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Sentenza

Sui nuovi criteri di liquidazione del danno da intervenuta trasformazione irreve...
Sui nuovi criteri di liquidazione del danno da intervenuta trasformazione irreversibile del fondo, introdotti dalla L. n. 111/11.
TAR Sicilia-Catania, sez. III, sentenza 10 aprile – 13 giugno 2013, n. 1727
Presidente Ferlisi - Estensore Barone

Fatto

I ricorrenti sono proprietari, in base alle quote precisate in ricorso, di aree ubicate nel Comune di Giarre e interessate dalla realizzazione di strade di completamento nell'ambito di un p.e.e.p.
La procedura espropriativa è stata avviata con deliberazione di G.M. n. 121 del 08/10/2002 (recante l'approvazione del progetto) e poi, con delibera di G.M. n. 74 del 17/07 2003, il Comune di Giarre ha fissato i termini della procedura, con previsione d'ultimazione dei lavori entro il termine di cinque anni decorrenti dalla data d'immissione in possesso. Con provvedimento n. 6/e del 24/01/2004 è stata determinata l'indennità provvisoria di espropriazione degli immobili. I lavori sono stati ultimati in data 22/12/2006, ma il Comune di Giarre non ha emesso alcun decreto di esproprio, nel termine di cinque anni dalla data d'immissione in possesso, come previsto nella dichiarazione di pubblica utilità di cui alla deliberazione n. 121 del 08/10/2002.
Con il ricorso in esame, i ricorrenti chiedono, pertanto, il risarcimento dei danni derivanti dall'occupazione acquisitiva e dall'irreversibile trasformazione delle rispettive aree di proprietà essendo state violate le norme che disciplinano il procedimento di espropriazione per pubblica utilità e in particolare l'art. 13 del D.P.R. 327/1971 a norma del quale “…la scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità…”.
In particolare i ricorrenti formulano, in via principale, domanda risarcitoria sia per la perdita del loro diritto di proprietà per un importo complessivo non inferiore ad euro 255.680,00, calcolato come da perizia in atti in base criterio del valore venale delle aree occupate e trasformate, oltre interessi e rivalutazione, sia per il mancato godimento dei terreni illegittimamente occupati e trasformati, per un importo non inferiore ad euro 25.751,94, oltre interessi e rivalutazione.
In via subordinata, i ricorrenti chiedono l'adozione dei necessari atti traslativi della proprietà anche a mezzo di commissario “ad acta”.
Il Comune di Giarre si è costituito in giudizio per resistere al ricorso e ha rilevato che:
1) i proprietari hanno dichiarato di accettare l'indennità di espropriazione e di cessione volontaria, richiedendo al contempo l'acconto ed impegnandosi a presentare i documenti necessari per la stipula dell'atto di cessione. Il Comune di Giarre, ha poi corrisposto l'acconto sull'indennità dovuta (ordinativo di pagamento del 11.04.2005), ma i ricorrenti - sebbene più volti invitati a produrre i documenti necessari alla stipula dell'atto di cessione - non si sono mai attivati. Il saldo dell'indennità dovuta non sarebbe, quindi, stato corrisposto per inerzia dei ricorrenti. In ogni caso, l'accordo sulla cessione volontaria renderebbe inammissibile la richiesta risarcitoria;
2) una volta escluso ogni profilo risarcitorio, la controversia riguarderebbe, allora, la mancata percezione della parte d'indennità ancora dovuta e sarebbe devoluta alla giurisdizione del Giudice ordinario.
3) in ogni caso, il periodo di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità delle opere contemplate nei piani di edilizia economica e popolare non è quinquennale, come erroneamente sostenuto dai ricorrenti, ma coincide con la delimitazione temporale quindicennale dell'efficacia del piano stesso, in deroga al disposto dell'art. 1 della l.r. n. 37/1985 e dell'art. 13 della legge. n. 2359/1865 e, pertanto, non sarebbe configurabile alcuna attività illecita da parte dell'amministrazione.
Il Comune contesta, infine, i criteri di determinazione del risarcimento, anche alla luce di una perizia depositata in atti e conclude per il rigetto del ricorso, rilevando anche l'intervenuta prescrizione della domanda risarcitoria “non essendovi stato alcun atto interruttivo della stessa”.
Le parti hanno scambiato ulteriori memorie con le quali hanno insistito nelle rispettive difese e alla pubblica udienza del 10 aprile 2013, il ricorso è stato trattenuto in decisione, come da verbale.

