tar Sicilia: impugnata autorizzata per la realizzazione di una stazione di trasferenza rifiuti non pericolosi in variante allo strumento urbanistico nel territorio di Campobello di Licata.
N. 01835/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01299/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1299 del 2013, proposto da:
Comune di Campobello di Licata, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Carmelo Casuccio, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Francesco Greco in Palermo, via F. Ferrara, n. 8;
contro
Assessorato regionale della energia e dei servizi di pubblica utilità, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi, n. 81, è domiciliato per legge;
nei confronti di
Itras Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Rotigliano, presso il cui studio in Palermo, via Filippo Cordova, n. 95, è elettivamente domiciliato;
per l'annullamento
del decreto del dirigente del servizio 7 dell'Assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità - Dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti n. 27 del 15 gennaio 2013 pervenuto al Comune di Campobello di Licata il 22 successivo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato per l'Amministrazione regionale;
Visti l'atto di costituzione in giudizio e le memorie della Itras Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 5 settembre 2013 il consigliere Aurora Lento e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato:
Il Collegio, sentite in proposito le parti, espressamente avvertite della possibilità di una sentenza in forma semplificata, ritiene di potere definire il giudizio in esito all'udienza cautelare, ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm., stante la superfluità di ulteriore istruzione e la ritualità delle modalità di instaurazione del contraddittorio (anche alla luce dell'avvenuta costituzione della difesa erariale e della controinteressata la quale ha depositato articolata memoria).
La controversia ha ad oggetto il decreto del dirigente del servizio 7 autorizzazioni del dipartimento regionale dell'acqua e dei rifiuti n. 27 del 15 gennaio 2013, con il quale è stata autorizzata la realizzazione di una stazione di trasferenza rifiuti non pericolosi in variante allo strumento urbanistico nel territorio di Campobello di Licata.
Tale provvedimento era stato impugnato con ricorso straordinario, ma a seguito della opposizione della ITRAS s.r.l. (odierna controinteressata) il gravame è stato trasposto innanzi a questo TAR.
Preliminarmente va esaminata la eccezione di inammissibilità del ricorso giurisdizionale avuto riguardo alla carenza di definitività del provvedimento impugnato sollevata dalla controinteressata.
Sempre in via preliminare va rilevato che il difensore del Comune ricorrente ha chiesto la concessione dell'errore scusabile e la conseguente remissione in termini per il rito giurisdizionale ordinario.
Orbene, l'eccezione appare, ad un primo esame, fondata, per essere stato impugnato un atto non definitivo emesso da un dirigente di servizio suscettibile di ricorso gerarchico al dirigente generale come previsto dall'art. 7, comma 1, lettera m, della l.r. 15 maggio 2000, n. 10.
Si pone, però, il problema della concessione dell'errore scusabile e, in caso di soluzione favorevole, quello degli effetti sul ricorso in esame.
Per quanto riguarda il primo, non può che accogliersi la richiesta avanzata dal Comune di Campobello di Licata sulla base del rilievo troncante che l'art. 15 del decreto impugnato fa espressamente riferimento alla possibilità di proporre ricorso giurisdizionale al TAR o straordinario al Presidente della Repubblica.
Residua, pertanto, la questione più complessa degli effetti dell'errore scusabile, ovverosia se la rimessione in termini comporti la possibilità di proporre il ricorso gerarchico omesso o la prosecuzione della controversia innanzi a questo giudice.
Orbene, se la eccezione fosse stata sollevata dal controinteressato nella naturale sede del ricorso straordinario avrebbe trovato applicazione l'art. 13, comma 1, lettera a, del DPR 1199/1971, laddove si prevede che il Consiglio di Stato, nell'esprimere parere, propone la dichiarazione di inammissibilità se “riconosce che lo stesso non poteva essere proposto, salva la facoltà dell'assegnazione di un breve termine per presentare all'organo competente il ricorso proposto, per errore ritenuto scusabile, contro atti non definitivi”.
A ben vedere tale disposizione rinviene la sua ratio nella circostanza che oggetto del ricorso straordinario possono essere solo atti definitivi: ove si riscontri la non definitività dell'atto impugnato non può che aversi la declaratoria di inammissibilità e, in caso di errore scusabile, la rimessione in termini rispetto al ricorso gerarchico.
Totalmente diversa è la situazione qualora la controversia sia stata trasposta in sede giurisdizionale, in quanto innanzi al TAR possono essere impugnati anche atti non definitivi, per cui, come anticipato, occorre chiedersi se il riconoscimento del'errore scusabile comporti la rimessione in termini relativamente al ricorso gerarchico (come espressamente previsto per i giudizi conseguenti a ricorso straordinario) o giurisdizionale.
Il collegio, dopo attenta riflessione, ritiene di optare per la seconda alternativa sulla base delle argomentazioni di seguito sviluppate.
