Prelazione di beni culturali.
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI , SENTENZA 28 gennaio 2013 504 Pres. Severini – est. Meschino , n.504 - Pres. Severini – est. Meschino
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 136 del 2010, proposto da
Morgese Ornella, rappresentata e difesa dagli avvocati Mariano Morgese e Andrea Vena, con domicilio eletto presso Francesco Grisanti in Roma, via Crescenzio, 62;
contro
Comune di Meta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Aldo Starace, Salvatore Prisco e Domenicantonio Siniscalchi, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Vittorio Balduccini, Annamaria Berger, non costituiti nel presente grado del giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VII n. 4723/2009, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Meta e del Ministero per i beni e le attivita' culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2013 il consigliere di Stato Maurizio Meschino e uditi per le parti l'avvocato dello Stato Camassa, l'avvocato Ferrari per delega dell'avvocato Morgese e l'avvocato Starace;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La signora Morgese Ornella, con il ricorso n. 1487 del 2006 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ha chiesto l'annullamento del decreto del responsabile dell'area lavori pubblici e patrimonio del Comune di Meta, n. 44 del 22 dicembre 2005, con il quale è stata esercitata la prelazione disciplinata dall'art. 62 del d.lgs. n. 42 del 2004 sull'unità immobiliare sita nel detto Comune in via Caracciolo 15, con domanda di risarcimento del danno.
In particolare la prelazione ha riguardato un appartamento facente parte del detto immobile oggetto dell'atto di compravendita, per il prezzo di euro 650.000,00, tra i proprietari signori Balduccini Vittorio e Berger Anna Maria e la signora Morgese locataria dell'appartamento.
2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione settima, con la sentenza n. 4723 del 2009, ha respinto il ricorso compensando tra le parti le spese del giudizio.
3. Con l'appello in epigrafe è chiesto l'annullamento della sentenza di primo grado.
4. Il Collegio, all'udienza del 17 luglio 2012 in cui la causa è stata trattenuta per la decisione:
- ha ritenuto necessario, ai fini del decidere, acquisire gli atti del Comune di Meta recanti la determinazione di esercitare la prelazione consistenti, in particolare, nella deliberazione del Consiglio comunale n. 73 del 22 novembre 2005 e nella delibera della Giunta comunale n. 364 del 21 dicembre 2005 adottata in esecuzione;
- con l'ordinanza n. 4657 del 2012 ha quindi disposto il deposito dei detti atti, o di copia conforme, da parte del Comune di Meta entro quarantacinque giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione, se antecedente, dell'ordinanza, accompagnati da ogni ulteriore atto, o copia conforme, relativo al procedimento per cui è causa inclusi quelli emanati dal Ministero per i beni e le attività culturali, fissando per il prosieguo l'udienza pubblica del 15 gennaio 2013 con riserva al definitivo ogni ulteriore statuizione.
5. Il Comune di Meta in data 19 ottobre 2012 ha depositato la documentazione richiesta.
6. All'udienza del 15 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Nella sentenza di primo grado il ricorso è respinto affermando che nella specie risultano osservate le prescrizioni di cui agli articoli 60 - 62 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, in seguito “Codice”) sull'esercizio della prelazione da parte del Ministero per i beni e le attività culturali ovvero, nei casi previsti, dagli enti interessati.
Infatti: a) l'acquisto dell'immobile è stato deliberato dal Consiglio comunale, che è l'organo competente, ed il suo uso quale sede di rappresentanza è pienamente conforme all'interesse pubblico alla valorizzazione del bene culturale; b) la provvista finanziaria per l'acquisto è stata assicurata con l'assunzione dell'impegno di spesa da parte della Giunta comunale con delibera n. 364 del 2005; c) i soggetti interessati hanno avuto conoscenza dell'esistenza del procedimento, poiché originato dalla loro denuncia fatta ai sensi della normativa sopra citata, non rilevando che la notifica dell'atto sia stata eseguita presso il domicilio reale ma non presso quello eletto essendo risultati comunque informati.
