Formazione di livello universitario nelle pubbliche amministrazioni. Permessi per diritto allo studio. G.U. n. 25 del 31 gennaio 2012.
CIRCOLARE 7 ottobre 2011, n. 12 . Formazione di livello universitario nelle pubbliche amministrazioni - permessi per diritto allo studio.
Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2012.
1.Premessa. La rilevanza della formazione universitaria nelle pubbliche amministrazioni.
Recentemente sono pervenute al Dipartimento della funzione pubblica
numerose richieste di chiarimento in materia di permessi e congedi
per diritto allo studio, soprattutto a seguito della sempre piu'
ampia diffusione di corsi organizzati dalle universita' telematiche.
Si ritiene pertanto opportuno fornire alcuni chiarimenti
sull'argomento.
Nel delicato momento sociale ed economico che il
Paese sta attraversando, che pretende l'intervento di incisive
riforme, e' richiesto anche alle pubbliche amministrazioni di porre
in essere iniziative che agevolino un rapido ed efficace adattamento
dell'organizzazione alle nuove condizioni. I vertici amministrativi,
i dirigenti ed i funzionari sono chiamati ad un pronto e paziente
lavoro di adeguamento dell'organizzazione e delle linee di attivita'
rispetto all'assetto normativo ed alla realta' economica sempre in
movimento. In questo quadro generale assume un grande rilievo
l'acquisizione, attraverso la formazione e l'aggiornamento continuo,
di strumenti culturali e professionali atti ad aumentare la capacita'
dell'organizzazione di fornire risposte tempestive e flessibili
rispetto al cambiamento.
In tale prospettiva, un indubbio strumento da valorizzare per
coloro che lavorano nell'amministrazione e' costituito dalla
formazione universitaria. L'importanza di questa formazione e'
accresciuta oggi dalla considerazione che le progressioni economiche
e professionali attuate nel corso degli ultimi anni, se da un lato
hanno contribuito a dare un riconoscimento alla professionalita'
maturata dai dipendenti nel corso della vita lavorativa all'interno
delle amministrazioni, hanno pero' anche prodotto degli squilibri,
portando personale spesso privo di formazione universitaria a
ricoprire posizioni professionali elevate, l'accesso dall'esterno
alle quali e' invece riservato a soggetti in possesso di titolo di
studio universitario. Inoltre, come noto, il possesso di titoli
accademici e' rilevante sia per l'accesso dall'esterno nella pubblica
amministrazione (ad es. per l'accesso alla qualifica di dirigente e
alla posizione di funzionario, per il conferimento di incarichi
dirigenziali a soggetti estranei all'amministrazione o non muniti
della qualifica di dirigente, per la partecipazione al concorso per
le carriere prefettizia e diplomatica) sia per lo sviluppo
professionale al suo interno (nell'ambito delle procedure di
progressione economica o per il conferimento di incarichi a
funzionari apicali). Quindi, soprattutto in un momento caratterizzato
dal contenimento dei costi e dall'imposizione di rigidi tetti anche
all'ammontare della spesa per formazione (art. 6, comma 13, d.l. n.
78 del 2010, convertito in l. n. 122 del 2010), e' importante che -
nei limiti del buon andamento e dell'efficienza dell'organizzazione -
i dipendenti interessati siano messi nelle condizioni di seguire i
corsi e di fruire delle agevolazioni che l'ordinamento prevede allo
scopo. Peraltro, anche nell'ottica dell'efficienza
dell'amministrazione, sono ormai disponibili e diffusi i sistemi di
apprendimento a distanza e, soprattutto in relazione alle
possibilita' di accesso alle risorse di apprendimento per le persone
disabili ed i lavoratori, l'Unione europea, nell'ultimo decennio, ha
incoraggiato gli Stati membri a sperimentare nuovi metodi e approcci
di apprendimento, che favorissero l'utilizzo delle tecnologie
dell'informazione e delle comunicazioni nei sistemi di istruzione e
formazione. In particolare, gli sforzi, anche di finanziamento,
dell'UE sono stati rivolti a supportare, nell'ambito delle iniziative
di formazione a distanza, il settore universitario. In questo
contesto, gia' da tempo le «universita' telematiche» sono state
regolamentate anche nell'ordinamento italiano, accordando alle
istituzioni che rispondono a determinati requisiti l'abilitazione a
rilasciare titoli accademici (decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, del 17 aprile 2003).
