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Sentenza

L'assessorato Territorio e Ambiente dichiara la decadenza di una concessione dem...
L'assessorato Territorio e Ambiente dichiara la decadenza di una concessione demaniale marittima per uso stabilimento balneare. Il Tar annulla.
N. 01543/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01333/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1333 del 2013, proposto da:
P.B. Sas & C, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Aldo Spatafora, con domicilio eletto presso il predetto difensore in Palermo, via G. Giusti N.2/A;

contro

Presidenza Della Regione Siciliana, Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliata in Palermo, via A. De Gasperi 81;

per l'annullamento

del decreto del Dirigente Generale dell'Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, recante il n. 316 del 30/04/2013, notificato alla Società ricorrente in data 29/05/2013, con cui è stata "dichiarata decaduta, ai sensi dell'art. 47, lettere c) ed f) del C.N. e dell'art. 26 del R.C.N.", la concessione demaniale marittima n. 193/2012 del 17/05/2012, rilasciata alla ricorrente per realizzare uno stabilimento balneare ad uso pubblico.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Presidenza Della Regione Siciliana;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2013 il dott. Giovanni Tulumello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


1. Con ricorso notificato il 14 giugno 2013, e depositato il successivo 4 luglio, la società ricorrente ha impugnato il decreto del Dirigente Generale dell'Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, recante il n. 316 del 30/04/2013, con cui la società stessa è stata "dichiarata decaduta, ai sensi dell'art. 47, lettere c) ed f) del C.N. e dell'art. 26 del R.C.N.", la concessione demaniale marittima n. 193/2012 del 17/05/2012, rilasciata alla ricorrente per realizzare uno stabilimento balneare ad uso pubblico”.

Si è costitutita in giudizio, per resistere al ricorso, l'amministrazione regionale intimata, senza peraltro svolgere difese scritte, né produrre documentazione.

Con decreto monocratico n. 467 del 9 luglio 2013, è stata accolta la domanda di sospensione cautelare degli effetti del provvedimento impugnato.

All'udienza camerale del 24 luglio 2013, il ricorso è stato trattenuto in decisione sulla domanda cautelare.

Il Collegio ritiene di potere adottare la tipologia di provvedimento decisorio di cui all'art. 60 d. lgs. 2 luglio 2010, n. 104, in ragione della ritualità delle modalità di instaurazione del contraddittorio e della completezza dello stesso, nonché della superfluità di ulteriore istruzione della causa e comunque dell'assenza delle cause ostative previste dal citato art. 60.

2. Il provvedimento impugnato ha pronunciato la decadenza dalla concessione demaniale marittima sulla base del preteso inadempimento consistito nel non aver smontato le attrezzature balneari nel periodo invernale.

Contro tale provvedimento la società ricorrente deduce “Eccesso di potere per contraddittorietà del comportamento dell'azione amministrativa. Violazione di legge in riferimento alla Legge 26.02.2010 n. 25. Violazione di legge in materia di aziende turistico-balneari. Illegittimità dell'azione amministrativa. Difetto di motivazione. Illegittimità dell'azione amministrativa anche per violazione della legge 241/90, così come recepita dalla Regione Siciliana n. 10/1991”.

In fatto, la ricorrente deduce di avere mantenuto le attrezzature balneari previa comunicazione di tale attività all'amministrazione, ai sensi dell'art. 2 della l.r. 15/2005.

3. Osserva il Collegio, in sede di ricorstruzione della disciplina applicabile, propedeutica alla decisione del ricorso, che il citato articolo 2 era stato in un primo momento abrogato dall'art. 11, comma 47, L.R. 9 maggio 2012, n. 26; successivamente detto comma 47 è stato abrogato, a sua volta, dall'art. 12, L.R. 10 agosto 2012, n. 47: che, in pari tempo, ha disposto, in conseguenza della suddetta abrogazione, la reviviscenza, con la medesima decorrenza, della disposizione originariamente abrogata (“Il comma 47 dell'articolo 11 della legge regionale 9 maggio 2012, n. 26 è abrogato, e per gli effetti rivivono l'articolo 2 ed i commi 2 e 3 dell'articolo 3 della legge regionale 29 novembre 2005, n. 15”).

