Ai sensi dell'art. 16 comma 3,d.lg. 30 ottobre 1992 n. 443, la scelta della sede di servizio da assegnare ai vincitori del concorso interno a vice sovrintendente del Corpo della Polizia penitenziaria deve essere effettuata nel rispetto dell'ordine della graduatoria finale.
Autorità: Consiglio di Stato sez. IV
Data: 14 gennaio 2013
Numero: n. 161
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1360 del 2009, proposto da:
De. Gi., As. Ma., Na. Gi., Pi. Gi., D. Gi. Al. e Ma. An.,
rappresentati e difesi dall'Avv. Maria Immacolata Amoroso e dall'Avv.
Fernando Bonelli, con domicilio eletto in Roma, Piazzale Clodio, 56;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore,
costituitosi in giudizio,rappresentato e difeso dall'Avvocatura
Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
nei confronti di
Gu. Co., Sb. Ma., Bo. St.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Roma, Sez. Iquater, n. 8026
dd. 3 settembre 2008, concernente assegnazione sede a seguito di
concorso interno.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2012 il Cons.
Fulvio Rocco e udita per il Ministero della Giustizia l'Avvocato
dello Stato Giustina Noviello.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
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FATTO e DIRITTO
1.1. Con ricorso proposto sub R.G. 7756 del 2007 innanzi al T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, i Signori De. Gi., As. Ma., Na. Gi., Pi. Gi., D. Gi. Al. e Ma. An. hanno proposto, unitamente ad altri colleghi parimenti vincitori del concorso interno per 500 posti (successivamente elevati a 600) nella qualifica iniziale del ruolo maschile degli ispettori del Corpo di Polizia Penitenziaria, indetto con provvedimento del Capo del Dipartimento (d'ora in poi P.C.D.) del 17 settembre 2002, ricorso contro i provvedimenti con i quali il Ministero della Giustizia ha disposto la loro assegnazione in sedi diverse da quelle fino ad allora occupate.
Più esattamente, i ricorrenti in primo grado hanno chiesto l'annullamento:
1) dei decreti Prot. n. GDAP 02137922007 con cui il Direttore Generale del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, all'esito del concorso anzidetto ha disposto la loro assegnazione alle sedi ivi indicate;
2) del provvedimento GDAP01664782007 dd. 25 maggio 2007 con il quale sono state comunicate ai ricorrenti le nuove sedi di destinazione;
3) dei provvedimenti con i quali è stato previsto che i titolari del beneficio previsto dall'art. 33 della L. 5 febbraio 1994 n. 102 e i dipendenti in servizio presso gli istituti minorili non fossero assegnati a sedi diverse da quelle fino ad allora occupate;
1.2. Il Ministero della Giustizia, costituitosi in giudizio, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con sentenza parziale n. 1018 dd. 8 gennaio 2008 la Sez. Iquater dell'adito T.A.R. ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri soggetti inseriti nella graduatoria finale del concorso e ha ordinato al Ministero della Giustizia di depositare gli atti ivi indicati.
I controinteressati, benché ritualmente intimati, non si sono costituiti in giudizio.
1.3. Con sentenza n. 8026 dd. 3 settembre 2008 la medesima Sezione dell'adito T.A.R. ha respinto il ricorso, compensando peraltro tra le parti le spese di tale primo grado di giudizio.
Dopo aver dato atto che le censure proposte dai ricorrenti erano finalizzate a permanere dopo lo'esito positivo del concorso da loro superato nella stessa sede occupata al momento della partecipazione al concorso medesimo, il giudice di primo grado ha evidenziato quanto segue.
1) Con la prima censura i ricorrenti medesimi avevano prospettato la violazione dell'art. 2 della L. 7 agosto 1990 n. 241, dell'art. 14, comma 6, del P.C.D. dd. 17 settembre 2002 e del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, nonché eccesso di potere sotto vari profili in quanto l'assegnazione degli esponenti sarebbe avvenuta nel luglio 2007, ovvero dopo oltre un anno dalla nomina (i cui effetti giuridici ed economici decorrono dal 18 maggio 2006) e oltre 4 anni dopo la pubblicazione del bando avvenuta il 15 novembre 2002; tali ritardi procedurali avrebbero ingenerato negli interessati un legittimo affidamento in relazione alla possibilità di conseguire l'assegnazione definitiva nelle sedi fino a quel momento ricoperte e nelle quali avevano continuato ad operare per circa un anno dopo l'attribuzione del nuovo grado.