Come noto, l'art. 48 del c.p.a. prevede: al comma 1, che qualora venga proposta opposizione “il giudizio segue innanzi al TAR se il ricorrente, entro il termine perentorio di 60 giorni dal ricevimento della opposizione, deposita nella relativa segreteria l'atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione alle parti”; al comma 3, che “qualora l'opposizione sia inammissibile, il TAR dispone la restituzione del fascicolo per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria”.
Dal combinato disposto delle due norme deriva che, se il ricorrente si costituisce regolarmente in giudizio, il “ritorno” della controversia alla precedente fase del ricorso straordinario si ha solo se l'opposizione è inammissibile.
Ne consegue che in tutte le altre ipotesi di violazione di norme procedurali (ivi compresa quella della necessaria impugnazione di un atto definitivo) il giudizio prosegue innanzi al TAR, il quale deciderà la controversia.
Nella fattispecie in esame non si pone alcun problema di inammissibilità della opposizione e, conseguentemente, la concessione dell'errore scusabile non può che comportare la rimessione in termini rispetto al ricorso giurisdizionale come richiesto dal Comune ricorrente.
Per completezza va rilevato che a diversa conclusione non può addivenirsi sulla base della sentenza del TAR Sardegna, sez. I, 14 luglio 2006, n. 1459, richiamata dalla controinteressata, con la quale si è pervenuti ad una declaratoria di inammissibilità quale conseguenza della proposizione del ricorso straordinario trasposto avverso un atto non definitivo.
In quel caso non era stata avanzata nessuna richiesta di concessione di errore scusabile, cosicchè il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile.
Deve ora procedersi all'esame della seconda eccezione di inammissibilità sollevata dalla controinteressata, la quale deduce che è stato impugnato un atto meramente esecutivo di ordinanza cautelare.
Tale circostanza sembra confermata dalla formulazione testuale del D.D.S. n. 27 del 15 gennaio 2013, il quale, nell'incipit dell'art. 1, afferma espressamente che l'autorizzazione è rilasciata “in esecuzione dell'ordinanza del TAR Sicilia n. 501 del 2 agosto 2012 e nelle more della pronuncia di merito” e, nel successivo art. 2, statuisce che “il provvedimento sarà revocato in caso di determinazione negativa sul merito da parte del TAR Sicilia e l'Amministrazione non procedente non potrà essere chiamata in causa per eventuali risarcimenti di danni …”:.
Va, però, tenuto conto del testo della ordinanza richiamata, la quale nella parte conclusiva della motivazione afferma espressamente che: “va accolta la domanda di sospensione dell'esecuzione sopra descritta ai fini del riesame da parte dell'Amministrazione regionale, unico soggetto preposto alla riemissione del provvedimento impugnato tenendo conto delle statuizioni della presente ordinanza”.
Trattasi a ben vedere di una ordinanza propulsiva, la quale non ha ordinato – seppur interinalmente – all'Amministrazione di rilasciare l'autorizzazione in questione, ma ha dato mandato alla stessa affinchè provvedesse in merito alla richiesta della stessa tenendo conto – naturalmente – delle indicazioni date in sede cautelare.
In altri termini è stato disposto che venisse rinnovata l'istruttoria procedimentale alla luce delle indicazioni date dal TAR e fosse adottato un nuovo provvedimento, il quale, pertanto, non avrebbe avuto carattere meramente esecutivo del decisum cautelare, ma una sua autonomia.
Il presente ricorso va, pertanto, ritenuto – sotto tale aspetto – ammissibile sulla base della troncante considerazione che una diversa soluzione condurrebbe ad una negazione del diritto costituzionalmente garantito alla tutela giurisdizionale.
Nessuno strumento di difesa sarebbe, infatti, azionabile da parte del Comune di Campobello di Licata nelle more della decisione di merito, la quale potrebbe anche intervenire in un momento nel quale non arrecherebbe nessuna utilità, essendo la stazione di trasferenza già realizzata.
A diversa conclusione non può, peraltro, pervenirsi sulla base della decisione della III sezione del Consiglio di Stato n. 1534 del 14 marzo 2013, la quale fa riferimento al ben diverso caso degli effetti della riedizione del potere sul giudizio in corso, condivisibilmente negando che ne determini la estinzione.
In tale pronuncia è stato, infatti, affermato che nel processo amministrativo la declaratoria di carenza sopravenuta di interesse può essere pronunciata al verificarsi di una situazione di fatto o di diritto nuova, che comunque muta radicalmente la situazione esistente al momento della proposizione del ricorso e che sia tale da rendere certa e definitiva l'inutilità della sentenza, per aver fatto venir meno per il ricorrente o per l'appellante qualsiasi residua utilità della pronuncia sulla domanda azionata, anche soltanto strumentale o morale. Conseguentemente è stato negato che la riedizione del potere a seguito di una ordinanza propulsiva determini la estinzione del giudizio.
