Aspirante medico bocciato per un errore della Commissione. Il Tar conferma giustificando i Commissari con la necessità di garantire l'anonimato.
TAR Campania, sez. IV, sentenza 29 maggio - 18 giugno 2013, n. 3114
Presidente Nappi - Estensore Passarelli Di Napoli
Fatto
Con ricorso iscritto al n. 5420 dell'anno 2012, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:
di aver partecipato al concorso per l'accesso al corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia e protesi dentaria per l'anno accademico 2012-2013, svoltosi il giorno 4/9/2012;
di aver inserito, dopo aver compilato il proprio ‘modulo risposte', così come previsto dal bando, il modulo stesso nella apposita busta al fine di consegnarla alla commissione;
di aver effettuato, durante lo svolgimento della prova, e non avendo a diposizione alcun foglio per svolgere calcoli al fine di rispondere alle domande, alcune operazioni matematiche sulla busta bianca;
che la sua grafia veniva ritenuta dalla commissione un segno di riconoscimento;
che la commissione, piuttosto che sostituire la sola busta, ossia il contenitore del modulo risposte (che era privo di qualsiasi segno di riconoscimento), ha consegnato al ricorrente un nuovo (e diverso dal precedente) plico, con nuovi quesiti e modulo di risposte, che il ricorrente ha dovuto compilare nel tempo rimanente per la conclusione della prova, cioè in circa un'ora;
che, benché le domande contenute all'interno del plico assemblato dal MIUR siano le medesime per ciascun candidato, l'ordine in cui vengono proposte è diverso; sicché il ricorrente ha dovuto svolgere una prova diversa da quella iniziale nella metà del tempo minimo previsto dal bando;
di non aver avuto quindi, a causa dell'esiguità del tempo concesso, modo di svolgere adeguatamente la prova; di essere, ciò nondimeno, giunto ad un soffio dall'ultimo posto utile in graduatoria, arrivando a 0,50 punti dall'ultimo idoneo (35.75 punti a fronte dei 36,25 utili ad essere dichiarati idonei);
di aver subito un evidente pregiudizio, avendo dovuto svolgere nuovamente la prova illegittimamente e in un tempo assai esiguo, con violazione della par condicio tra i candidati;
di aver proposto, al fine di accedere ai documenti della propria prova, apposita domanda, accolta dall'Università con provvedimento prot. n. 0116442 del 31/10/2012; che, tuttavia, l'amministrazione non ha reso visionabile la busta recante i (presunti) segni di identificazione, ciò impendendo a questa difesa di argomentare adeguatamente sulla capacità dei segni su di essa presenti di rendere identificabile l'autore della prova.
Instava quindi per l'annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.
Si costituiva l'Amministrazione chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All'udienza del 29.05.2013, il ricorso è stato assunto in decisione.
Diritto
La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi: 1) violazione di legge (art. 8 del bando), eccesso di potere per difetto di motivazione e disparità di trattamento, violazione del principio della par condicio tra candidati, atteso che la commissione, piuttosto che sostituire la sola busta, ossia il contenitore del modulo risposte (che era privo di qualsiasi segno di riconoscimento), ha consegnato al ricorrente un nuovo plico, recante nuovi quesiti e nuovo modulo di risposte, che il ricorrente ha dovuto compilare nel tempo rimanente per la conclusione della prova, cioè in circa un'ora; benché le domande contenute all'interno del plico assemblato dal MIUR sono le medesime per ciascun candidato, l'ordine in cui vengono proposte è diverso; per cui il ricorrente ha dovuto svolgere una prova diversa da quella iniziale, ma nella metà del tempo minimo previsto dal bando; vi è stata pertanto una manifesta violazione dell'art. 8 del bando, il quale non solo prevede che il tempo minimo per svolgere la prova era di due ore, ma soprattutto che non era affatto necessario far ripetere l'intera prova al candidato, dovendosi sostituire solo la busta che avrebbe dovuto contenere il modulo risposte; ai sensi dell'art. 8, infatti, «Ad ogni candidato sarà consegnato al momento della prova, un plico contenente: a) una scheda anagrafica che presenta un codice a barre di identificazione univoca e che il candidato deve obbligatoriamente compilare e sottoscrivere; - b) i quesiti relativi alla prova di ammissione; c) due moduli di risposte, ciascuno dei quali presenta lo stesso codice a barre di identificazione posto sul modulo anagrafica; d) un foglio sul quale risultano prestampati: 1. il codice identificativo della prova; 2. l'indirizzo del sito web del MIUR (www.accessoprogrammato.miur.it); 3. le chiavi personali (username e password) per accedere all'area riservata del sito nella quale sarà possibile visualizzare l'immagine del proprio elaborato, contraddistinto dal codice identificativo, la valutazione per singolo argomento d'esame ed il punteggio complessivo; e) una busta vuota, provvista di finestra trasparente, nella quale lo studente, al termine della prova, deve inserire non piegato il solo modulo risposte destinato al CINECA per la determinazione del punteggio, e chiudere, al momento della consegna»; la commissione, verificato che la busta recava (presunti) segni di riconoscimento, avrebbe dovuto sostituire solo quest'ultima e non ‘somministrare' un diverso plico, ossia una prova diversa, in quanto, così facendo, si