Diritto

1. In via preliminarmente va affermata la giurisdizione di questo Tribunale nella controversia in esame, nella quale i ricorrenti agiscono per il risarcimento dei danni conseguenti all'asserita irreversibile trasformazione delle aree e per quelli derivanti dalla sottrazione dell'uso del bene durante il periodo di occupazione illegittima, successivamente allo scadere del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, stante la mancata adozione del decreto di esproprio (artt. 7 e 133 lett. g, c.p.a).
2. Sempre in via preliminare, va respinta la generica eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa del Comune di Giarre, tenuto conto che la circostanza relativa all'occupazione illegittima del terreno del ricorrente e all'utilizzazione per la costruzione della strada, non comporta la perdita della proprietà, ma costituisce comportamento illegittimo dal quale derivano effetti lesivi permanenti in capo al legittimo proprietario del terreno. Pertanto, fin quando dura l'occupazione del terreno, non solo non vi è luogo a ritenere possibile l'inizio del decorso di un termine per la prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante dall'illegittima occupazione, ma il proprietario è legittimato a chiederne la restituzione salvi gli effetti dell'usucapione.
3. Nel merito il ricorso è fondato secondo quanto di seguito precisato.
Come premesso in punto di fatto, il procedimento di espropriazione delle aree in questione va ricondotta alla deliberazione di Giunta Municipale numero 121/2002, con la quale è stato approvato il progetto definitivo dell'opera pubblica (completamento delle strade di P.e.e.p. denominato Jungo) e alla successiva deliberazione di Giunta Municipale numero 74/ 2003, con la quale l'Ente ha ribadito il carattere di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza del progetto e ha fissato i termini della procedura espropriativa, disponendo in particolare che i lavori avrebbero dovuto avere inizio entro un anno, e avrebbero dovuto essere ultimati entro il termine di cinque anni dalla data d'immissione in possesso.
Risulta, inoltre, dalla documentazione presente agli di causa che, sebbene i lavori siano stati ultimati nel 2006, il Comune di Giarre non ha, comunque, concluso la procedura espropriativa, né con l'adozione del decreto di esproprio, né con la definizione della procedura di cessione bonaria avviata nel 2004 e relativa determinazione in via provvisoria l'indennità di espropriazione degli immobili e successiva corresponsione di un acconto.
4. Su quest'ultima vicenda sono necessarie delle precisazioni.
Il Comune resistente afferma, infatti, che i ricorrenti avrebbero accettato l'indennità di espropriazione e incassato il relativo acconto e avrebbero poi omesso di produrre i documenti necessari alla stipula dell'atto di cessione, impendendo, con il loro comportamento, la definizione del procedimento di cessione volontaria.
Tale affermazione appare, tuttavia. smentita dalla documentazione depositata dalle parti, dalla quale emergono, tra gli altri, i seguenti atti:
1) nota del 28/06/2005 con cui il Comune di Giarre invita le parti a “mettersi in contatto” con uno studio notarile fornendo la documentazione necessaria per la stipula dell'atto di trasferimento;
2) nota del 24/09/2007 con cui il Comune ribadisce il precedente invito con la precisazione che in mancanza “si procederà al deposito presso la cassa DD.PP. delle somme residue e sarà emesso il decreto di esproprio”;
3) nota del 13/11/2007 con cui il Comune invita i ricorrenti a prendere contatto con altro studio notarile poiché il precedente Notaio “non ha dato più la sua disponibilità”;
4) nota del 08/10/2007 con al quale il signor Rosario Russo, anche per conto delle altre parti, riscontra la nota sub2) affermando che tutta la documentazione richiesta risulta già consegnata presso lo studio notarile “da oltre un anno”.
E' evidente, pertanto, che sulla base dei predetti riscontri documentali nessuna esiziale inerzia sembra imputabile ai ricorrenti.
5. Va, adesso, verificato se la fattispecie in esame, nella quale l'opera pubblica è stata realizzata nell'ambito di un piano di edilizia economia e popolare, la condotta del Comune - che non ha definito la procedura espropriativa entro il termine di cinque anni dalla data d'immissione in possesso (termine espressamente previsto nelle citate delibere di Giunta Municipale del 2002 e del 2003) possa qualificarsi come illecita.
A tale riguardo, il Comune di Giarre sostiene che il P.E.E.P. “Jungo” è ancora vigente, così come previsto dai commi 2 e 3 della L. R. n. 86/1981, e come documentato dal certificato di destinazione urbanistica delle aree in questione. Da tale premessa il Comune fa conseguire la perdurante efficacia della dichiarazione di pubblica utilità delle opere contemplate nei piani di edilizia economica e popolare, durata che coinciderebbe con la delimitazione temporale quindicennale dell'efficacia del piano stesso.
