe narrano che erano Consiglieri del Comune di Augusta al momento in cui, nel corso del 2012 il Sindaco si dimetteva intendendo candidarsi alle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea Regionale Siciliana, determinando, secondo quanto previsto dalla L.R. n. 35 del 1997, la nomina di un commissario regionale in luogo del primo cittadino e della Giunta, presto seguita dal D.P.R. 7 marzo 2013, di scioglimento del predetto Consiglio ai sensi dell'art. 143 del D.Lgs. n. 167 del 2000.
2 - il predetto DPR veniva impugnato dai ricorrenti insieme alla deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 7 marzo 2013, alla allegata relazione del Ministro dell'Interno, alla proposta di scioglimento formulata dal Ministro dell'Interno, alla relazione del Prefetto di Siracusa del 7 dicembre 2012, al parere del Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica integrato con la partecipazione dei rappresentanti della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania e della Procura della Repubblica di Siracusa, unitamente a ogni altro atto presupposto,connesso o consequenziale.
3 - Contro i predetti atti venivano dedotti i seguenti motivi di ricorso:
I - in via principale, si affermava violazione dell'art.24 della Costituzione e degli artt.7 e ss. della 1.241/1990 in correlazione all'art.6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali ed agli artt. 47 e 52-53 della Carta dei Diritti Fondamentali, avuto riguardo al procedimento seguito per lo scioglimento dell'Organo di cui erano componenti in relazione alla natura sanzionatoria di tale provvedimento, destinato ad incidere sui diritti fondamentali dei cittadini ed a sfociare in misure destinate a determinarne una compressione.
In particolare, venivano contestati la mancata previa comunicazione di avvio del procedimento, la mancata partecipazione degli interessati e la mancata dimostrazione della ricorrenza dei presupposti indicati dall'art.143 del D.Lgs.vo 267/2000, ovvero dell'esistenza e consistenza d.elle presunte "cosche locali" e della loro ampiezza e capacità di penetrazione nonché di fatti concreti ed univoci indicativi dei presunti "collegamenti" con gli amministratori locali e dei conseguenti pretesi "condizionamenti" dell'attività amministrativa dell'ente locale;
II - in via subordinata, si chiedeva di investire la Corte di Giustizia della questione;
III - si deduceva poi l'illegittimità degli atti impugnati per essere le amministrazioni resistenti incorse nella violazione dell'art.143 del D.L.gs. n 267/2000 e dei principi di proporzionalità ed adeguatezza e per essere il loro operato inficiato da eccesso di potere dovuto a difetto dei presupposti e di istruttoria ed a travisamento dei fatti, in quanto l'istruttoria espletata non avrebbe affatto evidenziato la sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi di collegamento con la criminalità organizzata di tipo mafioso, idonei a provocare, secondo il criterio della causalità efficiente, alterazioni del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi capaci di alterare il buon andamento, l'imparzialità ed il regolare funzionamento dei servizi ovvero gravi e perduranti pregiudizi per lo stato della sicurezza pubblica, ovverosia per dimostrare l'esistenza dei presupposti per l'esercizio del potere straordinario di scioglimento, risolvendosi le affermazioni sulla scorta delle quali era stata formalizzata la relativa proposta in semplici petizioni di principio, ovvero in rinvii o richiami, generici e privi si specifici riferimenti spazio-temporali, alle indagini di polizia giudiziaria evocate, restando in tal modo anche precluso l'esercizio del diritto di difesa.
