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Sentenza

Occupazione sine titulo....
Occupazione sine titulo.
Consiglio di Stato  sez. IV   
Data:
    26/03/2013 ( ud. 08/03/2013 , dep.26/03/2013 ) 
Numero:
    1713

 

    Intestazione

                             REPUBBLICA ITALIANA                         
                         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
                            Il Consiglio di Stato                        
    in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)                             
    ha pronunciato la presente                                           
                                   SENTENZA                              
    sul ricorso numero di registro generale 8452 del 2012, proposto da:  
    Comune  di  Grottaglie,  rappresentato  e  difeso  dall'avv. Giuseppe
    Misserini,  con  domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via
    Cosseria, 2;                                                         
                                    contro                               
    Au.   Ca.,   rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Giacomo  Valla, con
    domicilio  eletto presso Cons. Di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo
    di Ferro 13;                                                         
    per la riforma                                                       
    della  sentenza  del  T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE
    III n. 01611/2012, resa tra le parti, concernente silenzio serbato su
    istanza  di  adozione provvedimento di acquisizione ex art 42 bis dpr
    327/2001                                                             
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;                   
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Au. Ca.;                 
    Viste le memorie difensive;                                          
    Visti tutti gli atti della causa;                                    
    Relatore  nella  camera di consiglio del giorno 8 marzo 2013 il Cons.
    Umberto  Realfonzo  e  uditi  per  le  parti  gli  avvocati  Giuseppe
    Misserini e Giacomo Valla;                                           
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.              


    Fatto
    FATTO e DIRITTO

    Con il presente gravame il Comune di Grottaglie chiede l'annullamento della sentenza, nel rito del silenzio di cui all'art. 117 c.p.a., con cui il TAR ha dichiarato l'illegittimità dell'inerzia serbata dal predetto Comune sulla richiesta della ricorrente di adottare una formale determinazione ai sensi dell'art. 42 bis d.p.r. 327/2001, in quanto autorità pubblica che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio.

    L'appello è affidato a diversi profili di gravame relativi:

    - in linea preliminare all'inammissibilità del ricorso di primo grado per la mancata evocazione in giudizio dell'I.A.C.P. di Taranto;

    - nel merito lamenta l'erroneità della decisione perché: -) il Tar non avrebbe minimamente individuato la fonte normativa dell'obbligo del Comune; -)per violazione dell'articolo 42 bis del d.p.r. n. 327/2001 che prevede che sia l'autorità "che utilizza il bene a provvedere"; -) perché l'art. 2 della L. n 241/1990 non si applicherebbe alla presente fattispecie in quanto si tratterebbe di un provvedimento d'ufficio; -) per la violazione degli articoli 31 e 34 del D.lgs. n. 104/2010 perché non vi sarebbe alcun potere dovere di provvedere.

    Inoltre nel caso sarebbe mancata una situazione di inerzia perché l'appellante avrebbe esperito altri rimedi giurisdizionali che avrebbero cristallizzato la giurisdizione del giudice ordinario, il quale nel frattempo si sarebbe anche pronunciato, con la sentenza della Corte di Appello n. 100/2007 (il cui appello penderebbe in Cassazione) avrebbe statuito l'irreversibile trasformazione del suolo.

    Si è costituita in giudizio l'appellata Ca. la quale, con memoria, ha rilevato che:

    - il Comune di che Grottaglie non ha mai definito l'espropriazione del suolo per cui la proprietà avrebbe tutto l'interesse a recuperarne il valore loro illecitamente sottratto,

    - comunque la situazione non è ancora stata definita in sede di giudizio ordinario con pronuncia passata in giudicato;

    - il provvedimento ex articolo 42 bis del D. U. n. 327 cit. sarebbe di esclusiva competenza del comune perché i suoli ricadenti nel PEEP ai sensi dell'articolo 35 della legge n. 865/1971 " vanno a far parte del patrimonio disponibile il comune" e quindi il Comune non sarebbe proprietario dell'edificio ma solo del suolo concesso in diritto di superficie per 99 anni;

    - inoltre lo IACP, non essendo titolare né del potere di pronunciare l'espropriazione,e neppure di alcuna potestà ablatoria, non potrebbe emettere il provvedimento di sanatoria non avrebbe alcun onere.

    Con ulteriore memoria il Comune ha ricordato come l'articolo 60 della legge n. 865/1971 lo IACP era stato delegato all'esproprio dei terreni con provvedimento del consiglio comunale n. 193 del 1973 e comunque anche nei casi in cui il comune adottasse il provvedimento di acquisizione dovrebbe poi agire nei confronti dello IACP in rivalsa o per il risarcimento dei danni relativi alle somme corrisposte all'appellata.

    Chiamata alla Camera di Consiglio, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

    L'eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso di primo grado può infatti essere accolta nei sensi, e nei limiti, che seguono.

    In linea di principio si deve ricordare che, l'intervenuta realizzazione dell'opera pubblica non fa affatto venire meno l'obbligo dell'Amministrazione o delle Amministrazioni procedenti di restituire al privato il bene illegittimamente occupato, essendo stata del tutto superata - alla stregua della convenzione europea e, in particolare, del Protocollo addizionale n. 1 - l'interpretazione che facevano derivare dalla costruzione dell'opera pubblica e dall'irreversibile trasformazione, effetti preclusivi o limitativi della tutela in forma specifica.