Tale assunto non sembra condivisibile, per le seguenti ragioni:
E' pacifico che, in presenza di uno strumento urbanistico esecutivo, qual è il p.e.e.p. - la cui approvazione ha, per un verso, effetto legale di dichiarazione di pubblica utilità, d'indifferibilità e di urgenza delle opere da realizzare e, per altro verso, ha l'effetto di delimitare il potere espropriativo entro il termine di durata del piano stesso (Cass. civ. SS.UU. n. 125/2001 e n. 11433/1997) - i termini dell'espropriazione possono coincidere con i termini di validità del piano medesimo (che comunque riguardano, in via principale, la durata e la vigenza dei vincoli espropriativi connessi ai piani attuativi).
Sulla base della peculiare efficacia dei piani attuativi, la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. IV, 30 giugno 2004 n. 4803 e 6 ottobre 2003 n. 5851; Cass. civ. 13493/2002; 3835/2001; 6289/2000) ha ritenuto che le disposizioni legislative che limitano, nel tempo, l'efficacia di un Piano di zona per l'edilizia economica e popolare e disciplinano i ritmi della sua attuazione, escludono una situazione di carenza del potere ablativo, sotto il profilo della “mancata fissazione dei termini per l'espropriazione ed i lavori”, atteso che tali termini vanno considerati unitariamente coincidenti con il termine posto dalla legge per la validità del suddetto piano, equivalente a dichiarazione di pubblica utilità; per cui i decreti ablatori (occupazione temporanea ed espropriazione) sempreché emanati entro il termine legale di efficacia del piano, sono legittimi anche se non preceduti da un apposito provvedimento di fissazione dei suddetti termini.
La stessa giurisprudenza ritiene tuttavia che le “disposizioni sui piani di zona stabiliscono esclusivamente un termine massimo, sicché nulla preclude all'autorità che li ha emanati o a quelle incaricate della loro attuazione di indicare immediatamente ovvero nei successivi provvedimenti di localizzazione e di esecuzione delle singole opere termini meno ampi e più appropriati alle espropriazioni ed ai lavori da realizzare nel caso concreto;con la conseguenza che in tal caso l'amministrazione espropriante resta soggetta a tale più riduttiva predeterminazione e che alla loro scadenza non le è consentito invocare il più elevato termine massimo indicato” (Cass. civile sez. I, 19 febbraio 2009, n. 4027).
Ciò è quanto accaduto nella fattispecie in esame, ove la fonte dell'espropriazione è costituita da un autonomo procedimento di esecuzione di una specifica opera pubblica nell'ambito del p.e.e.p., avviato con la deliberazione di G.M. n.121/2002 e proseguito con la deliberazione di G.M. 74/ 2003, con la quale lo stesso Comune, dopo aver ribadito il carattere di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza di tale progetto, ha fissato il termine quinquennale per la definizione della procedura espropriativa, autovincolandosi, in tal modo, al rispetto del termine quinquennale previsto dall'art. 13 del D.P.R. 327/2001 ed, in precedenza, dall'art. 13 della legge n. 2359/1865, a cui peraltro espressamente rinviano gli articoli 1 e 2 della legge regionale n. 35/1978, richiamata dalla stessa delibera di Giunta Municipale n. 74 del 2003.
In base a tali considerazioni, l'avvenuta occupazione delle aree di proprietà e la conseguente realizzazione dell'opera pubblica senza il rispetto dei termini fissati nella dichiarazione di pubblica utilità e nella già citata deliberazione di G.M. n. 121/2002 e senza l'adozione, nel predetto termine, del decreto di esproprio costituisce un fatto illecito suscettibile di risarcimento, con la precisazione che, alla luce dell'evoluzione giurisprudenziale (anche europea) ormai consolidata, la riscontrata illegittimità dell'intero procedimento e la sopravvenuta irreversibile trasformazione del bene non comporta alcun trasferimento della proprietà che rimangono nella piena titolarità degli originari proprietari (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2012, n. 1514 del 16 marzo 2012, 28 gennaio 2011, n. 676, 29 agosto 2011, n. 4834 e 2 settembre 2011, n. 4970; C.G.A., 18 febbraio 2009, nn. 49, 51 e 52; Cass., Sez. I, 29 ottobre 2008, n. 25983).
