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Sentenza

La Corte di Cassazione ha escluso la truffa allorché il danno lamentato consista...
La Corte di Cassazione ha escluso la truffa allorché il danno lamentato consista nella mancata percezione delle somme previste a titolo di sanzione amministrativa.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 maggio – 20 giugno 2013, n. 26839
Presidente Gentile – Relatore Rago

Fatto

1. Con sentenza del 26/01/2012, la Corte di Appello di Napoli confermava la pronuncia resa dal Tribunale di Napoli in data 06/02/2009, con la quale M.V. era stato condannato per il reato di tentata truffa ex artt. 81, comma 2, 110, 61 n. 2, 56, 640, comma 2 n. 1 cod. pen. (capo sub B) “per avere compiuto, con artifizi consistiti nel riempire successivamente i formulari di identificazione (c.d. FIR) (1 e 4 copia) e nell'esibire alla P.G. nel corso dei sopralluoghi della stessa le copie di FIR solo successivamente riempite nelle parti originariamente mancanti, atti idonei diretti in modo non equivoco a indurre in errore la P.G. operante e a procurare a sé un profitto ingiusto - consistente nell'evitare sanzioni amministrative e penali - con danno della Provincia di Napoli - consistente nella mancata percezione delle somme previste a titolo di sanzione amministrativa”.
2. Avverso la suddetta sentenza l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi:
2.1. Erronea applicazione della legge penale per non avere la Corte territoriale valutato se la dichiarata insussistenza del reato di cui al capo sub A) (falso) potesse incidere sulla configurabilità degli elementi materiali e psicologici della tentata truffa, atteso che la commissione del falso era strumentale alla realizzazione della truffa (reato fine);
2.2. Omessa motivazione per non avere la Corte di Appello accertato la sussistenza dell'elemento materiale e psicologico del reato di tentata truffa.

Diritto

Il ricorso deve ritenersi fondato sulla base delle considerazioni di seguito indicate.
Il reato di truffa è un reato contro il patrimonio la cui ratio consiste nella tutela della libertà di determinazione negoziale che, per essere tale, dev'essere assunta in assenza di qualsiasi atto fraudolento.
Il reato in questione, è caratterizzato, sotto il profilo dell'elemento materiale, dai seguenti elementi: a) gli artifizi o raggiri; b) l'incidenza sul patrimonio della vittima.
Secondo, poi, il consolidato indirizzo di questa Corte, nel caso in cui il soggetto raggirato sia diverso dal soggetto danneggiato, ai fini della configurabilità del reato, è indispensabile che fra i due sussista un rapporto di rappresentanza legale o negoziale tale per cui il soggetto che subisce il comportamento dell'agente abbia la possibilità di incidere giuridicamente sul patrimonio del rappresentato nel senso che il rappresentante abbia il potere di compiere l'atto di disposizione destinato efficacemente a incidere sul patrimonio del danneggiato per effetto di una libera scelta negoziale: in altri termini, l'induzione in errore ed il conseguente danno non possono derivare da qualsiasi generico rapporto di interferenza fra soggetto raggirato e soggetto danneggiato ma solo da un rapporto qualificato per cui il rappresentante abbia il potere di compiere libere scelte negoziali destinate a ricadere sul patrimonio del danneggiato: ex plurimis Cass. 37409/2001, rv 220307. Infatti, per la configurabilità della truffa occorre che il soggetto passivo compia un atto di disposizione patrimoniale di natura privatistica.
Sulla base di tale osservazione, questa Corte, ha tratto la conclusione che non è configurabile il reato di truffa, tutte le volte in cui la frode (rectius: gli artifizi o raggiri) incida sulla determinazione di un organo che, esercitando un potere di natura pubblicistica, è tenuto ad accertare una violazione amministrativa, proprio perché manca l'elemento costitutivo del reato ossia l'atto di disposizione patrimoniale di natura privatistica: ex plurimis Cass. 37409/2001, rv 220307 [fattispecie, come quella in esame, in tema di frode sia destinata a incidere sull'autorità amministrativa tenuta ad accertare una violazione amministrativa nell'ambito di un procedimento destinato alla verifica della sussistenza delle condizioni per l'emanazione dell'ordinanza-ingiunzione di cui all'art. 18 della L. 24 novembre 1981, n. 689] - Cass. 21868/2002, Rv 221842 - Cass. 29929/2007, Rv 237699 [fattispecie in tema di ed truffa processuale] - Cass. 6022/2008, Rv 239506 [fattispecie in tema di decisione favorevole ottenuta con artifizi e aggiri in un procedimento arbitrale]; Cass. 23941/2009 riv 245177 [fattispecie in tema di falsificazione materiale del contrassegno assicurativo] - Cass. 17472/2009 Rv. 244349 [dalla produzione di falsa documentazione a sostegno di un ricorso al prefetto avverso l'ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa per violazione delle norme sulla circolazione stradale]; Cass. 16630/2012 Rv. 252818.
Applicando i suddetti principi al caso di specie, ne consegue allora che non è configurabile il reato di truffa perché, secondo l'ipotesi accusatoria contenuta nel capo d'imputazione e fatta propria da entrambi i giudici di merito, ad essere stata raggirata sarebbe stata la P.G. nell'ambito di un controllo: il che non è ipotizzabile proprio perché la P.G. non aveva il potere di compiere alcun atto di disposizione destinato ad incidere sul patrimonio del danneggiato (ossia la Provincia di Napoli) per effetto di una libera scelta negoziale atteso che la medesima aveva solo la funzione di accertare la violazione delle sanzioni amministrative.
Inoltre, essendo il soggetto danneggiato (l'Amministrazione Provinciale) diverso dal soggetto raggirato (Polizia Giudiziaria), il reato non sarebbe comunque ipotizzabile non essendo configurabile alcun rapporto di rappresentanza legale o negoziale nel senso tecnico giuridico sopra illustrato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Avv. Antonino Sugamele

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