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Sentenza

GUARDIA DI FINANZA.Procedimento disciplinare. Violazione del giuramento.Consegue...
GUARDIA DI FINANZA.Procedimento disciplinare. Violazione del giuramento.Conseguenza.Perdita del grado per rimozione. Illegittimità per violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.
Autorità:  Consiglio di Stato  sez. IV
Data:  20 settembre 2012
Numero:  n. 5037
                         REPUBBLICA ITALIANA                         
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
                        Il Consiglio di Stato                        
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)                             
ha pronunciato la presente                                           
                               SENTENZA                              
sul ricorso numero di registro generale 3457 del 2009, proposto dal: 
Maresciallo  Capo  in  congedo  Na. Mi., rappresentato e difeso dagli
avv.  Roberto Carapelle e Mario Menghini, con domicilio eletto presso
il secondo di detti difensori, in Roma, via della Mercede n. 52;     
                                contro                               
il  Ministero  dell'Economia  e  delle Finanze ed il Comando Generale
della   Guardia   di   Finanza,   per  legge  rappresentati  e difesi
dall'Avvocatura  Generale dello Stato e domiciliati, in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;                                                   
per la riforma                                                       
della sentenza del T.A.R. Piemonte - Sezione I^ - n. 543 del 7 aprile
2008, resa tra le parti, concernente perdita grado per rimozione     
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;                   
Visto  l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia
e delle Finanze e del Comando Generale della Guardia di Finanza;     
Viste le memorie difensive;                                          
Visti tutti gli atti della causa;                                    
Relatore  nell'udienza  pubblica  del  giorno 29 maggio 2012 il Cons.
Guido  Romano  e  uditi  per  le  parti gli avvocati Mario Menghini e
Melania Nicoli dell'Avvocatura generale dello Stato;                 
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.              

