Il responsabile del procedimento nell'organizzazione amministrativa.
IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTONELL’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA1. La nozione di « unità organizzativa ».La trattazione dell’istituto del responsabile del procedimento, quale dominus del procedimento amministrativo, richiede un’attenta analisi dell’art. 4, comma 1, della legge n. 241/90. La disposizione impone alle Pubbliche Amministrazioni di determinare, in via preliminare ed astratta e con riferimento a ciascun tipo di procedimento relativo ad atti rientranti nella loro sfera di competenza, l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale, a meno che non vi abbia già provveduto una legge o un regolamento. A ciascuna Amministrazione è attribuito, quindi, il compito di individuare la struttura burocratica cui concretamente affidare la responsabilità del buon andamento dell’iter procedimentale. Al contrario, tale determinazione non è necessaria per quei procedimenti in ordine ai quali è la stessa legge o un regolamento ad individuare l’unità organizzativa competente.In ordine alla nozione di « unità organizzativa », occorre sottolineare come essanon risulti definita né nella legge n. 241/90, né nelle leggi che disciplinano ingenerale l’organizzazione amministrativa.Invero, in alcune normative antecedenti alla riforma del 1990 51, l’espressione era stata già utilizzata, in termini generici, per indicare una struttura complessa, corrispondente a « settori » e « servizi », e contrapposta alle « unità operative »52.Tale impostazione, tuttavia, non ha trovato riscontro nell’art. 4 della legge sulprocedimento, atteso che il legislatore della riforma, allo scopo di renderepossibile l’applicazione delle norme di cui al Capo II a tutte le Pubbliche51 Cfr. d.p.r. 13 maggio 1987, n. 268.52 Cfr. art. 20 d.p.r. 13 maggio 1987, n. 268.25Amministrazioni, ha deliberatamente inteso lasciare il termine « unitàorganizzativa » senza ulteriori definizioni.Come osservato, infatti, in sede di approvazione della legge di riforma,« l’espressione unità organizzativa è onnicomprensiva e quindi ha per referente ledirezioni generali, gli uffici e tutto quanto attiene all’organizzazione dellaPubblica Amministrazione »53.Il concetto di unità organizzativa si presenta, quindi, come sufficientementeampio da abbracciare ogni tipo di articolazione dei pubblici uffici che, per la lorodiversità, siano caratterizzati da dimensioni, strutture ed ordinamenti disparati.Il termine, pertanto, appare idoneo ad includere sia gli uffici semplici, sia gliuffici complessi ed articolati in cui si snoda ciascuna Pubblica Amministrazione.Di conseguenza, nell’individuazione dell’unità organizzativa, i singoli entipossono indifferentemente fare riferimento ad una direzione generale, ad undipartimento o anche ad un semplice ufficio.E’ evidente come la struttura burocratica corrispondente all’unità organizzativa siriferisca ad articolazioni inferiori che si snodano all’interno della P.A., nonpotendo essa stessa identificarsi né con un ente, come, ad esempio, con unComune, né con una grande branca dell’Amministrazione statale, quale, adesempio, un Ministero. Essa, inoltre, non si può identificare neppure con unorgano dell’Amministrazione, atteso che quest’ultimo si caratterizza per la suaattività a rilevanza esterna, mentre l’unità organizzativa assume rilievo inriferimento agli adempimenti strumentali e preparatori rispetto all’adozione degliatti aventi la predetta rilevanza.L’unità organizzativa, all’interno dell’Amministrazione, non può neppurecorrispondere ad un’unità standard o ad un livello determinato dell’apparatodella stessa. Infatti, essa non può essere intesa come un livello tipico dell’assettointerno dell’Amministrazione, corrispondendo, piuttosto, a strutture tra lorodiverse.53 Cfr., in tal senso, l’intervento dell’On Ferrara in Camera dei Deputati, X legislatura, Atti Parlamentari,Commissione I, verbale della seduta del 21 marzo 1991, p. 10.26Appare chiaro, inoltre, come nel caso di procedimenti più complessi, cherichiedano un intervento coordinato di più uffici, l’unità organizzativa possaidentificarsi ad un livello più elevato rispetto a quello del Comune.L’ampiezza della nozione di « unità organizzativa », di cui all’art. 4 della l. n.241/90, destava, invero, alcune preoccupazioni presso la Camera dei Deputati,nel corso dell’approvazione della legge di riforma. Si riteneva, infatti, chel’evanescenza della locuzione « unità organizzativa », accompagnata dalla nonricorrenza di tale espressione nell’ordinamento