Guardia di finanza - In genere - Infermità - Passaggio nelle qualifiche del personale civile - Art. 14 comma 5, l. 266 del 1999 - Scelta discrezionale dell'Amministrazione - Esclusione.
Consiglio di Stato sez. IV Data: 06/08/2013 ( ud. 11/06/2013 , dep.06/08/2013 )
Numero: 4127
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Ministero dell'economia e delle finanze - Comando generale della
Guardia di finanza, in persona del Ministro legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi
n.12;
contro
Al. Gr., rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Parenti, ed
elettivamente domiciliato, presso quest'ultimo in Roma, viale delle
Milizie n. 114, come da mandato in calce alla comparsa di
costituzione e risposta;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio,
sezione seconda, n. 12139 del giorno 11 ottobre 2006;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2013 il Cons.
Diego Sabatino e uditi per le parti l'avvocato dello Stato Marchini e
l'avv. Parenti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
Con ricorso iscritto al n. 2297 del 2007, il Ministero dell'economia e delle finanze propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda n. 12139 del giorno 11 ottobre 2006 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da Al. Gr. per l'annullamento del provvedimento n. prot. 44025/2004 con il quale è stata respinta la domanda presentata in data 19 aprile 2004 dall'originario ricorrente, maresciallo ordinario del corpo della Guardia di finanza, volta ad ottenere il transito nel ruolo del personale civile del Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi della legge 28 luglio 1999 n.266, art. 14 comma 5; nonché per l'accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente a vedersi riconoscere il transito nella qualifica funzionale del personale civile del Ministero della economia e delle finanze in ossequio al disposto di cui all'art. 14, comma 5 della legge 266/1999 e degli artt.1 e 2 del decreto interministeriale 18 aprile 2002.
Dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva impugnato il diniego opposto alla sua istanza volta ad ottenere il transito nel ruolo del personale civile del Ministero dell'economia e delle finanze veniva motivato con l'asserita pendenza di un giudizio penale a carico del ricorrente medesimo "che comporta, in relazione ai motivi della sua attivazione, gravi danni all'immagine dell'amministrazione e conseguente "ostacolò alla necessaria buona organizzazione dello specifico ufficio di assegnazione"..
La vicenda aveva origine quando, a seguito della domanda di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. il Tribunale di Firenze, seconda sezione penale aveva applicato al militare una sanzione penale detentiva, con sentenza n. 1815 del 25 marzo 2004, divenuta irrevocabile il 30 marzo 2005. L'originario ricorrente veniva poi sottoposto a visite mediche presso la CMO competente del Centro militare di M.L. di Firenze dove gli venivano diagnosticate persistenti turbe ansiosodisforiche ed epatite HCV positiva al trattamento farmacologico. La CMO, con verbale modo ML/BS n.003033 del 16 aprile 2004 lo considerava come "non idoneo permanentemente e in modo assoluto al SMI e ai CDI nella Guardia di finanza ma si idoneo al transito nelle corrispondenti aree del Ministero dell'economia e delle finanze".
In applicazione della legge 28 luglio 1999 n.266, art. 14, comma 5, richiedeva il transito nel ruolo del personale civile del Ministero intimato. Il Ministero tuttavia si determinava in senso negativo respingendo l'istanza che veniva quindi impugnata.
Costituitosi il Ministero dell'economia e delle finanze, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il Tar riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l'illegittimità dell'operato della pubblica amministrazione, ritenendo che il beneficio richiesto fosse condizionato all'unico presupposto della inidoneità al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti da causa di servizio.
Contestando le statuizioni del primo giudice, le parti appellanti evidenziano l'errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione alla gravità del comportamento assunto dal maresciallo della finanza e ribadendo pertanto la legittimità dei provvedimenti assunti.
Nel giudizio di appello, si è costituito Al. Gr., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Alla pubblica udienza del 7 maggio 2013, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
Diritto
1. - L'appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. - Ritiene la Sezione di poter esimersi dall'esame delle questioni preliminari, poste in relazione alla novità dei motivi per come proposti in grado di appello, stante l'infondatezza sostanziale del gravame.
3. - Con l'unico motivo di diritto, il Ministero appellante censura la sentenza di primo grado considerandola erronea laddove, da un lato, ha ritenuto "fondata ed assorbente la doglianza relativa alla violazione dell'art. 1, comma 5 della legge 266 del 1999" atteso che l'interessato non poteva (né può) essere più considerato tra i destinatari della predetta disposizione, come, tra l'altro, riconosce lo stesso Tar in relazione all'indicazione del presupposto per l'applicazione della norma "... che sussista un rapporto in atto con l'amministrazione militare" e, dall'altro, ha stigmatizzato la circostanza della mancata attivazione di un procedimento disciplinare nei confronti del finanziere con conseguente erroneità della motivazione del provvedimento impugnato laddove esso fa riferimento soltanto alla pendenza del procedimento penale "se nonché tale unica motivazione, posta a base del diniego, è del tutto erronea atteso che il Tribunale penale di Firenze, sezione seconda aveva concluso il procedimento penale a carico del Gr. comminando allo stesso ex art. 444 c.p.p. la pena di euro 3.217,7 di multa".
3.1. - La doglianza non è fondata.