6. Di conseguenza, se da un lato, la domanda proposta, in via principale, dai ricorrenti per il risarcimento dei danni connessi alla perdita definitiva della proprietà dei terreni non può essere accolta, dall'altro lato, la vertenza in esame può essere risolta con l'applicazione dell'art. 42bis del D.P.R. n. 327/2001 (introdotto dall'art.34, comma 1, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con L. n. 111/2011).
Tale disposizione, rubricata “Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico”, al comma 1° stabilisce che: “Valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest'ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene”. Al successivo comma 3° dispone: “Salvi i casi in cui la legge disponga diversamente, l'indennizzo per il pregiudizio di cui al comma 1 è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l'occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell'art. 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l'interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma”.
Nel caso in esame, pertanto, l'Amministrazione ha una triplice alternativa:
- o restituisce il bene ai ricorrenti;
- o addiviene ad un accordo transattivo che determini il definitivo trasferimento (su base negoziale) della proprietà dell'immobile, verso il pagamento di quanto stabilito di comune accordo ricorrente con gli interessati;
- o provvede all'acquisizione autoritativa del bene ex art. 42 bis con effetto ex nunc e con la corresponsione del necessario indennizzo, effettuando anche il doveroso risarcimento del danno per l'occupazione illegittima.
In questo terzo caso, il Collegio può solo limitarsi a ricordare la testuale formulazione del comma 4 °dell'art. 42 bis prima richiamato, secondo cui: “Il provvedimento di acquisizione, recante l'indicazione delle circostanze che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell'area e se possibile la data dalla quale essa ha avuto inizio, è specificamente motivato in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l'emanazione, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati ed evidenziando l'assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione; nell'atto è liquidato l'indennizzo di cui al comma 1 e ne è disposto il pagamento entro il termine di trenta giorni. L'atto è notificato al proprietario e comporta il passaggio del diritto di proprietà sotto condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute ai sensi del comma 1, ovvero del loro deposito effettuato ai sensi dell'articolo 20, comma 14; è soggetto a trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell'amministrazione procedente ed è trasmesso in copia all'ufficio istituito ai sensi dell'articolo 14, comma 2.”.
In conclusione, il Collegio ritiene che la domanda risarcitoria dei ricorrenti, ove il Comune di Giarre non si determini alla restituzione del bene, o alla stipula di un atto negoziale di cessione, possa e debba essere accolta con la mera declaratoria dell'obbligo del Comune medesimo di adottare un formale provvedimento acquisitivo da emanarsi ai sensi dell'art. 42 bis, citato e, a tale proposito, il Collegio ritiene di fissare i principi di seguito indicati:
a) il Comune di Giarre ha l'obbligo (ove non addivenga alla decisione di restituire le aree in questione al ricorrente, quale legittimo proprietario, o di procedere negozialmente), di emanare, entro 90 giorni dalla comunicazione o notificazione, se antecedente, della presente sentenza, un provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis T.U. espropriazioni, contenente l'indicazione dell'indennizzo dovuto per l'acquisizione ex nunc della proprietà del fondo, detratte le somme che i ricorrenti abbiano già ricevuto, a qualsiasi titolo, con riferimento alla procedura de qua (somme che vanno maggiorate degli interessi compensativi maturati nel intervallo di godimento delle stesse);
b) la quantificazione del risarcimento deve avvenire secondo le disposizioni di cui al più volte citato art. 42 bis, del D.P.R. n. 327/2001;
c) il Comune di Giarre dovrà, inoltre, offrire gli interessi previsti dall'art. 42 bis, quale risarcimento per il periodo di occupazione a decorrere dalla cessazione di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità di cui alla delibera di Giunta municipale n. 121/2002 per inutile decorso dei termini;
d) qualora il Comune non adotti un atto formale volto all'acquisizione del bene dei ricorrenti ed al correlativo indennizzo ex art. 42 bis, comma 1 cit., i ricorrenti potranno chiedere l'esecuzione della presente sentenza, per l'adozione delle misure consequenziali, rientrando nei poteri di questo Tribunale l'eventuale nomina di un commissario ad acta.
7. Le spese di giudizio, seguono la soccombenza nei confronti del Comune intimato, secondo la liquidazione operata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) accoglie il ricorso indicato in epigrafe, nei sensi e nei termini di cui in motivazione e, per l'effetto dichiara l'obbligo del Comune di Giarre di avvalersi di una delle tre alternative di cui in motivazione e quindi, ove occorra, di acquisire il bene del ricorrente e di indennizzare lo stesso ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001.
