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Sentenza

Carabiniere chiede il riconoscimentento della causa di servizio. Il Tribunale no...
Carabiniere chiede il riconoscimentento della causa di servizio. Il Tribunale non gliela riconosce. il Consiglio di Stato si. L'invalidità da causa di servizio la decide il Giudice.-
Consiglio di Stato, sez IV, sentenza 5 novembre - 2 dicembre 2013, n. 5730

Presidente Giaccardi – Estensore Castiglia

Fatto

Il signor E. M., già appartenente all'Arma dei carabinieri, giudicato non idoneo al servizio per “esiti di miopericardite con iniziali segni di impegno d'organo”, ha chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità da cui è risultato affetto e il conseguente equo indennizzo, impugnando i relativi atti di diniego; ha chiesto inoltre, con distinta domanda, la c.d. indennità aggiuntiva a partire dal 6 dicembre 2001, oltre a interessi legali e rivalutazione monetaria.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sez. II, dopo avere svolto istruttoria, ha ritenuto non provato il nesso eziologico tra l'affaticamento fisico richiamato dal ricorrente e l'insorgenza dell'infermità invalidante. Pertanto, con sentenza 18 luglio 2012, n. 1482, ha respinto la prima domanda e ha disposto istruttoria circa la seconda, rinviando per il prosieguo all'udienza del 28 febbraio 2013.
Contro la sentenza il signor Marzocca ha interposto appello.
L'appellante lamenta, in primo luogo, la violazione dell'art. 19, comma 2, c.p.a., in quanto il c.t.u. nominato a suo tempo dal Tribunale regionale avrebbe prestato servizio come cardiologo presso l'ospedale civile di Barletta - ove egli era stato ricoverato il 26 dicembre 2001 per “dolore toracico anteriore” e precedenti malesseri di vario genere - sottoscrivendo l'atto di dimissione dal nosocomio (5 gennaio 2002), recante per la prima volta la diagnosi di “miopericardite”. Il Marzocca aggiunge di avere tempestivamente chiesto la rinnovazione della consulenza tecnica (con la memoria del 9 marzo 2012), non appena aveva potuto accertare che il consulente nominato era lo stesso medico che aveva firmato il certificato di dimissione. Ne risulterebbe dunque violata la richiamata disposizione del c.p.a., là dove dispone che l'incarico di consulenza non può essere affidato a coloro che prestano attività in favore delle parti del giudizio.
Nel merito, inoltre, la relazione peritale sarebbe intrinsecamente viziata. Affermando “l'assenza totale di segni e sintomi indicativi di diagnosi di , essa contraddirebbe le risultanze della diagnosi racchiusa nella nota di dimissioni e in altri successivi accertamenti medici. La sentenza andrebbe dunque riformata anche nel capo che ha posto a carico del privato soccombente le spese della consulenza tecnica.
L'appellante ribadisce poi la tesi che l'infermità da cui è effetto, manifestatasi senza alcun dubbio in costanza di servizio, sarebbe stata determinata da un'infezione virale prodotta dalle condizioni d'impiego (vita in ambito comunitario, addestramento in periodo invernale all'aperto) e non avrebbe perciò quel carattere evolutivo che l'Amministrazione invece assume.
Infine il provvedimento negativo, oltre a essere illegittimo per errato apprezzamento dei presupposti di fatto, sarebbe viziato per essere fondato anche su delibere e pareri …… mai comunicati all'appellante né allegati al provvedimento negativo o in altro modo resi disponibili.
Il Marzocca chiede, in conclusione, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata o, in subordine, la riforma nel merito, previa eventuale rinnovazione della consulenza tecnica. Chiede inoltre la sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado.
L'Amministrazione si è costituita in giudizio per resistere all'appello.
La domanda cautelare è stata accolta dalla Sezione con l'ordinanza 6 novembre 2012, n. 4382, che ha anche fissato l'udienza di merito.
All'udienza pubblica del 19 febbraio 2013, il Collegio ha ritenuto che la consulenza tecnica d'ufficio, disposta in primo grado, non fosse risolutiva, in quanto il professionista che ha redatto la relazione è lo stesso che ha sottoscritto l'atto di dimissioni dall'ospedale civile di Barletta, nel quale compare per la prima volta la diagnosi di “miopericardite” che ha condotto poi alla dispensa dell'appellante dal servizio. Sotto il profilo indicato, ha anche giudicato irrilevante l'affermazione del medesimo professionista, che si sarebbe a suo tempo limitato a riportare nel certificato di dimissioni il contenuto della cartella clinica redatta dal primario della divisione (si vedano le osservazioni alle controdeduzioni prodotte dal consulente di parte), considerando che il c.t.u. deve non solo essere, ma anche apparire estraneo alla vicenda di cui si controverte.
Pertanto - con ordinanza 25 febbraio 2013, n. 1112 - il Collegio ha disposto verificazione ai sensi dell'art. 66 c.p.a., incaricando allo scopo, con facoltà di delega, il direttore della divisione di cardiologia del policlinico militare Celio di Roma.
Al verificatore è stato chiesto di accertare - sulla base della visita medica e dell'esame della documentazione disponibile - se l'appellante sia o sia stato affetto dall'infermità che ne ha determinato l'inidoneità al servizio (“esiti di miopericardite con iniziali segni di impegno d'organo”) e se sussista un nesso di causalità tra tale infermità, ove esistente, e le mansioni svolte nell'appartenenza all'Arma dei carabinieri.
La verificazione istruttoria si è svolta il successivo 4 aprile.
Il signor Marzocca, depositando osservazioni redatte dal proprio consulente tecnico di parte, contesta le conclusioni della verificazione con riguardo al nesso causale e insiste nell'appello, chiedendo in subordine un supplemento di perizia.
All'udienza pubblica del 5 novembre, l'appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