La disciplina richiamata è chiara nell'evidenziare l'estensione annuale del titolo concessorio, previa comunicazione di prosecuzione dell'attività.

La sentenza n. 2257/2011 di questa Sezione (confermata con sentenza del C.G.A. n. 782/2012), citata nella motivazione del provvedimento impugnato a sostegno dell'interpretazione ivi sostenuta, non ha affatto proposto una diversa ricostruzione in diritto, tale da legittimare l'esistenza di un potere discrezionale circa il prolungamento ultra-stagionale delle attività oggetto della concezione: ma, in una fattispecie del tutto peculiare, caratterizzata dalla riscontrata mancanza di un provvedimento di altra amministrazione relativo alla compatibilità con un interesse pubblico diverso da quello curato dall'autorità preposta alla gestione del demanio marittimo, ha rilevato che la parte ricorrente non si era ritualmente munita di tale provvedimento.

La stessa sentenza, del resto, ricorda che con ordinanza cautelare n. 785/2010 era stata sospesa l'efficacia del provvedimento impugnato; tale ordinanza è motivata con riferimento al rilievo che il “ricorso appare supportato da sufficiente fumus boni iuris, avuto riguardo al tenore della norma di cui all'art. 2 della legge regionale 15/2005, per come già interpretata da questo Tribunale, ed alla concreta scansione del procedimento amministrativo seguito alla comunicazione della ricorrente di prosecuzione dell'attività”.

Il successivo rigetto, nel merito, del ricorso, consegue dunque ad una specifica e peculiare vicenda procedimentale, e non esprime pertanto un principio estensibile ad altre e diverse situazioni e, soprattutto, generalizzabile nel senso di una lettura della disposizione regionale in commento che si risolva in una interpretatio contra legem.

4. Quanto alle modalità di produzione dell'effetto giuridico abilitativo (l'estensione ultra-stagionale del titolo), la fattispecie in esame ricalca lo schema norma-fatto-effetto, laddove il provvedimento impugnato, al punto c) della motivazione, pretende di rivendicare un potere discrezionale in materia (schema: norma-potere-effetto; la distinzione, elaborata da autorevole dottrina, è richiamata da Consiglio di Stato, sez, VI, sentenza 9 febbraio 2009, n. 717, in materia di d.i.a.: “la legittimazione del privato all'esercizio dell'attività non è più fondata, infatti, sull'atto di consenso della P.A., secondo lo schema “norma-potere-effetto”, ma è una legittimazione ex lege, secondo lo schema “norma-fatto-effetto”, in forza del quale il soggetto è abilitato allo svolgimento dell'attività direttamente dalla legge, la quale disciplina l'esercizio del diritto eliminando l'intermediazione del potere autorizzatorio della P.A.”).

Il Collegio non ignora che la citata decisione del CGA, n. 782/2012, contiene invece un'affermazione di segno diverso: “la legge citata demanda pur sempre all'Amministrazione una valutazione circa la compatibilità del protrarsi dell'occupazione con gli interessi pubblici coinvolti”.

Lo stesso C.G.A. sembra avere però successivamente operato un revirement giurisprudenziale: confermando, con l'ordinanza n. 312/2013, l'ordinanza di questa Sezione n. 223/2013, nella quale si è affermato, accogliendo la domanda cautelare proposta contro un provvedimento analogo a quello oggetto del presente giudizio, che “l'art. 2 della l.r. n. 15/2005 (….) presuppone una comunicazione e non una autorizzazione”.

Al di là di tale dato, tuttavia, è l'esegesi della disposizione in esame ad apparire inconciliabile con l'affermazione di una produzione di effetti giuridici collegata all'esercizio del potere e non alla legge.