amministrativo fino a quelmomento esistente, avrebbe comportato, in parte, una vanificazione dell’efficaciadella disposizione di cui all’art. 454.Tale preoccupazione veniva, però, scongiurata dalla prevalenza dell’opinionetesa a sottolineare che il significato dell’espressione in parola, pur nella suagenericità, debba ritenersi ampiamente chiaro, poiché, in ordine all’unitàorganizzativa, il legislatore ha volutamente utilizzato una nozione ampia egenerica, risultando le unità inevitabilmente variabili in relazione allacomplessità organizzativa di ciascuna Amministrazione, cui naturalmente èconsegnata la predeterminazione delle articolazioni dei propri apparati55.La ratio legis, sottesa alla scelta di attribuire all’espressione « unitàorganizzativa » una connotazione così ampia ed omnicomprensiva, risiede,pertanto, nell’intento di garantire la sfera di autonomia dei singoli enti, essendotale nozione idonea a soddisfare le diverse esigenze funzionali e strutturali diciascuna Pubblica Amministrazione. Ed invero, la previsione di una precisaindicazione normativa al riguardo avrebbe fortemente compresso tale autonomia.2. L’individuazione dell’unità organizzativa.La determinazione dell’unità organizzativa responsabile del procedimento èun’operazione che richiede, ai sensi dell’art. 4 della l. n. 241/90, due ordini di(54 Cfr. Bollettino Commissione Camera dei Deputati, X legislatura, in data 21 marzo 1990. Sul punto,argomenta G. AZZENA, Responsabile del procedimento, in Prime Note, 1992, p.171. 55 Sul punto, cfr. M. RENNA, Il responsabile del procedimento nell’organizzazione amministrativa, op.cit., p. 13 ss..27)adempimenti diversi. In primo luogo, l’individuazione dei diversi tipi diprocedimento amministrativo che rientrano nella sfera di competenza di ciascunaPubblica Amministrazione; in secondo luogo, l’individuazione, con riferimento aciascun tipo di procedimento, della struttura (rectius unità organizzativa) che siaresponsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonchédell’adozione del provvedimento finale.Il primo genere di adempimenti non pone particolari problemi, emergendo laconvinzione che ciascuna Pubblica Amministrazione, nell’individuare il tipo diprocedimento rientrante nella propria sfera di competenza, debba fare riferimentoalla tipologia del procedimento considerata in astratto, prescindendo daevenienze particolari o contingenti che possano comportare l’intervento di altriuffici. Molto più complesso appare, invece, il secondo tipo di adempimenti, inrelazione al quale sono stati individuati vari ordini di problemi.Un primo problema concerne l’individuazione della struttura competente adassumere la funzione di unità organizzativa nelle ipotesi di procedimenti checoinvolgano, su di un piano sostanzialmente paritario, più uffici della medesimaAmministrazione.In tali casi, non sembra costituire una soluzione obbligata l’individuazione, qualeunità organizzativa, della struttura più ampia in cui siano compresi tutti gli ufficicoinvolti. Diversamente, si privilegerebbe la scelta per unità organizzativecorrispondenti alle strutture superiori di ciascun apparato pubblico, scelta che« finirebbe col rendere ingovernabili i procedimenti, rischierebbe di renderemolto più complicata l’individuazione del responsabile del procedimento ecomporterebbe un accentramento certamente non voluto dal legislatore »56.In relazione a tali problematiche, si prospettano in dottrina diverseargomentazioni, che appare opportuno analizzare in questa sede.Si affermano, innanzitutto, i sostenitori della teoria che affida alla PubblicaAmministrazione la possibilità di effettuare valutazioni discrezionalinell’individuazione dell’unità organizzativa. Tali autori ritengono che, nelle56 Così G. BANTERLE - A. TRAVI, Artt. 4, 5, 6, op. cit., p. 25.28ipotesi di procedimenti che coinvolgono più uffici, posti tutti su di un piano diparità, l’Amministrazione, nell’individuare l’unità organizzativa responsabile delprocedimento, possa spingersi fino ad operare una scelta di opportunità fra diessi, privilegiando, ad esempio, gli uffici meno oberati al lavoro.Altri autori sostengono, invece, che la determinazione dell’unità organizzativaresponsabile del procedimento sia un’attività meramente ricognitiva.Tale teoria conduce i propri sostenitori a valorizzare, particolarmente, i singolidati testuali offerti dalla norma di cui all’art. 4 della l. n. 241/90, quali laresponsabilità dell’istruttoria e, soprattutto, la competenza ad assumere ilprovvedimento finale. Da questo punto di vista, l’eventuale competenza ademanare