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Sentenza

Gli architetti non possono progettare impianti elettrici.-...
Gli architetti non possono progettare impianti elettrici.-
Sentenza TAR Liguria n. 166 del 16 febbraio 2006
FATTO
Con atto notificato il 22.3.2002, depositato il 4.4.2002, il collegio dei geometri della provincia di Genova ed il geometra ........ impugnano la nota 28.1.2002, n. 4186 con cui l'amministrazione comunale ha ritenuto che il progetto per un impianto di riscaldamento redatto dal ricorrente non fosse conforme alle norme vigenti. Ritenendosi lesi a diverso titolo gli interessati hanno proposto l'impugnazione, che è fondata sui seguenti motivi: violazione e falsa applicazione degli artt. 28 della legge 9.1.1991, n. 10, 6 della legge 5.3.1990, n. 46 e 16 del r.d. 11.2.1929, n. 274, eccesso di potere per irragionevolezza ed arbitrarietà del comportamento.
Violazione e falsa applicazione del dpr 1.5.1972, n. 825, del principio di adeguatezza e sufficienza delle cognizioni tecniche del geometra.
Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, difetto assoluto di motivazione. E' proposta altresì l'azione per l'accertamento del diritto del geometra alla predisposizione della relazione tecnica per gli impianti in questione.
Il comune di Genova si è costituito in giudizio con atto depositato il 9.9.2002, con cui ha chiesto la reiezione della domanda.
Il comune di Genova ha depositato scritti difensivi il 2.1.2006 ed il 30.1.2006, mentre i ricorrenti hanno depositato una memoria il 5.1.2006.
Con atto notificato il 4.1.2006, depositato il 5.1.2006, l'ordine degli ingegneri della provincia di Genova ed il collegio dei periti industriali della provincia di Genova sono intervenuti in causa ad opponendum ed hanno chiesto respingersi il ricorso.
I ricorrenti hanno depositato un atto il 3.2.2006.
L'ordine degli architetti di Genova ha notificato l'atto 15.2.2006, depositato in udienza, con cui chiede accogliersi l'impugnazione.
DIRITTO
E' insorto contenzioso a proposito del diniego che il comune di Genova ha opposto alla domanda del ricorrente geometra ....., per l'approvazione del progetto di un impianto di riscaldamento; il ricorso è proposto sia dal nominato professionista, che dal collegio professionale di appartenenza, che dichiara di aver titolo alla proposizione della domanda in esame, atteso che la determinazione negativa spiega un'efficacia restrittiva sulle possibilità della categoria di svolgere attività retribuita.
Il tribunale rileva che nulla si oppone a che un professionista si dolga avanti al tribunale amministrativo per il diniego opposto da una pubblica amministrazione alla presentazione di un progetto edilizio, per cui l'impugnazione proposta dal geometra ..... è corredata delle richieste condizioni per l'azione.
Deve tuttavia rilevarsi che anche l'ente corporativo è titolato alla deduzione di censure avverso il diniego opposto al proprio iscritto, data la motivazione addotta dall'amministrazione per la reiezione della domanda. Il comune ha infatti ravvisato una carenza nella titolarità dei requisiti dei geometri a redigere la relazione esplicativa sul funzionamento di un impianto di riscaldamento, di cui è prevista l'installazione in un'abitazione.
Il tribunale condivide con ciò la giurisprudenza (ad es. tar Piemonte, 17.2.2004, n. 281; cons. Stato, IV, ord.
19.12.2003, n. 5654) che ravvisa la legittimazione e l'interesse degli ordini a difendere in sede giurisdizionale
la categoria dei soggetti di cui hanno la rappresentanza istituzionale, non solo quando si tratta della
violazione di norme poste a tutela della professione in quanto tale, ma anche quando gli iscritti perseguono
vantaggi, anche di natura strumentale, che siano comunque riferibili alla categoria.
In questo caso è controversa la possibilità per un geometra od un architetto di assumere la responsabilità
nella realizzazione di un impianto di riscaldamento, sì che deve ritenersi che la lite riguardi un settore
sicuramente connesso all'edilizia, che comporta la sussistenza della denunciata compressione delle
possibilità dei professionisti colleghi del ricorrente principale: il ricorso è pertanto ammissibile.
Quanto ora osservato a proposito del titolo che i geometri e gli architetti hanno ad interloquire nel presente
giudizio ha natura astratta e prescinde dalla valutazione della domanda, che sarà fatta in sede di esame nel
merito delle domande; le notazioni svolte a questo riguardo sono tuttavia idonee a ritenere che anche
l'ordine degli ingegneri ed il collegio dei periti industriali siano legittimati a spiegare l'intervento ad
opponendum proposto con la memoria notificata alle controparti.
Gli appartenenti a questo soggetto mirano infatti ad escludere i geometri e gli architetti dalla possibilità di
realizzare dei progetti che, a tenore dell'atto impugnato, sono di pertinenza solo dei periti industriali ed
appunto degli ingegneri: ne consegue che ciascun iscritto all'ordine ha un evidente interesse a che
l'impugnazione venga respinta, per cui anche il ricorso incidentale va dichiarato ammissibile.
La domanda può pertanto essere apprezzata nel merito.
Con il primo articolato motivo di impugnazione i ricorrenti muovono dalla normativa che abilita il geometra ad
operare nella progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili (art. 16, lett. m del rd 11
febbraio 1929, n,. 274), per inferire che la legislazione successiva che ha previsto le modalità con cui
possono essere realizzati gli impianti di riscaldamento non ha derogato alle generale previsione del
regolamento citato. La tesi sostenuta è in sostanza che un geometra è abilitato ad occuparsi
dell'installazione di un impianto di riscaldamento, allorché si tratti di una modesta costruzione civile, posto
che il bene di che si tratta costituisce una mera pertinenza dell'immobile. In tale contesto la disciplina che il
legislatore ha introdotto in anni recenti avrebbe solo specificato quali sono le caratteristiche che devono
assumere gli strumenti che devono apportare delle temperature sopportabili per l'uomo, ma non ha fatto
rientrare nella competenza degli ingegneri o dei periti industriali la possibilità di progettare ed installare tali
impianti. Gli architetti non hanno proposto un'autonoma censura, che riguarda la posizione di pertinenza.
