Aspirante notaio escluso dalle prove orali perche' dagli elaborati emerge che non conosce la grammatica e la sintassi.
Consiglio di Stato Sez. Quarta - Sent. del 27.04.2012, n. 2482
Presidente Leoni - Relatore Realfonzo
Fatto
Con la sentenza impugnata il TAR Lazio ha respinto il ricorso avverso il giudizio di non ammissione alle prove orali al concorso a 230 posti di notaio, di cui al D. D. del 10 luglio 2006, pronunciato sulla base di un giudizio complessivo formulato a seguito della lettura, da parte della Commissione, nella seduta del 29 gennaio 2008, degli elaborati relativi alle tre prove scritte sostenute.
L'appello è affidato alla denuncia di numerose articolate censure, non espressamente rubricate, con cui si contestano le argomentazioni poste a base del rigetto.
Il Ministero si è formalmente costituito in giudizio e con memoria per la discussione ha confutato le tesi di controparte concludendo per il rigetto.
Con nota per la Camera di consiglio l'appellante ha sottolineato alcuni profili della questione.
Con ord. n. 5596 del 7.12.2010 la Sezione, sul rilievo della mancanza di fumus, ha respinto l'istanza di sospensione cautelare della sentenza impugnata.
Con memoria per l'Udienza pubblica, l'appellante ha ulteriormente approfondito le proprie censure ed insistito per l'accoglimento dell'appello.
Con memoria per la discussione del gravame, l'appellante ha ribadito le proprie argomentazioni.
Diritto
Deve preliminarmente annotarsi, in punto di fatto, che nel caso in questione la Commissione, dopo aver completato la lettura dei tre elaborati del ricorrente, ha formulato il proprio giudizio di non idoneità sulla base della seguente motivazione “Dalla lettura dei tre elaborati la Commissione ha rilevato numerosi e gravi errori di sintassi, punteggiatura e di ortografia; questi ultimi presenti soprattutto nell'atto mortis causa e nell'atto inter vivos. A tale grave insufficienza, che secondo i criteri stabiliti dalla Commissione già comporterebbe il giudizio di non idoneità del candidato, si aggiunge la pochezza delle parti teoriche, che sono tutte assai schematiche nonché insufficienti rispetto alla trattazione degli argomenti richiesti. Infine non può sottacersi la presenza di errori in diritto, in particolare nella parte motivazionale dell'atto societario, laddove il candidato parla, con riguardo all'aumento di capitale sociale ex art. 2348 c.c., di capitale ‘interamente deliberato' anziché di azioni liberate”( verbale n. 67 del 29 gennaio 2008).
1.§. Per l'appellante, contrariamente a quanto affermato sul punto dalla sentenza impugnata, la commissione — una volta rilevate le gravi insufficienze dell'atto mortis causa e di quello inter vivos — avrebbe dovuto interrompere la correzione degli elaborati dell'appellante senza pervenire alla formulazione di un giudizio, così come previsto dall'articolo 11 comma sette del decreto legislativo n. 166/2006 in via di eccezione alla regola del predetto D.Lgs. La commissione non avrebbe dunque rispettato gli stessi criteri che aveva posto della seduta dell'8 novembre 2007 quando aveva stabilito di non procedere alla lettura degli ulteriori elaborati in caso di nullità del primo elaborato per errori materiali; per gravi insufficienze sul piano giuridico e delle soluzioni di diritto; per gravi carenze concernenti la parte teorica; ancora per evidenti inidoneità dell'analisi; infine per errori grammaticali di sintassi. Né tale modus operandi si risolveva in favore del ricorrente come affermato dal TAR.
La doglianza va respinta.
L'appellante, in sostanza, assume che la lettura di tutti e tre gli elaborati, da parte della commissione, dimostrerebbe che non sarebbero state riscontrate gravi insufficienze sia sul primo che sul secondo elaborato. Ma tale insinuazione appare francamente priva di fondamento logico.
Infatti, è evidente che, nella specie, la Commissione non aveva ritenuto sussistente la fattispecie eccezionale di cui al D.Lgs. 24 aprile 2006 n. 166, comma 7 per cui che “nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze”, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato senza procedere alla lettura degli elaborati successivi”.
Nel caso era stata fatta applicazione dell'ordinaria ipotesi, di cui all'art. 10, comma 2, del d.lgs. cit., per cui “salvo il caso di cui al comma 7, ultimata la lettura dei tre elaborati, la sottocommissione delibera a maggioranza se il candidato merita l'idoneità”.
Nella prima ipotesi il giudizio è immediatamente ricollegato alle gravi insufficienze o alle nullità delle prove, nel secondo caso gli elaborati pur ammissibili possono essere giudicati comunque insufficienti.