Condanna il Comune di Giarre al pagamento delle spese processuali in favore dei ricorrenti che liquida nella somma complessiva di € 2000,00 (euro duemila/00), oltre rimborso contributo unificato, I.V.A., C.P.A. e altri oneri di legge se ed in quanto dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 




 TAR Toscana, sez. III, sentenza 14 maggio – 5 giugno 2013, n. 901
Presidente Nicolosi - Estensore Giani

Fatto e diritto

1 - Con il ricorso introduttivo del giudizio i sig.ri Attilio Perioli e Alfredo Perioli (ai quali sono subentrati in corso di giudizio gli eredi, stante il loro decesso) e la società Edilimmobiliare Versilia s.r.l. espongono che terreni di loro proprietà posti nei Comuni di Forte dei Marmi e Seravezza sono stati interessati da lavori relativi alla realizzazione del terzo lotto della strada provinciale Emilia n. 70 e agiscono quindi in questa sede giurisdizionale per ottenere la condanna della Provincia di Lucca al risarcimento dei danni subiti, previa occorrendo l'annullamento della nota in data 23 marzo 2004, con la quale l'Amministrazione espone la propria carenza di disponibilità finanziaria per addivenire ad una transazione. In particolare i ricorrenti riferiscono i termini dell'annosa vicenda relativa alla realizzazione dei lavori stradali incidenti sulla loro proprietà, riferiscono dell'intervento del decreto di occupazione d'urgenza in data 24 marzo 1994, che ha interessato un'area di mq. 21.148 e quindi del decreto di esproprio n. 602 del 23 aprile 1999, che è stato impugnato con ricorso straordinario al Capo dello Stato in quanto emesso dopo la scadenza del termine quinquennale di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità. Conseguentemente i ricorrenti chiedono, quali poste risarcitorie, il risarcimento del danno per perdita della proprietà a seguito di occupazione acquisitiva di un'area di mq. 14.723 (superficie dell'area occupata dalle opere pubbliche realizzate sulla loro proprietà), somme dovute e titolo di occupazione a far data dal 24 marzo 1994, inizio dell'occupazione legittima, evidenziando che l'area legittimamente occupata era pari a mq. 21.148, risarcimento del danno morale, da quantificarsi in via equitativa.
2 – Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, la Provincia di Lucca la quale ha eccepito la inammissibilità del gravame in punto di richiesta di annullamento della nota dirigenziale del 23 marzo 2004, stante il suo carattere non provvedimentale, ha altresì eccepito la inammissibilità della richiesta di pagamento dell'indennità di occupazione, per difetto di giurisdizione, ed ha chiesto la sospensione del giudizio in attesa della decisione del ricorso straordinario al Capo dello Stato sul decreto di espropriazione (sul rilievo che “la pretesa dei ricorrenti potrà ritenersi fondata, nell'an, solo nell'eventualità in cui detto decreto di esproprio venga annullato”).
3 – Con sentenza non definitiva n. 99 del 29 gennaio 2009 questa Sezione ha dichiarato il difetto di giurisdizione dell'adito giudice amministrativo in punto di domanda di condanna al pagamento delle somme a titolo di occupazione dal 24 marzo 1994 e ha sospeso il giudizio in punto di domanda di risarcimento del danno per perdita della proprietà, in attesa della definizione del ricorso straordinario proposto avverso il decreto di espropriazione n. 602 del 1999.
4 – In data 15 dicembre 2011 è stato depositato il decreto del Presidente della Repubblica del 14 settembre 2011 che, accogliendo il ricorso straordinario proposto da Attilio e Alfredo Perioli e dalla soc. Edilimmobiliare Versilia, ha annullato il decreto di espropriazione n. 602 emesso dalla Provincia di Lucca in data 23 aprile 1999.
5 – In data 15 dicembre 2011 i ricorrenti presentavano istanza, ai sensi dell'art. 80 c.p.a., per la fissazione di udienza di prosecuzione del giudizio, essendo venuta meno la causa di sospensione del giudizio stesso.
6 – La parti hanno presentato documenti e memorie. Parte ricorrente insiste nella domanda di risarcimento del danno per perdita di terreni, da determinarsi sulla base del valore venale delle aree occupate, nel risarcimento del danno per i periodi di occupazione, nella misura del 5% annuo del valore stesso, e nel risarcimento del danno morale, nella misura del 10% del valore medesimo. La Provincia di Lucca resiste alle domande di parte ricorrente. Divergono fortemente le indicazioni della parti sul valore dei beni di cui è causa, valore che parte ricorrente indica in € 125,00 al mq e l'Amministrazione resistente in € 8,50 al mq.
