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Sentenza

Remunerazione delle prestazioni lavorative in plus orario....
Remunerazione delle prestazioni lavorative in plus orario.
Cons. St., Sez. III, 11 ottobre 2013, n. 4994

N. 04994/2013

N. 08658/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 8658 del 2007, proposto da:
Curto Antonio, rappresentato e difeso dall'avv. Oreste Morcavallo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Arno, n. 6;

contro

Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, gia' Asl N.4 Cosenza, in persona del legale rappresentante pro-tempore;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO, SEZIONE II, n. 00063/2007, resa tra le parti, concernente pagamento prestazioni ambulatoriali svolte in regime di plus-orario.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2013 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per la parte appellante l'avvocato Lenoci su delega di Morcavallo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. - L'appellante è tecnico di radiologia dipendente dalla Unità Sanitaria Locale Italo Albanese n. 6 di Acri (già accorpata alla A.S.L. n. 4 di Cosenza e successivamente alla A.S.L. n. 9 di Cosenza), oggi Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, ed in servizio presso il Presidio ospedaliero Beato Angelo di Acri.

2. - Con ricorso al TAR Calabria – Sezione di Catanzaro, ha chiesto la condanna dell'Azienda al pagamento delle somme corrispondenti a prestazioni effettuate negli anni 1984/1992 in regime di “plus orario” all'interno della struttura ospedaliera, in favore di pazienti non ricoverati, per le quali assumeva di aver ricevuto solo acconti.

3. - Il TAR respingeva il ricorso.

4. - Propone appello deducendo l'erronea e/o falsa interpretazione dell'art. 2697 c.c., in quanto, il primo giudice, a seguito della disposta istruttoria, erroneamente avrebbe ritenuto impossibile valutare le pretese azionate, sulla base della documentazione prodotta, e non assolto l'onere probatorio, posto a carico della parte trattandosi di diritto soggettivo, considerando gli acconti versati come importi a saldo.

L'appellante chiede, quindi, un nuovo accertamento del fatto e una diversa valutazione della sua rilevanza in diritto.

5. - All'udienza del 5 luglio 2013, l'appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. - L'appello non è fondato.

1.1. - Il primo giudice ha richiamato i principi in materia di prove e del relativo onere nelle controversie ricadenti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nelle quali vengono azionati diritti soggettivi e, pertanto, troverebbe applicazione l'art. 2967 c.c., per cui l'onere di provare i fatti posti a fondamento della pretesa è a carico di chi fa valere il diritto.

Ha, quindi, ritenuto che nel ricorso in esame si è solo genericamente dedotto lo svolgimento di prestazioni in regime di “plus orario” per un certo numero di anni e la percezione di somme solo in acconto, senza precisare né documentare il numero e l'entità delle prestazioni, le specifiche date di esecuzione, gli importi percepiti e quelli da percepire.

Anche dai documenti acquisiti con l'istruttoria risulterebbe semplicemente quali somme sono state percepite, lasciando però intendere che si è trattato di pagamenti a saldo e non in acconto: il TAR ne ha desunto l'assenza di adeguato supporto probatorio alla domanda.

1.2. - Questo Collegio, pur condividendo, in larga parte, le argomentazioni del primo giudice per quanto riguarda la carenza di prova circa la dovutezza di somme ulteriori rispetto a quelle già percepite dall'interessato, e pur rilevando la genericità dell'appello al riguardo, osserva ulteriormente, nel merito, la non condivisibilità dell'assunto svolto dall'appellante, secondo cui qualora non vi sia contestazione sull'autorizzazione a svolgere attività in “plus orario” il dipendente ha diritto a ricevere la retribuzione per l'attività svolta indipendentemente da questioni di natura tecnico-contabile riguardanti l'organizzazione delle A.S.L..

1.3. - Va, innanzitutto, premesso che la posizione soggettiva del dipendente delle aziende sanitarie che abbia svolto attività in regime di “plus orario” viene qualificata dalla giurisprudenza alla stregua di una posizione di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, per l'evidente presenza di poteri valutativi dell'Amministrazione, con la conseguenza che va escluso ogni automatismo ai fini della liquidazione del compenso (Cons. di Stato, Sez. V, n. 791 del 3 febbraio 2011; III Sez., n. 6287 del 10.12.2012).

Difatti, ai sensi degli artt. 59 e ss. del DPR 348/1983, le attività svolte in regime di “plus orario” sono retribuibili nei limiti e con le modalità disciplinate dalla normativa contrattuale.