Qui ha ragione il TAR che la censura concerne un rilievo che comunque non può risolversi in un profilo complessivamente inficiante il gravato giudizio.
Infatti seppure in presenza di alcuni aspetti ritenuti insufficienti, la decisione della Commissione di far luogo alla lettura di tutti gli elaborati del ricorrente, testimonia anzi il fatto che non vi era alcuna preclusione nei riguardi del ricorrente. Invece di liquidare sbrigativamente l'appellante, la commissione ha ritenuto opportuno verificare con scrupolo tutte le prove scritte e far luogo ad una valutazione complessiva dei suoi elaborati prima di pronunciarsi per l'inidoneità.
In definitiva la censura dedotta è imperniata su una circostanza del tutto inconferente ed è comunque infondata.
2.§. Per ragioni di economia espositiva possono essere esaminati congiuntamente il secondo ed il terzo motivo con cui si ripongono, sotto differenti angolazioni, gli stessi profili sostanziali.
2.§.1. Con il secondo motivo si censura la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto sostanzialmente inammissibili le censure dirette a porre in evidenza l'illogicità e l'irragionevolezza del giudizio attribuito dalla commissione d'esame.
2.1.1. Erronea l'affermata non sindacabilità giurisdizionale dell'evidente disparità di trattamento dell'operato della commissione la quale, nel rilevare numerosi errori di sintassi, di punteggiatura, e di ortografia degli elaborati dell'appellante, non ha tenuto conto che tali carenze erano state causate dalla ristrettezza dei tempi e non già dall'ignoranza del candidato. In primo grado, il ricorrente aveva invece chiesto una valutazione comparativa relativamente al candidato n. 110 cui erano stati addebitati medesimi errori ma che era stato comunque ammesso agli orali.
2.1.2. illegittima ed inesatta il giudizio della commissione sulla “… pochezza delle parti teoriche, che sono tutte assai schematiche nonché insufficienti rispetto alla trattazione degli argomenti richiesti…”. La commissione non ha affatto ravvisato la sussistenza degli elementi su cui aveva ritenuto doversi fondare il suo giudizio negativo (travisamento della traccia, contraddittorietà delle soluzioni adottate, gravi errori di diritto o nell'illustrazione delle scelte teoriche, mancanza delle giustificazioni, inidoneità dell'analisi, eccetera, ecc. ), ma avrebbe introdotto un elemento di valutazione, al di fuori dei criteri di massima, per la determinazione delle gravi insufficienze, arrivando addirittura a contestare l'esposizione lineare per punti fatta dall'appellante, che è consigliato nelle scuole notarili e nei testi a ciò dedicati.
Del resto, in altre vicende, lo stesso Tar Lazio avrebbe accolto il ricorso di un candidato che in sole cinque pagine aveva sviluppato gli stessi argomenti mentre l'appellante, nell'atto mortis causa, avrebbe scritte dodici (nove di parte teorica e tre di “motivazioni”). Un altro candidato sarebbe poi stato giudicato idoneo pur avendo scritto su solo sette pagine in tutto.
2.1.3. Erroneamente la sentenza avrebbe qualificato come sindacato sul merito, i rilievi con cui si era contestato il giudizio della commissione che aveva qualificato come “errore di diritto” anziché come un evidente mero errore materiale, la parte motivazionale dell'atto societario laddove il candidato parla, con riguardo all'aumento di capitale sociale ed ex articolo 2438 c.c. di capitale ” interamente deliberato” anziché di “azioni liberate”. Il Tar non avrebbe tenuto in alcun conto che il concetto, anche con riferimento all'articolo 2348, viene correttamente in rilievo per altre sei volte nell'elaborato relativo all'atto societario, per cui il settimo riferimento sarebbe frutto di un mera svista materiale.
2.1.4. Del tutto genericamente la commissione avrebbe sottolineato la presenza di errori di diritto in maniera generica ed indeterminata: ciò sarebbe sintomatico di un atteggiamento ostruzionistico dalla commissione.
2.2.Con la terza rubrica, sotto diversi profili, si lamenta che erroneamente il Tar avrebbe ritenuto non utilmente invocabili gli elaborati degli altri candidati giudicati idonei negando l'identità o la totale assimilazione delle diverse situazioni di base:
2.2.1. I precedenti giurisprudenziali poste a base dal Tar sarebbero relativi a fattispecie del tutto differenti; inoltre il concorso notarile, essendo una procedura concorsuale a numero chiuso, sarebbe fondata sul confronto tra i candidati con il contenuto necessario di relatività trae la valutazione positiva di un candidato e quella degli altri. Ciò sarebbe evidente anche in relazione alle dichiarazioni fatte e verbalizzate da uno dei commissari il 30 giugno 2009, il quale avrebbe evidenziato disparità delle correzioni a danno dei candidati esaminati delle prime sedute come l'appellante. Per cui la commissione se, dopo 3 ore e mezzo, aveva ritenuto idoneo il candidato numero n.110, avrebbe dovuto dichiarare idonea anche l'appellante.