sarebbe concesso al candidato meno della metà del tempo per rispondere ai quesiti; la sostituzione della sola busta (in luogo della somministrazione di una nuova prova) è imposta dal bando, in quanto l'art. 8 prevede che «i documenti indicati ai punti 2, 3 e 4 [la busta è indicata al n. 5] sono contraddistinti dallo stesso codice di identificazione. Pertanto, la sostituzione che si dovesse rendere necessaria, nel corso della prova, anche di uno solo dei documenti citati, comporta la sostituzione integrale del plico»; dunque, se qualche segno di riconoscimento fosse stato apposto, ad esempio, sul modulo risposte (previsto al punto 3), ciò avrebbe comportato la sostituzione non solo di questo, ma anche dei relativi quesiti (previsti al punto 2); tale previsione non riguarda però la busta vuota nella quale il candidato deve riporre il modulo risposte, da ciò desumendosi che la commissione avrebbe dovuto semplicemente cambiare la busta, facendo salva la prova del candidato e la par condicio tra i candidati; 2) contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione, le operazioni matematiche svolte dal ricorrente sulla busta non potevano essere considerate segni di riconoscimento; la giurisprudenza in merito ha affermato che «nei concorsi pubblici le regole che vietano l'apposizione di segni di riconoscimento sugli elaborati scritti sono finalizzate a garantire l'anonimato ditali prove, a salvaguardia della par condicio tra i candidati, per cui ciò che rileva non è tanto l'identificabilità dell'autore dell'elaborato mediante un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l'astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione; ciò ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente ed incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta» (Consiglio di Stato, sez. V, 26 marzo 2012, n. 1740); nel caso di specie, i segni in parola non rappresentano affatto (a differenza, ad esempio, di una firma) una anomalia tale da poter mettere la Commissione o un suo componente in condizione di riconoscere l'autore della prova, per questo non essendo configurabili come segni di riconoscimento «oggettivamente ed incontestabilmente» tali; dunque, la commissione non solo avrebbe dovuto evitare di somministrare una nuova prova al candidato, ma, ancor più a monte, avrebbe dovuto consentire al ricorrente di consegnare la prima prova dallo stesso svolta, in quanto i segni presenti sulla busta non avrebbero potuto in alcun modo influenzare la valutazione.
L'Amministrazione eccepiva che, ai sensi dell'art. 8 del Bando, che “...la busta non deve risultare firmata o contrassegnata né dal candidato, né da alcun componente della Commissione a pena di nullità della prova”. Proprio nel rispetto della normativa in questione, la Commissione di Concorso, accortasi che il candidato aveva contrassegnato la busta destinata alla consegna del foglio risposte, decideva di adottare un provvedimento di ritiro del plico consegnato ad inizio prova e sostituzione con un nuovo plico. Dopo la consegna del secondo plico completo di scheda anagrafica, quesiti, codice identificativo della prova, indirizzo del sito web del MIUR, chiavi personali e busta vuota, il ricorrente svolgeva nuovamente la prova ma il punteggio conseguito non gli ha permesso di rientrare nella graduatoria degli ammessi al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia. L'istante lamenta sostanzialmente che l'aver ottenuto, nel corso della prova, un nuovo plico completo anziché la sola busta e quindi aver dovuto rispondere di nuovo ai test selettivi, gli avrebbe arrecato un pregiudizio, in quanto la sua non utile collocazione in graduatoria sarebbe stata causata dal fatto di aver perso tempo nel dover rispondere ex novo ai test di selezione contenuti nel secondo plico. A detta del ricorrente, il provvedimento adottato dall'Amministrazione sarebbe stato illegittimo, non essendovi nel Bando una previsione che in maniera espressa imponga la sostituzione dell'intero plico, mentre l'Amministrazione avrebbe dovuto sostituire solo la busta contrassegnata. Da quanto affermato, emerge in maniera chiara che il sig. Cotticelli avrebbe dovuto impugnare il suddetto Bando. Pertanto, eccepiva preliminarmente l'inammissibilità del ricorso per mancata tempestiva impugnazione del Bando di Concorso contenente la previsione sopra citata circa la nullità della prova in caso di contrassegni sulla busta. Quanto alla censura secondo cui la commissione, verificato che la busta recava (presunti) segni di riconoscimento, avrebbe dovuto sostituire solo quest'ultima e non ‘somministrare' un diverso plico, ossia una prova diversa, eccepiva che il bando prevede la nullità della prova nel caso di contrassegni apposti anche sulla busta; tale nullità deve ritenersi superabile unicamente con la sostituzione dell'intero plico, proprio come è successo al candidato ricorrente. Infatti, la sostituzione dell'intero plico e non della singola busta, come pretenderebbe parte istante, è dovuta all'esigenza di preservare l'identità di tutti i plichi consegnati dal CINECA, cioè il Consorzio Ministeriale che da tempo si occupa della correzione degli elaborati. Inoltre, il ricorrente non può provare che, se avesse avuto a disposizione l'intero tempo di due ore, l'esito sarebbe stato diverso; ed infine, l'apposizione di segni sulla busta costituisce indubbiamente un segno di riconoscimento.