Il tribunale non può condividere questa argomentazione.
La giurisprudenza che si condivide ha infatti ritenuto (tar Liguria, 2.2.2005, n. 137, tar Piemonte, 2004, n.
261; tar Lazio, Roma, sez. III ter 2003, n. 1698) impossibile la prospettata interpretazione estensiva della
nozione di edilizia, nel sistema di ripartizione delle competenze professionali derivante dal rd 23.10.1925, n.
2537; si devono pertanto espungere dal settore di competenza i lavori, le opere od in genere le attività che
comportano le applicazioni della fisica, come previste dall'art. 54, comma 4 del citato regio decreto. In
particolare la realizzazione di immobili per l'abitazione od il lavoro dell'uomo non può essere
concettualmente ristretta come derivante da un'unica attività, posto che determinati ritrovati devono
rispondere ai requisiti di maggior tutela degli utilizzatori degli edifici, che sono perseguiti dalle norme
applicate dall'impugnato diniego del comune di Genova.
E' per ciò che l'art. 4 della legge 5 marzo 1990, n. 46 ha imposto la redazione di un'autonoma relazione
tecnica per l'installazione degli strumenti elettrici, degli impianti di terra, di quelli che utilizzano il gas, degli
ascensori ..., ed ha con ciò scorporato concettualmente queste attività da quelle volte alla mera
realizzazione della costruzione. Va perciò ritenuto che la competenza professionale di un geometra non può
estendersi alla predisposizione ed alla vigilanza su quelle attività che implicano l'utilizzo di vari principi della
fisica, e si configurano come funzionalmente autonomi rispetto alle opere tipicamente murarie.
Ne consegue che la censura in esame non può essere condivisa, perché non tiene conto dell'autonomia
progettuale che la legge prevede tra l'altro per gli strumenti destinati al riscaldamento degli ambienti; il primo
motivo è pertanto infondato e va respinto.
Con il secondo motivi i ricorrenti denunciano la violazione del dpr 1 maggio 1972, n. 825, relativo alle materie ed ai programmi di insegnamento che vengono impartiti negli istituti tecnici per i geometri. La censura rileva che la modificazione apportata ai piano di studio dei professionisti ricorrenti è tale da allargare le loro cognizioni ad ogni profilo che riguardi l'edilizia, nei limiti di cui alla ricordata previsione dell'art. 16, lett. m) del rd 11 febbraio 1929, n,. 274.
Anche questa doglianza non può trovare favorevole considerazione, atteso che la rilevata riserva a favore di altre categorie professionali delle attività connesse alla fisica esclude la possibilità che un geometra possa occuparsi in prima persona dell'impianto in questione.
Inoltre si può avere riguardo all'articolo unico della norma denunciata, che prevede che la materia in questione (fisica) sia insegnata ai futuri geometri i modo embrionale, e soltanto per i primi tre anni dei cinque in cui si suddivide il corso di studi. Ne deriva che non può condividersi la doglianza, nella parte in cui lamenta che l'esperienze di fisica a cui sono sottoposti gli aspiranti geometri sono tali da renderli atti alla progettazione ed alla vigilanza degli impianti di cui si tratta.
Anche in questo caso nulla di specifico è stato proposto nell'atto di intervento ad adiuvandum spiegato dall'ordine degli architetti.
Con il terzo motivo i ricorrenti censurano la carenza o l'insufficienza della motivazione addotta dal comune di Genova a sostegno del diniego opposto.
Il tribunale rileva in proposito che le osservazioni formulate a proposito degli altri motivi esaminati sono tali da far comprendere le ragioni che l'amministrazione ha palesato, che indussero alla reiezione della domanda della parte. Lo stato della giurisprudenza al momento dell'adozione dell'atto impugnato (2002) era tale da esonerare il comune dalla completa disamina delle ragioni che militavano e militano per la reiezione della domanda del ricorrente.
In ogni caso la natura necessitata del diniego che l'amministrazione ha pronunciato rende impossibile al giudice il rilievo del vizio formale della motivazione carente, secondo quanto è previsto dall'art. 21-octies della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Anche questo motivo è pertanto infondato e va disatteso.
I ricorrenti hanno infine proposto una domanda per sentir dichiarare il diritto a svolgere le attività professionali che l'amministrazione comunale di Genova ha invece loro inibito.
Si osserva che in questa sede non può farsi questione di diritti soggettivi, quale è quello azionato, attese le note regole sul riparto di giurisdizione; non si controverte neppure su questioni che rientrano nell'ambito della cognizione esclusiva del giudice amministrativo, per cui la censura è inammissibile.
Alla reiezione del ricorso segue la condanna dei ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite sostenute dalle controparti, secondo la liquidazione esposta in dispositiva, formulata in base a considerazioni di equità.
P.Q.M.
dichiara il ricorso in parte infondato ed in parte inammissibile;
condanna il collegio dei geometri della provincia di Genova, in persona del legale rappresentante in carica, il geometra .... e l'ordine degli architetti della provincia di Genova, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite sostenute dal comune di Genova, dall'ordine degli ingegneri della provincia di Genova e dal collegio dei periti industriali di Genova, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00) per ciascuna parte.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 16/02/2006.
Avv. Antonino Sugamele

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