5. La disciplina legale della fattispecie è identica, sotto questo punto di vista, alla fattispecie prevista dall'art. 20, primo comma, della legge regionale n. 4 del 2003, che ha stabilito che “In deroga ad ogni altra disposizione di legge, non sono soggetti a concessioni e/o autorizzazioni né sono considerati aumento di superficie utile o di volume né modifica della sagoma della costruzione la chiusura di terrazze di collegamento oppure di terrazze non superiori a metri quadrati 50 e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie, ferma restando l'acquisizione preventiva del nulla-osta da parte della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali nel caso di immobili soggetti a vincolo”.

In relazione a tale disposizione, la sentenza n. 2989/2006 di questo T.A.R. che, utilizzando le medesime categorie successivamente valorizzate dalla citata decisione n. 717/2009 del Consiglio di Stato, aveva già affermato che “Nella definizione legale delle facoltà edificatorie del proprietario viene dunque esclusa l'intermediazione di un potere amministrativo il cui esercizio produca un effetto costitutivo sulla posizione giuridica del titolare del diritto dominicale, secondo lo schema norma-fatto-effetto.

Ne consegue che il provvedimento con il quale l'amministrazione comunale qualifichi diversamente le opere in questione, rispetto alla comunicazione effettuata al proprietario, non ha effetto conformativo sul regime delle opere stesse, e sul contenuto del diritto immobiliare.

Si tratta di un atto avente natura dichiarativa inidoneo, se non impugnato, ad alterare il contenuto della proprietà edilizia, siccome direttamente individuato dalla fonte legale: tanto che lo stesso provvedimento comunale di cui concretamente si discute nel caso di specie (nota prot. 13595 del 30 giugno 2004), ha il seguente contenuto testuale: “Con la presente si riferisce che la comunicazione in oggetto non produce nessuno effetto in quanto le opere che intende regolarizzare, per i motivi sopra esposti, non rientrano tra quelle previste dall'art. 20 della L.R. 4/2003”.

Si tratta di una dichiarazione con la quale l'amministrazione mostra di non voler ritenere efficace la comunicazione ex art. 20, non condividendo la qualificazione delle opere che ne sono oggetto: un simile dichiarazione, non incidendo sul regime giuridico dell'area (come avviene nel caso di diniego di provvedimento abilitativo), non produce alcun effetto lesivo nella sfera giuridica dell'interessato, che non è dunque onerato della sua impugnazione, essendo direttamente la legge la fonte del diritto di edificare (nella misura in cui la fattispecie concreta sia ricompresa nell'ambito di quella astratta)”.

In detta sentenza si è pure osservato, a proposito della disposizione oggetto di quel giudizio, che “si tratta di una norma marcatamente liberalizzatrice, espressione di una politica urbanistica che opera un forte depotenziamento del controllo comunale sulle attività edilizie (che sotto questo profilo può essere oggetto di valutazioni critiche e di preoccupazioni delle amministrazioni locali in punto di difesa del territorio da usi incompatibili), ma che nel suo tenore letterale, e nei suoi effetti applicativi, è oltremodo chiara”.

6. Valutazioni di identico tenore, evidentemente anche problematico, vanno ripetute con riferimento all'art. 2 della l.r. 15/2005.

Si tratta di una disposizione che, nell'evidente intento di favorire lo sviluppo delle attività turistiche anche oltre il consueto orizzonte temporale, ha operato una estensione ex lege dei relativi titoli abilitativi (non solo demaniali), privando l'autorità preposta al rilascio di tali concessioni del potere di subordinare tale estensione ad una valutazione discrezionale propriamente intesa: dal momento che i concessionari possono avvalersi “della concessione demaniale in corso di validità, delle licenze e delle autorizzazioni di cui sono già in possesso per le attività stagionali estive”.

Dal che si ricava che non solo il titolo demaniale, ma anche quelli relativi ad interessi pubblici concorrenti, ove rilasciati, mantengono la loro efficacia e validità non solo per il periodo estivo, ma per tutto l'anno; il che, per alcuni di essi, appare del resto ragionevole, posto che l'esito positivo della valutazione di compatibilità fra interessi pubblici e interesse privato cui è subordinato il rilascio di tali titoli non soggiace, salvo specifiche e peculiari situazioni, ad un orizzonte temporale stagionale: si pensi alla valutazione di compatibilità estetico-culturale, che, ove operata positivamente, non si presta di regola a differenti declinazioni riferite a diversi periodi del medesimo anno).

