Avvocato Amministrativista a Trapani - Diritto Amministrativo - Notizie, Articoli, Sentenze

Sentenza

Permesso di soggiorno per lavoro autonomo rifiutato ad una cittadina cinese. La ...
Permesso di soggiorno per lavoro autonomo rifiutato ad una cittadina cinese. La condanna per i reati di ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi è preclusiva.
N. 00893/2013REG.PROV.COLL.

N. 00228/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 228 del 2013, proposto da:
D.L., rappresentata e difesa dagli avv. Antonino Arena, Ernesto Melluso, con domicilio eletto presso Antonino Arena in Palermo, via Massimo D'Azeglio, 8;

contro

Questura Di Palermo, Ministero Dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Palermo, via De Gasperi 81;

per la riforma

della sentenza del TAR SICILIA - PALERMO :Sezione II n. 00316/2013, resa tra le parti, concernente rigetto istanza di permesso di soggiorno per lavoro autonomo


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2013 il Cons. Giuseppe Barone e uditi per le parti gli avvocati avv. A. Arena e l'avv. dello Stato Tutino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La sig.ra L. D. ha impugnato davanti al TAR per la Sicilia il decreto del 16.3.2001, con il quale il Questore di Palermo ha rigettato l'istanza della ricorrente di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo.

La ragione del rifiuto del richiesto rinnovo risiede nel fatto che l'interessata risulta condannata dal Tribunale penale di Palermo, sez. di Partinico, per i reati di ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi, sentenza divenuta irrevocabile il 10.3.2009.

Essa ha posto a fondamento del suo ricorso violazione di legge, eccesso di potere, carenza di motivazione; ha argomentato che l'art. 26, comma 7 bis, del D.Lgs. 286/1998 va interpretato in combinato disposto con l'art. 5, comma 5, dello stesso D.Lgs. 286/1998, nonché la violazione del diritto al ricongiungimento familiare. Ha ulteriormente osservato che l'avere riportato una condanna penale del tipo considerato, non può da sola impedire il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

Si è costituita in giudizio la Questura di Palermo e il Ministero dell'Interno chiedendo il rigetto del ricorso.

Il TAR, con la sentenza impugnata, ha ritenuto il ricorso infondato osservando che lo straniero, condannato per il reato di cui all'art. 474 cod. pen., non ha titolo per entrare in Italia, per rimanervi e per avere diritto al rinnovo del permesso di soggiorno, così che il diniego del rinnovo di tale permesso costituisce atto dovuto a fronte del quale l'Amministrazione non gode di alcun potere discrezionale.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso in appello, con apposita domanda di sospensione, la sig.ra D.L..

Essa ha riproposto i motivi di primo grado, rapportandoli alla sentenza impugnata ed illustrandone la fondatezza sulla base anche di citazioni giurisprudenziali, a suo avviso alla medesima favorevoli.

Con ordinanza n. 185/2013 il Consiglio ha rigettato la domanda cautelare ritenendo che il ricorso a un primo esame non presenta convincenti elementi di fondatezza.

All'udienza del 10 luglio 2013, relatore il Consigliere Giuseppe Barone, il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

Ad avviso del Collegio il ricorso è infondato e va respinto.

Osserva il Collegio che il comma 7 bis dell'art. 26 del D.Lgs. n. 286/98, introdotto all'art. 21 della L. 30.7.2002 n. 189, così recita: “La condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, capo III, sezione II della legge 22.4.1941 n. 633…relativi alla tutela del diritto d'autore e dagli artt. 473 e 474 del cod. pen. comporta la revoca del permesso di soggiorno, rilasciato allo straniero e l'espulsione del medesimo…”.

La norma, come risulta dalla semplice sua lettura, non lascia spazio d'interpretazione e configura la revoca del permesso di soggiorno come un atto dovuto, sottratto ad ogni apprezzamento discrezionale dell'autorità.

D'altra parte la Corte costituzionale ha sempre dichiarato inammissibili tutte le questioni di costituzionalità proposte con riferimento alla norma in questione.

Se ne deduce che la stessa autorità di polizia, allorché si trovi dinanzi ad una richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, deve valutare se non vi sono ragioni ostative al predetto rinnovo e, tra le circostanze ostative vi rientrano quelle che , ove il permesso fosse stato di già rilasciato, ne determinerebbero la revoca e l'espulsione dal territorio nazionale dello straniero.

Nel caso oggi esaminato non è contestato che la ricorrente ha subìto una condanna a seguito di sentenza emessa dal Tribunale di Palermo, sezione distaccata di Partinico, il 9.2.2009, divenuta irrevocabile il 10.3.2009, per i reati di cui agli artt. 474 cod. pen. e 648, comma 2, cod. pen. Per il vero si è trattato di una condanna al pagamento di una multa dell'importo di Euro 900,00 integralmente pagata dalla condannata, ma, purtroppo, il comma 7 bis dell'art. 26 del D. Lgs. 286/98 non fa differenza tra una condanna e l'altra, che possono scaturire dalla violazione degli articoli citati, facendone derivare l'impossibilità di ottenere o mantenere il permesso di soggiorno, quale che sia la pena comminata.

A ciò aggiungasi, da un lato, che la condanna non può definirsi risalente nel tempo, mentre, dall'altro la stessa giurisprudenza richiamata dalla ricorrente fa espresso riferimento alle conseguenze della sentenza a carico di un extracomunitario divenute irrevocabili prima dell'entrata in vigore della L. 30.7.2002 n. 189, mentre nel caso che oggi ci occupa la sentenza del Tribunale di Palermo è intervenuta dopo l'entrata in vigore della predetta L. 189/2002, che ha introdotto il comma 7 bis dell'art. 26 del D. Lgs. 286/98.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge il ricorso perché infondato.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi, Presidente FF

Ermanno de Francisco, Consigliere

Gabriele Carlotti, Consigliere

Pietro Ciani, Consigliere

Giuseppe Barone, Consigliere, Estensore

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
 		
 		
 		
 		
 		

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza