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Sentenza

Immobile confiscato alla mafia: il Comune può sfrattare l'occupante sine titulo....
Immobile confiscato alla mafia: il Comune può sfrattare l'occupante sine titulo.
TAR Campania, sez. VII, sentenza 6 - 11 giugno 2013, n. 3060
Presidente/Estensore Pagano

Fatto e diritto

I.- Letto il ricorso con il quale Carandente Francesco impugna l'intimazione di sgombero emessa nei suoi confronti dal Comune di Marano in relazione a beni allo stesso confiscati (appezzamento di terreno sito in Marano alla contrada Salice, unitamente ad un edificio abitativo –“villa”– di cui al foglio 4 mappale 286) ai sensi della legislazione antimafia (decreto del Tribunale M.P. di Napoli nr. 551/2001, definitivo dal 16 aprile 2004);
Esaminati i quattro motivi articoli con cui si denuncia la violazione di legge e l'eccesso di potere, sotto molteplici profili, concludendo per l'accoglimento;
Avvisate le parti presenti all'udienza camerale che la causa può essere decisa con sentenza sussistendo i presupposti di cui all'art. 60 CPA;
II.- Il Tribunale giudica il ricorso infondato.
Con il primo mezzo si lamenta la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento ex art. 7 L. 241/1990.
Il motivo non può essere accolto. Come nota la giurisprudenza, Tar Lazio Latina 24 febbraio 2010 n. 164: “Non deve essere preceduto dall'avviso di inizio del procedimento il provvedimento con cui il Prefetto ordina lo sgombero di immobili oggetto di confisca ai sensi degli art. 2-ter e ss., l. 31 maggio 1965 n. 575 .. avendo esso natura strettamente vincolata, e costituendo atto dovuto in conseguenza dell'avvenuta trasformazione della destinazione del bene e dell'esigenza di renderla effettiva, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, non si richiedono apporti partecipativi del soggetto destinatario, essendo applicabile l'art. 21 octies, l. 7 agosto 1990 n. 241.”
Parimenti, Tar Catania 14 maggio 2008 n. 901: “L'atto di autotutela ex art. 823 c.c. con riguardo ai beni pubblici (diffida allo sgombero) ..non necessita dell'avviso di avvio del procedimento anche in considerazione il fatto che, a seguito dell'ordinario svolgimento del procedimento di prevenzione, il bene appartiene definitivamente allo Stato e qualunque affermazione circa la titolarità dell'immobile in questione non avrebbe potuto trovare ingresso in sede amministrativa (in tale ipotesi, infatti, non può ravvisarsi alcuno spazio utile per un'eventuale cooperazione da parte del privato all'adozione dell'atto in questione) e, dunque, nessuna utilità avrebbe potuto avere l'avviso ex art. 7, l. n. 241 del 1990.”
Con il secondo mezzo si lamenta l'incompetenza della amministrazione comunale alla emissione del provvedimento, sostenendosi che la stessa spetta all'Agenzia Nazionale antimafia; si assume altresì che il Comune avrebbe agito in assenza di un formale provvedimento di immissione in possesso degli immobili da parte della Agenzia del Demanio.
Il motivo non ha pregio. Come si evince dall'atto impugnato, i “beni ..confiscati.. sono stati devoluti al Patrimonio del Comune di Marano per essere destinati a termine della legge n. 109/1996 a finalità sociali ed in particolare per realizzarvi un asilo nido per madri migranti con provvedimento n. 33634 del 14.12.2005 Agenzia del Demanio”.
Basta il richiamo a tale circostanza per evidenziare che, da un lato, è chiarita la cronistoria che abilita il Comune all'ordine di sgombero contestato e, d'altro canto, che si appalesa errato, ratione temporis, il richiamo al Codice antimafia del 2011.
Con il terzo motivo si contesta la urgenza dell'amministrazione nel voler sgomberare il bene, non contemperando –si afferma– tale esigenza con quella degli occupanti attuali.
Il motivo non merita accoglimento. La destinazione del bene non è sindacabile dall'attuale ricorrente né lo sono i tempi amministrativi di realizzazione del progetto indicato.
Il ricorrente, infatti, quale occupante abusivo, non vanta una posizione qualificata di natura “pretensiva” (idonea cioè a sindacare, in comparazione con il suo interesse, la funzionalità dell'azione amministrativa in quanto dalla stessa egli è, per definizione, escluso, stante l'assenza di un suo titolo legittimante): la consistenza della posizione qui azionata ha dunque solo natura “oppositiva”, volta cioè al riscontro della sussistenza dei presupposti di legalità dell'azione amministrativa ablativa e della sua effettiva indirizzabilità al destinatario individuato.
In ogni caso, è dirimente osservare l'infondatezza del mezzo, atteso che la finalità pubblicistica è chiaramente indicata e l'urgenza è in re ipsa dovendo l'amministrazione pubblica agire, per definizione, quanto prima al fine di ricondurre la gestione dei beni pubblici nell'alveo della legalità.
Con il quarto motivo la difesa del ricorrente lamenta la violazione della normativa –anche CEDU– in tema di proprietà privata.
L'argomento è suggestivo, ma privo di consistenza. La tutela, ora discendente anche da obblighi internazionali ex art. 117 Cost., si riferisce alla proprietà lecita: quella colpita da confisca antimafia, non possiede, per definizione, tale caratteristica. Tanto è mutuabile dalla Cassazione penale (Cass. SS.UU. penali sentenza 7 maggio 2013 – n.10532): “La giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, chiamata più volte a pronunciarsi sulla compatibilità della confisca penale in generale, e della confisca 'antimafia' in particolare, ha affermato ..la confisca come misura di prevenzione, non solo non confligge con le norme della CEDU, ma anzi è una misura indispensabile per contrastare il crimine (sentenza 22 febbraio 1994, Raimondo c. Italia, in causa 12954/87; Decisione 4 settembre 2001, Riela c. Italia, in causa 52439/09)”.
Il ricorso è dunque infondato. Le spese di causa non si liquidano, stante la mancata costituzione della amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima) pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo RIGETTA.
NULLA spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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