2. Nell'appello la sentenza è censurata per avere:
- esaminato sommariamente il primo motivo di ricorso, recante violazione degli articoli 60 - 62 del Codice con riguardo all'inosservanza da parte del Comune dell'obbligo, disposto dal comma 2 dell'art. 62, di provvedere alla copertura finanziaria effettiva della spesa deliberata per l'esercizio della prelazione; la copertura infatti, che avrebbe dovuto essere determinata già con la deliberazione del Consiglio comunale n. 73 del 2005 in quanto vincolante all'acquisto, non risulta neppure indicata con la delibera della Giunta comunale n. 364 del 2005, che rinvia a entrate future e incerte per la dismissione di cespiti patrimoniali, non essendo stata peraltro, tale delibera, neppure acquisita agli atti del giudizio, anche se richiamata dal primo giudice a motivazione della sentenza, per cui se ne chiede l'acquisizione con il presente appello;
- ritenuto l'uso dell'immobile per fini di rappresentanza dell'ente di per sé sufficiente a motivare l'acquisto mentre ciò contrasta con lo scopo della valorizzazione culturale del bene, unico presupposto atto a legittimare l'esercizio della prelazione, risultando la decisione comunale del tutto immotivata al riguardo, considerato anche che il Ministero per i beni e le attività culturali aveva escluso il proprio interesse date le inadeguate caratteristiche dell'immobile;
- escluso la necessità della comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990, in quanto attivato a seguito della denuncia fatta dai privati, laddove questa è per essi obbligatoria ai sensi dell'art. 59 del Codice allo scopo di comunicare alle Amministrazioni competenti il trasferimento del bene vincolato ma, di certo, non è strumentale all'informazione delle parti stipulanti sull'eventuale svolgimento del procedimento ablatorio che li riguarda;
- ritenuta, con sommaria valutazione, la competenza del funzionario comunale ad emanare il decreto impugnato, n. 44 del 2005, essendo invece la competenza in materia riservata al Consiglio comunale e al Sindaco in conformità agli articoli 42 e 50 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (“Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”, in seguito “Tuel”) e agli articoli 16 e 31 dello statuto comunale;
- ritenuto irrilevante il vizio della notificazione del citato decreto, dedotto per violazione degli articoli 60 - 62 del Codice, in relazione agli articoli 47 Cod. civ. e 141 Cod. proc. civ., asserendo l'avvenuta informazione degli interessati a seguito della comunicazione dell'atto nel loro domicilio, trascurando che agli alienanti ne è stata consegnata una sola copia e, comunque, che la notifica in quanto non perfezionata presso il domicilio speciale eletto formalmente comunicato (nella specie presso il notaio rogante) è nulla, con il conseguente decorso del termine decadenziale stabilito dall'art. 62 del Codice.
3. Le censure dedotte in appello, così sintetizzate, sono infondate per le ragioni che seguono.
3.1. La censura con cui si asserisce l'insussistenza della copertura finanziaria della proposta di prelazione, in disparte dalla sua inammissibilità ai sensi della giurisprudenza per cui il vizio in questione “non è […] deducibile dal privato, se non qualora si traduca in mancato pagamento del corrispettivo dovuto in suo favore” (Cons. Stato, VI, 9 giugno 2008, n. 2771), è comunque infondata in punto di fatto.
Dalla documentazione trasmessa dal Comune di Meta risulta che:
- con la deliberazione del Consiglio comunale n. 73 del 22 novembre 2005: è stato deciso di esercitare il diritto di prelazione; si è disposta la “necessaria copertura finanziaria della spesa a valere sul bilancio di quest'Ente, alienando i beni di cui in relazione istruttoria, nei limiti di valore di stima necessari all'acquisto”; tali beni sono specificati nelle premesse del provvedimento e nella relazione istruttoria cui si rinvia nel dispositivo dello stesso con la loro puntuale identificazione (cinque box, due appartamenti, un bar, due suoli); si indica che “il valore complessivo è largamente sufficiente a garantire la copertura finanziaria”; è riportata la normativa per la quale l'Ente è autorizzato a negoziare aperture di credito a fronte di alienazioni da utilizzare per operazioni di incremento del patrimonio (art. 3, comma 1, del decreto-legge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403);
- nella successiva deliberazione della Giunta comunale, n. 364 del 21 dicembre 2005, assunta su proposta del Sindaco del 16 dicembre precedente, si prevede la copertura della spesa con l'alienazione dei beni suddetti e, ritenuta la stima per essi disponibile “non adeguata ai correnti valori di mercato da porre a base di asta pubblica da indire…”, si precisa che, a seguito dell'aggiornamento della stima, saranno posti in vendita tre immobili (i due appartamenti e il locale bar) per ciascuno dei quali è precisato il prezzo a base d'asta per un totale di euro 677.600,00 “utile ad acquisire l'immobile ed a coprire le relative spese di trasferimento”; viene assunto l'impegno di spesa della somma di euro 650.000,00 a valere sulla somma riveniente dalla vendita all'asta dei detti beni;
- il decreto del funzionario responsabile, n. 44 del 22 dicembre 2005, impugnato in primo grado, reca quindi la determinazione dell'esercizio del diritto di prelazione venendo citate, nelle premesse del decreto, le note intercorse con il Ministero per i beni e le attività culturali e le suddette deliberazioni degli organi di governo del Comune;
- la somma dovuta a favore degli alienanti, signori Balduccini e Berger, risulta loro versata (sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, sezione civile, n. 211 del 2012, prodotta in atti dal Comune).