Diritto

La Commissione medica ha concluso i propri lavori redigendo la diagnosi di “esiti di pericardite acuta idiopatica, prolasso della valvola mitrale con insufficienza valvolare di grado moderato”.
Sotto il profilo causale, la Commissione ritiene che non sussista “un sicuro rapporto di causalità diretta tra l'infermità diagnosticata e il servizio prestato neanche sotto il profilo concausale efficiente e determinante”.
Indiscutibile ovviamente la diagnosi formulata, il Collegio non ritiene tuttavia di seguire pienamente le considerazioni svolte dalla Commissione medica con riguardo al nesso causale.
Non c'è dubbio che, anche alla luce del tempo trascorso fra gli eventi occorsi nella vita militare dell'appellante e l'accertamento da ultimo compiuto, sia difficile affermare con certezza l'esistenza di un nesso eziologico fra gli stress prodotti dal servizio e la malattia manifestatasi.
Tuttavia, già si potrebbe osservare che la certezza non è (o solo raramente è) de hoc mundo.
D'altronde il giudice, nel suo libero convincimento, può porre a fondamento della propria decisione “presunzioni gravi, precise e concordanti” (art. 2729, primo comma, c.c.).
Nella propria relazione, la Commissione ha affermato che la pericardite acuta:
è spesso preceduta da infezioni delle prime vie respiratorie;
è caratterizzata, nelle fasi precoci, dall'innalzamento degli indici bioumorali dell'infiammazione, dalla comparsa di dolore toracico, da anomalie nel tracciato elettrocardiografico, dal riscontro di specifici quadri ecocardiografici.
Come appare dagli atti, sette giorni prima del ricovero del 26 dicembre 2001 il Marzocca ha accusato dolore toracico; tre giorni prima è comparsa tosse secca con alterazione febbrile.
Al ricovero, i valori ematici, quelli del tracciato e quelli dell'ecocardiogramma risultavano alterati.
E' ragionevole supporre che, in precedenza, i parametri fossero conformi alla norma, altrimenti il signor Marzocca non avrebbe superato una procedura selettiva severa e non sarebbe stato ammesso all'incorporamento nell'Arma.
Valutati nel complesso i dati riferiti in relazione alle condizioni di impiego descritte dal militare nei suoi ricorsi (non contestate dall'Amministrazione), il Collegio ritiene di poter considerare assolto l'onere della prova da parte dell'appellante e di concludere che, secondo un criterio altamente probabilistico, la malattia che ne ha comportato la dispensa dal servizio è insorta in occasione e a causa del servizio stesso.
Dalle considerazioni che precedono, discende che l'appello è fondato e va pertanto accolto, con conseguente accoglimento – in riforma della sentenza impugnata – del ricorso introduttivo.
Apprezzate le circostanze, le spese di entrambi i gradi di giudizio possono essere compensate tra le parti.
Rimane a carico dell'Amministrazione il compenso dovuto al verificatore, nella misura da questi richiesta (euro 500,00), che il Collegio ritiene congrua.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla i provvedimenti oggetto del giudizio di primo grado.
Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Pone a carico dell'Amministrazione il compenso dovuto al verificatore, che liquida nell'importo di euro 500,00 (cinquecento/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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