L’art. 12, d.lgs. n. 163/2006, impone l’obbligo alla P.A. di adottare un provvedimento espresso di aggiudicazione definitiva
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - SENTENZA 26 marzo 2012, n.1766
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 7918 del 2011, proposto da Tecnogreen s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marcello Cardi e Francesco A. De Matteis, ed elettivamente domiciliata presso il primo dei difensori in Roma, viale Bruno Buozzi n. 51, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
contro
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria, sezione prima, n. 172 del 16 giugno 2011.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2012 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti l'avvocato Marcello Cardi e l'avvocato dello Stato Andrea Fedeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 7918 del 2011, Tecnogreen s.r.l. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria, sezione prima, n. 172 del 16 giugno 2011 con la quale è stato dichiarato improcedibile il ricorso principale e respinti i motivi aggiunti e la domanda risarcitoria proposti nel giudizio per l'accertamento dell'obbligo dell'Amministrazione di provvedere all'aggiudicazione definitiva e alla stipula del contratto per l'affidamento dei lavori di 'sistemazione idrogeologica del versante in frana in località Ivancich nel Comune di Assisi - Progetto di completamento' e per la condanna del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti al risarcimento dei danni causati, ai sensi dell'art. 30 del d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104.
Dinanzi al giudice di prime cure, la Tecnogreen S.r.l., con il ricorso introduttivo, aveva chiesto l'accertamento dell'obbligo dell'Amministrazione statale intimata a provvedere all'aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto per l'affidamento dei lavori di “sistemazione idrogeologica del versante in frana in località Ivancich nel Comune di Assisi”, con conseguente condanna del Ministero al risarcimento del danno da ritardo, quantificato in euro 221.719,24, o nella diversa somma ritenuta di giustizia.
Esponeva di avere partecipato alla procedura ristretta, indetta dal Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche Toscana-Umbria, sede di Perugia, per l'affidamento dei lavori, a corpo e misura, e di essere risultata prima graduata.
Lamentava come, a distanza di un anno dall'aggiudicazione provvisoria, comunicata il 25 novembre 2009, e nonostante che avesse presentato tutta la documentazione prescritta per la stipula del contratto, il procedimento di affidamento non si fosse ancora concluso. Da ultimo, a seguito di richiesta del R.U.P in data 12 agosto 2010, la società ricorrente il successivo 9 settembre aveva fornito ulteriore documentazione; dopo tale risposta era tornato il silenzio dell'Amministrazione; avverso tale inerzia deduce la violazione dell'art. 97 della Costituzione, dell'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché ancora degli artt. 11 e 12 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.
Ai sensi dell'art. 12 del codice dei contratti pubblici l'aggiudicazione provvisoria è soggetta ad approvazione nel rispetto dei termini previsti dai singoli ordinamenti; in mancanza, il termine è pari a trenta giorni; decorso il quale, l'aggiudicazione si intende approvata.
L'art. 11, comma 9, dello stesso testo legislativo aggiunge che, divenuta efficace l'aggiudicazione definitiva, la stipulazione del contratto ha luogo entro il termine di sessanta giorni.
Tali termini sono stati disattesi nel caso di specie, in cui è già trascorso un anno dalla comunicazione dell'aggiudicazione provvisoria, senza che si sia giunti all'aggiudicazione definitiva.
Anche a volere considerare l'ultima trasmissione di documenti da parte dell'impresa (avvenuta il 9 settembre 2010), è egualmente trascorso il termine legislativamente prescritto.
Si costituiva in giudizio l'Amministrazione intimata, allegando che il ritardo nell'adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva era dipeso dall'approfondita indagine, resa necessaria dalla diversità della tipologia dell'intervento proposto dalla società rispetto a quello indicato nel bando, e segnalando altresì la pendenza del procedimento di annullamento dell'aggiudicazione provvisoria, tradottosi nel provvedimento del Provveditore della sede coordinata di Perugia prot. n. 231 del 25 gennaio 2011, formalmente disponente il diniego di approvazione dell'aggiudicazione provvisoria.
Avverso tale provvedimento la società ricorrente proponeva i seguenti motivi aggiunti:
1) Violazione dell'art. 97 della Costituzione, dell'art. 1 della legge n. 241 del 1990, dell'art. 12 del d.lgs. n. 163 del 2006; violazione dei principi di trasparenza ed imparzialità; eccesso di potere per sviamento, travisamento ed illogicità.