2. Le agevolazioni per i pubblici dipendenti in relazione al diritto allo studio.
La legge, i contratti collettivi e gli accordi negoziali prevedono
una serie di agevolazioni per il diritto allo studio, che si
aggiungono agli altri ordinari permessi e congedi pure utilizzabili
allo scopo. Considerato che le esigenze di crescita culturale e
professionale dei dipendenti debbono essere contemperate con la
necessita' attuale di buon andamento, e' chiaro che anche la
disciplina dei permessi per il diritto allo studio deve prevedere
limiti e condizioni di fruizione in funzione delle esigenze
amministrative. Tra gli istituti utilizzabili allo scopo si
rammentano:
i congedi per la formazione, previsti dall'art. 5 della l. n. 53
del 2000 e nei CCNL, utilizzabili anche per il conseguimento di
titoli universitari o per la partecipazione ad attivita' formative
diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro,
che possono essere accordati secondo le condizioni stabilite nei CCNL
e negli accordi collettivi ai lavoratori con anzianita' di servizio
di almeno 5 anni per un massimo di undici mesi nell'arco della vita
lavorativa; durante il periodo di congedo il dipendente conserva il
posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione;
150 ore di permessi retribuiti all'anno riconosciuti secondo le
previsioni dei CCNL - nel limite del 3% del personale in servizio
ciascun anno nell'amministrazione - per la partecipazione ai corsi
anche universitari e post-universitari che si svolgono durante
l'orario di lavoro;
agevolazioni relative all'orario di lavoro, secondo la disciplina
contenuta nei CCNL, in quanto il personale interessato ai corsi ha
diritto all'assegnazione a turni di lavoro che agevolino la frequenza
ai corsi stessi e la preparazione agli esami e non puo' essere
obbligato a prestazioni di lavoro straordinario ne' al lavoro nei
giorni festivi o di riposo settimanale;
8 giorni l'anno di permesso retribuito per la partecipazione agli
esami, previsti dai CCNL di comparto;
l'aspettativa per il conseguimento del dottorato di ricerca,
accordata secondo la disciplina contenuta nell'art. 2 della l. n. 476
del 1984, come modificata dalla l. n. 240 del 2010 e dal d.lgs. n.
119 del 2011.
Per quanto riguarda quest'ultimo congedo, si segnala che la
disciplina e' stata modificata ad opera di due recenti provvedimenti
normativi. In particolare, con la l. n. 240 del 2010 (c.d. legge
Gelmini) e' stato previsto in maniera innovativa che il collocamento
in aspettativa del dipendente avviene «compatibilmente con le
esigenze dell'amministrazione», accordando cosi' all'interessato una
posizione giuridica soggettiva condizionata, la cui realizzazione e'
subordinata alle esigenze di buon andamento. Inoltre, sempre al fine
di non pregiudicare l'organizzazione e l'azione dell'amministrazione
(soprattutto nell'attuale momento storico, caratterizzato da forti
limitazioni all'acquisizione di nuove risorse umane) evitando anche
di limitare la fruizione dell'aspettativa ad una ristretta cerchia di
interessati, il diritto al congedo non e' riconosciuto a coloro che
hanno gia' conseguito il titolo di dottore di ricerca e a coloro che
sono stati iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno
accademico beneficiando del congedo senza aver poi conseguito il
titolo. Con l'art. 5 del d.lgs. n. 119 del 2011 (attuativo della
delega conferita al Governo con l'art. 23 della l. n. 183 del 2010
per il riordino della normativa in materia di congedi aspettative e
permessi), e' stato poi chiarito che la ripetizione degli importi
corrisposti al dipendente in aspettativa retribuita (nel caso in cui
vi sia stata questa opzione da parte dell'interessato) e' dovuta solo
se il dipendente cessa da qualsiasi rapporto di lavoro o di impiego
con l'amministrazione pubblica, mentre nessuna ripetizione e'
prevista nel caso di passaggio per mobilita' o vincita di concorso
presso altra amministrazione. La motivazione di questa esplicita
disciplina risiede nella consapevolezza del valore dell'accrescimento
culturale e professionale che di regola consegue al dottorato, valore
che non e' e non puo' essere limitato alla singola istituzione di
appartenenza, ma e' riferito all'intero apparato pubblico che si
arricchisce nel suo complesso di professionalita'. Lo stesso d.lgs.
