Aeronautica militare. Mobbing.
Consiglio di Stato sez. IV Data: 06/08/2013 ( ud. 11/06/2013 , dep.06/08/2013 )
Numero: 4135
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 1317 del 2007, proposto da
Ni. Sa., rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Di Ciommo e
Giuseppe Cassano, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in
Roma, via Nizza n. 92, come da mandato a margine del ricorso
introduttivo;
contro
Ministero della difesa, in persona del Ministro legale rappresentante
pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei
Portoghesi n.12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio,
sezione prima bis, n. 14349 del 21 dicembre 2005;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2013 il Cons.
Diego Sabatino e uditi per le parti l'avvocato Manzi, per delega
dell'Avv. Di Ciommo, e l'avvocato dello Stato Marchini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
Con ricorso iscritto al n. 1317 del 2007, Ni. Sa. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima bis, n. 14349 del 21 dicembre 2005 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Ministero della difesa per il riconoscimento dei danni tutti, ivi compreso il danno biologico derivante da mobbing subito durante il servizio, e per il risarcimento del danno derivante da provvedimento illegittimo della pubblica amministrazione, riconosciuto con sentenza del T.A.R. Lazio del 9 maggio 2001.
Il giudice di prime cure, con la precedente sentenza n. 3249 del 3 maggio 2005, aveva dato atto che: "Premette il ricorrente di essere sottufficiale dell'Aeronautica, e di avere svolto, durante il periodo lavorativo prestato presso il 36° Stormo di Gioia del Colle, incarichi richiedenti massimo impegno psichico, quali la destinazione nelle campagne ACMI presso la sede di Decimomannu, ed in missioni all'estero di Squadron Exchange NATO.
Riferisce ancora di essere stato trasferito più volte nell'arco di pochi mesi, e di avere avvertito, a cagione di ciò, alterazione dell'umore, tanto da essere sottoposto a visita specialistica neurologica, presso l'IPAM di Bari, dove gli veniva diagnosticato in data 20/04/1994 "Stato di depressione di tipo presumibilmente reattivo, con stimmate ansiose".
Il successivo 23 maggio 1994, ricoverato presso la AUSL Taranto 2, gli veniva diagnosticata "Epatopatia cronica ad impronta steatosica in dislipidemia. Nevrosi ansiosa".
Riferisce di essere stato dapprima posto in aspettativa a causa delle infermità contratte, e di avere ricevuto il parere del Servizio sanitario presso il 36° Stormo circa la dipendenza delle stesse da causa di servizio ordinario, ma di essere poi stato posto in congedo assoluto per infermità senza dipendenza da causa di servizio in data 20 maggio 1996, sulla base dei pareri negativi espressi il 12 dicembre 1996 dall'Istituto Medico Legale di Napoli, ed il 3 giugno 1997 dalla Commissione sanitaria di appello.
A seguito del contenzioso incardinato avverso il diniego di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio in relazione alla infermità "Persistente stato depressivo reattivo di grado marcato", lo stesso T.A.R., con sentenza n. 3986 del 9 maggio 2001, accoglieva il gravame avanzato dal ricorrente, annullando il giudizio medico impugnato, avendo rilevato carenze istruttorie in ordine alla incidenza dei frequenti trasferimenti, ritenuti ingiustificati, sulla insorgenza e successiva evoluzione della infermità contratta, nè essendo emersa la valutazione delle conseguenze che detti eventi potevano avere avuto sulla personalità del ricorrente - sottufficiale che aveva costantemente riportato ottime valutazioni e che si era distinto per capacità di lavoro e professionalità - trattandosi di particolari cause stressogene, e di cui non era stata considerata l'influenza.
A seguito di tale riconoscimento, l'attuale appellante proponeva sia la domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimento illegittimo, che del danno biologico derivante da mobbing, per essere stato sottoposto negli ultimi anni di carriera ad attività persecutoria immotivata ed ingiustificata, mirata ad indurre il militare a rinunciare volontariamente a proseguire l'attività lavorativa, attraverso la progressiva emarginazione dal mondo del lavoro.
Si costituiva il Ministero della difesa che eccepiva, in rito, l'inammissibilità della domanda risarcitoria, non ricorrendo il pregiudiziale presupposto dell'annullamento degli atti di trasferimento, ed, in subordine, la prescrizione del diritto, per interposta azione giudiziale oltre il quinquennio dall'adozione degli atti ritenuti fonte di danno, l'ultimo dei quali risalente al 1994 e, nel merito, l'infondatezza della introdotta azione.
Peraltro, rilevata l'insufficienza della documentazione in atti, con riferimento alla vicenda contenziosa all'esame, il T.A.R. disponeva a carico del resistente Ministero, con la richiamata decisione, ordine di acquisizione degli atti relativi alla visita medica effettuata dal Collegio medico legale di cui all'estratto del verbale in data 13 febbraio 2002, con particolare riferimento al riesame effettuato in ordine alla dipendenza da causa di servizio delle infermità contratte "Stato depressivo reattivo", "Epatopatia cronica" e "Dislipidemia".