Tale censura è stata respinta dal giudice di primo grado rilevando innanzitutto che né l'art. 2 della L. 241 del 1990, né il D.P.R. 487 del 1994, nel prevedere il termine finale per l'esercizio della potestà amministrativa, attribuiscono allo stesso il carattere della perentorietà o qualificano in senso provvedimentale l'inerzia dell'amministrazione; e da ciò conseguirebbe che il decorso del termine in esame non comporterebbe, in capo all'amministrazione, la perdita del potere di provvedere né, per ciò solo, l'illegittimità dei relativi provvedimenti, ma produrrebbe soltanto l'effetto di abilitare l'interessato ad esperire l'azione prevista dall'art.2 della L. 241 del 1990 e dall'allora vigente art. 21bis della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 ai fini della declaratoria d'illegittimità del silenzioinadempimento.
Secondo il giudice di primo grado, quindi, quanto sopra indurrebbe dunque a ritenere che il mancato rispetto del termine previsto per l'esercizio del potere amministrativo non solo non connota d'illegittimità la stessa azione amministrativa ma, in via di principio, non sarebbe tale da ingenerare in capo agli interessati alcun legittimo affidamento in ordine alle future modalità di svolgimento della stessa permanendo inalterato in capo all'amministrazione, nei suoi connotati formali e sostanziali, il potere di provvedere.
Né nella fattispecie sussisterebbero - sempre secondo il T.A.R. - peculiarità tali da ingenerare, in capo ai ricorrenti, un legittimo affidamento alla conservazione della sede occupata, in ragione del lasso di tempo intercorso tra la nomina - intervenuta il 16 giugno 2006 - e l'assegnazione delle sedi, a sua volta disposta con provvedimento dd. 5 luglio 2007: infatti, come desumibile dalla documentazione versata in giudizio dal Ministero della Giustizia, il ritardo nell'assegnazione risulterebbe nella fattispecie tutt'altro che ingiustificato essendo dovuto ad una pluralità di circostanze oggettive, tra le quali l'esigenza dell'Amministrazione di confrontarsi con le organizzazioni sindacali al fine di tenere conto - per quanto possibile e compatibilmente con le preminenti necessità del Ministero - anche delle preferenze del personale nell'individuazione delle sedi da assegnare; né andrebbe sottaciuto che, oltre alle comprensibili difficoltà di gestire una procedura coinvolgente un numero elevato di vincitori, il Ministero si sarebbe trovato nella necessità di rideterminare le sedi messe a concorso in conseguenza del mutamento delle esigenze dell'amministrazione derivante dall'entrata in vigore della L. 31 luglio 2006 n. 241 che, introducendo il beneficio dell'indulto, ha modificato la geografia della popolazione carceraria e, conseguentemente, del personale preposto alla custodia della stessa.
Secondo lo stesso giudice andrebbe pure considerato che l'art. 14, comma 6, del P.C.D. dd. 17 settembre 2002, avente ad oggetto l'indizione del concorso, nel prevedere che "ottenuta la nomina, i vice ispettori raggiungono la sede di servizio ad essi assegnata", non potrebbe essere interpretato - a differenza di quanto invece prospettato dai ricorrenti che anche su tale circostanza avevano fondato il loro dedotto affidamento - come espressione di una necessaria contestualità tra nomina ed assegnazione, e ciò in quanto proprio la previsione distinta delle due fasi in esame lascerebbe presupporre la possibilità di uno iato temporale tra le stesse, la cui entità sarebbe variabile in relazione alle peculiarità del caso concreto: e proprio l'inesistenza di una illegittima ed ingiustificata inerzia dell'amministrazione deporrebbe, pertanto, per l'inconfigurabilità di un legittimo affidamento dei ricorrenti e, conseguentemente, per l'infondatezza della censura.
2) Con la seconda censura i ricorrenti avevano prospettato l'illegittimità del provvedimento dd. 25 maggio 2007 con il quale il Ministero ha previsto una ripartizione delle sedi destinate ai vincitori diversa da quella indicata nel bando, deducendo in tal senso incompetenza a provvedere non essendo stato emesso dal Capo Dipartimento, nonché difetto di motivazione, mancata comunicazione agli interessati ed eccesso di potere in quanto emesso sulla base non delle esigenze dei Provveditorati regionali, come prescritto dall'art. 8 del D.L.vo 30 ottobre 1992 n. 444, ma dell'accordo intervenuto con le organizzazioni sindacali.