Dall'esame degli atti emerge che il militare, a seguito del verbale n. 3.033 in data 16 aprile 2004 della C.M.O. di Firenze, con il quale veniva giudicato "inidoneo permanentemente e in modo assoluto al servizio militare...ma si idoneo al transito nelle corrispondenti aree del Ministero dell'economia e delle finanze" chiedeva il transito di cui all'art. 14, comma 5 della legge 28 luglio 1999, n. 266. Tale disposizione normativa prevede per il personale delle forze armate, incluso quello dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato, per lesioni dipendenti o meno da causa di servizio, il "transito" nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della difesa e, per la Guardia di finanza, del personale civile del Ministero delle finanze (ora dell'economia e delle finanze). Per gli appartenenti al corpo la suddetta disposizione ha trovato piena attuazione con l'emanazione del decreto interministeriale datato 18 aprile 2002 e pubblicato il 3 maggio 2002 sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana.
Tale disciplina, come oramai pacifico in giurisprudenza, ha un connotato immediatamente precettivo, in quanto l'operatività della disposizione non è subordinata alla scelta discrezionale da parte dei responsabili dei dicasteri interessati, ma presuppone l'esistenza unicamente di un rapporto in atto con l'amministrazione militare (Consiglio di Stato, sez. IV, 6 novembre 2009 n. 6951 che precisa come il beneficio sancito dal menzionato art. 14 si riferisca al personale militare che sia legato all'amministrazione da rapporto di servizio in atto al momento del transito e che quindi deve qualificarsi come una peculiare fattispecie di trasferimento nell'ambito della medesima amministrazione; vedi anche Consiglio di Stato, sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5758) e il previo accertamento di carattere tecnico discrezionale della CPO chiamata a valutare la idoneità fisica e psichica dell'interessato.
Nel caso in esame, l'unico motivo di rigetto è la pendenza a carico dell'interessato di un procedimento penale, che avrebbe comportato "gravi danni" all'immagine dell'amministrazione, vicenda che pertanto si pone in contrasto con l'interpretazione data alla legge, subordinando il chiesto beneficio ad un ulteriore presupposto non desumibile dalla norma.
3.2. - La conclusione dell'amministrazione non può essere giustificata nemmeno sulla scorta dell'applicazione della disciplina data dall'art. 37 dell'allora applicabile legge 31 luglio 1954 n. 599 "Stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica", che prevede:
"Il sottufficiale, nei cui riguardi si verifichi una delle cause di cessazione dal servizio permanente previste dal presente capo, cessa dal servizio anche se si trovi sottoposto a procedimento penale o disciplinare.
Qualora il procedimento si concluda con una sentenza o con un giudizio di Commissione di disciplina che importi la perdita del grado, la cessazione del sottufficiale dal servizio permanente si considera avvenuta, ad ogni effetto, per tale causa e con la medesima decorrenza con la quale era stata disposta".
La norma de qua, che postula un effetto retroattivo, in merito alle ragioni della cessazione dal servizio, della condanna penale non è in grado di influire sull'interpretazione consolidata della norma in materia di transito, ove solo si osservi la diversa scansione procedimentale della decisione sulla domanda di transito, come derivante dal D.M. 18 aprile 2002 recante "Transito di personale delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o non da causa di servizio nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa, ai sensi dell'art. 14, comma 5, della L. 28 luglio 1999, n. 266".
Secondo il decreto, "L'amministrazione è tenuta a pronunciarsi entro centocinquanta giorni dalla data di ricevimento dell'istanza. Qualora entro il predetto termine l'amministrazione non si sia pronunciata, l'istanza si intende accolta". Si evince quindi che il parere dell'amministrazione, già connotato dal punto di vista dei contenuti, ha uno spazio temporale limitato per essere espresso, pena la sua irrilevanza e la formazione del silenzio assenso, per cui deve formarsi allo stato dei fatti, senza poter considerare gli eventi sopravvenuti.
Quest'ultima considerazione è suffragata dall'ulteriore osservazione che, sempre nello stesso decreto, si legge che "La presentazione della domanda di transito da parte del personale interessato sospende, per lo stesso, l'applicazione di tutte le disposizioni riguardanti modifiche di posizioni di stato o di avanzamento", evidenziando così un intento di cristallizzare la situazione del militare al momento della domanda, rendendola impermeabile alle possibili modifiche non ancora determinatesi.
Pertanto, le conseguenze della successiva condanna non possono certamente riverberarsi su un procedimento concluso, ma devono armonizzarsi nei modi già indicati dalla Sezione (ordinanza n. 2998 del 12 giugno 2007) per cui "l'amministrazione non può negare il transito nei ruoli civili di un militare posto in congedo assoluto per inidoneità fisica ex art. 14, co. 5, l. n. 266/1999", ben potendo tuttavia "intraprendere le iniziative disciplinari più opportune sulla scorta della sentenza penale di condanna resa ex art. 444 c.p.c. e vincolante in sede disciplinare", i cui esiti saranno poi valutati dall'amministrazione presso la quale è, nelle more, transitato il militare.
4. - Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
5. - L'appello va quindi respinto. Le spese processuali possono essere compensate, per la parziale novità della questione.
PQM
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l'appello n. 2297 del 2007;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio dei giorni 7 maggio e 11 giugno 2013, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
Riccardo Virgilio, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere, Estensore
Umberto Realfonzo, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 06 AGO. 2013
31-08-2013 14:55
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