Naturalmente questo assetto normativo indebolisce, anche in modo problematico, il controllo amministrativo sulle attività private esercitate sul demanio marittimo, perché riduce drasticamente, in esito ad una precisa scelta politica del legislatore regionale, i poteri dell'autorità pubblica competente alla gestione del demanio marittimo (peraltro, con riferimento al solo profilo dell'estensione temporale): il che, tuttavia, e con tutte le riserve possibili, non costituisce una valida ragione per praticare una interpretazione della disposizione in esame contraria al suo significato normativo e al suo chiaro tenore testuale.

7. All'amministrazione rimane dunque un “potere di verifica circa la effettiva ascrivibilità delle attività collaterali che il concessionario intende svolgere al novero ristretto delle ipotesi in cui l'art. 1 della stessa legge n. 15/2005 consente l'esercizio di attività sui beni demaniali marittimi” (C.G.A., 782/2012, cit.).

In relazione a questo profilo, l'art. 1 della L. R. 19 aprile 2007, n. 10, ha stabilito che “Le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 2 della legge regionale 29 novembre 2005, n. 15, si applicano a tutte le fattispecie previste dall'articolo 1 della medesima legge” (vale a dire a: gestione di stabilimenti balneari e di strutture relative ad attività sportive e ricreative; esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio; costruzione, assemblaggio, riparazione, rimessaggio anche multipiano, stazionamento, noleggio di imbarcazioni e natanti in genere, nonché l'esercizio di attività di porto a secco, cantieri nautici che possono svolgere le attività correlate alla nautica ed al diporto, comprese le attività di commercio di beni, servizi e pezzi di ricambio per imbarcazioni; esercizi diretti alla promozione e al commercio nel settore del turismo, dell'artigianato, dello sport e delle attrezzature nautiche e marittime; porti turistici, ormeggi, ripari, darsene in acqua o a secco, ovvero ricoveri per le imbarcazioni e natanti da diporto).

Infine l'art. 2, comma 1, della citata legge regionale n. 10/2007 ha stabilito che “I manufatti precari esistenti sul demanio marittimo, destinati all'esercizio delle attività di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 1 della legge regionale 29 novembre 2005, n. 15, realizzati alla data del 2 dicembre 2005, oggetto di concessione demaniale marittima e che siano stati riconosciuti conformi agli strumenti urbanistici alla stessa data vigenti, possono essere autorizzati anche in deroga ai parametri di altezza, sagoma, cubatura, superficie coperta e fronte mare, previsti dai Piani di utilizzo delle aree demaniali marittime approvati con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente”.

8. Una esegesi di tali disposizioni è contenuta nella citata ordinanza n. 223/2013 di questa Sezione (confermata, come ricordato, dalla pure richiamata ordinanza n. 312/2013 del C.G.A.), che ha in proposito chiarito che l'art. 2 della l.r. n. 15/2005 “appare applicabile non solo agli stabilimenti balneari, ma anche alle spiagge libere attrezzate ed alle aree attrezzate, in considerazione della esigenza di favorire la prosecuzione della gestione”.

Ne consegue che l'autorità preposta alla gestione del demanio marittimo nell'esercizio del potere di autotutela non può legittimamente annullare o revocare la concessione demaniale per non avere il concessionario ottemperato a un provvedimento (il diniego di de-stagionalizzazione delle attività suddette) che non è previsto dalla legge come tipologia provvedimentale, proprio perché la legge stessa esclude un potere condizionante l'esercizio delle relative facoltà dei concessionari.

Si tratta, all'evidenza, di due piani diversi e non sovrapponibili: l'amministrazione può sempre, acquisendo fatti ed interessi tali da incidere sulla perdurante conformità alla legge e all'interesse pubblico dell'assetto d'interessi fissato dalla concessione demaniale, agire in autotutela rispetto a tale concessione; ma non può utlizzare, quale fatto legittimante la revoca o l'annullamento, l'asserito inadempimento consistente nella mancata ottemperanza al diniego di de-stagionalizzazione, giacché in tale fattispecie è la legge stessa che conforma (in senso abilitante) le facoltà del concessionario, sicché nessun inadempimento agli obblighi derivanti dalla concessione può essergli imputato.