2.2.2. Non sarebbe precluso al giudice amministrativo la valutazione dell'operato dalla commissione con riferimento a due candidati quando anche quello ammesso abbia comunque compiuto errori gravi, quali ad esempio la mancata apposizione dell'ora di sottoscrizione nel testamento; la redazione di legati sottoposti a condizione senza specificare se sospensivo risolutiva eccetera. Il giudice amministrativo doveva perciò farsi carico di riscontrare per tabulas tutti gli elementi segnalati nell'allegato B alla ricorso di primo grado e verificare, senza esprimere giudizi di valore, l'utilizzo di un unico metro di correzione dei temi
3.§. Entrambe le rubriche vanno respinte.
Deve infatti ricordarsi che, in base ad un consolidato orientamento della Sezione, l'opinabilità delle questioni giuridiche sottese ai quesiti, spesso articolati e complessi, che connotano le prove d'esame del concorso notarile, impedisce di esaminarle come se si trattasse di quiz rispetto ai quali la Commissione è chiamata soltanto a verificare l'esattezza o meno delle risposte fornite. Nel concorso in esame invece il giudizio sulle soluzioni offerte dal candidato è spesso condizionato in modo determinante dal percorso logico e dalle argomentazioni che le sostengono, nell'ambito di una più generale valutazione sulla completezza e la logica interna dell'elaborato (cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 02 marzo 2011 , n. 1350).
Qui nemmeno l'appellante in fondo nega l'esistenza di numerosi errori di sintassi, di punteggiatura, e di ortografia, ma assume che questi siano imputabili a mere sviste.
Ma, come per qualsiasi concorso, la commissione del concorso notarile non può certo farsi interprete dell'elemento eziologico dell'errore, ne dispone di alcun potere riguardo all'origine psicologica o gnosologica.
In ogni caso, l'assenza di errori di italiano appare un elemento minimo, necessario e rilevante, e per chi intende affrontare la professione di notaio che, come è noto, richiede non solo capacità di concentrazione, ma anche un'elevata precisione.
In ogni caso, l'indebita ammissione all'orale di un altro candidato comunque non sarebbe in grado di legittimare l'ammissione nel suo caso.
Deve poi essere escluso che il giudice debba direttamente mettersi a valutare gli errori (cfr. anche Cons. Stato, Sez.IV 27 giugno 2011 n.3855) che l'appellante puntigliosamente addebita agli elaborati al candidato n.110 ritenuto idoneo (cfr. rispettivamente all'allegato n. 9 relativamente alla sintassi ed alla grammatica e il n. 10 degli allegati per le carenze del diritto).
Quanto al rilievo relativo alla pochezza delle parti teoriche, giudicate dalla commissione, tutte assai schematiche ed insufficienti, così come relativamente al riferimento all'articolo 2348, ha ragione il TAR sulla relativa insindacabilità di tale giudizio.
Né la denunciata disparità di trattamento con il candidato n. 110 che aveva fatto altrettanti errori e con quello che aveva scritto solo sette pagine sono in grado di sovvertire le precedenti considerazioni.
Anche tale profilo oltre che inammissibile, di per sé non pare comunque risolutivo in quanto, tenendo conto che la sintesi è la dote tipica di chi conosce profondamente una materia (per cui non utilizza né una parola di più e né una di meno per approfondire una certa tematica) di per sé una esposizione sintetica può essere più concettosa di una più diffusa ma vuota di contenuti.
Quello che l'appellante vorrebbe è proprio una sorta di inammissibile “confronto a coppie” con una nuova rilettura delle sue prove e di quelle degli altri candidati.
Anche a tal proposito si deve però concordare con il Primo Giudice che il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa.
Un tale sindacato giurisdizionale su i singoli elaborati comporterebbe infatti anche un problema di tutela della par condicio in quanto le tracce assegnate non presuppongono la mera dimostrazione della conoscenza degli istituti giuridici, ma impongono la valutazione, e la scelta motivata, anche tra più possibili soluzioni tutte possibilmente coerenti con i paradigma legali. Oltre l'esattezza delle soluzioni giuridiche prescelte è infatti fondamentale la modalità espositiva e la capacità argomentativa.