La gara è stata aggiudicata alla ricorrente nel novembre del 2009 sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, avendo ricevuto la proposta tecnica migliorativa della Tecnogreen il massimo punteggio.
Il provvedimento in questa sede gravato, più che come diniego di approvazione dell'aggiudicazione, va qualificato come annullamento dell'aggiudicazione definitiva.
L'Amministrazione ha inoltre alimentato le aspettative della ricorrente chiedendo la produzione della documentazione integrativa ed inducendola a stipulare un accordo bonario con i proprietari delle aree interessate dall'occupazione.
Risultano inoltre violati i principi di trasparenza ed imparzialità nella scelta del contraente, i quali impongono che la valutazione delle componenti dell'offerta suscettibili di apprezzamento discrezionale abbia luogo e termine prima che siano note quelle soggette a criteri vincolati od automatici; in particolare, nel caso di specie, il punteggio 70/100 previsto dal disciplinare di gara per l'elemento tecnico era riservato alla “proposta tecnica migliorativa ed integrativa”, la cui valutazione non può che essere rimessa alla sola Commissione di gara, nel rispetto della descritta sequenza procedimentale.
2) Violazione dell'art. 97 della Costituzione; violazione degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241 del 1990; violazione del bando di gara; violazione dei principi valevoli in materia di annullamento per autotutela; eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, illogicità e difetto di motivazione; violazione dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990.
Il provvedimento impugnato, da intendersi quale annullamento dell'aggiudicazione definitiva, tacitamente intervenuta ai sensi dell'art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006, è comunque carente dei presupposti che giustificano l'esercizio del potere di autotutela, e di annullamento d'ufficio in particolare.
Ed invero è arduo sostenere, senza peraltro fornire alcuna motivazione al riguardo, che la proposta migliorativa dell'impresa configurerebbe una variante sostanziale, non compatibile con la lex specialis della gara; al più si potrebbe ipotizzare una revoca dell'atto per una diversa ed inespressa valutazione dell'interesse pubblico, in violazione peraltro dell'art. 21 quinquies, che richiede la corresponsione dell'indennizzo. In realtà, la proposta migliorativa della Tecnogreen interviene, nei limiti del progetto a base di gara, solamente sulle modalità di perforazione, che invece di essere realizzata dall'interno, è effettuata dall'esterno, con sistema teleguidato.
Per quanto concerne poi la perenzione dei fondi, va osservato che già il bando di gara, al punto M, precisava che i pagamenti dell'appaltatore sarebbero stati effettuati solo dopo apposita richiesta di pagamento da parte dell'aggiudicatario, e conseguente reiscrizione degli importi nel bilancio dello Stato.
Sotto altro profilo, non sussiste l'interesse pubblico concreto ed attuale all'annullamento dell'aggiudicazione dopo oltre un anno dalla sua adozione; anzi, la comunità di Assisi e la locale Amministrazione attendono da tempo la sistemazione idrogeologica del versante in frana in località Ivancich, opera da realizzare speditamente.
E' mancata, da ultimo, qualsivoglia valutazione degli interessi dell'impresa ricorrente beneficiaria dell'aggiudicazione, in spregio dell'affidamento meritevole di tutela ingenerato sin dal 25 novembre 2009.
Il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, ritenendo improcedibile il ricorso introduttivo proposto avverso il silenzio, stante il sopraggiungere del provvedimento del Provveditore della sede coordinata di Perugia prot. n. 231 del 25 gennaio 2011, e sottolineando la correttezza dell'operato della pubblica amministrazione, in relazione al contenuto di tale atto, successivamente gravato, procedendo altresì alla sua qualificazione.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l'errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione alle scansioni della procedura ed alla legittimità del provvedimento intervenuto in corso di giudizio.
All'udienza del giorno 8 novembre 2011, l'esame dell'istanza cautelare veniva rinviato al merito.
All'udienza del 24 gennaio 2012, il ricorso è stato discusso e deciso come da separato dispositivo n. 317/2012, depositato nella stessa data.