Ciò avrebbe riguardato, in particolare, l'irrilevanza delle asserite inefficienze e disfunzioni riguardanti le modalità di attuazione del protocollo di legalità "Carlo Alberto Dalla Chiesa", l'affidamento di un appalto di lavori pubblici finanziato dal Dipartimento Regionale della Protezione Civile, i lavori per l'adeguamento di vie di fuga sul lungomare, il servizio di
trasporto dei soggetti sottoposti a trattamento sanitario obbligatorio, la mancanza di un Piano Regolatore Generale e il presunto mancato rispetto di quello esistente, la procedura relativa al Piano degli insediamenti produttivi, il protocollo d'intesa in materia di demolizione degli immobili
abusivi, i procedimenti amministrativi concernenti il rilascio dell'autorizzazione per la realizzazione di impianti fotovoltaici ed il relativo protocollo d'intesa, i contributi per la riparazione e la ricostruzione degli edifici danneggiati dagli eventi sismici del 1990, l'amministrazione dei servizi cimiteriali, il mancato utilizzo di un appezzamento di terreno confiscato ad un imprenditore in odore di mafia, il mancato recupero delle entrate tributarie, non essendo stata dimostrata la riconducibilità dei predetti disservizi a fenomeni di infiltrazione mafiosa;
Ugualmente viziata sarebbe stata l'affermazione circa l'infiltrazione di una organizzazione mafiosa locale nelle maglie dell'organo elettivo dell'ente al fine di orientarne le scelte in funzione dei propri interessi, incentrandosi la proposta di scioglimento sul richiamo di generici collegamenti fra gli amministratori locali e presunti esponenti apicali di una non meglio precisata "cosca locale", sul ruolo assunto da un ex- consigliere comunale eletto nel 2003, su generici elementi riferiti ad altri amministratori, sull'affermato coinvolgimento di un consigliere e del Sindaco in un procedimento penale per voto di scambio relativamente alle elezioni del 2008;
IV - veniva inoltre affermata la violazione dell'art.143 del D.Lgs.vo 267/2000 e della 1.241/1990, quanto alla insufficiente, erronea e generica istruttoria ed a travisamento dei fatti;
4 - Il secondo ricorso in epigrafe veniva proposto dal Sindaco confermato alle elezioni del 15 e 16 giugno 2008 per il rinnovo degli organi elettivi del Comune di Augusta, che narrava di essersi dimesso nel corso del 2012 intendendo candidarsi alle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea Regionale Siciliana, ragion per cui, secondo quanto previsto dalla L.R. n. 35 del 1997,veniva nominato un commissario regionale in luogo del primo cittadino e della giunta, mentre il consiglio comunale rimaneva nel pieno delle sue funzioni, finchè con D.P.R. 7 marzo 2013 era disposto lo scioglimento del predetto Consiglio ai sensi dell'art. 143 del D.Lgs. n. 167 del 2000. Il provvedimento in questione veniva quindi impugnato, unitamente a tutti gli atti connessi, secondo motivi di ricorso sostanzialmente sovrapponibili a quelli sopra sintetizzati.
5 - La Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell'Interno, costituitisi in giudizio, narravano che con nota n.39/12 RIS - 2785/12 U datata 19 luglio 2012 la Procura Distrettuale della Repubblica di Catania aveva segnalato alla Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Siracusa che, nell'ambito di indagini preliminari, dalla stessa coordinate, era emerso il collegamento del Sindaco di Augusta e di un Assessore comunale con esponenti di spicco del sodalizio di stampo mafioso radicato nel territorio del predetto Comune (articolazione di consorteria di maggiori dimensioni e pericolosità, c.d. clan Nardo di Lentini), unitamente al loro condizionamento in cambio dell'appoggio nella competizione elettorale, dimostrato dai ripetuti contatti personali e telefonici al fine di garantirne l'accesso ad informazioni relative a programmi ed appalti dell'amministrazione comunale, non accessibili alla generalità di cittadini ed imprenditori. La medesima Procura aveva altresì evidenziato i rapporti di altri consiglieri, assessori e funzionari dell'ente locale con esponenti mafiosi.