Nella valutazione degli elaborati dei candidati al concorso per posti di notaio la commissione di concorso formula un giudizio tecnico-discrezionale espressione di puro merito, come tale di norma non sindacabile in sede di legittimità, salvo che esso risulti viziato ictu oculi da macroscopica illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento del fatto (cfr. infra multa: Consiglio Stato , sez. IV, 27 novembre 2008 , n. 5862; Consiglio Stato sez. IV 12 marzo 2007 n. 1188; ma anche Cassazione civile , sez. un., 21 giugno 2010, n. 14893 singolarmente citata anche dall'appellante in memoria). Ma, nel caso di specie, non ricorrono assolutamente elementi sintomatici di uno sviamento.
Deve al riguardo negarsi che vi sia stata da parte della Commissione una violazione dei criteri generali di correzione cui attenersi nella correzione degli elaborati individuati, di cui al comma 2 dell'art. 10 del D.Lgs. n. 166 del 2006, per cui nella valutazione delle soluzioni adottate dai candidati, “per ogni questione prospettata nelle singole prove”, sarebbe stata considerata prioritariamente la rispondenza al contenuto della traccia; in secondo luogo l'aderenza ai principi e alle norme dell'ordinamento giuridico vigente; ed infine le tecniche redazionali.
Quanto poi alla genericità degli errori di diritto addebitati in assenza di correzioni, si rileva che la valutazione della prova prescinde da ogni eventuale annotazione, sottolineatura o altro segno grafico posto a margine dell'elaborato per segnalare gli errori di ortografia o di diritto dato che nessuna norma impone alla Commissione di apporre annotazioni o segni di correzione sugli elaborati.
Del tutto inconferenti appaiono poi le “precisazioni” al verbale del 30.9.2009 del commissario dr,. S. in quanto tale atto: - costituisce un “interna corporis” della Commissione, privo salvi i profili di responsabilità personali, di un'autonoma rilevanza sul piano amministrativo; - attiene comunque a giudizi personali sul metro dei singoli giudizi di merito sui precedenti giudizi - ai quali lo stesso non era stato presente - che di per appaiono irrilevanti,sia in generale; - ed infine soprattutto perché, nel caso concreto, in quanto il preteso mutamento di orientamento della Commissione (o comunque una progressiva disomogeneità dei parametri di giudizio) non pare comunque raggiungere quel significativo grado di incidenza tale da dimostrare l'incongruità del giudizio nei suoi confronti che è affidato anche ad altri profili.
Per dare rilevanza decisiva a tale punto sarebbe stato necessario che uno, o più, degli argomenti sui quali vi sarebbe stato una rimeditazione della Commissione concorsuale fossero stati l'unico, o comunque il principale motivo di esclusione.
In definitiva, in assenza di elementi realmente sintomatici di una disparità di trattamento nel caso, la valutazione “del diritto” si risolverebbe un inammissibile giudizio sul merito degli elaborati.
Peraltro, ad un sommario esame, gli elementi “di diritto” — forniti dall'appellante per radicare il convincimento della parità degli errori teorici del n. 110 con quelli dell'appellante - in molti casi non paiono convincenti ed in altri comunque non rilevanti.
Il limite oggettivo di tale apprezzamento è determinato dall'opinabilità e relatività di ogni valutazione scientifica e dall'impossibilità per il giudice di sostituirsi all'Amministrazione, in quanto il potere di valutazione è stato attribuito dall'ordinamento all'Amministrazione stessa e non si verte in tema di giurisdizione di merito.
Nel caso la Commissione ha ritenuto che le insufficienze, anche se non erano tali da determinare l'immediata espulsione del candidato dal procedimento concorsuale, non raggiungevano comunque un livello tale da giustificare l'idoneità, per cui ha ragione il TAR quando, in osservanza del disposto normativo, sottolinea la distinzione fra “mende” suscettibili di determinare un immediato giudizio di non idoneità ed “imperfezioni” valorizzabili solo in esito all'esame di tutti e tre gli elaborati.
Pertanto è legittima la valutazione negativa di un concorrente se: - gli elaborati siano riscontrati numerosi errori di grammatica (che è cosa differente dal singolo “lapsus calami”) o di sintassi; - le prove non siano puntualmente aderenti alla traccia; - la scelta delle soluzioni sia, ancorché non gravemente, comunque errata in diritto; - o infine dall'illustrazione delle parti teoriche emergano comunque carenze della preparazione dottrinale.
In definitiva, sia per le modalità valutative e sia con riferimento alla sostanza delle cose, nel caso non pare possa dubitarsi dell'attendibilità complessiva del giudizio di inidoneità espresso nel caso dalla commissione.
In conclusione il motivo è infondato e deve essere respinto.
Le spese tuttavia, proprio in considerazione dell'opinabilità della materia, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:
1. respinge l'appello, come in epigrafe proposto, per l'effetto, conferma integralmente la sentenza impugnata.
2. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Depositata in Cancelleria il 27.04.2012
04-05-2012 00:00
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