DIRITTO
1. - L'appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. - La questione sottoposta all'esame della Sezione ha una doppia articolazione processuale, in quanto il ricorso originario, scaturito da un supposto silenzio illegittimo serbato dall'amministrazione, si è poi convertito in un giudizio impugnatorio, in relazione al provvedimento successivamente emesso durante il processo.
In relazione alla prima fase, correttamente il T.A.R. ha ritenuto improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso avverso il silenzio, essendo in corso di giudizio intervenuto il provvedimento del Provveditore alle Opere Pubbliche prot. n. 231 del 25 gennaio 2011, gravato con i motivi aggiunti.
Tuttavia, la mera declaratoria dell'esito meramente processuale del giudizio non esclude la necessità di indagare la natura dei doveri dell'amministrazione, sia perché sorge la necessità di qualificare correttamente il provvedimento sopraggiunto, come già fatto in primo grado, sia per esaminare il primo motivo di ricorso dell'appellante, che espressamente ripropone la tesi dell'intervenuta aggiudicazione definitiva.
La vicenda di cui si verte può essere scrutinata esaminando la fase subprocedimentale successiva all'intervenuta aggiudicazione provvisoria, precisandosi, tuttavia, come meglio si vedrà in seguito, che le norme di questo segmento non esauriscono i poteri della pubblica amministrazione, atteso che dal complesso del testo del codice dei contratti pubblici sono evincibili attribuzioni di carattere generale che, per la loro stessa natura, incidono trasversalmente sull'intera procedura, e quindi anche nella fase ora in esame.
Tornando per ora al segmento in esame, va rilevato come la norma centrale sia contenuta nel comma 5 dell'art. 11 del codice dei contratti, dove si afferma che “la stazione appaltante, previa verifica dell'aggiudicazione provvisoria ai sensi dell'articolo 12, comma 1, provvede all'aggiudicazione definitiva”. Dal testo normativo, non è dato capire se la verifica, di cui parla il citato comma 5 dell'art. 11, coincida in tutto con il meccanismo di approvazione dell'aggiudicazione provvisoria, indicato nel comma 1 dell'art. 12 successivo. Tuttavia, se è vero che le due norme contengono un'indicazione semanticamente diversa, è del pari vero che non vi è diversità di spazio giuridico diverso tra i due meccanismi subprocedimentali e, soprattutto, non è dato rinvenire quale ulteriore attività dell'amministrazione potrebbe giustificare una diversità concettuale.
Il completamento delle attività di cui all'art. 12, comma 1, del codice dei contratti pubblici, ossia l'approvazione dell'organo competente nel rispetto dei termini previsti dai singoli ordinamenti, ed, in mancanza, entro trenta giorni, salva la disciplina dell'interruzione dei termini, esaurisce i poteri specifici dell'amministrazione in questa fase processuale. Decorso il termine, l'aggiudicazione si intende approvata per cui, a norma nel comma 5 dell'art. 11 del codice dei contratti, “la stazione appaltante … provvede all'aggiudicazione definitiva”.
Il testo normativo evidenzia quindi, da un lato, un obbligo di procedere all'emissione di un provvedimento espresso di aggiudicazione definitiva e, dall'altro, la sua obbligatorietà, tranne l'attivazione degli altri poteri generali di controllo spettanti alla stazione appaltante, ma estranei alla suddetta fase subprocedimentale.
Conclusivamente, scaduto il termine di trenta giorni dall'aggiudicazione provvisoria ed in assenza di un provvedimento espresso, l'emissione del provvedimento di aggiudicazione definitiva diviene concretamente esigibile da parte del privato, attesa la natura vincolata di tale atto e l'inesistenza di poteri interdittivi della pubblica amministrazione, se non quelli generali di cui si vedrà in seguito. Ovviamente, tale situazione non incide sulla conseguibilità in concreto dell'affidamento del contratto, atteso che a valle di questa situazione si collocano ulteriori adempimenti (ed in particolare, nell'ambito della stessa fase subprocedimentale, quelli tesi a conferire efficacia dell'aggiudicazione definitiva, nonché i controlli sul contratto stipulato) che possono influire sull'effettivo svolgimento della prestazione e sul pregiudiziale affidamento. Si tratta, però, di momenti di controllo successivi, che non incidono quindi sulla fase in esame e sulla nascita del vincolo in capo alla pubblica amministrazione.
