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Per gli Statali a seguito dell'intervento della Corte Costituzionale si torna alla vecchia buonuscita, tuttavia rimane la trattenuta del 2,5%.
I dipendenti pubblici continueranno a subire la trattenuta del 2,5 per cento sull'80 per cento della loro retribuzione, che era stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale. Ma lo Stato calcolerà la loro liquidazione con le regole generalmente più favorevoli della buonuscita, invece che con quelle del Tfr dei lavoratori privati. La soluzione scelta dal governo per ovviare al pronunciamento della Consulta è una vera e propria marcia indietro, che però lascia qualche dubbio su cosa accadrà a chi nel frattempo ha lasciato il lavoro. Per saperlo occorrerà attendere il testo definitivo del decreto legge sommariamente annunciato nel comunicato emesso al termine del Consiglio dei ministri di ieri. Mentre dovrebbero essere definiti con un atto amministrativo - ma su questo punto le incertezze sono ancora maggiori - gli altri temi censurati dai giudici costituzionali: retribuzioni dei dirigenti pubblici e dei magistrati.

La manovra correttiva approvata nella primavera del 2010 dal precedente esecutivo (legge 122) conteneva una riforma del meccanismo per la liquidazione dei dipendenti pubblici. Il Trattamento di fine servizio (Tfs), la vecchia buonuscita, veniva sostituito dal Tfr già prerogativa dei dipendenti privati. Sono due sistemi diversi, che prevedono anche un'alimentazione contributiva diversa: 6,91 per cento dello stipendio, interamente a carico del datore di lavoro, per il Tfr, 9,6 sull'80 per cento della retribuzione per la buonuscita, con un 2,5 per cento (dunque un 2 effettivo sul totale) a carico del lavoratore. Il nuovo regime è virtualmente scattato dal 2011, ma da allora anche sulla base di una circolare dell'Inpdap Stato, enti pubblici ed amministrazioni locali hanno continuato ad applicare nella busta paga dei propri dipendenti la trattenuta del 2,5 per cento (denominata «Opera di previdenza»). E sono partiti i primi ricorsi.

Dopo i primi pronunciamenti di alcuni Tar, la questione è approdata alla Corte costituzionale. Molto chiara la sua decisione: il nuovo assetto viola gli articoli 3 e 36 della Costituzione determinando «un ingiustificato trattamento deteriore dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati». Questo perché entrambe le categorie hanno la liquidazione calcolata nello stesso modo, ma solo i primi si vedono applicare la trattenuta, con l'ulteriore svantaggio che la base di calcolo resta l'80 per cento della retribuzione.

Cosa fare adesso?: Restituire ai dipendenti la trattenuta illegittima per i due anni fin qui trascorsi e sospenderla per il futuro è un'opzione che il governo non ha mai preso in considerazione: troppo costosa per il bilancio pubblico. Avrebbe potuto tentare di aggirare la sentenza imponendo la stessa trattenuta con un'altra voce, ma ha preferito semplicemente ripristinare il sistema in vigore fino al 2010, rimuovendo così la situazione di illegittimità evidenziata dalla Consulta.

Sono interessati alla questione circa 2 milioni di dipendenti. Per quelli assunti prima del 2001 (quelli entrati dopo hanno già il Tfr e lo stipendio ridotto) tutto torna come prima e di fatto non cambierà nulla. Resta da definire la situazione di chi in questi due anni ha lasciato il lavoro. Due le opzioni: ricalcolo della liquidazione per la quota post 2011 oppure restituzione della retribuzione trattenuta nei mesi successivi al gennaio dello scorso anno.

Dirigenti e magistrati. La Consulta aveva censurato anche altre parti della legge 122/2010, quelle che imponevano la riduzione dello stipendio per i dirigenti pubblici (5 per cento oltre i 90 mila euro, 10 oltre i 150 mila) e dell'indennità dei magistrati. Su questi aspetti, spiega il comunicato di Palazzo Chigi, si interverrà in via amministrativa attraverso un Dpcm.
Avv. Antonino Sugamele

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