il provvedimento, il compito di eseguire l’istruttoria o la sua parte piùcomplessa, ecc., sono considerati alla stregua di indici rivelatori dellapreponderanza del ruolo di un ufficio rispetto agli altri.Invero, chi ha sostenuto la tesi ricognitiva si è spinto fino a negare che più ufficidiversi possano trovarsi in una posizione effettivamente paritaria rispetto ad unprocedimento.57Un secondo ordine di problemi si pone con riferimento ai procedimenti checoinvolgono più Amministrazioni tra loro diverse.Tale questione, in genere, viene trattata con riferimento all’identificazione delresponsabile del procedimento, ma taluni autori preferiscono analizzarla inrelazione al momento dell’individuazione dell’unità organizzativa58.Privilegiando quest’ultima impostazione, appare opportuno analizzare, fin d’ora,le argomentazioni offerte dalla dottrina sul tema.L’unità organizzativa è, per definizione, una struttura interna a ciascunaamministrazione, pertanto, qualora il medesimo procedimento coinvolga piùamministrazioni diverse, l’individuazione della stessa può risultare complessa,dando luogo a contrasti fra le varie amministrazioni interessate.57 Muove una tale critica G. BANTERLE - A. TRAVI, Artt. 4, 5, 6, op. cit., p. 20 ss.. 58 Ivi, p. 20 ss..29In proposito, va richiamata la soluzione proposta dal Dipartimento della funzionepubblica, con la Circolare datata 5 dicembre 199059, secondo cui la formulazioneletterale dell’art. 4, comma 1, della l. n. 241/90 legittimerebbe la scomposizionedel procedimento in più fasi e, quindi, darebbe luogo all’individuazione di unaunità organizzativa responsabile per ciascuna delle predette fasi.Inoltre, la previsione di più unità organizzative per un unico procedimentovarrebbe anche per le ipotesi in cui il procedimento, pur essendo di competenzadi un’unica amministrazione, coinvolga più uffici della medesima.In altri termini, secondo le previsioni ministeriali, ciascuna amministrazioneavrebbe dovuto individuare più unità organizzative, qualora le singole parti delprocedimento avessero fatto capo a distinte strutture all’interno della medesimaamministrazione.La Circolare ministeriale proponeva, quale esempio di procedimento che avrebbecomportato la necessità di indicare più unità organizzative, il procedimento perl’assunzione di impiegati pubblici. Tale procedimento concorsuale, infatti,avrebbe comportato l’individuazione di un’unità organizzativa competente inmateria di pubblicazione del bando di concorso, di un’altra competente per laverifica dei requisiti di ammissibilità, e così via fino all’unità organizzativacompetente per la nomina del pubblico impiegato.Una simile impostazione era già stata proposta dal Consiglio di Stato, primadell’emanazione della riforma sul procedimento amministrativo, nel parere resodell’Adunanza Generale sullo schema del disegno di legge governativo chedivenne, di seguito, la legge 7 agosto 1990, n. 241.In tale parere, la giurisprudenza amministrativa coglieva l’occasione persostenere che le disposizioni sulle unità organizzative e sul responsabile delprocedimento vanno interpretate nel senso che le une e le altre si riferiscono nonal procedimento nel suo complesso, ma alle singole fasi di esso60.59 Cfr. Circ. dip. Funzione Pubblica 5 dicembre 1990, n. 58307/7463, in G.U., 20 dicembre 1990, n. 296.60 Cons. Stato, Ad. gen., 17 febbraio 1987, n. 87.30La soluzione testé esplicitata, la quale aveva permesso di superare, a monte,qualsiasi problema di coordinamento fra le amministrazioni, non tardava, però,ad incontrare delle critiche.Nello stesso torno di tempo, infatti, si affermavano in dottrina delle posizioni tesea pronunciarsi in favore dell’unicità dell’unità organizzativa, anche nel caso diprocedimenti articolati in più fasi o relativi a più amministrazioni61.A tal proposito, si sottolineava come la logica della previsione del responsabiledel procedimento avesse come fondamento l’esigenza di individuare un unicosoggetto responsabile, al quale il cittadino potesse fare riferimento per l’interadurata del procedimento. Al contrario, l’accoglimento della tesi dellascomponibilità del procedimento in più fasi e, conseguentemente, dellasussistenza di una pluralità di unità organizzative, avrebbe assolutamentefrustrato tale logica.Inoltre, la stessa dottrina notava come la previsione del responsabile delprocedimento fosse anche strumento per una riorganizzazione degli apparatipubblici e per consentire di realizzare una correntezza di rapporti fraamministrazioni diverse, sottolineando che la correntezza si pone come obiettivofondamentale ed