Si può quindi convenire, con il primo giudice, quando questi afferma che il meccanismo del silenzio assenso prefigurato dall'art. 12, comma 1, riguarda solo l'approvazione dell'aggiudicazione provvisoria, mentre l'aggiudicazione definitiva richiede una manifestazione di volontà espressa dell'Amministrazione, ossia un provvedimento. Meno condivisibile è l'assunto che tale provvedimento debba essere conseguente ad un “rinnovato esame delle valutazioni già compiute dall'organo tecnico in sede di selezione della migliore offerta”, atteso che non è dato cogliere, nella fase subprocedimentale in esame, alcun sostegno normativo a tale assunto. Infatti, la circostanza che il codice non fissi un termine espresso per l'emissione del provvedimento di aggiudicazione definitiva è fatto certamente collegabile, come evidenzia il T.A.R., all'esistenza comunque di un limite temporale massimo di efficacia dell'offerta, che è quella indicata dal bando, ovvero di centottanta giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione, ma ciò non si lega invece ai tempi per gli adempimenti necessari alla verifica dell'operato della commissione, visto che questi si collocano, da un lato, nel segmento massimo di trenta giorni di cui all'art. 12 comma 1 e, per le fasi susseguenti, negli adempimenti successivi all'aggiudicazione definitiva, primo tra tutti la verifica dei requisiti, rilevante per l'efficacia (art. 11 comma 8) e non cronologicamente prefissata nel testo codicistico, in quanto dipendente da acquisizioni documentali esterne.
E, infatti, anche il potere che la stazione appaltante conserva, persino di fronte di un'approvazione tacita dell'aggiudicazione provvisoria, di procedere o meno all'aggiudicazione definitiva in base ad una propria valutazione discrezionale, si colloca in un contesto diverso, essendo espressione di quei poteri trasversali di controllo, di cui si tratterà nel prosieguo, che non discendono dalla rigida scansione prefigurata dagli art. 11 e 12 del codice dei contratti pubblici, ma dalla diversa, e più generale, facoltà attribuita a norma dell'art. 81 comma 3 dello stesso codice.
Tuttavia, le argomentazioni svolte che, per un verso, permettono di ritenere illegittimo il silenzio originariamente serbato dall'amministrazione, dall'altro verso non consentono di ritenere fondato il motivo di ricorso proposto. Infatti, la censura proposta si fonda sul ritenuto perfezionamento dell'aggiudicazione definitiva sulla base della mera inerzia della stazione appaltante, mentre invece, come sopra evidenziato, è la stessa norma che rende palese la necessità di un provvedimento ulteriore dell'amministrazione, non altrimenti sostituibile benché vincolato nei contenuti. Manca quindi un collegamento tra la situazione effettivamente provata in giudizio e le conseguenze che l'appellante ne vuol far derivare.
Il motivo va quindi respinto.
3. - Evidenziata quindi la fondatezza dell'originario ricorso per il riconoscimento del silenzio dell'amministrazione in merito all'adozione dei provvedimenti conseguenti all'intervenuta approvazione implicita dell'aggiudicazione provvisoria, atti da adottare espressamente anche se aventi contenuto vincolato, e quindi respinto il primo motivo del ricorso d'appello, può procedersi alla disamina della seconda ragione di doglianza, con la quale la parte appellante, sotto una pluralità di profili, evidenzia l'illegittimità del susseguente provvedimento, che può bene essere qualificato, precisando quanto già fatto in primo grado, come un diniego di (emissione del provvedimento di) aggiudicazione definitiva.
La Sezione ritiene di rimarcare come il potere della stazione appaltante, esercitato in concreto con il provvedimento del Provveditore alle Opere Pubbliche prot. n. 231 del 25 gennaio 2011, gravato con i motivi aggiunti, trovi la sua fonte nel già citato art. 81 comma 3 del codice dei contratti pubblici, che prevede che “le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all'aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all'oggetto del contratto”.
