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Sentenza

Autorizzazione paesaggistica. Parere soprintendentizio. Decorrenza del termine p...
Autorizzazione paesaggistica. Parere soprintendentizio. Decorrenza del termine perché venga reso. Decadenza. Non ricorre. Successiva adozione dell'autorizzazione paesaggistica. Consumazione del potere soprintendentizio.
T.A.R. Campania Salerno, Sez. I, 26 maggio 2014, n. 999

N. 00999/2014 REG.SEN.

N. 01763/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1763 del 2012, proposto da:
Pasquale D'Amato, rappresentato e difeso dall'avv. Tiziana Tortora, con domicilio eletto presso il procuratore in Salerno, via D.Vecchia,40 c/o Visone;

contro

Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliata in Salerno, corso Vittorio Emanuele N.58;
Comune di Vibonati in Persona del Sindaco P.T., non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del parere negativo prot.n.22616 del 31/07/2012 reso dalla soprintendenza bb.aa.pp di salerno ed avellino in merito all'istanza di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di interventi edilizi nel comune di vibonati;

ove occorra, della nota prot. 14954 del 22-5-2012, di comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10 bis l. n. 241/1990;

della eventuale conclusione negativa dell'accertamento di compatibilità paesaggistica;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2014 il dott. Francesco Mele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 14-11-2012 e depositato il 10-12-2012 il sig. Pasquale D'Amato impugnava dinanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale i provvedimenti in epigrafe specificati, con i quali era stato espresso parere negativo al rilascio della autorizzazione paesaggistica, relativamente alla istanza di condono edilizio ex lege n. 724/1994 concernente la realizzazione di alcuni manufatti realizzati in agro del Comune di Vibonati, località Oliveto.

Con articolata prospettazione , lamentava: 1)Violazione di legge ( art. 146 d.lgs. n. 42/2004)- eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carente istruttoria e sviamento; 2) Violazione dell'art. 146 d.lv. n. 42/04 in relazione agli artt. 4 e 7 l. n. 241/1990 – eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, sviamento e difetto di istruttoria; 3) Violazione degli artt. 146 d.lv n. 42/04 e 39 l. n. 724/94 – eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carente istruttoria, sviamento, incompetenza, difetto di motivazione; 4) Violazione degli artt. 46 d.lv. n. 42/04 e 39 l. 724/94 in relazione all'art. 3 l. n. 241/1990 – eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carente istruttoria, sviamento incompetenza, difetto di motivazione; 5) Violazione di legge ed eccesso di potere.

Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio l'intimato Ministero, deducendo l'infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione all'udienza del 3-4-2014.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e, per l'effetto, deve essere rigettato.

Non è in primo luogo meritevole di favorevole considerazione il motivo di ricorso con il quale viene dedotta l'illegittimità del parere negativo reso dal Soprintendente sul presupposto che lo stesso sarebbe stato adottato oltre il termine di 45 giorni dalla ricezione degli atti da parte del Comune.

Ritiene, infatti, il Tribunale che il contenuto dell'articolo 146 del d.lgs. n. 42/2004 esclude che il mero decorso del suddetto termine conduca di per sé alla decadenza, in capo all'organo ministeriale, del relativo potere.

Non vi è in primo luogo nella lettera della legge una espressa previsione di decadenza.

Di poi, la norma (comma 9), in caso di mancata espressione del parere, si limita a prescrivere la possibilità per l'amministrazione competente di indizione di una conferenza di servizi , alla quale il soprintendente partecipa o fa pervenire il parere scritto, specificando ulteriormente che “in ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione”.

Essa, quindi, attribuisce all'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica poteri atti a superare lo stallo procedimentale conseguente alla mancata osservanza da parte dell'organo ministeriale del richiamato termine di 45 giorni.

Analoga facoltà è riconosciuta anche al privato, il quale, in disparte l'attivazione degli ordinari rimedi giuridici previsti dal C.P.A. per contrastare il silenzio della pubblica amministrazione, a mente del comma 10, “ decorso inutilmente il termine indicato dall'ultimo periodo del comma 8 senza che l'amministrazione si sia pronunziata , …può richiedere l'autorizzazione in via sostitutiva alla regione, che vi provvede, anche mediante un commissario ad acta, entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta”.

Dalla mancanza di una espressa comminatoria di decadenza e dal contenuto del richiamato articolo 146 emerge, dunque, che il potere del soprintendente di rendere il richiesto parere viene meno solo ove sia stato attivato ed espletato il meccanismo previsto dalla disposizione legislativa per il superamento della inerzia dell'organo ministeriale; quando, cioè, l'amministrazione competente abbia adottato l'autorizzazione paesaggistica pur in mancanza del parere statale, così come la norma le consente.

Deve, pertanto, ritenersi che, laddove sia decorso il termine di 45 giorni previsto dal richiamato comma 8, il Soprintendente possa sempre legittimamente rendere il parere di compatibilità paesaggistica fino a che l'amministrazione competente non si sia pronunziata con l'adozione dell'atto conclusivo del procedimento di rilascio della autorizzazione paesaggistica, potendo la consumazione del potere conseguire solo a tale adempimento.

