Abusi edilizi e doppia conformità temporale.
TAR Campania, Sez. VIII Napoli, sentenza 22 gennaio - 10 febbraio 2014, n. 957
Presidente Corciulo – Estensore Ianigro
Fatto e diritto
1. Con ricorso iscritto al n. 2559/2012 Valente Angelo, esponeva di aver inoltrato in data 26.07.2011 richiesta di permesso di costruire in sanatoria inerente la chiusura di un piano piloty di una casa colonica, una diversa distribuzione interna del primo piano, la realizzazione di una rampa scala per l'accesso al sottotetto e la chiusura del locale di lavorazione (capannone) costruiti con concessione edilizia n. 30/2003, che l'ampliamento consisteva nella realizzazione di forni a legna, ingresso, disimpegno, spogliatoio e servizi igienici e che, per rientrare nei parametri urbanistici, aveva effettuato un atto di asservimento in favore del Comune su alcuni terreni di sua proprietà per m.q. 12.761,00, oltre ai m.q. 11.091,00 del terreno sito in località Corsole. Aggiungeva che solo dopo l'emissione del parere sfavorevole impugnato era venuto a conoscenza che i terreni destinati alla realizzazione delle strutture predette avevano cambiato destinazione urbanistica passando da una destinazione “E2” agricola ad una destinazione “E2 a” aree di salvaguardia del centro abitato con l'approvazione del nuovo p.r.g. adottato in data 26.11.2003 ed approvato con decreto della Giunta Regionale Campania n. 597 del 18.11.2005.
A sostegno del ricorso deduceva i seguenti motivi di diritto:
1) Violazione di legge, violazione e falsa applicazione della legge n. 1150/1942, erroneità della motivazione, abnorme illogicità manifesta, errore di fatto, incoerenza. Contraddittorietà, eccesso di potere per difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti sia di fatto che di diritto.
Nel caso di specie, nell'adozione del p.r.g. non si è posta alcuna attenzione alla situazione di fatto preesistente ed all'incolpevole affidamento del ricorrente, stante l'esistenza di un manufatto nella zona oggetto di nuova regolamentazione che avrebbe dovuto impedire alla p.a. il mutamento della destinazione d'uso; per cui appare evidente che il parere sfavorevole impugnato è certamente viziato da eccesso di potere per illogicità manifesta. La distinzione fisica tra “zone edificate” e “non” introduce senz'altro un effetto limitativo del potere discrezionale pianificatorio, nel senso che una destinazione di zona E non può certo essere attribuita ad una zona già edificata. E' del tutto evidente pertanto che il parere impugnato è stato frutto di gravi omissioni ed erronee valutazioni anche di fatto.
Concludeva quindi per la declaratoria di illegittimità del diniego impugnato e di ogni atto presupposto, nonché per la condanna del Comune al pagamento di spese, diritti ed onorari, con attribuzione al procuratore antistatario.
Con memoria del 27.06.2012 si costituiva il Comune di Mondragone opponendo che il ricorrente, sin dal principio, aveva realizzato il proprio immobile in difformità dall'originario titolo concessorio, sicchè la situazione di fatto sottesa all'interesse vantato dal ricorrente non è mai stata legittima, né in buona fede, e non era pertanto suscettibile di ingenerare alcuna aspettativa meritevole di tutela ed idonea a condizionare l'amministrazione comunale nell'esercizio del proprio potere discrezionale di pianficazione urbanistica. Aggiungeva che l'ultimazione dei lavori era avvenuta in data 21.09.2005 ben prima dell'entrata in vigore del p.r.g. pubblicato sul Burc il 12.12.2005, che il programma di fabbricazione previgente poneva delle prescrizioni dimensionali sulle altezze e volumetriche che non sono state mai rispettate, come emerge dalla relazione di accertamento del 6.03.2012, e che il mancato rispetto dell'altezza massima inderogabile non è comunque superabile per effetto dell'atto di asservimento. Precisava altresì che le opere non potevano ritenersi conformi nemmeno al vigente piano regolatore che preclude la possibilità di procedere ad aumenti ed accorpamenti di volumetrie. Sosteneva inoltre che il piano regolatore doveva essere conosciuto dal ricorrente in quanto pubblicato sul burc n. 65 del 12.12.2005, che alcuna osservazione circa la futura destinazione urbanistica era pervenuta, e che l'amministrazione aveva correttamente operato nella genesi del proprio strumento urbanistico garantendo ogni forma di partecipazione collettiva.