7 – Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 14 maggio 2013, relatore il cons. Riccardo Giani, e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per le decisione.
8 - È pacifico che nella specie si è in presenza di un'occupazione illegittima, protratta oltre la scadenza dei termini di legittima durata e nel corso della quale si è proceduto alla realizzazione di un'opera pubblica, con irreversibile trasformazione del bene di proprietà privata; il decreto di espropriazione, infatti, che era stato a suo tempo emanato, è stato annullato in sede di ricorso straordinario. Con riferimento a fattispecie di questo tipo la giurisprudenza della Cassazione, a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite del 26 febbraio 1983, n. 1464, aveva elaborato l'istituto della c.d. occupazione appropriativa, come nuovo modo di acquisto della proprietà alla mano pubblica, nel senso che la radicale trasformazione del fondo con sua irreversibile destinazione ad opera pubblica determinava la estinzione del titolo proprietario in capo al privato e l'acquisizione del bene a titolo originario da parte della p.a. L'istituto, dopo aver subito ulteriori elaborazioni giurisprudenziali e arricchimenti anche normativi, è stato però espunto dall'ordinamento a seguito dell'intervento della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che ha ritenuto che l'occupazione appropriativa contrasti con la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e in particolare al suo Protocollo Addizionale n. 1 (sentenza Cedu 30 maggio 2000, ric. 31524/96). Il legislatore è quindi intervenuto introducendo l'istituto della “utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico”, all'art. 43 del DPR n. 327 del 2001, il quale è stato tuttavia dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale 8 ottobre 2010, n. 293. Norma analoga, con identica rubrica, è stata successivamente inserita all'art. 42-bis del DPR n. 327 del 2001 dall'art. 34 del D.L. n. 98 del 2011. Nel presente caso quel che rileva è che il decreto di espropriazione a suo tempo emesso è stato annullato in sede di ricorso straordinario mentre non risulta ad oggi emesso alcun provvedimento dell'Amministrazione in applicazione degli istituti di cui agli art. 43 o 42-bis del DPR n. 327 del 2001, con l'effetto che non può dirsi realizzato l'effetto traslativo della proprietà in relazione alla porzione di terreno utilizzata dall'Amministrazione con la realizzazione dell'opera pubblica. Ne discende che la proprietà della porzione di terreno in questione, per quanto interessata dalla realizzazione delle opere stradali, rimane in capo ai ricorrenti, i quali avrebbero ben potuto chiederne la restituzione, cosa che nel presente giudizio non è avvenuta. Questi principi, più volte affermati da questo Tribunale, trovano esplicita esposizione nella recente pronuncia della Cassazione civile, sez. 1^, 28 gennaio 2013, n. 1804 ove si ribadisce che la c.d. accessione invertita (o occupazione appropriativa o acquisitiva) non ha più base legale nel nostro ordinamento, dal quale quindi detto istituto risulta espunto; ribadisce che il trasferimento della proprietà privata alla mano pubblica può avvenire soltanto attraverso lo strumento negoziale, l'usucapione, il procedimento espropriativo ordinario o in via eccezionale attraverso lo strumento dell'art. 42-bis del DPR n. 327 del 2001; evidenzia come in tutti gli altri casi “l'occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte dell'Amministrazione si configurano come un illecito di diritto comune, ovvero come un comportamento , insuscettibile di determinare il trasferimento della proprietà in suo favore, fermo il diritto al risarcimento dei danni arrecati anche in forma specifica”.
9 – Fermo restando che nel caso in esame non è avanzata domanda di restituzione dei beni occupati, devono essere esaminate le domande articolate da parte ricorrente nel ricorso introduttivo del giudizio e meglio specificate nei successivi scritti di parte.
10 – In primo luogo i ricorrenti avanzano una domanda di annullamento della nota della Provincia di Lucca prot n. 40692 del 23 marzo 2004, nella quale l'Amministrazione, rispondendo alla richiesta dei ricorrenti di chiudere la vertenza in via transattiva, evidenzia che “ad oggi ed anche sulla base del bilancio di previsione di recente approvato, non esiste una disponibilità finanziaria in tal senso”. In ordine a tale domanda l'Amministrazione provinciale resistente ha eccepito la inammissibilità per difetto di natura provvedimentale dell'atto gravato.
L'eccezione di inammissibilità è fondata.
