Giurisdizione in tema di regolazione dell'attività piscatoria in specchi d'acqua lacuali ricadenti in riserva naturale
T.A.R. Lombardia Milano, Sez. IV, 31 ottobre 2013, n. 2418
N. 02418/2013 REG.SEN.
N. 00164/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 164 del 2013, proposto da:
Associazione Pescatori Lago Di Montorfano, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Claudio Linzola e Lorenzo Platania, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, via Hoepli, 3;
contro
Consorzio Di Gestione Della Riserva Naturale Lago Di Montorfano, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Grella, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Cesare Battisti, 21;
Regione Lombardia, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Piera Pujatti, con domicilio eletto in Milano, piazza Città di Lombardia, 1;
Comune Di Capiago Intimiano, Comune Di Montorfano, Provincia Di Como, non costitutiti.
per l'annullamento
della deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia 25 ottobre 2012, n. 4219 recante "Piano della riserva e sito di importanza comunitaria (SIC) "Lago di Montorfano". Approvazione";
2) della deliberazione dell'Assemblea consortile del Consorzio "Lago di Montorfano" n. 4 del 29 giugno 2011 "Adozione della proposta di piano di gestione della riserva naturale e sito d'importanza comunitaria "Lago di Montorfano", ai sensi dell'art. 14 della L.R. 86/1983 e s.m.i. e della Direttiva
92/43/CEE";
3) della deliberazione dell'Assemblea consortile del Consorzio"Lago di Montorfano" n. 14 del 7 dicembre 2011:
"Approvazione delle controdeduzioni alle osservazioni alla proposta di Piano della riserva e Sito d'importanza Comunitaria "Laqo di Montorfano";
4) del parere favorevole relativo al Piano della riserva reso dalla Commissione provinciale di Como il 19 dicembre 2011;
5) del Decreto n. 6100 del 9 luglio 2012 "Valutazione d'incidenza e parere regionale sul piano di gestione del SIC IT2020004 "Lago di Montorfano" (DPR 357/97 e s.m.i., l.r. 86/1983 e DGR 1791/2006)" della Direzione Generale SistemiVerdi e Paesaggio, della Regione Lombardia;
nonchè di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso e per il risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consorzio Di Gestione Della Riserva Naturale Lago Di Montorfano e di Regione Lombardia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2013 il dott. Maurizio Santise e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il presente giudizio ha ad oggetto gli atti di adozione ed approvazione del Piano della Riserva Naturale Lago di Montorfano (CO) adottato dalla Regione Lombardia.
L'associazione ricorrente ha impugnato la delibera del Consorzio di Gestione della Riserva di Approvazione del Piano di Gestione e la successiva delibera di approvazione della Giunta della Regione Lombardia.
In particolare, l'associazione ha contestato la potestà pianificatoria dell'amministrazione sull'area di rispetto (che si distingue dalla riserva naturale) in cui sarebbero ammesse attività umane compatibili con il regime di tutela e sarebbero, quindi, preclusi rigidi e assoluti divieti, che si sovrapporrebbero ai divieti già previsti per la Riserva Naturale; ha, peraltro, eccepito il difetto di competenza ai sensi dell'art. 132 della Legge Regionale n. 31/2008, in quanto per la disciplina e la regolamentazione dell'attività piscatoria sarebbe competente la Provincia; ha poi contestato i predetti provvedimenti nella parte in cui pongono dei vincoli che non sarebbero necessari al fine della salvaguardia della zona naturalistica.
L'associazione, in particolare, sostiene che i diritti di pesca sono di proprietà della famiglia Barbavara che li ha concessi all'associazione ricorrente da oltre settant'anni.
Ne deriverebbe, pertanto, che l'acquisizione alla p.a. dei diritti citati potrebbe avvenire solo in base ad una procedura espropriativa, mai attivata.
I ricorrenti poi hanno contestato la potestà pianificatoria dell'amministrazione sull'area di rispetto (che si distingue dalla riserva naturale) in cui sarebbero ammesse attività umane compatibili con il regime di tutela e sarebbero, quindi, preclusi rigidi e assoluti divieti, che si sovrapporrebbero ai divieti già previsti per la Riserva Naturale.
