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Sentenza

Mobbing nel pubblico impiego non privatizzato: è giurisdizione esclusiva del giu...
Mobbing nel pubblico impiego non privatizzato: è giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
Personale docente universitario - Mobbing la giurisdizione è amministratativa

Consiglio di Stato Sez. Sesta - Sent. del 20.06.2012, n. 3584

Presidente Volpe - Relatore Castriota Scanderbeg

Fatto e diritto

E” impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sede di Napoli, 17 aprile 2009 n. 2007, che ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, sul ricorso proposto dall'odierno appellante, all'epoca dei fatti ricercatore confermato di ruolo presso la Facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università Federico II di Napoli, per il risarcimento di tutti i danni, morali e materiali, asseritamente patiti in conseguenza dei ripetuti comportamenti, ritenuti discriminatori e vessatori, perpetrati in suo danno dalla amministrazione universitaria a decorrere dall'anno 1996.
L'appellante rileva la erroneità della impugnata sentenza declinatoria della giurisdizione amministrativa, osservando che i danni oggetto della domanda risarcitoria di primo grado, in quanto strettamente connessi e consequenziali rispetto ad atti amministrativi già vittoriosamente impugnati dinanzi al giudice amministrativo, non potrebbero che essere liquidati dallo stesso giudice amministrativo che ha conosciuto della attività amministrativa presupposta. Di tal che non sarebbe condivisibile, secondo la prospettazione dell'appellante, la conclusione cui è pervenuto il giudice di primo grado, secondo cui il rapporto di lavoro nell'ambito del quale sarebbero stati posti in essere i comportamenti integranti il mobbing sarebbe stata solo l'occasione di esposizione del ricorrente ai fatti ascritti alla Amministrazione datoriale quale presupposto della sua responsabilità civile, laddove invece detta responsabilità avrebbe matrice contrattuale in quanto ricollegabile alla violazione del dovere di protezione di cui all'art. 2087 cod.civ., incombente anche sulla pubblica amministrazione nella veste di datrice di lavoro. Di qui la richiesta di accertamento della sussistenza della giurisdizione amministrativa e di annullamento della sentenza impugnata con conseguente rinvio della causa al giudice di primo grado per la trattazione del merito.
Si è costituita la intimata Università per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.
All'udienza del 15 maggio 2012 il ricorso è stato trattenuto per la sentenza.
L'appello è fondato e va accolto.
La sola questione da dirimere, afferente la sussistenza o meno della giurisdizione amministrativa a conoscere della presente controversia, può essere compendiata nel seguente quesito: se la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblico impiego non privatizzato si estende anche alla cognizione delle azioni inerenti il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivante dal cosiddetto mobbing .
Ritiene il Collegio che al quesito deve darsi risposta affermativa a condizione che l'azione proposta possa in concreto qualificarsi in termini di responsabilità contrattuale per violazione dell'obbligo di garanzia imposto dall'art 2087 cod.civ. (in termini, Cons. St., sez. VI, 4 settembre 2006, n. 5087; Cons. St. sez V 15 ottobre 2010 n. 7527).
Nell'ambito del rapporto di lavoro pubblico rimasto escluso dalla privatizzazione (quale quello del personale docente nelle università) l'Amministrazione in veste di datore di lavoro emana atti di natura autoritativa idonei ad affievolire le posizioni soggettive del lavoratore, quali l'atto di nomina, di cessazione del rapporto, di inquadramento, di trasferimento e, più in generale, gli atti di organizzazione del rapporto di lavoro; di tal che le pretese del pubblico dipendente dirette a contestarne la legittimità debbono necessariamente essere proposte nel termine di decadenza, decorrente dalla piena conoscenza dell'atto, fatta eccezione per i soli atti paritetici, quali quelli aventi ad oggetto pretese patrimoniali et similia.