Tale conclusione – oltre che dai riferimenti letterali sopra riportati – è confortata anche da considerazioni di carattere logico-giuridico.

Rispetto al previgente regime, dove il potere di annullamento ministeriale andava esercitato entro un termine perentorio, l'attuale esistenza di un termine la cui inosservanza non comporta di per sé decadenza del potere si spiega ragionevolmente con la circostanza che oggi l'intervento del Soprintendente è collocato all'interno del procedimento di primo grado ( dunque, a differenza di quanto avveniva in passato, quando l'autorizzazione paesaggistica ancora non è stata adottata), con l'ulteriore previsione di meccanismi normativi che consentono il superamento dell'inerzia senza il definitivo arresto del procedimento amministrativo in assenza di pronunzia dell'organo statale.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, dunque, deve affermarsi la legittimità del provvedimento soprintendentizio impugnato sotto il profilo oggetto di censura, atteso che il parere negativo in questa sede impugnato è comunque intervenuto prima che il Comune si pronunziasse definitivamente sulla domanda di autorizzazione paesaggistica.

E' parimenti infondato il secondo motivo di ricorso, con il quale viene lamentata la violazione del principio di partecipazione procedimentale.

In disparte ogni considerazione in ordine all'invio dell'avviso di avvio del procedimento ( dalla nota del Comune di Vibonati prot. 2331 del 27-3-2012 emerge la sussistenza della comunicazione di avvio del procedimento trasmessa al signor D'Amato Pasquale), deve rilevarsi che comunque il ricorrente ha partecipato al procedimento relativo al rilascio di autorizzazione paesaggistica, evidenziandosi che egli, a seguito dell'invio del preavviso di diniego, ha prodotto osservazioni, in tal modo rappresentando le sue ragioni ed introducendo nel procedimento gli interessi del quale è portatore.

Proseguendo nella disamina del ricorso, ritiene il Tribunale che non siano meritevoli di favorevole considerazione neppure i motivi 3 e 4 del gravame, con i quali si censura che la Soprintendenza avrebbe reso il parere negativo sulla base di considerazioni di carattere eminentemente urbanistico (“ ha piuttosto tentato un vaglio urbanistico delle opere per valutarne la condonabilità”), non di sua competenza, anziché esercitare una funzione consultiva in materia paesaggistica, lamentandosi pure lo sviamento del parere adottato dalla sua finalità istituzionale, individuata nella equilibrata gestione del vincolo di insieme insistente sull'area.

Premette il Tribunale che il regime ordinario dell'autorizzazione paesaggistica, disciplinato dall'art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, attribuisce la competenza al rilascio dell'atto abilitativo alla Regione ( o ente sub-delegato), previo “parere vincolante del soprintendente” (comma 5).

Si è, dunque, passati da un sistema nel quale l'intervento dell'organo statale era qualificabile (all'interno di un procedimento di secondo grado) in termini di controllo di legittimità ad un meccanismo in cui il Soprintendente partecipa al procedimento di primo grado, esprimendo, prima dell'adozione del provvedimento finale, un parere obbligatorio e vincolante.

Atteso che funzione dell'autorizzazione è la “verifica di compatibilità fra l'interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato”, è evidente che il giudizio espresso dal Soprintendente in sede di parere si connota per tale contenuto ed esprime, pertanto, una valutazione tecnico-discrezionale, evidentemente di merito ( cfr. Cons. Stato, VI, 21-10-2013, n. 5082).

Viene, dunque, affidato all'autorità statale il compito di emettere un giudizio di compatibilità paesaggistica “pieno”, ossia di formulare il proprio autonomo apprezzamento sulla accettabilità dell'opera nel contesto tutelato, trattandosi, quindi, di una valutazione di merito ( cfr. TAR Brescia, I, 27-3-2009, n. 709).

Ne consegue che , rispetto al regime previgente, mentre risulta accresciuto il potere dell'organo statale ( non più limitato ad un semplice riscontro di legittimità ma esteso al merito della verifica di compatibilità paesaggistica, oltretutto con un parere vincolante, che acquista sostanziale valenza decisoria), risultano più limitati i margini di controllo del giudice amministrativo, il quale, come organo giurisdizionale di legittimità, non può entrare nel merito dell'azione amministrativa.

Di conseguenza, il parere soprintendentizio può essere sindacato, oltre che per il vizio di violazione di legge, solo sotto il profilo dell' eccesso di potere, nelle sue molteplici figure sintomatiche della manifesta illogicità, della irragionevolezza, del travisamento, della carente istruttoria e del difetto di motivazione.

Ciò premesso e passando all'esame della fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, ritiene il Tribunale, nei limiti del potere di cognizione esercitabile da questo giudice, che non siano ravvisabili nell'impugnata valutazione dell'organo statale i vizi di legittimità dedotti dal ricorrente.

Va in proposito osservato che il parere negativo oggetto del presente giudizio fonda la determinazione assunta su di una pluralità di ragioni, tra loro autonome e, dunque, ciascuna di per sé idonea a reggere autonomamente la determinazione assunta.