L'associazione contesta poi l'art. 16, co. 5 delle NTA che consente la navigazione a remi solo per motivate esigenze coerenti con la finalità del parco e di fatto lederebbe i diritti di pesca nella riserva naturale. Inoltre, sarebbe irragionevole e illogico il divieto di balneazione, contemplato dall'art. 16, co. 2, lett. a) della NTA.
Le amministrazioni resistenti si sono costituite regolarmente in giudizio contestando l'avverso ricorso e chiedendone il rigetto.
In via preliminare, va esaminata l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Regione Lombardia in favore del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche.
La giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione ha precisato che sono devoluti alla giurisdizione in unico grado del Tribunale superiore delle acque pubbliche, ai sensi del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143, comma 1, lett. a), i ricorsi avverso provvedimenti amministrativi che, sebbene non costituiscano esercizio di un potere propriamente attinente alla materia delle acque pubbliche, pure riguardino l'utilizzazione del demanio idrico, incidendo in maniera diretta e immediata sul regime delle acque (cfr., Cassazione civile sez. un., 19 aprile 2013, n. 9534).
L'art. 143 del T.U. sulle acque ha inteso definire l'ambito della giurisdizione del giudice specializzato, circoscrivendola ai provvedimenti dell'amministrazione caratterizzati da incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche, nel senso che concorrano in concreto a disciplinare la gestione, l'esercizio delle opere idrauliche, i rapporti con i concessionari, oppure a determinare i modi di acquisto dei beni necessari all'esercizio e alla realizzazione delle opere stesse; o a stabilire o modificare la localizzazione di esse, o ad influire nella loro realizzazione mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimenti (cfr., Cass., sez. un., 337/2003).
La giurisdizione del TSAP è contrapposta, per un verso, a quella del Tribunale Regionale delle Acque che è organo (in primo grado) della giurisdizione ordinaria, cui il precedente art. 140, lett. c) attribuisce le controversie in cui si discuta in via diretta di diritti correlati alle derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche (a cominciare da quelli di utilizzazione di acque pubbliche, collegati alla gestione di opere idrauliche, nonchè i criteri di ripartizione degli oneri economici) e, per altro verso, alla giurisdizione del complesso TAR-Consiglio di Stato ricorrente per tutte le controversie che abbiano ad oggetto atti soltanto strumentalmente inseriti in procedimenti finalizzati ad incidere sul regime delle acque pubbliche, quali esemplificativamente quelli compresi nei procedimenti ad evidenza pubblica volti alla concessione in appalto di opere relative alle acque pubbliche (Cass. sez. un. 14195/2005; 337/2003; 9424/1987), alle relative aggiudicazioni (Cass. 10826/1993).
La Corte di Cassazione ha poi ribadito che, in tema di diritti esclusivi di pesca, la giurisdizione riservata al tribunale superiore delle acque pubbliche dall'art. 143 r.d. n. 1175 del 1933, è limitata in base al collegamento a fattispecie tipiche qualificate dal contenuto e dalla forma dei provvedimenti impugnati, dalla procedura richiesta per la loro emanazione e dalla autorità pubblica da cui promanano, ossia alla cognizione dei ricorsi proposti contro provvedimenti di revoca o di decadenza dei diritti su acque del demanio marittimo, fluviale, lagunare e, in genere, su ogni acqua pubblica, adottati dai ministeri competenti (cfr., Cassazione civile sez. un., 05 ottobre 2004, n. 19857).
Nel caso di specie, il Consorzio con l'art. 16, co. 2 lett. d) e i) delle Nta, ha vietato la navigazione sul lago con ogni tipo di natante anche non a motore e fissato limiti ai diritti di derivazione dell'acqua dal Lago, facendo però salve le pregresse convenzioni. Con l'art. 18 delle NTA ha disposto che l'attività di pesca dovrà essere effettuata evitando di entrare nello specchio di acqua e prioritariamente localizzarsi in corrispondenza dei pontili esistenti o previsti, evitando di interessare le formazioni a Claudium Mariscus e le principali fasce a canneto”.
Il provvedimento attiene alla disciplina delle Riserva Ambientale, rispetto alla quale i limiti al diritto di navigazione, di derivazione dell'acqua e di pesca hanno una rilevanza meramente accessoria, in quanto diretti esclusivamente a consentire la salvaguardia dell'ambiente.