Porre alla base dell'esercizio dell'autotutela la mancata osservanza di un provvedimento che non avrebbe potuto essere emanato, significa vanificare gli effetti della norma di legge che direttamente abilita il concessionario alla de-stagionalizzazione, escludendo un concorrente potere abilitante dell'amministrazione.

9. Nel caso di specie gli elementi allegati (compatibilità ambientale, ed altro) sono stati dall'amministrazione ritenuti ostativi al mantenimento della concessione non ex se, ma in quanto già posti a fondamento del diniego di destagionalizzazione, cui il concessionario non si è adeguato ritenendo perfezionata la fattispecie abilitante con l'invio della comunicazione.

Il citato art. 2 ha disciplinato, in ambito regionale, una intera tipologia provvedimentale, conformando ex lege l'assetto dei relativi interessi, sicché rispetto alla volontà del concessionario di prolungamento diacronico degli effetti del titolo l'eventuale provvedimento di diniego, propedeutico al riscontro di un preteso inadempimento del concessionario, è – per quanto finora argomentato - tamquam non esset.

10. Nonostante il tema sia ampiamente sviluppato in ricorso, appare secondario nella presente fattispecie il profilo della proroga legale della concessione demaniale marittima.

In ogni caso il Collegio non può che ribadire in proposito quanto già chiarito nella motivazione dell'ordinanza n. 223/2013 (sopra richiamata), nel senso che “le concessioni demaniali marittime presupposte sono state prorogate ex art. 1, comma 18, del d.l. 194/2009, nel testo vigente, come riconosciuto dalla Giunta regionale con la delibera n. 397/2012”.

Né, è il caso di aggiungere, la Giunta regionale avrebbe potuto fare diversamente: posto che le regioni, anche ad autonomia speciale, non sono titolari di alcun titolo competenziale in una materia che, incidendo direttamente sulla tutela della concorrenza, è di competenza esclusiva statale.

Nella specie, peraltro, la rilevanza teorica di un ipotetico spazio per l'intervento normativo regionale è ulteriomente e definitivamente preclusa dalla circostanza che il citato decreto-legge n. 194/2009, convertito dalla legge 25/2010, presenta profili rilevanti in relazione all'adattamento al diritto dell'U.E., in quanto la fissazione di un termine certo per l'apertura al mercato delle concessioni demaniali marittime, in esso contenuta, ha costituito oggetto di valutazione nell'ambito della procedura di infrazione n. 2008/4908, chiusa in data 27 febbraio 2012 per effetto dell'emanazione dell'articolo 11 della legge n. 217/2011 (legge comunitaria 2010).

Successivamente, l'articolo 34-duodecies del D.L. n. 179/2012, novellando l'articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del D.L. n. 194/2009) ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015.

Infine, l'articolo 1, comma 547 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) ha esteso le previsioni dell'articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, come sopra modificato, alle concessioni aventi ad oggetto il demanio marittimo, per concessioni con finalità sportive; il demanio lacuale e fluviale per concessioni con finalità turistico-ricreative e sportive; i beni destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto.

Ne consegue che la disciplina statale relativa alla proroga del termine di scadenza delle concessioni demaniali in essere non può che operare ope legis – in quanto, tra l'altro, necessaria ad assicurare un ragionevole e compatibile bilanciamento fra esigenze nazionali, non declinabili su scala regionale, e necessità dell'apertura del settore al mertcato imposte dal diritto dell'U.E. - anche in ambito regionale siciliano.

11. Un ulteriore profilo di censura concerne il rapporto fra la disposizione in esame, e le concessioni demaniali marittime rilasciate dopo la sua entrata in vigore che contengano l'indicazione di una efficacia temporale limitata al periodo estivo.

Il citato art. 2 subordina la prosecuzione della attività oltre il periodo estivo all'inoltro di apposita comunicazione all'autorità concedente.