Da quanto sopra emerge che la previsione di cui all'art. 62, comma 2, del Codice, che richiede “la deliberazione dell'organo competente che predisponga, a valere sul bilancio dell'ente, la necessaria copertura finanziaria della spesa”, è stata comunque osservata, dovendosi ritenere predisposta una copertura costituita dall'indicazione non generica ma puntuale dei beni da alienare, con la specificazione per ciascuno della stima aggiornata del valore di mercato e la determinazione di provvedere alla loro vendita all'asta, risultando peraltro poi corrisposta la somma dovuta per l'esercizio della prelazione.
3.2. La disposizione per cui l'ente che delibera di procedere alla prelazione deve indicare “le specifiche finalità di valorizzazione culturale del bene” è stata introdotta, a modifica dell'art. 62, comma 2, con il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 156, e perciò successivamente all'emanazione dei provvedimenti impugnati in primo grado, ai qualiratione temporis tale puntuale prescrizione non si applica;
- in questo quadro, dovendosi ritenere che anche nel regime previgente fosse necessaria una destinazione del bene, pur se non specificamente orientata quale poi precisata, comunque coerente con lo scopo del mantenimento della sua caratterizzazione culturale, il Collegio osserva anzitutto che, con ciò, è da ritenere vietato l'utilizzo che risulti palesemente in contrasto con il valore culturale del bene da tutelare, essendo possibile riscontrare tale contrasto se l'immobile sia destinato ad uso di uffici pubblici operativi (Cons. Stato, VI, 2 gennaio 2001, n. 923) ma non se è destinato a funzioni di rappresentanza, trattandosi di un uso che, in quanto così limitato, di per sé salvaguardia le caratteristiche dell'immobile rendendole anzi fruibili a soggetti esterni e, possibilmente, al pubblico in generale.
3.3. Il Collegio condivide anche la giurisprudenza, per cui nel procedimento di cui qui si tratta non è richiesta la comunicazione di avvio, essendo ciò coerente con la ratio dell'istituto e del procedimento stesso che non richiede all'Amministrazione una comparazione di interessi ma la valutazione sulla funzionalità del bene rispetto agli interessi pubblici tutelati, fermo restando in ogni caso che, scaturendo il procedimento da una serie di atti di iniziativa privata, il privato ben può fornire gli elementi di ponderazione che ritenga utili già all'atto della denuncia, nella consapevolezza che essa è fatta proprio allo scopo di consentire l'attivazione del procedimento che può concludersi con l'esercizio della prelazione (Cons. Stato, VI: 29 maggio 2012, n. 3209; 19 gennaio 2011, n. 362).
3.4. Come risulta dalla documentazione in atti la deliberazione di esercizio della prelazione è stata adottata dal Consiglio comunale (delibera n. 73 del 2005) che è l'organo competente in materia ai sensi dell'art. 42, comma 2, lett. l), del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 quando si tratti di “acquisti e alienazioni immobiliari” (Cons. Stato, VI, 22 settembre 2008, n. 4569), riprodotto nell'art. 16, lett. h), dello statuto del Comune di Meta, così come competente all'adozione dell'atto di conseguente esecuzione delle deliberazioni degli organi di governo del Comune è il responsabile della struttura tecnica ai sensi dell'articolo 107, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000 che attribuisce ai dirigenti gli atti e provvedimenti che impegnano l'Amministrazione verso l'esterno, come confermato dall'art. 30 dello statuto comunale.
3.5. Non si ritiene infine che il procedimento di cui si tratta risulti inficiato dalla dedotta irregolarità della notifica dell'impugnato decreto, asseritamente nulla o inesistente, non essendo contestata l'avvenuta notifica con modalità tali da portare all'esito sostanziale della non compiuta conoscenza dell'atto da parte degli interessati (né potendosi declinare quale vizio invalidante la consegna di una sola copia dell'atto ai coniugi proprietari ed alienanti trattandosi, eventualmente, di una mera irregolarità).
4. Per quanto considerato l'appello è infondato e deve essere perciò respinto.
L'articolazione dei profili di diritto della controversia giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l'appello in epigrafe, n. 136 del 2010.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
14-02-2013 22:08
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