Una riunione tecnica di coordinamento delle Forze dell'ordine aveva confermato, proseguiva la narrazione, la sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi indicativi di collegamenti diretti e indiretti degli amministratori con la locale criminalità organizzata di tipo mafioso. Pertanto a seguito del decreto prefettizio del 29 agosto 2012 una Commissione d'indagine, appositamente costituita, si insediava presso il Comune di Augusta il 30 agosto 2012 e il giorno successivo il Sindaco rassegnava le dimissioni dalla carica; conseguentemente, sulla base di quanto previsto dall'art. 11 della L.R.15 settembre 1997, n. 35, con decreto del Presidente della Regione del 20 settembre 2012 veniva nominato un Commissario Straordinario con i poteri del sindaco e della giunta. Sulla scorta delle attività ispettive della Commissione prefettizia, il Prefetto di Siracusa, sentito il Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica, integrato con la partecipazione dei rappresentanti della DDA di Catania e della Procura della Repubblica di Siracusa, redigeva in data 7 dicembre 2012 apposita proposta di scioglimento del Consiglio Comunale del menzionato Ente per infiltrazioni mafiose. Il Ministro dell'Interno, sulla base di detta proposta, con propria dettagliata relazione richiedeva lo scioglimento del Consiglio comunale di Augusta per infiltrazioni mafiose, scioglimento che è veniva disposto con D.P.R. 8 marzo 2013, pubblicato sulla G.U del 20 marzo 2013,con contestuale nomina di apposita Commissione Straordinaria per la gestione dell'Ente che si è insediava il 15 marzo 2013.
La difesa dell'Amministrazione argomentava inoltre, con proprie ampie ed articolate memorie, la non fondatezza, anche alla stregua della giurisprudenza costituzionale, delle censure dedotte dai ricorrenti.
6 - All'esito della Camera di Consiglio del 19 giugno 2013 questo Tribunale ordinava al Ministero di produrre la documentazione su cui si era venuto a fondare il provvedimento impugnato, che l'amministrazione provvedeva a esibire, e veniva fissata l'udienza pubblica del 9 aprile 2014, a seguito della quale il ricorso veniva introitato dal Collegio per la decisione.
7 - Il Collegio, premessa la necessità di riunire i due ricorsi per gli evidenti profili di connessione oggettiva, ai fini della loro decisione, a seguito dell'esame della documentazione versata in atti a seguito della disposta attività istruttoria, e nella piena consapevolezza della delicatezza della fattispecie, che concerne una incisiva deroga al fondamentale rapporto di rappresentanza democratica fra cittadini ed organi elettivi di governo, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale ed amministrativa in materia considera quanto segue.
8 - In primo luogo, il sindacato giurisdizionale sul corretto esercizio del potere di scioglimento per infiltrazioni delinquenziali ha per oggetto il profilo di diritto amministrativo concernente il procedimento che precede la decisione dell'organo politico garante della legalità e dell'unità della Repubblica (il Presidente) e pertanto non può spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un idoneo e sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione, dell'esistenza di una giustificazione motivazionale logica, coerente e ragionevole (in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2007, n. 665).
9 - Nel caso di specie, questi tre requisiti appaiono tutti presenti, precludendo il possibile accoglimento del concernenti l'istruttoria svolta e la motivazione addotta. Infatti, la proposta ministeriale dà adeguatamente conto di fatti storicamente verificatisi e accertati e quindi concreti, che sono stati correttamente e non irragionevolmente ritenuti manifestazione di situazioni di condizionamento e di ingerenza nella gestione dell'ente comunale. In particolare per quanto riguarda il terzo punto, il quadro indiziario complessivamente emerso dagli accertamenti istruttori, e valutato come significativo di una gestione amministrativa poco lineare, rende ragionevolmente plausibile che l'attività dell'ente possa non essere impermeabile a possibili ingerenze e pressioni da parte della criminalità organizzata. Dal provvedimento impugnato emerge chiaramente il legame causale intercorrente tra i presupposti in concreto riscontrati e la deviazione dell'azione dell'ente dal perseguimento dei propri fini istituzionali. Tale legame costituisce il punto nodale della motivazione del provvedimento. La motivazione appare, pertanto adeguata e in linea con i requisiti richiesti dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 103/1993.