Conseguentemente la circostanza che la concessione avesse una durata limitata alla stagione estiva e onerasse il titolare della dismissione degli impianti alla fine della stessa, non ha alcun rilievo contrario.

Al concessionario è attribuita, dalla legge, la titolarità di una facoltà di estensione temporale; egli può valutare sulla convenienza di una prosecuzione della gestione dello stabilimento oltre il limite temporale previsto dalla concessione, e può, o meno, esercitare tale facoltà.

Nel secondo caso la concessione segue la scadenza naturale indicata nel provvedimento stesso (la funzione di tale indicazione ha dunque certamente un senso per l'ipotesi di mancato invio della comunicazione ex art. 2 l.r. 15/2005).

Nel primo caso, invece, il concessionario che decida di proseguire nelle attività oltre il termine della stagione stiva, è titolare di una facoltà riconosciuta direttamente dalla legge, cosicchè inoltrata la comunicazione e perfezionata la fattispecie si ha una modifica successiva – per effetto della fattispecie complessa costituita dalla previsione legale, e dalla comunicazione del concessionario che manifesta la volontà di avvalersene - del titolo in punto di durata.

In tale evenienza l'amministrazione mantiene il potere-dovere di verificare, come già chiarito, l'ascrivibilità delle attività collaterali che il concessionario intende svolgere al novero delle ipotesi di cui all'art. 1 della stessa legge n. 15/2005.

L'efficacia della disposizione che stabilisce la de-stagionalizzazione delle attività sul demanio marittimo non trova dunque un limite in simili clausole provvedi mentali, che pertanto non devono essere oggetto di autonoma impugnazione da parte del concessionario che intenda de-stagionalizzare l'attività: non foss'altro che per la funzione cui le stesse adempiono nel contesto della ricostruzione normativa – come sopra delineata - di fissazione di una durata naturale dell'efficacia del titolo, prorogabile ad iniziativa del concessionario.

Il senso dell'indicazione del termine finale (stagionale), non è dunque in contrasto con la facoltà legale di proroga ultra-stagionale: del resto lo stesso art. 2 cit. non avrebbe senso se non si applicasse a provvedimenti concessori con indicazione della scadenza al termine della stagione estiva, e conseguente obbligo di smontaggio delle strutture.

Se infatti la concessione non prevedesse un limite temporale, il problema che la disposizione intende disciplinare neppure si porrebbe.

Né può pensarsi – senza incorrere in una interpretazione irragionevole ed illogica - di subordinare l'applicazione di una chiara norma liberalizzatrice, che intende azzerare la discrezionalità della P.A. in punto di estensione temporale degli effetti del titolo, alla espressa previsione nel titolo stesso del limite temporale oggetto dell'estensione disciplinata dalla norma in questione.

Ciò è, evidentemente, pacifico per le concessioni rilasciate successivamente all'entrata in vigore dell'art.2 della l.r. n. 15/2005: tanto che, per quelle rilasciate precedentemente, lo stesso art. 2 ha previsto un regime attuativo e transitorio.

12 Infine, quanto alla circostanza relativa alla allegazione o meno, alla comunicazione ex art. 2 cit., della necessaria documentazione, il Collegio osserva che l'amministrazione, costituita in giudizio, non ha contestato l'affermazione della parte ricorrente circa l'effettiva allegazione di tale documentazione alla comunicazione in questione.

In ogni caso, appare in argomento dirimente la fondatezza della censura che deduce la violazione della disciplina statale e regionale in materia di procedimento amministrativo, non avendo l'amministrazione invitato la parte ad integrare la documentazione eventualmente mancante[art. 6, comma 1, lett. b), l. 241/1990].

13. Il ricorso è pertanto fondato, e come tale dev'essere accolto.

Sussistono le condizioni di legge, alla luce della non univocità del delineato panorama giurisprudenziale, per disporre la compensazione fra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Federica Cabrini, Presidente FF

Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore

Aurora Lento, Consigliere

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
 		
 		
 		
 		
 		

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 25/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Avv. Antonino Sugamele

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