Abusivismo edilizio ed operatività delle legge c.d. di condono. Mutamento di destinazione d'uso.
N. 02806/2014 REG.PROV.COLL.
N. 07101/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7101 del 2008, proposto da:
Salvatore Pacileo, rappresentato e difeso dagli avv. Felice Laudadio, Ferdinando Scotto, con domicilio eletto presso
Felice Laudadio in Napoli, via Caracciolo N.15;
contro
Comune di Pollica, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe D'Amico, con domicilio eletto presso Gaetano Natale in
Napoli, corso Umberto I, 34;
per l'annullamento
- della disposizione dirigenziale del Comune di Pollica prot. n. 8092 del primo ottobre 2008, con cui si rigetta l'istanza
di sanatoria prot. 8890 del 17.11.2004, ai sensi della l. n. 326 del 2003, presentata dal ricorrente per la realizzazione del
mutamento di destinazione d'uso di locali terranei di un fabbricato sito in Pollica, alla via Rossini n. 22;
- di ogni altro atto connesso, ivi compreso il parere prot. n. 7214 del 28.8.2008 reso dal responsabile del procedimento;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pollica;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 aprile 2014 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente Salvatore Pacileo, nella qualità di proprietario di un fabbricato sito in Pollica, Acciaroli, località San Primo,
alla via Rossini n. 22, ha impugnato il diniego di condono edilizio relativo al mutamento di destinazione d'uso di locali
terranei.
Deduce vizi di incompetenza, violazione della normativa urbanistica ed edilizia e violazione delle norme sul giusto
procedimento; si duole, in ogni caso, dell'erroneità dei presupposti, poiché il vincolo paesistico non sarebbe ostativo e
le prescrizioni delle NTA del piano urbanistico sarebbero sopravvenute rispetto alla data di ultimazione delle opere.
Si è costituito in giudizio il Comune intimato contestando la fondatezza della domanda, evidenziando, peraltro, la
presenza del vincolo paesaggistico nell'area di interesse e la legittimità del procedimento di condono.
All'udienza pubblica del 30 aprile 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
1.1. Vale premettere, in punto di fatto, che il Comune di Pollica ha rilasciato al Pacileo la concessione edilizia n. 2020/C
del 7.7.1983 per la realizzazione di un fabbricato sito in Pollica, Acciaroli, località San Primo, alla via Rossini n. 22.
Successivamente è stata rilasciata una concessione in sanatoria per lavori eseguiti in difformità all'originario titolo
edilizio. Il 17.12.1999 è stata rilasciata ulteriore concessione edilizia (n. 670/C) per la realizzazione di locali garage,
deposito ed impianti tecnologici, da situare al piano seminterrato.
1.2. A seguito di sopralluogo del 28.2.2004 è stata riscontrata la presenza di nuove opere consistenti nella
sopraelevazione della copertura originaria (con aumento dell'altezza al colmo per circa 63 cm ed alla gronda per circa
139 cm con contestuale sopraelevazione dei muretti perimetrali) e nel mutamento di destinazione d'uso di locali terranei
(il garage di 350 mq è stato trasformato in quattro appartamentini, con apertura di finestre e porte al servizio degli
stessi).
Per tali opere il ricorrente ha presentato una serie di istanze di condono edilizio, proposte in data 17 novembre 2004, fra
cui quella al prot. n. 8890 rilevante in questa sede.
1.3. Il diniego è stato formulato in applicazione dell'art. 32 comma XXVII lettera d) del D.L. n. 269\2003 convertito
nella L. n. 326\2003, in quanto l'immobile in questione si trova in zona interessata dal vincolo paesaggistico (PTP del
Cilento approvato con decreto ministeriale il 4 ottobre 1998 – zona Riqualificazione Insediamenti Rurali
Infrastrutturali), nell'area classificata dal Piano regolatore come B1 residenziale esistente 7.
Successivamente con provvedimento n. 48/2010 del 2.11.2010 il responsabile del Comune di Pollica ha ordinato la
rimozione delle opere non condonate (provvedimento impugnato con ricorso n. 1219/2011 pendente presso il Tar
Campania – Salerno).