Concludeva quindi per il rigetto del ricorso, con vittoria di spese, competenze ed onorari da attribuirsi ex art. 93 c.p.c.
Alla pubblica udienza di discussione del 22.01.2014 il ricorso veniva introitato per la decisione.
2. Il ricorso è infondato e va respinto.
Come noto, l'accertamento di conformità previsto dall'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, già disciplinato dall'art. 13, l. n. 47 del 1985, è diretto a sanare le opere solo formalmente abusive, in quanto eseguite senza il previo rilascio del titolo, ma conformi nella sostanza alla disciplina urbanistica applicabile per l'area su cui sorgono, vigente sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria (cd. " doppia conformità"). Il provvedimento di accertamento di conformità assume pertanto una connotazione eminentemente oggettiva e vincolata, priva di apprezzamenti discrezionali, dovendo l'autorità procedente valutare l'assentibilità dell'opera eseguita sulla base della normativa urbanistica ed edilizia vigente in relazione ad entrambi i momenti considerati dalla norma.
Nella specie il parere negativo opposto al ricorrente in data 10.02.2012 dall'Ufficio tecnico comunale per la sanatoria di una casa colonica con annesso locale di lavorazione è stato espresso poiché le opere non sono conformi alle norme urbanistiche vigenti sia rispetto all'art. 36 d.p.r. n. 380/2001, sia rispetto all'art. 21 scheda “E2 a” del p.r.g. vigente adottato con delibera del 26.11.2003 e definitivamente approvato con decreto del 18.11.2005. La normativa opposta dal Comune identifica la zona in cui ricade l'intervento in questione come ambiente della pianura agricola, e precisamente come area di salvaguardia del centro abitato comprendente le aree ad uso agricolo che per la loro vicinanza al centro abitato necessitano di particolare protezione. In tali aree la normativa de qua stabilisce che non è possibile alcun accorpamento delle volumetrie.
L'istanza di sanatoria in esame è stata quindi correttamente respinta stante l'inutilizzatibilità, ai sensi della normativa di piano, degli atti di asservimento allegati dal ricorrente per integrare la volumetria mancante.
A nulla rileva l'addotta sopravvenienza della normativa di piano rispetto all'epoca di realizzazione dei manufatti, dal momento che, a fronte della realizzazione di un'opera abusiva, non può legittimamente configurarsi alcuna situazione di affidamento giuridicamente tutelabile in capo al soggetto interessato.
I motivi con cui si contesta il modus procedendi con cui il Comune è addivenuto a variare la normativa di piano non possono ritenersi ammissibili in questa sede, dovendo essere introdotti nella sede opportuna e precisamente in sede di osservazioni da presentarsi durante l'iter di adozione e approvazione dello strumento urbanistico, o successivamente attraverso la proposizione nei termini di ricorso giurisdizionale avverso le disposizioni innovative di piano ritenute lesive. Sul punto il Comune ha peraltro dato atto di aver osservato le prescritte forme di pubblicità durante l'iter di approvazione dello strumento urbanistico, che nessuna osservazione era pervenuta da parte della ricorrente, e che il piano regolatore definitivamente approvato era stato regolarmente pubblicato sul B.u.r.c. della Regione Campania n.65 del 12.12.2005. Costituisce difatti ius receptum che qualora sussista un rapporto di presupposizione tra atti, l'omessa impugnazione dell'atto presupposto rende inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso giurisdizionale proposto avverso gli atti che dello stesso costituiscono applicazione. (Cons. Stato, sez. VI, 8 febbraio 2002, n. 686; Cons. Stato, sez. V, 12 marzo 1996, n. 258).
Per le ragioni esposte il ricorso va respinto e le spese processuali seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dal Comune di Mondragone nella misura di €1500,00 da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
26-02-2014 22:08
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