A detto incombente ha fatto seguito il deposito di parte resistente avvenuto in data 9 agosto 2005.
Assunta la causa in decisione, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, evidenziando l'inesistenza del presupposto per il riconoscimento del diritto vantato, stante il consolidamento degli atti amministrativi da cui sarebbe derivato il pregiudizio, mai gravati.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l'errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo le proprie doglianze.
Nel giudizio di appello, si è costituita l'Avvocatura dello Stato per il Ministero della difesa, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Alla pubblica udienza del 7 maggio 2013, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
Diritto
1. - L'appello non è fondato e va respinto, seguendo peraltro una motivazione diversa da quella adottata dal primo giudice.
2. - Va in primo luogo evidenziato che l'appellante ha espressamente richiesto la riforma della sentenza previo riconoscimento della pretesa azionata in primo grado (pag. 12 dell'atto di appello). Deve quindi ritenersi riproposta la domanda già presentata davanti al T.A.R. e comprendente le due diverse poste risarcitorie, rispettivamente relative al danno da provvedimento illegittimo e da mobbing per i motivi di seguito precisati.
3. - In relazione alla prima voce di danno, evidenzia la Sezione come la domanda sia inammissibile, atteso che la stessa viene solo azionata con il citato rinvio alla pretesa avanzata in primo grado, senza alcuna indicazione delle ragioni della sua fondatezza e delle ragioni dell'illegittimità dei provvedimenti su cui si basa la richiesta.
4. - In relazione alla seconda voce di danno, ossia il danno biologico derivante da mobbing subito durante il servizio, osserva la Sezione come le pur corrette osservazioni dell'atto di appello in relazione alla errata ricostruzione in diritto della disciplina, operata dal giudice di prime cure, non possono tuttavia condurre all'accoglimento della domanda proposta.
Va, infatti, condiviso l'appello quando nota come, nella fattispecie de qua, non avesse spazio (né lo aveva allora, al momento della pubblicazione della sentenza del T.A.R.) la tematica della pregiudiziale amministrativa, atteso che si verte in una questione di diritto soggettivo, collegato alla tutela del bene primario della salute.
Il giudice avrebbe dovuto condurre quindi un accertamento diretto sull'esistenza della fattispecie di danno e sulla presenza degli elementi per il riconoscimento della sua natura colposa, dovuta al fatto della pubblica amministrazione.
È tuttavia su tale profilo, di natura strettamente probatoria, che si dimostra invece l'infondatezza della pretesa dell'appellante.
Va qui ricordato che per "mobbing", in assenza di una definizione normativa, si intende normalmente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del lavoratore, tale che ne consegua un effetto lesivo della sua salute psicofisica.
Ne deriva che, ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro, va accertata la presenza di una pluralità di elementi costitutivi, dati da: la molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio; l'evento lesivo della salute psicofisica del dipendente; il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell'integrità psicofisica del lavoratore; la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio. Si tratta in fondo di uno schema ricalcato da quello generale di cui all'art. 2043 c.c. e riversato nella situazione particolare in scrutinio.
Come afferma la giurisprudenza (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 12 marzo 2012 n. 1388), la condotta di mobbing del datore di lavoro va esposta nei suoi elementi essenziali dal lavoratore, che non può limitarsi davanti al giudice a genericamente dolersi di esser vittima di un illecito (ovvero ad allegare l'esistenza di specifici atti illegittimi), ma deve quanto meno evidenziare qualche concreto elemento in base al quale il giudice amministrativo, anche con i suoi poteri ufficiosi, possa verificare la sussistenza nei suoi confronti di un più complessivo disegno preordinato alla vessazione o alla prevaricazione, in quanto, la pur accertata esistenza di uno o più atti illegittimi adottati in danno di un lavoratore non consente di per sé di affermare l'esistenza di un'ipotesi di mobbing, laddove il lavoratore stesso non alleghi ulteriori e concreti elementi idonei a dimostrare l'esistenza effettiva di un univoco disegno vessatorio o escludente in suo proprio danno.
La situazione delineata ora nei suoi elementi caratterizzanti si evidenzia ora nella questione in esame, dove l'appellante, rimarcata la circostanza della sottoposizione a tre diversi trasferimenti, peraltro all'interno della stessa base aerea e quindi senza movimentazione di sede, ne ha sostenuto (senza allegarne le ragioni né tanto meno provarle) la loro illegittimità e, soprattutto, non ha evidenziato alcun elemento (quindi anche qui manca l'allegazione, prima ancora della prova) a sostegno del sopra citato complessivo disegno preordinato alla vessazione o alla prevaricazione.
In conclusione, deve ritenersi del tutto mancata la prova dell'esistenza del fatto causativo del danno di cui si chiede il ristoro.
5. - L'appello va quindi respinto, non potendosi esaminare la domanda di quantificazione del danno risarcibile, essendo venuta meno la prova della sua stessa esistenza. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).
PQM
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l'appello n. 1317 del 2007;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio dei giorni 7 maggio e 11 giugno 2013, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
Riccardo Virgilio, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere, Estensore
Umberto Realfonzo, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 06 AGO. 2013
31-08-2013 14:53
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