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Sentenza

L’interessato può chiedere l’esibizione delle proprie impronte digitali perchè n...
L’interessato può chiedere l’esibizione delle proprie impronte digitali perchè non è un documento amministrativo attinente al sistema della prevenzione e repressione della criminalità e della tutela dell'ordine pubblico.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 3 – 15 maggio 2013, n. 2652
Presidente Cirillo – Relatore Stelo

Fatto e diritto

1. Il ricorrente, cittadino tunisino, ha chiesto all'Ufficio Immigrazione della Questura di Brindisi, in data 17 aprile 2012, copia della scheda decadattiloscopica, dovendo corredare di un documento d'identità l'istanza di ammissione al gratuito patrocinio per la proposizione di ricorso in Cassazione ex articolo 360 c.p.c. avverso la proroga del trattenimento nel territorio nazionale adottata dal Tribunale di Brindisi con decreto del 20 febbraio 2012.
L'istanza veniva rigettata con nota del 17 dicembre 2012, in quanto ai sensi dell'articolo 24, comma 6, lett. c) della legge n. 241/1990 l'atto rientrerebbe tra i documenti esclusi dal diritto di accesso.
2. Con sentenza n. 1855 del 18 ottobre 2012 depositata il 9 novembre 2012 il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia – Lecce- II Sezione, ha rigettato, con compensazione delle spese, l'impugnazione proposta dall'interessato, ritenendo, dopo una argomentata disanima della normativa, che “la scheda decadattiloscopica relativa ai cittadini stranieri extracomunitari redatta dall'Amministrazione della P.S. è un documento amministrativo attinente al sistema della prevenzione e repressione della criminalità e della tutela dell'ordine pubblico, sicché è stata legittimamente sottratta all'ostensione”, essendo quel sistema prevalente rispetto al sia pur qualificato e addotto interesse alla difesa in giudizio.
3. Con atto notificato il 4 febbraio 2013 e depositato il 19 febbraio 2013, l'interessato ha interposto appello deducendo l'erroneità delle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata e quindi la violazione dell'articolo 24, commi 6 e 7, della legge n. 241/1990, che invece consentirebbe il rilascio di quel documento ai fini proprio della tutela in giudizio, non contenendo alcun dato pregiudizievole dell'ordine pubblico né della riservatezza di terzi ma solo dati relativi alla sua identità.
Con memoria depositata in camera di consiglio parte appellante si è richiamata a precedenti pronunce della Sezione.
4. Il Ministero dell'Interno e la Questura di Brindisi si sono costituiti con mero atto formale dell'Avvocatura Generale dello Stato depositato il 22 febbraio 2013. In data 29 aprile 2013 è stata depositata copia della relazione del 1° giugno 2012 inviata dalla Questura di Brindisi all'Avvocatura distrettuale dello Stato di Lecce e che si limitava a ribadire il diniego all'accesso.
5. La causa, alla camera di consiglio del 3 maggio 2013, è stata trattenuta in decisione.
6. L'appello è fondato e la sentenza impugnata va riformata, ritenendo la Sezione di conformarsi all'indirizzo già assunto con proprie precedenti sentenze n. 609 e 2320/2013 circa analoghe fattispecie.
Il diniego all'accesso è invero illegittimo, in quanto i rilievi dattiloscopici, avendo un'esclusiva funzione identificativa, non potevano essere ricondotti alla categoria di cui all'articolo 3 del D.M. 10 maggio 1994, n. 415, recante il “Regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso ai documenti amministrativi”, che elenca una serie di categorie di documenti sottratti all'accesso per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero a fini di prevenzione e repressione della criminalità. Tra tali atti non è espressamente contemplata la scheda dattiloscopica, né potrebbe farsi rientrare per via interpretativa in alcuna delle altre categorie espressamente elencate (es. “relazioni di servizio”, “informazioni fornite da fonti confidenziali”; documenti concernenti il “funzionamento dei servizi di polizia”; atti concernenti “la sicurezza delle infrastrutture”) che riguardano tutte notizie rilevanti al fine di garantire la sicurezza pubblica, la prevenzione e la repressione della criminalità.
I rilievi dattiloscopici (cioè le impronte digitali) eseguiti nei confronti dell'interessato sono diretti, invece, ad accertare le esatte generalità dell'extracomunitario in quanto il suo ingresso e la sua permanenza in Italia sono subordinati ai rilievi dattiloscopici raccolti nel sistema automatizzato in uso alle forze di polizia al solo fine di identificare, pur in presenza di diverse generalità, il soggetto al quale esattamente riferire precedenti penali ovvero elementi ritenuti ostativi al rilascio od al rinnovo del permesso di soggiorno.
Tali rilievi riguardano, dunque, direttamente le generalità e l'identità della persona dell'interessato, la cui conoscenza è insuscettibile di arrecare nocumento agli interessati generali in materia di ordine pubblico e sicurezza, e pertanto non possono costituire una documentazione al medesimo inaccessibile, anche nella considerazione che non sussiste alcuna esigenza di riservatezza nei confronti di terzi.
7. Conseguentemente l'appello va accolto e, per l'effetto, va riformata la sentenza impugnata, con il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado, e va ordinato alla Questura di Brindisi – Ufficio Immigrazione l'esibizione della documentazione di cui in motivazione entro 30 giorni dalla notifica o dalla comunicazione della presente sentenza.
Tenuto conto proprio delle precedenti pronunce della Sezione si ritiene di condannare il Ministero dell'Interno al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso in primo grado e ordina l'esibizione della documentazione di cui in motivazione entro 30 giorni dalla notifica o dalla comunicazione della presente sentenza.
Condanna il Ministero dell'Interno al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio da liquidarsi in € 2500,00 (duemilacinquecento), oltre agli accessori di legge, a favore dell'appellante.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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