2. Va innanzitutto disatteso il primo motivo, con cui la ricorrente assume che, essendo stata presentata l'istanza di
condono, le opere sarebbe compatibili con le prescrizioni urbanistiche all'epoca vigenti.
2.1. Le opere abusive non sono suscettibili di sanatoria qualora siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli
imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni
ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima
della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme
urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
2.2. Vale osservare che l'apicale principio, regolante la materia edilizia, di conformità degli interventi alle norme
primarie e secondarie di settore, da verificarsi prima della realizzazione degli interventi stessi mediante il rilascio di
idoneo titolo abilitativo, può essere positivamente derogato solo da altra norma primaria (le leggi c.d. di "condono")
che, volta per volta, stabilisca il perimetro soggettivo, oggettivo e temporale di possibile sanabilità degli abusi.
In tali casi, alla mancanza di previo titolo edificatorio si può ovviare sottoponendo l'intervento realizzato a
procedimento di condono, secondo le modalità dalla legge fissate e purché l'intervento stesso sia compreso nel suddetto
ambito di applicabilità.
Giova sul punto ricordare la sentenza della Corte Costituzionale n.225/2012, secondo cui "il richiamo alla previgente
distinzione tra inedificabilità relativa ed assoluta contenuta negli artt. 32 e 33 della legge n.47 del 1985 viene effettuato
al solo fine di coordinare la vecchia disciplina della sanatoria con quella sopravvenuta (...). La sua estensione al nuovo
condono non è infatti compatibile con il dettato del comma 26 e delle ivi richiamate tipologie di cui ai numeri 4, 5 e 6
dell'Allegato 1 al d.l. n.269 del 2003 (fattispecie sanabili), ove non è contemplata alcuna ipotesi congruente con la
fattispecie astrattamente enucleata (...) ma soltanto ad alcune fattispecie minori tassativamente elencate, né con quello
del comma 27 che vieta espressamente (lettera d) la sanatoria di abusi realizzati su aree di tale natura vincolate
antecedentemente all'esecuzione delle opere, in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio o dalle norme e
prescrizioni in materia urbanistica. Questa Corte ha avuto modo di precisare che il condono di cui al d.l. n.269 del 2003
è caratterizzato da un ambito oggettivo più circoscritto rispetto a quello del 1985, per effetto dei limiti ulteriori
contemplati dal precitato comma 27, i quali "si aggiungono a quanto previsto negli artt. 32 e 33 della legge n.47 del
1985" (sentenza n.196 del 2005) e non sono racchiusi nell'area dell'inedificabilità assoluta (ordinanza n.150 del 2009)".
2.3. L'art. 32, comma 27, lett. d) L. 269 del 2003 è previsione normativa che esclude dalla sanatoria le opere abusive
realizzate su aree caratterizzate da determinate tipologie di vincoli (in particolare, quelli imposti sulla base di leggi
statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesaggistici,
nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali), subordinando peraltro l'esclusione a due
condizioni costitutive: a) che il vincolo sia stato istituito prima dell'esecuzione delle opere abusive; b) che le opere
realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo risultino non conformi alle norme urbanistiche e alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici. Ne discende, "a contrario", che la sanatoria degli interventi in aree vincolate può
dunque essere consentita solo in due ipotesi, e cioè ove le opere siano state realizzate prima della imposizione del
vincolo (come già previsto all'art. 33, comma 1, l. n.47/85) e siano conformi alla disciplina urbanistica.
Va osservato che la novità sostanziale della novella condonistica è costituita proprio dall'inserimento del requisito della
conformità urbanistica all'interno della fattispecie del condono edilizio, così originandosi un meccanismo di sanatoria
che si avvicina fortemente all'istituto dell'accertamento di conformità previsto dall'art. 36 del D.P.R. n.380/2001
piuttosto che ai meccanismi previsti dalle precedenti leggi sul condono edilizio (cfr. Cons. di Stato, sez. IV,
n.3174/2010).