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FATTO e DIRITTO
1. - In seguito alla ricezione da parte di vari organi istituzionali di sei denunce anonime nei confronti di Ufficiali e Sottufficiali della Guardia di Finanza, nonché di civili, per ritenuti reati contro la P.A. ed in seguito ai relativi approfondimenti sulla paternità di tali denunce, veniva instaurato nei confronti del Maresciallo Capo Mi. Na., all'epoca dei fatti in servizio presso la Tenenza di Mondovì, un procedimento penale con la contestazione del reato di calunnia continuata e aggravata, ai sensi degli artt. 81 cpv, 368, 61, nn. 9 e 10, c.p.
Il Tribunale di Mondovì, con sentenza del 27 maggio 1996, condannava l'imputato alla pena di un anno e undici mesi di reclusione e tale conclusione era confermata anche dalla Corte d'Appello di Torino, con sentenza del 23 ottobre 2000.
Quest'ultima sentenza veniva però annullata dalla Corte di Cassazione con sentenza del 2 luglio 2001 ed il procedimento penale si concludeva definitivamente innanzi ad altra sezione della Corte d'Appello di Torino che, con sentenza dell'8 aprile 2003, divenuta irrevocabile l'8 luglio 2003, assolveva il Maresciallo Na. con la formula "...perché il fatto non sussiste...".
Sulla base delle risultanze processuali era avviato un procedimento disciplinare a carico del sottufficiale da parte della Guardia di Finanza mediante ordine di procedere del 29 dicembre 2003, da parte del Comandante in seconda, e successiva consegna all'interessato in data 31 dicembre 2003, della relativa contestazione degli addebiti da parte dell'Ufficiale Inquirente.
All'esito dell'istruttoria, il Maresciallo Na. era deferito, su proposta dell'Ufficiale Inquirente, alla Commissione di Disciplina che, nella riunione del 4 giugno 2004, giudicava il militare, previa audizione dello stesso e del suo difensore, "...non meritevole di conservare il grado...".
Sulla base di tale decisione, il Comandante in seconda della Guardia di Finanza, con provvedimento del 18 agosto 2004, infliggeva al Maresciallo Na., nel frattempo in congedo, la sanzione di stato della perdita del grado per rimozione e lo poneva a disposizione del Distretto Militare di appartenenza come soldato semplice, a decorrere dal 1 ottobre 1998, così intendendosi modificata la causa di cessazione dal servizio.
2. - Con ricorso al TAR del Piemonte il Maresciallo Capo Na. chiedeva l'annullamento, previa sospensione, di tale ultimo provvedimento nonché di quelli correlati relativi al procedimento disciplinare, proponendo 5 motivi di impugnazione contenenti censure di violazione di legge edi eccesso di potere sotto molteplici profili.
3. - Con sentenza n. 543 del 7 aprile 2008 l'adito Giudice territoriale ha rigettato il ricorso ritenendo che il sottufficiale sia stato correttamente giudicato in sede disciplinare soltanto sul comportamento tenuto, mediante scritti e denunzie anonime, senza dunque investire, come avrebbe dovuto in ragione del giuramento prestato, i suoi diretti superiori ed anche i vertici della gerarchia della Guardia di Finanza, ovvero la competente Autorità Giudiziaria.
4. - Con l'appello in epigrafe il Maresciallo Capo Na. ha chiesto la riforma della sentenza impugnata articolando motivi di appello così rubricati:
i)- violazione dell'art. 653 c.p.p., in combinato disposto con l'art. 97 del T.U. n. 3 del 1957; contraddittorietà manifesta; travisamento dei fatti;
ii)- violazione degli articoli 73 e 74 della legge n. 599 del 31 luglio 1954 e dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990;
iii)- violazione dell'art. 60, n. 6, della legge n. 599 del 31 luglio 1954, in combinato disposto con gli articoli 80, 81 e 95 del regolamento di disciplina militare; illogicità e contraddittorietà della sentenza;
iv) - illogicità e contraddittorietà della sentenza sotto altro profilo.
5. - Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio soltanto nella pubblica udienza del 29 maggio 2012 esponendo oralmente le rispettive richieste.
6. - Il ricorso, nella stessa udienza, è stato assegnato a decisione.
7. - L'appello può essere accolto nei modi e nei limiti di seguito indicati.
Fondato ed assorbente ogni altra decisione del Collegio è il quarto motivo di impugnazione con il quale il sig. Na. si duole che il TAR abbia errato a non valutare positivamente la censura di violazione del principio di proporzionalità, formulata in primo grado per avere l'Amministrazione irrogato la massima sanzione di stato, in relazione al solo ed esclusivo addebito effettivamente contestabile, dopo l'esito del procedimento penale, dell'invio di denunzie anonime, da considerarsi, peraltro, queste ultime "... veritiere o, comunque, non calunniose, stante il giudicato penale...".
Ed invero, costituiscono dati non controvertibili, incidenti nell'economia del presente giudizio:
- che il procedimento penale cui è stato sottoposto l'appellante era fondato sulla contestazione del reato di calunnia continuata e aggravata, ai sensi degli artt. 81 cpv, 368, 61, nn. 9 e 10, c.p. e che detto procedimento - scandito dalla sentenza del Tribunale di Mondovì del 27 maggio 1996 che aveva condannato l'imputato alla pena di un anno e undici mesi di reclusione e che era stata confermata dalla Corte d'Appello di Torino con sentenza del 23 ottobre 2000- é stato inciso dalla sentenza della Corte di Cassazione del 2 luglio 2011 di annullamento della citata pronunzia di appello, con rinvio ad altra Corte per il rinnovo del giudizio;
- che altra Sezione della medesima Corte di Appello di Torino, con sentenza dell'8 aprile 2003, divenuta irrevocabile l'8 luglio 2003, assolveva il Maresciallo Na. con la formula "...perché il fatto non sussiste...".
Orbene, non può il Collegio non condividere la critica che la sanzione irrogata, in quanto massima pena disciplinare prevista dall'ordinamento di stato del militare in questione, si mostri palesemente irrazionale tenuto conto:
- per un verso, del contenuto delle pronunzie, sia della Corte di Cassazione, sia del Giudice di (appello) rinvio, poi divenuta giudicato, dalle quali emerge che il rigetto delle richieste della Pubblica Accusa è stato sostanzialmente fondato sul rilievo che gli atti del processo non contenessero prova alcuna, né relativamente ai fatti addebitati al Na., né riguardanti i comportamenti dei militari asseritamente calunniati dal Na. stesso;
- per altro verso, che, in ragione del predetto giudicato, i fatti ed i comportamenti addebitabili al Na. in sede disciplinare non possono certamente essere tratti da quelli valutati dal Giudice penale avendo quest'ultimo affermato, con forza di giudicato, che il predetto (ex) militare non ha calunniato alcun altro appartenente alla Guardia di Finanza, come reso evidente dalla formula pienamente assolutoria pronunziata ("...perché il fatto non sussiste...");
- per altro verso, ancora, che residuano sul piano disciplinare, almeno alla stregua delle attuali risultanze procedimentali, soltanto i comportamenti tenuti dal Na., in connessione all'invio di denunzie anonime riferite ad altri appartenenti alla Guardia di Finanza, che quest'ultimo, peraltro, assume essere stati posti in essere come privato cittadino, ma non anche nell'esercizio delle funzioni militari d'istituto.
A ciò aggiungasi, poi, l'anomalia, per vero emergente dagli stessi atti di causa, che le funzioni di Ufficiale inquirente sono state affidate ed espletate da uno degli Ufficiali pretesamente "calunniati", per cui anche sotto tale profilo gli atti impugnati in prime cure non possono ritenersi conformi, quanto meno, a razionalità.
Consegue, già sulla scorta dei rilevati vizi, l'annullamento dell'intero procedimento disciplinare in questione - con assorbimento di ogni altra pronunzia sui restanti motivi di appello, stante l'esaustività di quella sin qui resa ai fini del pieno soddisfacimento dell'interesse azionato, e rinvio all'Amministrazione per la rinnovazione ab imis del procedimento stesso- essendo condivisibile l'avviso già espresso da questa Sezione che la violazione del giuramento prestato, quale che ne sia la gravità, non giustifica l'irrogazione della sanzione espulsiva in modo del tutto uguale per tutte le possibili ipotesi di violazione dei doveri di fedeltà e lealtà assunti dal militare stesso, restando comunque necessario, in virtù dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità, una differenziazione tra le stesse ipotesi, se ontologicamente diverse (cfr. tra le più recenti, n. 939 del 18 febbraio 2010 e n. 25 del 7 gennaio 2011).
8. - In conclusione, può ribadirsi che l'appello è fondato, nei modi e nei limiti indicati nel capo di motivazione che precede, con conseguente accoglimento del ricorso di primo grado, in riforma della sentenza impugnata. Circa le spese del doppio grado di giudizio, ritiene il Collegio che le stesse possano essere compensate tra le parti, anche in ragione del disposto rinvio all'Amministrazione per la rinnovazione del procedimento disciplinare.
(Torna su   ) P.Q.M.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello n. 3457 del 2009, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie nei modi e nei limiti di cui in motivazione il ricorso di primo grado, con rinvio all'Amministrazione per il seguito di competenza.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Sergio De Felice, Presidente FF
Diego Sabatino, Consigliere
Guido Romano, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 20 SET. 2012
Avv. Antonino Sugamele

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