Il giudice di primo grado ha respinto anche tale ordine di censure, evidenziando innanzitutto che la rideterminazione delle sedi destinate ai vincitori di concorso è stata disposta non già per effetto del provvedimento dd. 25 maggio 2007 emesso dal Direttore Generale del Personale del Ministero e destinato ai soli Provveditorati regionali, ma in virtù del P.C.D. dd. 28 maggio 2007 adottato dal Capo Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria; dal che, per l'appunto, discenderebbe l'insussistenza in fatto del vizio d'incompetenza, posto che la modifica delle sedi è stata decisa dal Capo Dipartimento, ovvero dallo stesso organo che aveva emesso il bando, e non già dal Direttore Generale come infondatamente dedotto nel ricorso.
Circa la mancata comunicazione del provvedimento agli interessati il giudice di primo grado ha reputato trattarsi di circostanza estrinseca al perfezionamento dell'atto e, come tale, inidonea ad influire sulla legittimità dello stesso potendo, al più, la stessa condizionarne, nei confronti dei destinatari, la sola efficacia ed eventualmente la decorrenza del termine per ricorrere.
Lo stesso giudice di primo grado ha inoltre reputato insussistente il vizio relativo ad un presunto difetto di motivazione, avendo l'amministrazione nell'anzidetto provvedimento dd. 28 maggio 2007 congruamente evidenziato le circostanze di fatto e di diritto che l'hanno indotta alla rideterminazione delle sedi da assegnare ai vincitori del concorso; e in questo senso allo stesso T.A.R. è parsa significativa l'indicazione, quali ragioni giustificatrici del provvedimento, del mutamento delle esigenze dei Provveditorati regionali conseguente all'entrata in vigore della L. 241 del 2006 (la quale - come già precisato - ha introdotto l'indulto e ha conseguentemente modificato le necessità dell'amministrazione in tema di provvista del personale), e dell'intento - coerente con le esigenze di tutela della finanza pubblica - di ridurre le spese collegate ai trasferimenti d'ufficio.
Il giudice di primo grado ha inoltre affermato che dal testo del provvedimento dd. 28 maggio 2008 si evince comunque che l'individuazione delle sedi da assegnare ai vincitori è stata effettuata sulla base delle indicazioni provenienti dai Provveditorati regionali e non in virtù di un accordo intervenuto con i sindacati, i quali all'esito degli incontri si sarebbero limitati a prendere atto delle sedi indicate dall'amministrazione tanto che alcune sigle sindacali non avrebbero mancato di manifestare il loro dissenso.
Per esigenza di completezza lo stesso giudice ha anche rilevato che la possibilità di modificare le sedi originariamente individuate nel bando era stata espressamente prevista dall'art. 1 dello stesso in relazione al possibile mutamento delle esigenze dell'amministrazione, con la conseguenza che anche sotto questo profilo emergerebbe l'insussistenza di disposizioni della lex specialis idonee ad ingenerare, in capo ai partecipanti alla procedura, un affidamento meritevole di giuridica tutela.
3) Con il terzo ordine di censure i ricorrenti avevano dedotto l'esistenza dei vizi di eccesso di potere sotto vari profili, in quanto le assegnazioni delle sedi in favore dei titolari del beneficio previsto dall'art. 33 della L. 104 del 1992, delle 23 unità di personale destinate agli istituti minorili e dei dipendenti che rivestivano cariche sindacali sarebbero avvenute sulla base di criteri non previsti dal bando e sarebbero, pertanto, illegittime.
Il T.A.R. ha respinto anche tale ordine di
censure rilevando innanzitutto che dall'esame del provvedimento di assegnazione dd. 5 maggio 2007, prodotto dagli stessi ricorrenti, nonché della documentazione acquisita in giudizio, risulterebbe che per i titolari di cariche sindacali è stato previsto un mero differimento dell'assegnazione e non già una destinazione diversa da quella che sarebbe loro spettata in base alla graduatoria; né - sempre secondo lo stesso giudice di primo grado - i ricorrenti avrebbero fornito anche solo un principio di prova della non veridicità di tale circostanza nonostante che nell'atto introduttivo si fossero riservati la facoltà di produrre documentazione in proposito.