2.4. Nella specie è pacifica la sussistenza del vincolo paesaggistico imposto sull'area con decreto ministeriale 4 ottobre
1998; è altresì pacifico che tale imposizione è avvenuta prima dell'edificazione delle opere oggetto di domanda di
condono.
Tale disciplina, contrariamente a quanto dedotto dalla parte, vale non solo per le nuove costruzioni ma anche per quelle
opere alle stesse equiparabili, come nel caso di specie, in cui il mutamento di destinazione d'uso è accompagnato da
opere esterne, modifiche della sagoma e dalla introduzione di un pesante carico urbanistico (quattro appartamentini in
luogo del garage pertinenziale).
2.5. Il contrasto con le norme urbanistiche è stato evidenziato nel provvedimento reiettivo, poiché, come emerge anche
dal certificato di destinazione urbanistica, non è consentito il mutamento di destinazione d'uso di parcheggi
pertinenziale ai sensi della legge n. 122 del 1989, che come è noto, prevede la costruzione in deroga agli strumenti
urbanistici.
Premesso che tale prescrizione ostativa appare presente anche nel pregresso piano urbanistico vigente all'epoca della
domanda di condono (in cui l'area era classificata come verde agricolo a vincolo idrogeologico), è dirimente la
considerazione secondo cui l'immodificabilità della destinazione d'uso dei parcheggi pertinenziali deriva direttamente
dalla legge (art. 9, comma 5, l. 122 del 1989).
Vale appena soggiungere che nell'istanza di condono si fa riferimento ad una tipologia di abuso (la n. 3 attinente ad
“Opere di ristrutturazione edilizia come definite dall'articolo 3, comma 1, lettera d) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380
realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio”) che non trova riscontro nella reale natura
dell'intervento effettuato, da considerarsi alla stregua di una nuova costruzione in virtù del frazionamento, finalizzato al
cambio di destinazione d'uso con maggiore carico urbanistico, accompagnato da opere e modifiche di sagoma.
Ne consegue in ogni caso il difetto del requisito generale previsto dall'art. 32, comma 26, lettera a) del D. L. n.
269/2003, ovverosia che si tratti delle opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5
e 6 dell'allegato 1 del medesimo D.L. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria: T.A.R. Lazio,
Roma, II Bis, 7 aprile 2014 n. 3755).
3. Ciò premesso sono infondati i motivi relativi a pretese carenze motivazionali e d'istruttoria del provvedimento
impugnato, che, per la loro logica connessione, possono essere congiuntamente delibati.
3.1. In primo luogo, quanto alla mancata indicazione delle norme urbanistiche violate, osserva il Collegio che la
incontestata realizzazione di nuovi volumi e nuove superfici abitabili di natura non pertinenziale (presupposto stesso
dell'istanza di sanatoria avanzata dalla ricorrente) in zona vincolata, unitamente alla descrizione dell'abuso ed
all'indicazione del vincolo paesaggistico, rendono la motivazione del provvedimento impugnato perfettamente
comprensibile dall'interessato, senza che, quindi, l'eventuale mancata indicazione delle norme violate possa inficiare la
motivazione dell'atto impugnato.
Peraltro, tale indicazione è presente nel caso in esame, in cui il Comune, più che dare atto di una norma violata dalla
condotta dell'interessata, doveva palesare quale fosse la norma d'azione che vietava alla stessa Amministrazione
procedente di rilasciare il permesso in sanatoria: cosa che il Comune ha fatto, indicando, a tale fine, l'art. 32 comma
XXVIII lettera d) del d. lgs. n. 269\03 e la presenza del vincolo sull'area.
4. Nè il provvedimento appare inficiato da incompetenza, in quanto esso è stato sottoscritto dal Dirigente dell'ufficio
competente. Ed invero, per effetto della riforma delle autonomie locali ai sensi degli artt. 4 e 51 L. 8 giugno 1990 n.