Si tratta di un potere di carattere amplissimo, in relazione al quale la giurisprudenza ha avuto modo di sottolineare la natura, quale esternazione concreta della possibilità per la stazione appaltante di non procedere all'aggiudicazione del contratto per specifiche ed obiettive ragioni di pubblico interesse (ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2838), ed il suo collocamento sistematico, quale atto conclusivo del medesimo procedimento amministrativo (e come tale non richiedente un'autonoma comunicazione di avvio del procedimento, ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 24 ottobre 2006, n. 6332).
In questo senso, seppure dal contesto normativo emergano indici che possano far pensare ad un'attribuzione esclusiva in favore della sola commissione delle valutazioni tecniche (si ponga mente all'indicativo usato dal comma 1 dell'art. 84 nel prevedere che “la valutazione è demandata ad una commissione giudicatrice” e nel particolare complesso di cautele che circondano la nomina della commissione stessa e la scelta dei suoi componenti), occorre del pari evidenziare come il potere in esame sia espressamente connotato in rapporto ai presupposti per il suo esercizio (la convenienza o l'idoneità dell'offerta) e si giustifichi in relazione alle attribuzioni negoziali, che rimangono saldamente in capo alla stazione appaltante.
Sulla base di questo inquadramento, possono ora esaminarsi le censure dedotte contro il provvedimento intervenuto nel corso del giudizio di primo grado.
Escluso, per le ragioni anzidette, che si verta su di un atto di esplicazione dell'autotutela della stazione appaltante (forma provvedimentale che trova spazio, a norma dell'art. 11 comma 9 del codice, solo a seguito dell'intervenuta efficacia dell'aggiudicazione definitiva), deve considerarsi inconferente l'argomentazione addotta al punto A) del secondo motivo di ricorso, atteso che l'illegittimità della valutazione operata dalla commissione non è presupposto per l'esercizio del potere di cui all'art. 81 comma 3, sopra esaminato.
Parimenti, e venendo al punto B) del secondo motivo di appello, l'interesse pubblico evidenziato nell'atto gravato appare adeguatamente motivato, in quanto esso si fonda su un'istruttoria ampia, anche eclettica nelle sue acquisizioni, che ha tenuto conto tanto del parere del consulente, come pure di quello del comitato tecnico amministrativo, evidenziando come la proposta offerta dalla Tecnogreen s.r.l. dovesse essere considerata non quale un miglioramento costruttivo, ma come una variante sostanziale al progetto posto alla base della gara stessa. Tale qualificazione, oltre a dare fondamento alla sua non ammissibilità a norma della disciplina di gara, portava come conseguenza anche un aggravamento del procedimento, stante la necessaria occupazione di proprietà private, anche se non in modo da determinare maggiori oneri economici.
Infine, ed in relazione al punto C) del secondo motivo di appello, con cui ci si duole della mancata valutazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, occorre rimarcare come l'aggiudicazione provvisoria di un contratto non sia idonea a generare alcun affidamento qualificato, per cui la mancata conclusione della procedura o anche il suo annullamento, può sempre aver luogo, salvo l'obbligo di motivazione in relazione all'esistenza dei presupposti necessari (Consiglio di Stato, sez. V, 27 aprile 2011, n. 2479). Si tratta quindi di una situazione giuridica non altrimenti tutelabile e che non può quindi condurre alla declaratoria di illegittimità del provvedimento gravato.
4. - Conclusivamente, le statuizioni del giudice di prime cure vanno confermate, sia in relazione alla pronuncia processuale sul ricorso introduttivo avverso il silenzio tenuto dall'amministrazione statale sia in relazione alla disamina sostanziale sulla legittimità del provvedimento gravato con i motivi aggiunti.
Va del pari confermata la pronuncia sull'inaccoglibilità della domanda risarcitoria e ciò, in disparte ogni valutazione dogmatica sulla natura del danno da ritardo, sulla mera osservazione che le singole poste risarcitorie vantate (ritardo nel conseguimento dell'utile e spese generali improduttive) appaiono non solo eventuali ma legate con nesso di consequenzialità all'avvenuta stipula del contratto, evento invece non realizzatosi a seguito della scelta legittima dell'amministrazione di non dare ulteriore prosieguo alla procedura di gara.
Mancano quindi gli elementi essenziali della fattispecie del danno risarcibile.
5. - L'appello va quindi respinto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale novità della questione decisa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l'appello n. 7918 del 2011;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
31-03-2012 00:00
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