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Sentenza

Chiede l'autorizzazione ad attivare e gestire un istituto di vigilanza privata e...
Chiede l'autorizzazione ad attivare e gestire un istituto di vigilanza privata e trasporto valori, anche relativamente al solo settore dei locali da ballo, ma gli viene negato. Il Consiglio di Stato conferma il diniego.
Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 10 – 28 ottobre 2013, n. 5177
Presidente Cirillo – Estensore Dell'Utri

Fatto

Con l'appello in epigrafe, notificato il 9 febbraio 2007 al Prefetto di Firenze presso l'Avvocatura distrettuale di Firenze e depositato il 27 seguente, il signor U. D'A., nella qualità di presidente e legale rappresentante di V. s.c. a r.l., ha chiesto la riforma della sentenza 11 dicembre 2006 n. 7229 del TAR per la Toscana, sezione prima, con la quale è stato respinto il suo ricorso avverso il decreto del Prefetto di Lucca n. 127/16 notificato il 31 gennaio 2005, concernente diniego di autorizzazione ad attivare e gestire un istituto di vigilanza privata e trasporto valori, anche relativamente al solo settore dei locali da ballo e limitatamente ai comuni di Forte dei Marmi, Pietrasanta, Camaiore e Serravezza.
A sostegno dell'appello ha dedotto:
a.- In ordine alle motivazioni per le quali è stata chiesta l'autorizzazione negata.
Il TAR non ha tenuto conto che la licenza era chiesta non per meri scopi di lucro, ma per soddisfare le potenzialità della domanda, variabili per vocazioni stagionali e per le località interessate, allo stato l'offerta provenendo in sostanza da un solo Istituto di vigilanza (quindi in situazione di quasi monopolio) il cui organico non consente la copertura di detta domanda, con conseguente ricorso a prestazioni straordinarie del personale; di qui la necessità dell'ulteriore istituto, tanto più che esso gode di particolari agevolazione sul costo del lavoro e che è indirizzato alla ricerca e soddisfacimento di nuove tipologie di offerte, non sostitutive di quelle in essere.
b. In ordine alle motivazioni della Sentenza sul rapporto tra istituti di Vigilanza e Forze di Polizia.
Il TAR, seguendo pedissequamente le motivazioni del diniego, le ha ritenute adeguate e ragionevoli, ma così non è perché non vi sono evidenziati il numero e l'importanza degli istituti esistenti e non è stata fornita la fonte (nota di ben oltre cinque anni prima) da cui è stato edotto il rapporto tra Forze di Polizia e guardie particolari giurate, senza che siano stati indicati dati concreti. Né è stato tenuto conto della segnalazione in data 23 maggio 1997 n. 21303 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, secondo cui le istanze vanno esaminate nell'ambito della sicurezza e dell'ordine pubblico, nonché nel rispetto della normativa di tutela della concorrenza e del mercato. In base a ciò, il Prefetto avrebbe dovuto riferire il giudizio non in via generale all'intera provincia, ma al territorio dei Comuni interessati ed alle rispettive esigenze particolari.
c.- Eccesso di potere.
L'impugnato decreto avrebbe dovuto essere annullato anche perché non tiene conto della peculiarità dei servizi per cui veniva richiesta l'autorizzazione, che si distinguono dalle attività tradizionali di vigilanza ad a cui gli altri istituti dedicano una quota esigua delle proprie attività, tale da non soddisfare la clientela. Pertanto, il diniego appare anche ispirato a proteggere un monopolio di fatto.
In data 22 luglio 2013 l'Amministrazione dell'interno si è costituita in giudizio (sanando in tal modo l'irrituale notifica nei suoi confronti) mediante deposito di memoria, con cui ha svolto controdeduzioni.