In memoria depositata in data 16.05.2013 il ricorrente ribadiva la fondatezza del ricorso.
Il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
Come ritenuto dal Consiglio di Stato, “È regola generale che, al fine di garantire la trasparente e imparziale valutazione nelle procedure di concorso pubblico, la prova scritta non deve riportare la sottoscrizione dei candidati, né altri segni di riconoscimento idonei a rivelarne l'identità. Sono considerati tali quegli elementi che assumono carattere anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, da cui si desume la volontà e l'intenzionalità di rendere riconoscibile l'elaborato. Secondo l'orientamento consolidato di questo Consiglio di Stato, a cui si conforma anche questa decisione, ai fini della riconducibilità di segni presenti sui compiti ai relativi autori, deve escludersi che le commissioni giudicatrici possano legittimamente ispirarsi a concezioni rigorosamente formalistiche per le quali la semplice apposizione di un segno o la presenza di una cancellatura negli elaborati comporterebbe l'esclusione del candidato dal concorso. Ed invero, nelle procedure concorsuali la regola dell'anonimato degli elaborati scritti, anche se essenziale, non può essere intesa in modo assoluto e tassativo tale da comportare l'invalidità delle prove ogni volta che sia solo ipotizzabile il riconoscimento dell'autore del compito. Se infatti tutte le prove dovessero in tal caso venire annullate, sarebbe materialmente impossibile svolgere concorsi con esami scritti, giacché non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca la scrittura di un candidato, benché il relativo elaborato sia formalmente anonimo. A partire da tali considerazioni si ritiene, pertanto, che la regola dell'anonimato deve essere intesa nel senso che non deve essere presente nell'elaborato alcun segno che sia "in astratto" ed "oggettivamente" suscettibile di riconoscibilità” (CdS, sez. V, n. 102/2013).
Il Consiglio di Stato ha anche precisato che "ciò che rileva non è tanto l'identificabilità dell'autore dell'elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l'astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione. Ciò ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente ed incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la commissione o singoli componenti di essa siano stati, o meno, in condizione di riconoscere effettivamente l'autore dell'elaborato scritto" (Con. Stato, Sez. V, del 26 marzo 2012, n. 1740).
Tutto ciò premesso, deve ritenersi corretta la decisione della commissione di provvedere alla sostituzione della busta su cui il candidato aveva effettuato dei calcoli: infatti, se si può discutere su cosa costituisca “segno di riconoscimento” quando tale segno è apposto sul foglio destinato alla scrittura dell'elaborato, non può dubitarsi che scrivere operazioni matematiche sulla busta (che non deve essere oggetto di alcuna scrittura) comporti segno di riconoscimento.
Quanto alla censura secondo cui la commissione, verificato che la busta segni di riconoscimento, avrebbe dovuto sostituire solo quest'ultima e non ‘somministrare' un diverso plico, ossia una prova diversa, come correttamente eccepito dall'Avvocatura, il bando prevede la nullità della prova nel caso di contrassegni apposti anche sulla busta e tale nullità deve ritenersi superabile unicamente con la sostituzione dell'intero plico. Infatti, la sostituzione dell'intero plico e non della singola busta, come pretenderebbe parte istante, è dovuta all'esigenza di preservare l'identità di tutti i plichi consegnati dal CINECA, cioè il Consorzio Ministeriale che da tempo si occupa della correzione degli elaborati.
Sussistono giusti motivi, attesa la peculiarità e la complessità della questione, per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, quarta sezione di Napoli, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:
1. Respinge il ricorso n. 5420 dell'anno 2012;
2. Compensa integralmente le spese tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
31-07-2013 15:05
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