Per il resto, inoltre, secondo il T.A.R. le assegnazioni delle sedi effettuate in favore dei titolari del beneficio ex art. 33d ella L. 104 del 1992 non sarebbero illegittime.
A tale riguardo il giudice di primo grado ha affermato che l'operatività della preferenza prevista dall'art. 33 anzidetto - sulla ricorrenza dei relativi presupposti non vi è contestazione alcuna - consegue automaticamente alla vigenza della relativa disciplina, la cui imperatività la rende applicabile ad ogni procedura concorsuale anche a prescindere dalla necessità di un esplicito richiamo nel bando; che per quanto attiene alle unità destinate al settore minorile (23 persone) dalla documentazione trasmessa dall'amministrazione in esito dell'istruttoria disposta dal giudice medesimo sarebbe emerso che l'individuazione del contingente numerico in questione è avvenuta sulla base delle esigenze rappresentate con nota dell'1 giugno 2007 dal Dipartimento della Giustizia Minorile; e che per quanto attiene alla scelta dei nominativi da destinare agli istituti minorili essa sarebbe avvenuta in dipendenza delle preferenze espresse dal personale che ne aveva formulato richiesta e, soprattutto, della valorizzazione delle pregresse funzioni espletate in quell'ambito.
Sotto quest'ultimo aspetto il giudice di primo grado ha affermato che un siffatto modus operandi, proprio in quanto improntato al riconoscimento dell'importanza dell'esperienza pregressa, risultava immune da vizi logici, anche in considerazione della specificità di funzioni particolarmente delicate quali sono quelle degli operatori presso strutture minorili; senza sottacere che lo stesso art. 15 della L. 15 dicembre 1990 n. 395 e il conseguente art. 2 del D.M. 26 marzo 1993 applicativo di tale disciplina legislativa impongono nella scelta dei contingenti destinati alla Giustizia Minorile la valorizzazione delle specifiche attitudini del personale per l'individuazione delle quali non potrebbe non assumere un ruolo rilevante l'esperienza pregressa; senza sottacere, inoltre, che uno dei soggetti assegnati al contingente, tale Albanese Nicola, avrebbe comunque,avuto diritto alla sede richiesta in quanto titolare del beneficio previsto dall'art. 33 della L. 104 del 1992.
Sempre per esigenza di completezza il giudice di primo grado ha pure rilevato che i trasferimenti agli istituti minorili sono stati considerati tutti a domanda e a spese dei dipendenti: il che avrebbe quindi comportato per l'amministrazione il risparmio delle indennità da erogare in occasione dei trasferimenti d'ufficio, rispondendo anche a primarie esigenze di contenimento della spesa pubblica.
4) Con la quarta censura i ricorrenti hanno dedotto il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento in quanto l'amministrazione non avrebbe consentito loro di rinunciare al grado e di permanere nella sede di provenienza, contrariamente a quanto avvenuto in occasione di altri concorsi interni.
Anche tale censura è stata respinta dal giudice di primo grado rilevando che nelle domande di partecipazione al concorso i ricorrenti avevano dichiarato di essere disposti a raggiungere, in caso di nomina, la sede di servizio assegnata (cfr. il punto 5 del modello di domanda allagato al bando) e avevano pertanto con ciò rinunciato preventivamente alla facoltà da loro rivendicata nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado.
5) Da ultimo, con la quinta censura i ricorrenti avevano dedotto eccesso di potere per ingiustizia e disparità di trattamento in quanto ingiustificatamente penalizzati rispetto agli altri pubblici dipendenti e agli stessi sovrintendenti della polizia penitenziaria, i quali all'esito dei concorsi interni potrebbero permanere nella sede di provenienza.
Tale censura è stata dichiarata inammissibile dal giudice di primo grado affermando al riguardo l'insussistenza dell'identità sostanziale dei parametri di raffronto, costituente uno dei necessari presupposti logicogiuridici della censura.
In tal senso il T.A.R. ha infatti evidenziato che i ricorrenti versano in condizioni soggettive ed oggettive evidentemente differenti rispetto alle categorie di personale in riferimento alle quali rivendicano la parità di trattamento ovvero i vicesovrintendenti e, in genere, gli altri dipendenti della pubblica amministrazione; e che a tal fine era sufficiente rimarcare la specificità delle mansioni espletate dagli ispettori rispetto a quelle spettanti al personale degli altri ruoli della polizia penitenziaria e delle altre amministrazioni in genere.