In particolare, è ben presente nel provvedimento impugnato una valutazione paesaggistica delle opere oggetto del condono edilizio.

Si legge, invero, in esso : “ 1) Le opere oggetto di sanatoria non raggiungono un armonico inserimento nel contesto paesaggistico, trattandosi di manufatti realizzati con diverse tipologie costruttive e privi di qualità architettonica. La stessa ipotesi di riqualificazione, peraltro non valutabile nelle istanze di condono poiché gli abusi devono essere considerati nel loro stato attuale, essendo consentito esaminare solo eventuali lavori di completamento, conferma l'attuale mancato inserimento paesaggistico degli abusi complessivamente eseguiti. Neanche si ritiene condivisibile il parere della Commissione Locale per il Paesaggio, secondo cui le tettoie e i depositi sarebbero schermati da muri perimetrali, realizzati in evidente contrasto con le prescrizioni impartite a suo tempo da questa Soprintendenza con la nota n. 17512 in data 8-6-1994”.

Di poi, la Soprintendenza, dopo aver dato conto delle caratteristiche delle opere realizzate ( “le opere …consistono in n. 5 corpi di fabbrica con strutture miste – prefabbricati in ferro e legno, strutture metalliche, blocchi in cls. e tettoie con strutture portanti metalliche e coperture in lamiera – per una superficie coperta complessiva di circa 481 mq. ….”) “… ribadisce che le caratteristiche costruttive dei manufatti, privi di qualità architettonica e disposti nel lotto in maniera casuale senza un disegno organico, non sono coerenti con le esigenze di tutela paesaggistica cui il sito è sottoposto”.

Vi è, invero, espresso richiamo ai contenuti del vincolo paesaggistico insistente sull'area , venendo richiamato il d.m. 7 giugno 1967 e le motivazioni in esso riportate, in cui si legge che “ …la zona predetta ha notevole interesse pubblico perché ricca di vegetazione tipica e di nuclei abitati aventi singolari valori paesaggistici, rappresenta un insieme di valore estetico tradizionale, integrato e qualificato da monumenti archeologici ed architettonici, nonché da un quadro naturale panoramico di incomparabile bellezza godibile dagli innumerevoli punti di vista accessibili al pubblico”.

Ciò posto, ritiene il Tribunale che la valutazione paesaggistica operata dalla Soprintendenza sia sufficientemente motivata, dando conto, in relazione alle caratteristiche dei manufatti ed al rilevante contesto paesaggistico in cui esse sono state realizzate, delle ragioni della ritenuta non compatibilità.

Il giudizio, poi, appare immune da profili di illogicità e irragionevolezza , ove si considerino, per quanto consentito a questo giudice cui è precluso l'esame del merito della valutazione operata, l'entità dell'intervento ( v. il grafico in atti denominato “schema con indicazione delle opere oggetto di sanatoria”) e le caratteristiche dei manufatti realizzati ( si veda in proposito la documentazione fotografica relativa alle opere oggetto di condono, presente nella produzione della Amministrazione).

Parimenti non appare censurabile l'affermata non condivisione del parere espresso dalla Commissione locale per il Paesaggio relativamente alla schermatura costituita dalla recinzione del lotto, atteso che legittimamente l'organo ministeriale non ha tenuto conto delle caratteristiche attuali della stessa, realizzata in maniera non conforme alle prescrizioni a suo tempo date dal Ministero in sede di autorizzazione paesaggistica.

In conclusione, dunque, la valutazione di non compatibilità paesaggistica resa dalla Soprintendenza risulta, in relazione ai poteri di cognizione riconosciuti al giudice amministrativo, legittima e, come tale, idonea a reggere la validità del provvedimento in questa sede impugnato.

Deve, infine, essere rigettato l'ultimo motivo di ricorso, con il quale si deduce disparità di trattamento e violazione del principio di imparzialità in conseguenza del pregresso intervenuto assentimento, nella medesima zona, di opere ben più consistenti ( fabbricato residenziale e centro commerciale) rispetto a quelle oggetto del presente giudizio.

Come condivisibilmente rappresentato dall'organo ministeriale nel provvedimento impugnato, la dedotta comparazione non è utilmente invocabile a sostegno della lamentata illegittimità, atteso che nelle vicende richiamate i poteri esercitati dalla Soprintendenza risultano avere diversa natura e contenuti rispetto a quelli svolti nel procedimento oggetto del presente giudizio.

Invero, nella espressione del parere negativo in questa sede impugnato la Soprintendenza ha espresso un giudizio di compatibilità paesaggistica esteso al merito; nelle fattispecie invocate da parte ricorrente, invece, il Ministero, conformemente alla normativa all'epoca vigente ( le vicende richiamate risalgono agli anni 1999 e 2004), ha esercitato un potere di mera legittimità.

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, dunque, il ricorso deve essere rigettato.

La peculiarità della controversia giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:

Amedeo Urbano, Presidente

Francesco Mele, Consigliere, Estensore

Paolo Severini, Consigliere

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
 		
 		
 		
 		
 		

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/05/2014

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO
Avv. Antonino Sugamele

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