In ragione di tali considerazioni, è doveroso escludere che il provvedimento in argomento sia dotato di incidenza diretta ed immediata sul regime delle acque pubbliche, inteso come regolamentazione del loro decorso e della loro utilizzazione, sotto l'aspetto sia quantitativo e distributivo che qualitativo.
Tanto è sufficiente per affermare che sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo e non quella del Tribunale Superiore delle Acque (cfr., tra le tante, C.d.S., Sez. V, 12 giugno 2009, n. 3678; C.d.S., Sez. IV, 12 giugno 2009, n. 3701; TAR Lazio, Roma, Sez. I, 18 gennaio 2010, n. 304; TAR Lazio, Roma, Sez. II, 7 gennaio 2010, 78).
Va, inoltre, esaminata, sempre in via preliminare, l'eccezione di difetto di legittimazione attivata sollevata dalle amministrazioni resistenti.
L'Associazione ricorrente ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati in quanto concessionaria dei diritti di pesca in virtù di sub concessione intervenuta con Mandelli Barbavara, titolare dei menzionati diritti.
Secondo la Regione Lombardia i diritti esclusivi di pesca devono essere riconosciuti dall'autorità amministrativa, ai sensi dell'art. 23 rd 1604/1931, e hanno ad oggetto non l'uso del demanio idrico, ma la popolazione ittica di un determinato comprensorio. Nel caso di specie, l'atto di concessione sarebbe nullo in quanto non riconosciuto dall'autorità amministrativa e in ogni caso non sarebbe leso dal provvedimento impugnato che non ha ad oggetto la popolazione ittica, ma la salvaguardia delle acque.
La censura è infondata.
Nel caso di specie, l'associazione ricorrente sostiene di aver ricevuto in subconcessione l'esercizio di tali diritti e l'amministrazione a pag. 76 della Relazione al Piano ha evidenziato che i diritti di esclusiva di pesca sono di proprietà della famiglia Barbavara e sono condotti dall'associazione ricorrente.
Non ha pregio richiamare la pronuncia della Suprema Corte, la quale prevede che il riconoscimento dei diritti esclusivi di pesca sul demanio marittimo in base all'art. 23 R.D. n. 1604 del 1931, è subordinato all'adozione, da parte della competente autorità amministrativa, di un positivo, specifico provvedimento di riconoscimento di siffatti diritti se e perchè "derivanti da antico titolo" ovvero da "lunghissimo possesso" (cfr., Cassazione civile sez. un., 04 dicembre 2009, n. 25493). La norma si riferisce alla titolarità dei diritti di pesca, che, nel caso di specie, sono in capo alla famiglia Barbavara, e non all'esercizio in concreto di tali diritti che non è subordinato al predetto limite.
Ne deriva che sussiste la legittimazione ad agire dell'associazione ricorrente.
Ciò premesso, va evidenziato che la Riserva di Montorfano è una riserva parziale biologica individuata nell'allegato A della Legge della Regione Lombardia 86/83, istituita con deliberazione del Consiglio Regionale n. 1796/1984 ed individuata come sito di interesse comunitario.
L'art. 11 della Legge Regionale menzionata impone che le attività antropiche debbano essere rese compatibili con le finalità della riserva medesima e attribuisce all'amministrazione il potere di determinare le misure necessarie per realizzare un punto di equilibrio tra opposte esigenze che garantisca, comunque, la conservazione dell'ambiente faunistico e paesaggistico.
Il ricorrente contesta la potestà pianificatoria dell'amministrazione in relazione alle aree di rispetto, ritenendo che tale potere si possa configurare solo in relazione alla riserva naturale.
La censura va disattesa, in quanto, come già ampiamente chiarito dal Consiglio di Stato (sent. 3885/2003) appare evidente che l'art. 14, comma 1 della legge regionale n. 86 del 1983, nel prevedere la formazione di un piano, “per ciascuna riserva naturale”, intende riferirsi ad uno strumento di governo dell'area di effettiva protezione come individuato, anche attraverso la zona di rispetto, con il decreto istitutivo, e cioè dell'intera area protetta, secondo la nozione di riserva come area di effettiva protezione, comprensiva dell'area di rispetto di cui all'art. 11, comma 3, della legge.