    Il privato può dunque legittimamente domandare o l'emissione del provvedimento di acquisizione o, in difetto, la restituzione del fondo con la sua riduzione in pristino (cfr. sentenza Corte EDU, 30 maggio 2000, ric. 31524/96; Cons. Stato, Sez. IV, 30 gennaio 2006, n. 290; Cons. Stato, 7 aprile 2010, n. 1983; Consiglio di Stato sez. IV 02 settembre 2011 n. 4970; Consiglio di Stato sez. IV 29 agosto 2012 n. 4650).

    Nell'attuale quadro normativo, le Amministrazioni hanno infatti l'obbligo giuridico di far venir meno -- in ogni caso -- l'occupazione "sine titulo" e, quindi, di adeguare comunque la situazione di fatto a quella di diritto. La P.A. ha due sole alternative: o restituisce i terreni ai titolari, demolendo quanto realizzato e disponendo la completa riduzione in pristino allo "status quo ante", oppure deve attivarsi perché vi sia un legittimo titolo di acquisto dell'area. Quello che le amministrazioni non possono pensare di continuare fare è restare inerte in situazioni di illecito permanente connesso con le occupazioni usurpative.

    Proprio il richiamo ai predetti principi comunitari fa ritenere che, in caso di inerzia protrattasi per oltre trentacinque anni, la richiesta di definizione della proprietà o restituzione del privato sia comunque pienamente legittima.

    In particolare il Comune (che aveva definito le aree di allocazione dei PEEP e che dovrebbe diventare proprietario delle relative aree date in diritto superficiario) e lo IACP delegato all'espropriazione ed alla realizzazione all'edificazione) né hanno ottenuto il consenso della controparte alla cessione bonaria; né hanno restituito il bene ripristinando lo status quo ante; né hanno proceduto all'acquisizione ai sensi dell'art. 42 bis t.u. espropriazioni di cui al d.P.R. n. 327 del 2001 (introdotto dall'art. 34, comma 1, d.l. 6 luglio 2011 n. 98, conv. in l. 15 luglio 2011 n. 111).

    Nel caso in esame, deve perciò essere valutata perciò in maniera estremamente negativa la posizione delle varie amministrazioni comunali di Grottaglie succedutesi nelle consiliature successive al 1976 e dello stesso IACP di Taranto, i quali - senza mai sborsare direttamente né una lira e né un euro -- di fronte alla prospettiva di affrontare ad un notevole impegno finanziario per un obiettivo "politicosociale" già raggiunto con i beni del privato, hanno preferito lasciare ai successori la relativa problematica. Ed ancora oggi, dopo oltre sette lustri -- in luogo di definire finalmente la situazione di incertezza giuridica e porre rimedio al proprio persistente comportamento illecito -- utilizzano (ed abusano) in tutte le sedi gli strumenti giurisdizionali per tentare di posporre indefinitamente nel tempo l'adempimento dei loro obblighi.

    Trattandosi poi della richiesta di applicazione di una disposizione di carattere speciale la circostanza opposta dal Comune che l'IACP non abbia poteri espropriativi è qui assolutamente irrilevante, attesa la natura peculiare e derogatoria dell'istituto dell'acquisizione sanante.

    Del resto, se all'Amministrazione resta libera di adottare o meno il provvedimento di acquisizione, al Giudice resta comunque aperta la possibilità di procedere ad ordinare la restituzione e la rimessa in pristino anche a mezzo di Commissario ad acta anche con l'ausilio del Genio Militare (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI n. 6351 del 01/12/2011).

    Ma proprio è la considerazione di una tale possibile evenienza, estremamente negativa per la sfera giuridica del predetto ente di ERP, che qualifica la posizione dell'IACP di Taranto in termini di contraddittore processualmente necessario nel giudizio di primo grado, e che quindi doveva essere ritualmente evocato in prime cure.

    In conseguenza delle considerazioni che precedono deve dichiararsi la carenza del contraddittorio e per l'effetto:

    - ai sensi dell'art. 49 primo comma deve ordinarsi l'integrazione del contraddittorio all'IACP di Taranto;

    - ai sensi dell'art. 105 del c.p.a. deve rimettersi la causa al giudice di primo grado in quanto è stato leso il diritto di difesa del predetto Istituto.

    La pronuncia sulle spese deve inconseguenza essere rinviata al definitivo.
    PQM
    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta):

    1 ordina l'integrazione del contraddittorio all'IACP di Taranto a cure ed onere dell'appellata Au. Ca. ai sensi dell'art. 49 primo comma c.p.c.;

    2. dispone, ai sensi dell'art. 105 del c.p.a., la rimessione della causa al giudice di primo grado in quanto è stato leso il diritto di difesa del predetto IACP in primo grado.

    3. Spese al definitivo.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

    Sergio De Felice, Presidente FF

    Andrea Migliozzi, Consigliere

    Fulvio Rocco, Consigliere

    Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

    Giulio Veltri, Consigliere

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 26 MAR. 2013
Avv. Antonino Sugamele

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