10 - Da un punto di vista più generale, quanto alla dedotta violazione dei principi costituzionali che presidiano il rapporto fiduciario fra popolo e suoi rappresentanti democraticamente eletti, il Collegio rileva che il provvedimento di scioglimento degli organi elettivi locali costituisce una misura che incide in maniera indicativa sulla libertà di autogoverno delle comunità locali. Tuttavia, l'esercizio di tale potere straordinario consente di contrastare una patologia del sistema democratico: quella dell'infiltrazione della criminalità organizzata nelle istituzioni. Si tratta, perciò, di una particolare misura di controllo sugli organi posta dall'ordinamento a difesa dell'ordine e della sicurezza pubblica, a garanzia della sussistenza di quelle condizioni minimali che consentano liberamente e legalmente lo svolgimento del dibattito e la partecipazione politica dei cittadini e di tutte le forze espresse dall'attuale società pluralistica. E' stato altresì riscontrato che la misura in oggetto pone in essere una sorta di difesa nei confronti dei componenti degli organi i quali, seppur non reputabili estranei alle irregolarità riscontrate, siano stati, loro malgrado, esposti a ricatti e a varie forme di condizionamento da parte della malavita organizzata che, ai propri fini, ha tatticamente teso ad affievolire l'esercizio del munus publicum loro conferito dalla volontà popolare (TAR Sicilia, sez. I, 16 giugno 2000).
Da tali considerazioni emerge, così, che il provvedimento in esame deve essere la risultante di una ponderazione comparativa tra valori costituzionali parimenti garantiti, quali l'espressione della volontà popolare, da un lato, e la tutela, dall'altro, dei principi di libertà, uguaglianza nella partecipazione alla vita civile, nonché di imparzialità, di buon andamento e di regolare svolgimento dell'attività amministrativa, rafforzando le garanzie offerte dall'ordinamento a tutela delle autonomie locali. Il livello istituzionale degli organi competenti ad adottare tale provvedimento (il provvedimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'Interno, formulata con apposita relazione di cui forma parte integrante quella inizialmente elaborata dal prefetto) garantisce l'apprezzamento del merito e la ponderazione degli interessi coinvolti. La giurisprudenza del Consiglio di Stato è andata oltre, rilevando che nello schema della disposizione in oggetto non vi è contrapposizione, ma sostanziale identità di tutela tra diritto costituzionale di elettorato e lotta alla criminalità proprio perché la norma che legittima lo scioglimento dei consigli lo condiziona al presupposto dell'emersione, da un'approfondita istruttoria, di forme di pressione della criminalità che non consentono il libero esercizio del mandato elettivo (Cons. Stato, sez. VI, 16 febbraio 2007, n. 665).
11 - Quanto al dedotto mancato rispetto del principio di partecipazione nel procedimento in esame, osserva il Collegio che la Corte Costituzionale ha affermato che la partecipazione al procedimento preordinato allo scioglimento del Consiglio comunale non solo non è prevista dall'art. 143 del D.Lgs. n. 267 del 2000, ma la sua mancanza è ampiamente giustificata dalla circostanza che trattasi di misura che, caratterizzandosi per il fatto di costituire la reazione dell'ordinamento alle ipotesi di attentato all'ordine e alla sicurezza pubblica, esige interventi rapidi e decisivi. Si può ritenere, dunque, che nel procedimento in questione ricorrano quelle particolari esigenze di celerità che, come stabilito dallo stesso art. 7 della L. n. 241 del 1990, giustificano l'esenzione dalle forme partecipative del soggetto privato (Cons. Stato, sez. IV, 13 marzo 2007, n. 1222).
Recentemente, inoltre, il Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. III, 14 febbraio 2014, n 727) ha confermato la non necessarietà della comunicazione dell'avvio del procedimento, considerando lo scioglimento del consiglio comunale un'attività di natura preventiva e cautelare, per la quale non vi è necessità di alcuna partecipazione, anche per il tipo di interessi coinvolti, che non concernono, se non indirettamente, persone, ma gli interessi dell'intera collettività comunale.