2.1.Con l'appello in epigrafe il De., l'Ascenzo, il Na., il Pi., il Di Giacinto e il Ma. hanno chiesto la riforma di tale sentenza, sostanzialmente riproponendo le medesime censure da loro dedotte nel giudizio di primo grado ma riferendole al contenuto della sentenza medesima.
2.2. Anche in tale ulteriore grado di giudizio si è costituito il Ministero della Giustizia, concludendo per la reiezione dell'appello.
2.3. Con ordinanza n. 1375 dd. 18 marzo 2009 la Sezione ha parzialmente accolto, à sensi dell'allora vigente art. 33 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034, la domanda di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, "ritenuto, nei limiti della sommaria delibazione consentita in fase cautelare e alla stregua dell'orientamento espresso dalla Sezione per fattispecie analoghe, che le doglianze articolate in primo grado risultano non prive di fondatezza, quantomeno per quanto concerne la posizione dei 23 concorrenti cui è stato concesso di scegliere con priorità sedi presso gli istituti penitenziari minorili, non indicate nell'originario bando di concorso (che riguardava esclusivamente sedi penitenziarie per adulti), non essendo consentito all'Amministrazione, dopo la formale indizione di una procedura concorsuale con analitica indicazione delle sedi poste a concorso, aggiungere ad esse nuove sedi non comprese nell'elencazione originaria; ritenuto che siffatto modus procedendi- ancorchè asseritamene determinato da sopravvenute e pressanti esigenze di copertura di sedi resesi vacanti nelle more del concorso - ha cagionato un vulnus alla trasparenza della procedura e alla par condicio tra i concorrenti, tenuto conto anche che la "sopravvenienza" delle sedi minorili non risulta comunque portata a conoscenza, con mezzi idonei,di tutti i partecipanti al concorso, ai quali pertanto non è stato consentito di proporre tempestivamente e a parità di conoscenze formale domanda per l'accesso alle sedi in questione".
In dipendenza di ciò, pertanto, la Sezione ha disposto la sospensione cautelare dell'efficacia della sentenza impugnata "limitatamente alle statuizioni relative alla posizione dei 23 concorrenti di cui in motivazione".
2.4. Alla pubblica udienza del 4 maggio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.
3.1. Tutto ciò premesso, il Collegio rileva che la sentenza qui impugnata è stata parimenti appellata sub R.G. 614 del 2009, sub R.G. 1070 del 2009, sub R.G. 1419 del 2009 e sub R.G. 8544 del 2009 da altri ricorrenti in primo grado parimenti rimasti soccombenti nel medesimo giudizio, e che tutti tali ricorsi - previa loro riunione - sono stati decisi con sentenza n. 5605 dd. 18 ottobre 2011 in senso favorevole alle parti ivi appellanti.
In dipendenza di ciò, pertanto, il contenuto di tale sentenza non può che essere confermato anche nella presente sede di giudizio.
3.2. Gli appellanti hanno censurato la sentenza appellata nelle parti in cui:
1) è stata ritenuta legittima la "scelta dei nominativi da destinare gli istituti minorili, avvenuta in base alle preferenze espresse da soggetti che ne aveva formulato richiesta e, soprattutto nella valorizzazione delle pregresse funzioni espletate in quell'ambito" per la ".. importanza dell'esperienza pregressa..." nell'espletamento di "...funzioni particolarmente delicate quale sono quelli degli operatori presso strutture minori" à sensi dell'art. 15 della L 395 del 1990, essendo - altresì - rilevante il fatto che tale assegnazione sarebbe stata considerata " a domanda" ed a spese dei dipendenti, con conseguente risparmio dell'indennità da erogare in occasione dei trasferimenti d'ufficio;
2) è stato affermato che "l'operatività dell'art. 33 della L. 104 del 1992 (sulla ricorrenza dei cui presupposti non vi è contestazione in ricorso) consegue automaticamente alla vigenza di tale disposizione, sicché l'imperatività della disciplina in argomento determina che la stessa trovi applicazione nell'ambito di ogni procedura concorsuale, a prescindere dalla necessità di un esplicito richiamo nel bando. L'obbligo di rispettare la disciplina de qua comporta - nella fasedell'assegnazione delle sedi - un'inequivocabile preferenza, dotata di supporto costituzionale, a favore dei soggetti che prestano assistenza continuativa ed esclusiva a soggetti portatori di grave handicap".