Totalmente diverso è il problema della azionabilità di autonomi strumenti di tutela nelle more della decisione, la quale va riconosciuta al fine di evitare vuoti di tutela qualora si abbia la adozione di provvedimenti, che, seppur esecutivi di ordinanza, siano, comunque, nuovi ed autonomamente lesivi.
A diversa conclusione non può addivenirsi nemmeno sulla base dell'ulteriore precedente giurisprudenziale richiamato dalla controinteressata (sentenza del TAR Lazio n. 5625 del 5 giugno 2013), secondo il quale non vi è la necessità di una autonoma impugnazione degli atti di ammissione con riserva a procedura concorsuale in quanto destinati ad essere caducati dall'eventuale successivo rigetto del ricorso.
Invero in tale sentenza si fa riferimento alla circostanza che l'adozione non spontanea dell'atto con cui l'Amministrazione dà esecuzione alla sospensiva non comporta la revoca del precedente provvedimento impugnato e ha una rilevanza provvisoria in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo.
Nella fattispecie in esame si pone, però, un diverso problema, ovverosia quale tutela debba essere riconosciuta al soggetto leso dal provvedimento adottato in esecuzione di una ordinanza propulsiva, la quale non si sia (per così dire) limitata alla ammissione con riserva alle ulteriori fasi della procedura, ma abbia disposto un riesame della fattispecie.
La soluzione non è agevole.
Potrebbe, infatti, ipotizzarsi che la mancata impugnazione della ordinanza cautelare determini acquiescenza relativamente al provvedimento adottato in esecuzione della stessa.
Tale prospettazione non è a ben vedere accettabile qualora sia stato disposto un riesame del provvedimento e, pertanto, la riedizione del potere.
In tali ipotesi non è (o meglio non è solo e tanto) l'ordinanza a provocare la lesione, quanto il provvedimento di riedizione del potere, relativamente al quale deve ipotizzarsi una forma di tutela che non può essere solo l'attesa della definizione dl giudizio, che potrebbe intervenire in un momento non utile per la parte lesa.
Ne deriva, ad avviso del collegio, la impugnabilità dei provvedimenti del tipo in questione senza necessità, peraltro, di incardinazione nell'ambito del giudizio relativo al ricorso originario, in quanto solo nel settore degli appalti vige la regola della concentrazione delle impugnative nell'ambito del medesimo giudizio e la conseguente necessità di motivi aggiunti avverso atti relativi alla medesima fattispecie.
Ne deriva la infondatezza della eccezione in esame.
Può adesso procedersi all'esame del merito, che è fondato con riferimento alla censura (avente carattere assorbente), secondo la quale l'autorizzazione in variante ex art. 208 del d.lgs.vo n. 152/2006 non avrebbe potuto essere rilasciata in quanto alla ditta controinteressata era stata assegnato il lotto F 6 nell'area di sviluppo industriale dei Comuni di Ravanusa e Campobello di Licata.
Invero, la disposizione surrichiamata prevede, al comma 6, che l'approvazione di un progetto per la realizzazione di un impianto per il trattamento dei rifiuti da parte della conferenza di servizi costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.
La ratio della norma è all'evidenza quella di consentire la realizzazione di impianti del tipo di quelli in questione anche in assenza di aree agli stessi destinati nella considerazione della loro importanza e della ritrosia delle popolazioni ad ospitarli nel proprio territorio.
Totalmente diversa è, però, la situazione qualora le amministrazioni interessate abbiamo individuato aree idonee per gli impianti de quibus.
In tali ipotesi, fermo restando la eventualità della inidoneità del sito, la variante non solo non è necessaria, ma non si giustifica, in quanto si risolve in una indebita compressione delle prerogative facenti capo ai Comuni, ai quali, come enti esponenziali delle comunità rappresentate, spetta il potere di pianificare il proprio territorio.
Nella fattispecie in esame, come risulta dalla nota del Consorzio ASI prot. n. 1967/U.T. del 22 luglio 2011 in atti, alla controinteressata è stato assegnato il lotto F 6 di mq 7.032,00 nell'agglomerato di Ravanusa – Valle del Salso proprio per la realizzazione di una “stazione di trasferenza”.
Ingiustificata è, pertanto, in assenza della indicazione di adeguate motivazioni, l'assegnazione di un'area destinata a verde agricolo e la conseguente variante urbanistica.
Concludendo, per le ragioni suesposte, il ricorso è fondato e va accolto.
Si ritiene di compensare le spese tenuto conto della complessità della vicenda.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nelle camere di consiglio dei giorni 5 settembre e 10 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Filoreto D'Agostino, Presidente
Aurora Lento, Consigliere, Estensore
Maria Cappellano, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
03-11-2013 15:13
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