Diritto

Col provvedimento impugnato in primo grado il Prefetto di Lucca ha respinto la domanda dell'attuale appellante diretta ad ottenere l'autorizzazione a gestire nella provincia di Lucca un istituto di vigilanza privata, essendo già raggiunto il parametro numerico del rapporto fra forze di polizia e guardie particolari giurate individuato dalla Questura di Lucca con nota datata 4 maggio 1999. In particolare, ha ritenuto che, ancorché finalizzato ad operare solo nel settore dei locali da ballo, un nuovo istituto, che si aggiunga a quelli già autorizzati, turberebbe “l'equilibrio del rapporto tra forze di polizia e guardie particolari giurate che deve garantire in ogni caso, all'autorità di P.S. il governo del territorio con irrinunciabile prevalenza delle prime sulle seconde in quanto poste alla funzione di sicurezza e vigilanza nei confronti della generalità dei cittadini”.
Come chiarito dalla difesa dell'Amministrazione appellata, l'anzidetto parametro è stato verificato e confermato nella riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia tenuta presso la Prefettura di Lucca dell'11 novembre 2002. Inoltre, proprio in relazione alla possibilità di rilasciare autorizzazioni specifiche per il settore dei locali da ballo, la Prefettura aveva richiesto l'avviso del Ministero dell'interno, il quale aveva precisato che il titolare di licenza è legittimato a disimpegnare tutti i servizi attraverso i quali si svolge l'attività di vigilanza privata. Inoltre con nota del 13 ottobre 2004, ossia ancor più recentemente, lo stesso Ministero corrispondeva ad ulteriore quesito della Prefettura sottolineando come il protocollo d'intesa sottoscritto con il sindacato degli imprenditori di locali da ballo non ammettesse alcuna deroga in proposito, stabilendo anzi che qualora i gestori ritengano di impiegare “addetti alla sicurezza”, debbano far ricorso a guardie particolari giurate dipendenti da istituti di vigilanza e dagli stessi proprietari, anche riuniti in consorzio.
Tali circostanze, non contestate da controparte, rendono evidente come, al di là della sinteticità e della mancata precisazione del previsto rapporto, il diniego regga alle censure proposte, essendo basato sostanzialmente non sull'intento di mantenere una situazione di “quasi” monopolio (peraltro asserito ma del tutto in comprovato) nell'area interessa, ma sulla giuridica impossibilità di limitare l'autorizzazione alla specifica attività destinata al settore dei locali di intrattenimento, con ciò dimostrandosi, peraltro, che di tale specificità è stato tenuto conto; nonché sulla finalità della prescrizione di apposita autorizzazione di polizia, che è quella di contemperare le esigenze private con quella di garantire l'interesse pubblico primario all'ordine, alla sicurezza pubblica ed alla tranquilla convivenza della collettività, ovviamente da riferirsi all'intera provincia di competenza e non ad un ristretto ambito territoriale, la cui valutazione nel caso concreto rientra nell'ampia discrezionalità tecnico amministrativa del prefetto decidente.
E, come ritenuto dal primo giudice, nella specie tale valutazione non presenta elementi di manifesta irrazionalità ed inadeguatezza.
D'altra parte, da un lato, benché richiamata nell'atto impugnato e pur essendone indicati gli estremi ed il contenuto essenziale, la nota del 1999 non è stata gravata dal ricorrente in primo grado, come ben avrebbe potuto quale atto presupposto divenuto sicuramente lesivo attraverso l'atto applicativo, ancorché non ne avesse piena ed integrale cognizione.
Dall'altro lato, l'invocata segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel rilevare giustamente che l'esame delle domande deve prescindere dalla protezione delle imprese già operanti in regime di esclusiva (regime, peraltro, come detto qui incomprovato), indipendentemente dalla rilevanza del numero e dell'importanza degli istituti presenti nel territorio ammette espressamente la possibilità del prefetto di individuare un “rapporto desiderabile tra le forze di polizia e le guardie particolari giurate impiegate nel settore della vigilanza”, affermando perciò che il prefetto stesso “può limitare il numero degli addetti del settore, nell'ambito territoriale di competenza”; ciò che critica, invece, è la rigidità di un ulteriore e concorrente parametro riferito al numero massimo delle guardie impiegabili da ciascun istituto; ipotesi, questa, estranea alla vicenda in esame.
In conclusione, l'appello non può che essere respinto.
Tuttavia, la delicatezza dei contrapposti interessi pubblici e privati coinvolti consiglia la compensazione tra le parti delle spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge il medesimo appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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