Secondo gli appellanti l'erroneità della sentenza resa dal T.A.R. discenderebbe dalla mancata considerazione dell'illegittimità della procedura complessivamente seguita per l'assegnazione dei vincitori di concorso alle 600 sedi di servizio previste, e ciò in quanto l'Amministrazione avrebbe favorito, rispettivamente i 23 neo vice ispettori che sono stati nuovamente destinati agli istituti minorili, i 70 dirigenti sindacali che sono stati lasciati nelle loro precedenti sedi mediante l' "escamotage" del "congelamento" dell'assegnazione dei relativi posti e i 33 dipendenti cui è stato accordato il beneficio previsto dall'art. 33 della L. 104 del 1992.
In tal senso, quindi, ad avviso degli appellanti l'amministrazione avrebbe operato in totale dispregio del bando di concorso, il quale non recherebbe traccia di disposizioni preferenziali né a favore dei dipendenti del dipartimento minorile, né a favore dei beneficiari della L. 104 del 1992, e posto la medesima Amministrazione, infatti, avrebbe in tali casi definito le sedi senza tenere in alcun conto dell'ordine della graduatoria, ossia di un principio di diritto che è espressione dei principi di buona amministrazione ed imparzialità di cui all'art.97 Cost..
Sempre secondo gli appellanti l'amministrazione appellata avrebbe applicato illegittimamente l'art. 33, comma 5, della L. 5 febbraio 1992 n. 104 che invece, secondo il suo contenuto all'epoca vigente, si riferirebbe solo al lavoratore che già assista con continuità un familiare portatore di handicap e non potrebbe essere applicato ai casi in cui il lavoratore ambisca ad un trasferimento, onde instaurare un rapporto di assistenza nell'ambito familiare (cfr., ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 30 aprile 2000 n. 2013).
Nella sentenza n. 5605 del 2001 è stato affermato al riguardo che in linea generale la regola dell'attribuzione delle sedi dei vincitori in esito alla posizione assunta da ciascuno di essi in graduatoria è espressamente sancito dall'art. 16 comma 3, del D.L.vo 30 ottobre 1992 n. 443, dettato in tema di ordinamento del Corpo della Polizia Penitenziaria, laddove testualmente si stabilisce che "la nomina a vice sovrintendente è conferita... secondo l'ordine della graduatoria risultante dagli esami di fine corso"
Tale principio è stato poi confermato, sotto il profilo generale, dall'art. 28, comma 1, del Regolamento recante norme generali per svolgimento dei concorsi e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi di cui al D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, in forza del quale - per l'appunto - "le amministrazioni e gli enti interessati procedono a nominare in prova e ad immettere in servizio i lavoratori utilmente selezionati, anche singolarmente o per scaglioni, nel rispetto dell'ordine di avviamento e di graduatoria integrata".
In dipendenza di ciò, quindi, il criterio dell'assegnazione delle sedi di concorso ai vincitori secondo l'ordine di graduatoria assurge al rango di principio generale della materia, con la conseguenza che il criterio medesimo va applicato anche nei casi in cui non sia espressamente previsto dal bando e che è un legittimo interesse del vincitore di concorso la scelta della sede tra quelle non ancora occupate da chi lo precede.
Eventuali deroghe a tale principio generale possono essere ammesse tra vincitori ex aequo del concorso a condizione che siano espressamente contemplate ab initio nel bando concorsuale e non alterino in senso sostanziale la parità di trattamento tra i concorrenti, o anche nell'ipotesi di cui all'art. 5 del D.P.R. 487 del 1994 riguardante "... i titoli che danno luogo a precedenza o a preferenza a parità di punteggio..., oppure nell'ipotesi in cui particolari disposizioni di legge o di regolamento, ovvero lo stesso bando concorsuale, destinino talune sedi di servizio a particolari "quote riservatarie" a favore di determinati concorrenti, da collocarsi nell'ambito di un'apposita graduatoria svincolata dalla graduatoria generale.