Nel caso in esame l'odierno appellante ha impugnato vittoriosamente dinanzi al giudice di primo grado alcuni atti posti in essere dalla amministrazione universitaria in suo danno; in particolare, ha impugnato la sua esclusione dagli insegnamenti nei corsi tutoriali degli anni 1996/1997 nonché la sua estromissione (occorsa nel 1997) da una commissione d'esame a seguito di alcuni dissidi insorti con altri componenti della commissione. In questa sede il ricorrente chiede di essere risarcito dei danni consequenziali, assumendo che i comportamenti della amministrazione universitaria, tradottisi in particolare nell'adozione dei suindicati atti già annullati in sede giurisdizionale, abbiano i connotati propri della condotta illecita (integrante il così detto mobbing ) fonte di responsabilità civile per l'università datoriale.
Secondo la giurisprudenza (Cassazione civile, sez. lav., 9 settembre 2008, n. 22858, Consiglio di Stato sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2015) integra la nozione di mobbing “la condotta del datore di lavoro protratta nel tempo e consistente nel compimento di una pluralità di atti (giuridici o meramente materiali, ed, eventualmente, anche leciti) diretti alla persecuzione od all'emarginazione del dipendente, di cui viene lesa - in violazione dell'obbligo di sicurezza posto a carico dello stesso datore dall'art. 2087 c.c. - la sfera professionale o personale, intesa nella pluralità delle sue espressioni (sessuale, morale, psicologica o fisica)”.
La soluzione della questione del riparto della giurisdizione rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrità psicofisica (danno biologico da mobbing ) proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell'Amministrazione, è strettamente subordinata all'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto, se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nel caso di controversia afferente, come nella specie, un rapporto di impiego pubblico non contrattualizzato, ovvero relativa al periodo del rapporto antecedente al 30 giugno 1998.
Vero è che la Corte di Cassazione ha sul punto costantemente affermato (Cass. civ., Sez. Unite, 2 luglio 2004, n. 12137) che, al fine di tale accertamento, non possono invocarsi come indizi decisivi della natura contrattuale dell'azione né la semplice prospettazione della inosservanza dell'art. 2087 cod.civ., né la lamentata violazione di più specifiche disposizioni strumentali alla protezione delle condizioni di lavoro; ma una siffatta irrilevanza di detto richiamo dipende da tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito, ossia da una condotta dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi indifferentemente nei confronti della generalità dei cittadini come nei confronti dei propri dipendenti, costituendo in tal caso il rapporto di lavoro mera occasione dell'evento dannoso.
Tuttavia nei casi in cui, come appunto nella specie, la condotta dell'amministrazione si presenti con caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto di impiego, la natura contrattuale della responsabilità non può essere revocata in dubbio, poiché l'ingiustizia del danno non è altrimenti configurabile che come conseguenza delle violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto medesimo si articola e si svolge. Tale è il caso in cui il danno consegua a comportamenti che l'Amministrazione datrice di lavoro ponga in essere nell'esercizio del potere di supremazia gerarchica verso il lavoratore subordinato, impartendogli ordini, disposizioni e direttive ovvero assegnandolo o distogliendolo dal compimento di attività e funzioni nell'ambito della propria struttura organizzativa.
Ora, poichè è in questo contesto giuridicofattuale che si inserisce anche la presente vicenda litigiosa, assumendosi dal ricorrente che il danno lamentato fu prodotto dalla sua mancata assegnazione a corsi tutorali nonché dalla sua esclusione da una commissione di concorso a seguito di alcune divergenze insorte con gli altri componenti in ordine alla valutazione di alcuni candidati, va conseguentemente dichiarata la sussistenza della giurisdizione amministrativa a conoscere della presente controversia, il cui esame va rimesso al giudice di primo grado, previo annullamento della impugnata sentenza ai sensi dell'art. 105 del cod. proc. amm..
Le spese e gli onorari del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, in considerazione della natura processuale della decisione
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello (RG n. 1302/2010), come in epigrafe proposto, lo accoglie, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e, previo annullamento della sentenza impugnata, rimette la causa dinanzi al giudice di primo grado per la trattazione del merito.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Depositata in Segreteria il 20.06.2012
Avv. Antonino Sugamele

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