n. 119 ha poi chiarito esplicitamente che il nuovo regime
dell'aspettativa per dottorato di ricerca riguarda anche il personale
soggetto all'ambito applicativo del d.lgs. n. 165 del 2001, per il
quale era intervenuta la disciplina da parte dei CCNL di comparto.
Per quanto riguarda la disciplina dei permessi
retribuiti di 150 ore, il relativo regime e' contenuto nei CCNL e
negli accordi collettivi (es.: art. 13 CCNL 16 maggio 2001 comparto
ministeri, art. 9 CCNL 14 febbraio 2001 comparto enti pubblici non
economici, art. 15 CCNL 14 settembre 2000 comparto regioni ed
autonomie locali, art. 78 d.P.R. n. 782 del 1985 per il personale
delle Forze di polizia ad ordinamento civile e ad ordinamento
militare), che stabiliscono la tipologia di corsi per i quali i
permessi possono essere fruiti, le condizioni per la concessione e il
contingente massimo di personale che puo' fruirne, con
l'individuazione dei criteri di priorita' per il caso di domande
eccedenti rispetto alla disponibilita' del contingente. In proposito,
per rispondere ad alcuni quesiti in materia, con riferimento al
personale c.d. di prestito, considerato che il limite percentuale e'
individuato in base al personale in servizio a tempo indeterminato
presso ciascun ente all'inizio di ciascun anno e che la fruizione del
permesso e l'esercizio dei diritti connessi produce effetti
sull'organizzazione dell'attivita' di ufficio, la gestione
dell'istituto spetta all'amministrazione presso cui il personale e'
in comando. Giova inoltre rammentare che in base alle clausole
negoziali, le ore di permesso possono essere utilizzate per la
partecipazione alle attivita' didattiche o per sostenere gli esami
che si svolgano durante l'orario di lavoro, mentre non spettano per
l'attivita' di studio. Questo orientamento applicativo, oltre che dal
tenore delle clausole, e' confermato dall'orientamento della
giurisprudenza di legittimita' (Cass., Sez. lav. n. 10344/2008) e
dell'ARAN. Un aspetto particolarmente discusso e' quello relativo
alla possibilita' di fruizione del permesso da parte dei dipendenti
iscritti alle universita' telematiche. In proposito, anche alla luce
di quanto precisato dall'ARAN in piu' di un'occasione, e' bene
sottolineare che le clausole nel disciplinare le agevolazioni non
contengono specifiche previsioni sui corsi tenuti dalle universita'
telematiche e, pertanto, la relativa disciplina deve intendersi di
carattere generale, non rinvenendosi in astratto preclusioni alla
fruizione del permesso da parte dei dipendenti iscritti alle
universita' telematiche. E' chiaro in ogni caso che tale
fruizione deve avvenire nel rispetto delle condizioni fissate dalle
clausole medesime, per cui essa risulta subordinata alla
presentazione della documentazione relativa all'iscrizione e agli
esami sostenuti, nonche' all'attestazione della partecipazione
personale del dipendente alle lezioni. In quest'ultimo caso i
dipendenti iscritti alle universita' telematiche dovranno certificare
l'avvenuto collegamento all'universita' telematica durante l'orario
di lavoro.
Roma, 7 ottobre 2011
02-02-2012 00:00
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