Va, inoltre, rigettato il motivo di doglianza teso a censurare il provvedimento impugnato per difetto di competenza, in quanto ai sensi dell'art. 131 L. Regione Lombardia 31/2008, la Regione, al fine di tutelare la fauna ittica e in particolare quella autoctona, persegue la salvaguardia delle acque interne dalle alterazioni ambientali e disciplina l'attività piscatoria nel rispetto dell'equilibrio biologico e ai fini dell'incremento naturale della fauna stessa, in conformità alla normativa vigente in materia di tutela delle acque e alla programmazione e pianificazione regionale in ambito territoriale e ambientale.
Ne deriva, pertanto, che sussiste il potere dell'amministrazione in relazione alla regolamentazione dell'attività piscatoria.
Passando ad esaminare le singole doglianze mosse dai ricorrenti, va rilevata l'infondatezza del ricorso teso a contestare l'art. 18 delle NTA nella parte in cui prevede che l'attività di pesca dovrà essere effettuata evitando di entrare nello specchio d'acqua e prioritariamente localizzarsi in corrispondenza dei pontili esistenti o previsti, evitando di interessare le formazioni a Claudium Mariscus e le principali fasce a canneto.
Tale disposizione è certamente pienamente compatibile con le finalità di salvaguardia dell'ambiente e realizza un equilibrato bilanciamenti di opposti interessi, consentendo comunque l'esercizio dell'attività di pesca, ma imponendo ragionevoli e proporzionati limiti alla stessa per la salvaguardia della fauna marina.
Ne deriva che il ricorso sotto questo profilo va respinto.
E', invece, fondato il ricorso nella parte in cui contesta il divieto di balneazione in ampie parti del lago, contenuto nell'art. 16, co. 2, lett. a ) delle Nta.
L'amministrazione ha disposto il divieto di balneazione in ampie parti del lago, ritenendo tale misura idonea a salvaguardare la naturalità della riserva.
Ritiene, tuttavia, il Collegio che tale misura sia irragionevole perché non emerge nitidamente come possa tale determinazione garantire la naturalità della riserva anche in considerazione del fatto che, comunque, davanti al lido la balneazione è consentita.
Ne deriva, pertanto, che il ricorso sotto questo profilo va accolto e il provvedimento impugnato annullato sotto il medesimo aspetto.
Non può, invece, essere condivisa l'argomentazione dei ricorrenti secondo cui il Piano avrebbe l'effetto di determinare un aumento della presenza antropica all'interno della Riserva, in quanto le numerose disposizioni approvate (divieto di balneazione, divieto di attrezzare parchi di divertimento, divieti di sosta delle autovetture) certamente tendono a salvaguardare l'ambiente e a limitare l'attività antropica, addirittura talune in maniera irragionevole (cfr. sopra sul divieto di balneazione). Non può, d'altro canto, essere negata la possibilità di ingresso nel parco per finalità didattiche, che sono compatibili con la salvaguardia dell'ambiente. Spetterà all'ente Gestore trovare un sapiente equilibrio per salvaguardare le diverse esigenze.
E', invece, fondato il motivo di ricorso avente ad oggetto l'art. 16, lett. d) nella parte in cui vieta la navigazione sul lago con ogni tipo di natante anche non a motore e consente la navigazione a remi solo per motivate esigenze coerenti con le finalità del parco.
Tale misura appare irragionevole e non proporzionata rispetto alle finalità di tutela della Riserva, essendo sufficiente il divieto di utilizzare imbarcazioni a motore che naturalmente possono essere incompatibili con le predette finalità. Analogo divieto per le imbarcazioni non a motore è irragionevole e non proporzionato con le finalità di salvaguardia dell'ambiente.
Non può, invece, essere accolto il ricorso quando contesta l'art. 16, co. 5 delle Nta che rinviano ad un apposito regolamento l'attività di navigazione del bacino lacuale consentita esclusivamente per motivate esigenze coerenti con la finalità del piano.
Non è possibile, infatti, allo stato immaginare la concreta disciplina che l'ente gestore approverà e, quindi, il ricorso sotto questo profilo va dichiarato inammissibile.
Va, altresì, rigettata anche la domanda risarcitoria, essendo la stessa sfornita di un adeguato supporto probatorio.
La soccombenza ripartita giustifica la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo accoglie nei limiti indicati in motivazione e in parte lo respinge.
Respinge la domanda di risarcimento del danno.
Compensa le spese di lite tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Mauro Gatti, Primo Referendario
Maurizio Santise, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/10/2013
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
08-11-2013 22:00
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