142, si è verificata la generale devoluzione delle competenze del Sindaco ai dirigenti del Comune, atteso che la nuova
organizzazione complessiva dell'Ente locale pone una summa divisio tra organi di governo (elettivi), preposti agli atti di
indirizzo e di controllo, e i dirigenti, preposti agli atti di gestione ordinaria di tutte le altre funzioni amministrative. Ne
consegue che i provvedimenti in materia edilizia (repressivi o condonistici), in quanto atti di vigilanza sul territorio e
sanzionatorio a carattere vincolato, rientrano tra quelli di gestione ordinaria dell'Ente locale e, come tale, rientrano nella
competenza del dirigente di settore. Ai sensi dell'art. 6 comma 2, l. 15 maggio 1997 n. 127, modificato dall'art. 2, l. 16
giugno 1998 n 191, l'adozione di provvedimenti repressivi di abusi edilizi rientra nella competenza del dirigente o del
funzionario con qualifica apicale.
Secondo la giurisprudenza oramai consolidata, coerentemente con la distinzione tra indirizzo politico e gestione, la
competenza a provvedere in materia di rilascio o diniego di concessione o autorizzazione edilizia, o permesso di
costruire, nonché in materia di repressione di abusi edilizi spetta non più al sindaco (ai sensi dell'art. 107 d.lg. 18 agosto
2000 n. 267), ma al funzionario dirigente addetto al relativo ufficio comunale (così, tra tante, TAR Abruzzo L'Aquila,
02 dicembre 2002, n. 879).
5. Del pari infondato è, poi, il motivo di omissione dell'acquisizione del parere della CEI, vista la non necessità
dell'acquisizione del parere della Commissione nell'ipotesi di diniego di condono edilizio laddove, come nel caso ora in
esame, non occorra procedere a valutazioni tecniche del progetto per acclarare la conformità dell'opera alle prescrizioni
normative, ma debba farsi applicazione di valutazioni di natura giuridica (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 29 agosto
2011, n. 4243; v., altresì, C.d.S., Sez. IV, 2 novembre 2009, n. 6784). La giurisprudenza ha, infatti, messo in luce la
specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all'ordinario procedimento di rilascio della concessione edilizia,
nonché, l'assenza di una specifica previsione della necessaria acquisizione del parere della Commissione Edilizia
Integrata. Pertanto l'acquisizione di tale parere ai fini del rilascio del condono non è obbligatoria, bensì facoltativa,
mentre il parere dell'autorità preposta alla gestione del vincolo paesaggistico non è necessario laddove
l'amministrazione ravvisi, come nella fattispecie, la sussistenza di ulteriori ragioni ostative al rilascio della concessione
in sanatoria non connesse alla valutazione di compatibilità dell'abuso con il vincolo paesaggistico (cfr. T.A.R.,
Campania, Napoli, sez. VII, 14 gennaio 2011, n. 164).
6. Inoltre, il richiamo alle risultanze dell'istruttoria formulato nel provvedimento gravato costituisce idonea e sufficiente
motivazione e non deriva da carenza istruttoria, in quanto esso non è affermazione isolata, ma si accompagna alla
descrizione dell'abuso formulata dalla stessa istante nella sua domanda e al contenuto del parere rilasciato dal
responsabile del procedimento, così palesando in modo chiaro ed intellegibile la ragione del diniego, imperniato sulla
presenza del vincolo paesaggistico nell'area e dall'esistenza della norma ostativa al condono.
7. Infine, va respinto il motivo che si appella a pretese carenze procedimentali. Esse, in realtà, non sussistono, in quanto
i procedimenti iniziati ad istanza di parte non abbisognano di comunicazione di avvio del procedimento, così che non è
stato violato l'art. 7 L. 241\1990; mentre il ricorrente è stata regolarmente invitato a controdedurre alla comunicazione
ostativa dei motivi di rigetto della sua domanda, formulata ex art. 10 bis L. 241\1990 dal Comune con nota prot. 7268
del 2 settembre 2008.
5. In conclusione il ricorso è infondato e va respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nella misura di
cui al dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso,
come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dal
Comune di Pollica, che liquida in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Angelo Scafuri, Presidente
Guglielmo Passarelli Di Napoli, Consigliere
Michele Buonauro, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
22-06-2014 15:46
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