Detto altrimenti, in sede di assegnazione delle sedi ai vincitori di concorso l'Amministrazione. non ha alcun potere discrezionale di "gestione", e ciò in quanto si tratta di un tipico procedimento concorsuale, come tale strettamente regolato dal bando; e ciò, dunque, impone di escludere che l'Amministrazione medesima possa, per propria autonoma iniziativa o a seguito ad estemporanei accordi sindacali, legittimamente derogare alla tassatività dell'ordine di graduatoria e modificare discretivamente i criteri di assegnazione dopo la formale indizione della procedura concorsuale.
Per certo l'Amministrazione, sulla base di un'aggiornata rilevazione delle necessità con riguardo a determinate sedi di servizio, può concordare con le organizzazioni sindacali un aumento ed una diversa dislocazione dei posti a concorso: ma in tali evenienze essa è comunque tenuta, nella necessaria conformità dell'azione amministrativa ai principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione, ad aggiornare l'elenco delle sedi vacanti originariamente inserite nel bando, rendendo anche (e soprattutto) noto agli interessati quelle che si sono rese successivamente disponibili.
Quando si deve tener conto delle vacanze successivamente verificatesi, come nelle fattispecie in esame à sensi dell'art. 16, commi 3 e 4 del D.L.vo 443 del 1992, tutti i dati relativi alle sedi libere e disponibili prima dell'assegnazione devono essere resi pubblici: e ciò al fine di consentire ai vincitori di concorso di esprimere progressivamente le preferenze nell'assegnazione secondo il proprio merito.
Nel caso in esame sono state viceversa violate le regole procedimentali correttamente contenute nello stesso bando, per cui "la nomina... è conferita secondo l'ordine di graduatoria"; inoltre, l'omessa pubblicazione preventiva delle sedi su cui gli aventi titolo avrebbero dovuto effettuare l'opzione si è di fatto risolta in un vulnus del principio generale della stretta vincolatività dell'ordine di graduatoria; e, ancora, sono stati applicati di criteri di preferenza non previsti dal bando e - comunque - radicalmente illegittimi:
In tale contesto, e come la Sezione ha già avuto modo di osservare in casi del tutto identici, gli appellanti hanno puntualmente dedotto l'illegittimità dell'avvenuta assegnazione dei 23 concorrenti cui è stato concesso di optare con priorità per l'assegnazione a sedi presso gli istituti penitenziari minorili: criterio, questo, che non era assolutamente indicato nell'originario bando di concorso e che, peraltro, riguardava addirittura - in via esclusiva - sedi penitenziarie per adulti (cfr. sul punto l'ordinanza cautelare n. 6398 dd. 2 dicembre 2008 emessa da questa stessa Sezione).
Sempre in tale contesto, risulta quindi del tutto inconferente il richiamo del giudice di primo grado all'art. 15 della L. 395 del 1990, posto che à sensi della disciplina in esso contenuta i "criteri attitudinali" del personale di polizia penitenziaria da impiegare nel settore minorile rilevano solo ed esclusivamente in sede di adozione del decreto a cadenza biennale del Ministro di grazia e giustizia recante l'individuazione dei relativi contingenti, ma sono del tutto estranei alle procedura concorsuali: anche, e soprattutto, in quanto di essi non era stata nella specie fatta alcuna menzione nel bando concorsuale.
Inoltre, qualora - come, per l'appunto, nel caso di specie - l'assegnazione deve essere effettuata in applicazione dell'art. 16, commi 3 e 4 del D.L.vo 443 del 1992 per posti resisi vacanti in un momento successivo al bando, non è mai consentito all'Amministrazione, dopo la formale indizione di una procedura concorsuale con analitica indicazione delle sedi poste a concorso, aggiungere ad esse nuove sedi non comprese nell'elencazione originaria senza contestualmente consentire ai vincitori di formulare nuove opzioni.