La nota impugnata non ha, invero, un contenuto provvedimentale che si presti ad essere valutato in questa sede sotto il profilo della legittimità dell'agire amministrativo; si tratta di una comunicazione che si inserisce nelle trattative tra le parti per porre fine alla controversia e con la quale l'Amministrazione, senza utilizzare in alcun modo poteri autoritativi, si limita ad esporre la propria impossibilità pratica ad affrontare esborsi economici consequenziali ad accordi transattivi. È evidente allora che tale nota non ha una effettiva lesività giuridica per i ricorrenti e il suo annullamento non porterebbe loro alcuna utilità, dovendo essere la domanda stessa dichiarata inammissibile per difetto di interesse.
11 – In secondo luogo i ricorrenti chiedono il risarcimento del danno corrispondente alla perdita della proprietà da essi subita a seguito della occupazione acquisitiva, della realizzazione dell'opera pubblica e della irreversibile trasformazione del bene occupato. L'Amministrazione eccepisce la inammissibilità della domanda, stante il superamento dell'istituto della occupazione acquisitiva.
L'eccezione è fondata.
Come esposto in precedenza, sub punto 8 della presente motivazione, l'evoluzione subita dall'istituto della occupazione acquisitiva, e il suo superamento da parte dell'ordinamento, portano al risultato che le occupazione illegittimamente disposte o proseguite dall'Amministrazione, per quanto accompagnate dalla irreversibile trasformazione dei beni occupati, funzionale alla realizzazione dell'opera pubblica, non comporta la perdita della proprietà in capo ai privati e la sua acquisizione alla mano pubblica; ne consegue che i privati i cui beni siano stati illegittimamente occupati dall'Amministrazione non possono chiedere il risarcimento del danno collegato alla perdita della titolarità del bene, giacché tale perdita, sotto il profilo dominicale, non vi è stata, la proprietà degli stessi permanendo in capo ai privati medesimi. Ne discende che è quindi inammissibile la domanda avanzata nel presente giudizio e mirante ad ottenere il risarcimento dei danni subiti per perdita dei beni, pari al valore venale degli stessi.
12 - I ricorrenti chiedono altresì il risarcimento del danno morale da essi subito in seguito alla illegittima occupazione dei terreni di loro proprietà, e ne chiedono la quantificazione nella misura del 10% del valore venale dei beni, richiamando il disposto dell'art. 42-bis del d.lgs. n. 327 del 2001.
La domanda è infondata.
Non è sufficiente il richiamo al disposto dell'art. 42-bis cit. per fondare la richiesta risarcitoria avanzata, sia in considerazione della non diretta applicabilità alla presente fattispecie della norma invocata, che riguarda istituto nella disponibilità dell'Amministrazione ma dalla stessa non utilizzato nella fattispecie, sia in considerazione della mancata specifica indicazione dei profili di pregiudizio di cui si chiede il risarcimento, della dimostrazione del pregiudizio stesso e della sua compiuta quantificazione.
13 – Il Collegio reputa invece ammissibile la domanda di risarcimento del danno per illegittima occupazione dei terreni di proprietà dei ricorrenti, nei sensi di seguito esplicitati. Come già evidenziato, la Sezione, con sentenza n. 99 del 2009 ha dichiarato il difetto di giurisdizione dell'adito giudice amministrativo “sulla domanda di condanna al pagamento di somme a titolo di occupazione dal 24-03-1994”, richiamando nella motivazione la giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria ma con specifico riferimento alla occupazione avvenuta “sulla base di legittimi titoli”. La precedente pronuncia della Sezione esclude la giurisdizione amministrativa con riferimento alla domanda di indennità di occupazione legittima, ferma restando la giurisdizione di questo Tribunale sulla pretesa risarcitoria correlata alla occupazione senza titolo, protrattasi una volta scaduta la occupazione legittima. Alla luce dei rilievi che precedono, il ricorso in esame deve essere ritenuto ammissibile, in parte qua, nel senso che spetta ai ricorrenti il risarcimento del danno da perdita di possesso del bene per il periodo che ha come termine iniziale lo scadere del termine di occupazione legittima mentre il termine finale “deve essere individuato nel momento in cui la pubblica amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell'area” (Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 4833 del 2011).