L'art. 64 del citato D.P.R. stabilisce un monte ore settimanale per ogni categoria di personale, sottintendendo la fissazione di un limite di spesa, e dispone che “il plus orario” concordato con le OO.SS. e successivamente deliberato dall'amministrazione, costituisce debito orario; esso, pertanto, deve essere programmato nei piani di lavoro e verificato attraverso sistemi obiettivi di controllo degli orari di servizio.

Ed ancora, “la misura del plus orario reso può trovare compensazione all'interno di un trimestre; le differenze, in difetto o in eccesso, di plus orario reso nel trimestre rispetto a quello dovuto debbono essere compensate nel trimestre successivo. In caso di mancato recupero del plus orario dovuto, non reso e non recuperato, si effettueranno le relative proporzionali riduzioni”(art. 64 cit.).

E' evidente come l'insieme di tali condizioni sia rilevante al fine di individuare esattamente il debito dell'azienda nei confronti del ricorrente e che di tali condizioni nessun cenno è fatto nell'appello.

1.4. – Inoltre, la giurisprudenza di questo Consesso (tra le tante C.d.S., V, 12.7.1996 n.862; V, 17.9.1996 n.1139; V, 30 settembre 2002, n. 5040; tra le più recenti, V, n. 1259/2009 e 3807/2010; III, n. 6287 del 10.12.2012) è ormai consolidata nell'affermare che la retribuzione delle prestazioni in plus orario è subordinata alla necessaria copertura finanziaria dell'apposito fondo e che, pertanto, in caso di insufficienza delle risorse finanziarie disponibili, rimane del tutto irrilevante la pur intervenuta previa autorizzazione delle ore in plus orario da parte dell'amministrazione; le prestazioni eventualmente effettuate in eccedenza vanno, semmai, retribuite non già alla stregua del compenso incentivante, ma come ore di lavoro straordinario o ad altro titolo ove, beninteso, ne ricorrano le condizioni valutate dall'amministrazione (da ultimo questa Cons. Stato, Sezione III, 4 maggio 2012 n. 2565).

La copertura finanziaria, infatti, costituisce un limite vincolante per la remunerazione delle prestazioni lavorative in plus orario in quanto la relativa attività deve essere retribuita esclusivamente attraverso la ripartizione dei fondi aventi siffatta destinazione, fermo restando che la programmazione delle ore di lavoro effettuabili avviene in via preventiva, in relazione alle finalità incentivanti perseguite, mentre il fondo da distribuire è costituito dall'apposito finanziamento regionale che viene determinato e reso disponibile solo a consultivo, onde solo in un secondo momento è reso conoscibile l'importo spettante a ciascun dipendente trattandosi appunto di una retribuzione incentivante, subordinata al raggiungimento di determinati livelli qualitativi e quantitativi di produttività (Cons. Stato, V, 12.7.1996 n.862, cit.).

Infine, la giurisprudenza ha ulteriormente chiarito che la tesi secondo la quale il fondo per il pagamento dei compensi per il plus orario deve essere gestito in modo da garantire un parallelismo costante tra prestazioni autorizzate e risorse di copertura, esprime una giusta esigenza di buona amministrazione, ma non ha alcun rilievo giuridico, in quanto la normativa circoscrive la possibilità di utilizzare questa forma di incentivazione esclusivamente nei limiti delle risorse effettivamente disponibili sul fondo in questione (Cons. Stato, V, 30 settembre 2002 cit.; V, 12 aprile 2005 n.1620; V, 5 febbraio 2007 n.436).

1.5. - In sostanza, pur volendo prescindere da considerazioni afferenti al regime probatorio e all'assolvimento nel caso concreto del relativo onere, contrariamente a quanto sostenuto nell'appello, non si determina l'automatica liquidazione, in favore del lavoratore, di un compenso in misura fissa e predeterminata, commisurata allo stipendio tabellare, per le ore di lavoro prestate in plus orario, essendo necessario lo svolgimento di una complessa ed articolata procedura che prevede, prima della liquidazione, una fase di preventivo controllo sulla effettiva maggiore produttività e una verifica sulla compatibilità finanziaria delle prestazioni effettuate.

Con la conseguenza che se il fondo istituito non ha risorse sufficienti, è anche possibile una proporzionale decurtazione delle eventuali spettanze per ogni soggetto avente titolo (C.d.S., III Sez., n. 6287 del 10.12.2012). Sarebbe, pertanto, plausibile e legittimo che gli “acconti” percepiti dal ricorrente non abbiano ricevuto ulteriore integrazione a consuntivo.

1.6. - In conclusione, l'appello va rigettato.

1.7. - Sussistono ampi motivi per compensare spese ed onorari.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Roberto Capuzzi, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere

Alessandro Palanza, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
 		
 		
 		
 		
 		

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/10/2013

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO
Avv. Antonino Sugamele

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