L'Amministrazione, violando tale fondamentale regola, ha infranto la trasparenza della procedura e ha trattato in modo diverso tra loro i vincitori di concorso, tenuto conto anche che la "sopravvenienza" delle sedi minorili non risulta nella specie portata a conoscenza con mezzi idonei di tutti i partecipanti al concorso, ai quali pertanto non è stato consentito di proporre tempestivamente e a parità di conoscenza formale domanda per l'assegnazione a tali sedi di servizio (cfr. al riguardo l'ordinanza cautelare n. 2974 dd. 9 giugno 2009 emessa sempre da questa stessa Sezione): ed è, viceversa, intuitivo che ove mutino le sedi inizialmente poste a concorso è necessario partecipare agli interessati tutte le sedi medio tempore resesi disponibili, e ciò per consentire loro di esprimere l'indicazione dell'ordine preferenziale delle sedi medesime con cognizione di causa, ossia essendo resi edotti sia dei posti già opzionati (e dei relativi assegnatari, onde verificare la loro collocazione poziore in graduatoria), sia dei posti che sono residuati dopo la scelta degli altri vincitori che li precedono in graduatoria.
La ridefinizione dei contingenti regionali e l'individuazione dell'elenco nuovo delle sedi era pertanto un adempimento necessario ai sensi dell'anzidetto art. 16, ma i cui dettagli avrebbero dovuto essere preliminarmente partecipati ai soggetti utilmente collocati in graduatoria: e, nondimeno, il Dipartimento di Giustizia Minorile ha nella specie reputato - per contro - di poter prescindere dalla posizione ottenuta in graduatoria dai singoli, illegittimamente confermando " in blocco... nelle rispettive sedi, quasi tutti i vice ispettori già in servizio presso il dipartimento di giustizia minorile in virtù del piano di assegnazione personale in questione al contingente del corpo di polizia penitenziaria di cui alla nota n. 16.878 del giugno 2007, dalla quale si evince che le segnalazioni potrebbero essere applicati a domanda".
Tuttavia, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, tale ultimo provvedimento non poteva derogare alle regole del bando di concorso che, in quanto tali, sono di stretta applicazione; e del pari sono del tutto in conferenti gli asseriti risparmi invocati dall'Amministrazione e condivisi dallo stesso giudice, posto che - come è ben noto - in caso di assegnazione ad una nuova sede per vincita di concorso non spetta alcuna indennità, essendo questa una tipica ipotesi di trasferimento "a domanda" e non già "d'ufficio".
Deve pertanto necessariamente concludersi nel senso che l'Amministrazione, in forza del generale obbligo di conclusione del procedimento di cui all'art. 2, comma 1, della L. 7 agosto 1990 n. 241, doveva inderogabilmente far luogo all'assegnazione di tutti i vincitori - ivi compresi i dirigenti delle organizzazioni sindacali - nell'ordine di merito della graduatoria finale del corso di formazione, secondo le regole dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa: e da qui, pertanto, sia l'illegittimità sia della "concertazione" in un settore che appare del tutto estraneo alla tutela sindacale, sia del differimento - senza alcuna ragione di diritto - dell'assegnazione di ben 70 neo- ispettori che avevano incarichi sindacali.
Parimenti erronea è inoltre la sentenza impugnata sul punto concernente il rigetto della censura relativa all'applicazione, nel caso, dell'art. 33, comma 5, della L. 104 del 1992.
E" sufficiente rimarcare in proposito che il diritto di scelta della sede di lavoro, assicurato al lavoratore che assista con continuità un familiare portatore di handicap non costituisce un titolo preferenziale o una prelazione in favore del lavoratore vincitore di concorso, né consente di sovvertire l'ordine di assegnazione delle sedi secondo la graduatoria finale, posto che l'esercizio del diritto medesimo attiene esclusivamente posti di lavoro vacanti e ulteriori rispetto a quelli assegnati ai vincitori del concorso (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. VI, 23 giugno 2008 n. 3147); e da ciò, quindi, discende l'illegittimità dei provvedimenti impugnati anche a tale riguardo.
Per tutto quanto sopra deve pertanto concludersi nel senso dell'illegittimità del procedimento di assegnazione delle sedi del concorso in questione con riferimento ai n. 23 neoispettori assegnati alla giustizia minorile ed all'indebito riconoscimento in altri 33 casi dei benefici di cui alla L. 104 del 1992, con conseguente accoglimento dell'appello in epigrafe.
In dipendenza di ciò, sono annullati gli atti impugnati in primo grado.
4. Le spese e gli onorari di entrambi i gradi di giudizio possono peraltro essere integralmente compensati tra le parti.
(Torna su ) P.Q.M.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e - per l'effetto - accoglie il ricorso proposto in primo grado e annulla gli atti con esso impugnati.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Guido Romano, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 14 GEN. 2013
08-02-2013 00:02
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