14 – Nella specie la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera è avvenuta con deliberazione del Consiglio Provinciale di Lucca n. 25 del 1° febbraio 1994, l'occupazione d'urgenza è stata disposta con decreto del Commissario Prefettizio del 29 marzo 1994, mentre l'immissione in possesso è avvenuta in data 4 maggio 1994 (come da verbale di immissione in possesso depositato in data 29 febbraio 2008). Poiché il decreto di occupazione d'urgenza non contiene una indicazione del termine di durata dell'occupazione stessa, vale il termine di efficacia massima della stessa previsto dall'art. 22-bis comma 6, del DPR n. 327 del 2001, che fa coincidere detto termine massimo con quello della dichiarazione di pubblica utilità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 2012, n. 2743). Essendo la delibera di dichiarazione di pubblica utilità divenuta esecutiva in data 4 marzo 1994 (cfr. doc. 8 di parte ricorrente), il termine quinquennale di efficacia della stessa viene a scadere il 4 marzo 1999, che è da considerare come inizio della occupazione illegittima, che prosegue tutt'oggi.
15 – Per quanto concerne la quantificazione del danno per occupazione illegittima esso si determina con riferimento agli interessi legali sul valore del bene riferito a ciascun anno di occupazione considerato, secondo il criterio già indicato dalla sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 4833 del 2011 e fatto proprio poi dal legislatore nel nuovo art. 42-bis del DPR n. 327 del 2001 (a mente del quale “per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l'interesse del cinque per cento sul valore determinato ai sensi del presente comma”).
16 – Le parti individuano pacificamente i terreni oggetto della occupazione nelle rispettive perizie depositate in data 2 aprile 2013 (la Provincia di Lucca) e 3 aprile 2013 (i ricorrenti): si tratta di mq 14.723 meglio descritti nei richiamati atti con riferimento agli estremi catastali del Comune di Forte dei Marmi (foglio 2 particelle 135, 423, 424, 425, 724, 726, 727, 728, 738) e del Comune di Seravezza (foglio 36 particella 400). Ben diverso è però il valore al metro quadro indicato dalle parti, il che rende necessaria l'esecuzione di una verificazione ai sensi degli artt. 63 ss del c.p.a. ai fini del calcolo del valore venale dei beni sopra indicati. Conseguentemente il Collegio dispone di affidare la suddetta verificazione al funzionario responsabile dell'Ufficio Provinciale di Lucca dell'Agenzia del Territorio (ora confluita nell'Agenzia delle Entrate), con facoltà di delega, perché risponda al seguente quesito: “Accerti il verificatore, esaminati gli atti tutti versati in giudizio dalle parti e gli altri atti che riterrà di acquisire presso le Amministrazioni competenti, e svolto ogni accertamento necessario, il valore venale del beni di proprietà dei ricorrenti illegittimamente occupati dalla Provincia di Lucca, alla luce della loro regolamentazione urbanistica, a partire dal 5 marzo 1999 e fino ad oggi”.
Le operazioni di verificazione dovranno essere effettuate in contraddittorio con le parti costituite in giudizio (da preavvertire tempestivamente) e dovranno essere concluse entro 90 giorni dalla comunicazione della presente sentenza con il deposito della relazione definitiva di verificazione, la quale dovrà altresì essere comunicata ai difensori delle parti, perché possano contraddire sulla stessa prima della prossima udienza di trattazione della causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così decide:
- dichiara il ricorso in parte inammissibile e infondato, nei sensi di cui in motivazione;
- dichiara ammissibile la domanda di risarcimento del danno da illegittima occupazione, nei sensi di cui in motivazione;
- ordina al funzionario responsabile dell'Ufficio Provinciale di Lucca dell'Agenzia del Territorio (ora incorporata nell'Agenzia delle Entrate) di provvedere, anche a mezzo di funzionario tecnico delegato, alla verificazione di cui alle premesse, depositando le relative risultanze ed i documenti a corredo presso la Segreteria della 3^ Sezione di questo Tribunale (in quadruplice copia) entro 90 giorni dalla notificazione della presente sentenza ovvero dalla sua comunicazione in forma amministrativa;
- pone a carico della Provincia di Lucca l'onere di corrispondere al funzionario tecnico incaricato della verificazione la somma di € 500,00 (cinquecento/00) a titolo di anticipazione sulle spese e sul compenso spettantegli;
- spese e onorario di giudizio, compresi il compenso definitivo per l'incarico affidato, alla sentenza definitiva;
- rinvia per il prosieguo della causa alla prima pubblica udienza del mese di aprile 2014;
- manda alla Segreteria di trasmettere alle parti, nonché al funzionario responsabile dell'Ufficio Provinciale di Lucca dell'Agenzia del Territorio (ora incorporata nell'Agenzia delle Entrate) la presente sentenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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