12 - Osserva altresì il Collegio che, quanto al "congelamento" del diritto di elettorato attivo
dubbi di costituzionalità sono sorti in merito alla durata degli effetti del decreto di scioglimento. Si riteneva eccessiva la durata del periodo di commissariamento in relazione alla tutela dell'autonomia locale, sostanzialmente congelata per oltre un anno. Tuttavia, la previsione di un così significativo periodo di durata degli effetti dello scioglimento è sempre stato ritenuto legato alla necessità di procedere al ripristino delle condizioni di legalità e di corretta azione amministrativa dell'ente, depurandolo dalle infiltrazioni criminali che l'avevano caratterizzato nel periodo precedente lo scioglimento. Pertanto la Corte Costituzionale (103/93) ha ritenuto costituzionalmente legittimo tale periodo di tempo, in quanto trova una sua ragionevole giustificazione nell'esigenza di evitare il riprodursi del fenomeno, ove si sia manifestato, e di consentire un intervento sul terreno del ripristino della legalità, della eliminazione degli effetti prodotti dal l'inquinamento criminoso, della creazione di condizioni nuove che, avvalendosi della precedente esperienza, permettano la ripresa della vita amministrativa al riparo dai collegamenti e dai condizionamenti cui si era dovuto ovviare con lo scioglimento.
Nel caso di specie la necessità di ripristinare la legalità e di creare condizioni diverse per riattivare la normale e legittima vita amministrativa sembra particolarmente intensa. L'immediatezza delle elezioni amministrative - il decreto presidenziale è intervenuto due mesi prima della fine della durata in carica del consiglio comunale - avrebbe, infatti, comportato l'esercizio del diritto di elettorato attivo nello stesso contesto ambientale viziato che aveva permesso l'emergere degli episodi rilevati dalla Commissione di accesso.
13 - I ricorrenti prospettano anche la loro volontà di richiedere il risarcimento del danno ingiusto asseritamente subìto. Al riguardo, il Collegio premette che sono considerati legittimati ad impugnare il provvedimento di scioglimento del consiglio il sindaco o il presidente della provincia, così come ciascun consigliere dei consigli sciolti, anche se fosse sopravvenuto il termine di scadenza naturale dell'organo (Cons. Giust. Amm. Sicilia, 11 febbraio 2000, n. 47). Ammesso, dunque, l'interesse ad impugnare dei ricorrenti, nonostante la prossima scadenza naturale dell'organo, l'ammissibilità del ricorso sotto il profilo dell'interesse ad agire discende, in ogni caso, proprio dalla possibilità di domandare il risarcimento del danno per l'illegittimità del provvedimento. Infatti, l'assunta natura non sanzionatoria del provvedimento di scioglimento del Consiglio comunale e la sua riferibilità all'intero consesso non fanno ex se venir meno l'interesse qualificato di un singolo componente di detto organo ad una precipua tutela dai danni causati dagli effetti prodotti da tale provvedimento (TAR Lazio, Roma - 15 luglio 2013, n.7040).
Giova precisare, tuttavia, che ai fini dell'ammissibilità della domanda di risarcimento del danno a carico della pubblica amministrazione non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessaria la prova del danno subito e la sussistenza dell'elemento soggettivo.
Nell'ipotesi dello scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose l'amministrazione gode di ampia discrezionalità, considerato che non si richiede né che la prova della commissione di reati da parte degli amministratori, né che i collegamenti tra l'amministrazione e le organizzazioni criminali risultino da prove inconfutabili, dimostrandosi sufficienti elementi univoci e coerenti volti a far ritenere, così come in questo caso, un collegamento tra l'amministrazione e i gruppi criminali.
Nel caso di specie, il materiale raccolto nel corso dell'istruttoria si è presentato di particolare ampiezza e di estrema complessità, tale da poter dar luogo a non univoche interpretazioni. Ai fini del riconoscimento del danno, dovrebbe quindi, in ogni caso, rilevare la mancanza di negligenza o imperizia nella condotta dell'amministrazione nel procedimento in esame a fronte del perseguimento del primario interesse pubblico alla salvaguardia del principio di legalità sancito dall'articolo 1 della Costituzione, secondo cui la sovranità popolare è esercitata "nelle forme e nei limiti della Costituzione".
14 - Conclusivamente, i due ricorsi devono essere respinti. La peculiarità della fattispecie giustifica tuttavia la compensazione delle spese di giudizio fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sui due ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Raffaello Sestini, Consigliere, Estensore
Ivo Correale, Consigliere
25-06-2014 23:58
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