irrinunciabile per assicurare il buon andamento della PubblicaAmministrazione.I sostenitori di tale teoria sottolineavano che, da un lato, la soluzione accolta dalMinistero della funzione pubblica aveva evitato qualsiasi problema dicoordinamento fra le diverse strutture collocate in una singola amministrazione,ma, dall’altro, aveva nei fatti vanificato l’applicazione del principio di buonandamento nei termini suddetti.La predetta soluzione ammetteva, infatti, che il responsabile del procedimentofosse tale anche quando gli atti venissero trasmessi, per gli adempimenti di61 Sul punto, cfr. F. PATRONI GRIFFI, Termini e responsabile del procedimento, in La Trasparenzaamministrativa a due anni dalla l. 7 agosto 1990, n. 241, Atti del Convegno di Siena del 30 ottobre 1992;C. MIGNONE, Note sul responsabile del procedimento amministrativo, in Quaderni reg., 1991, p. 46; cfr.anche la Relazione al Parlamento del Ministro della funzione pubblica sulla attuazione della legge sulprocedimento amministrativo, 7 agosto 1990, n. 241, in Camera dei deputati - Atti parlamentari – doc.XXVII, n. 7, p. 37 ss..31propria competenza, presso un’altra struttura organizzativa, creando, in tal modo,una interferenza tra le attività delle varie strutture coinvolte dal procedimentoamministrativo.Prendendo le mosse da tali osservazioni, la tesi accolta nella Circolareministeriale veniva successivamente rivista dallo stesso Dipartimento dellafunzione pubblica ed, in seguito, sconfessata dall’art. 5, lett. c), del d. lgs. 3febbraio 1993, n. 29, che prevede, per ciascun procedimento, « l’attribuzione adun unico ufficio della responsabilità complessiva dello stesso, nel rispetto dellalegge 7 agosto 1990, n. 241 ».Sulla stessa linea si poneva la legge-quadro in materia di lavori pubblici, ossia lalegge 11 febbraio 1994, n. 109, che all’art. 7 impone alle amministrazioni diprocedere, ai sensi degli artt. 4, 5 e 6 della legge n. 241/90, alla nomina di « ununico responsabile del procedimento per le fasi della programmazione dei lavori,della progettazione, dell’affidamento e dell’esecuzione dei medesimi ».Ai fini dell’individuazione dell’unità organizzativa, particolare rilievo assume,infine, l’assetto delle competenze in tema di adempimenti istruttori e, soprattutto,di adozione del provvedimento finale. Cosicché, secondo le intenzioni dellegislatore, quando l’adozione del provvedimento finale sia di competenza di uncerto organo burocratico, l’unità organizzativa dovrebbe essere individuata, intermini coerenti, con la posizione dell’autorità competente ad assumere ilprovvedimento finale. Di conseguenza, per esempio, se l’adozione delprovvedimento finale spetta ad un certo dirigente, l’unità organizzativa potràessere identificata solo con un ufficio che faccia capo a quel dirigente, e non adaltro dirigente.3. (Segue) La natura regolamentare della determinazione.Di seguito all’emanazione della riforma sul procedimento amministrativo, indottrina si sosteneva che l’art. 4, comma 1, della l. n. 241/90, in ordine alladeterminazione delle unità organizzative responsabili del procedimento,richiedesse l’adozione di un atto amministrativo.32Appariva, pertanto, legittimo che le Pubbliche Amministrazioni facessero ricorsoai provvedimenti amministrativi, al fine di determinare al loro interno le unitàorganizzative responsabili dell’istruttoria e di ogni altro adempimentoprocedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale.Controversa si presentava, però, la questione circa la qualificazione di tale attoamministrativo62. Si discuteva, in particolare, sulla sua sussumibilità nellacategoria degli atti di organizzazione, quali atti che sono espressione di unapotestà organizzativa della Pubblica Amministrazione, che si caratterizza perl’attuazione di valutazioni discrezionali, se non addirittura di indirizzo politico.Sul punto, degno di nota appare un orientamento dottrinario, coevoall’emanazione della legge di riforma, per il quale non sembra assolutamentescontato che, nell’individuazione dell’unità organizzativa responsabile delprocedimento, la Pubblica Amministrazione debba esercitare una tale potestà diindirizzo politico.Secondo questa ricostruzione, la disposizione di cui all’art. 4 della l. n. 241/90sarebbe passibile di due diverse interpretazioni: alla stregua della prima,all’Amministrazione sarebbe richiesta tipicamente un’attività di ricognizione,consistente nell’individuazione di quale sia l’unità organizzativa che svolga ilruolo più significativo rispetto a ciascun tipo di procedimento; alla stregua dellaseconda, invece, all’Amministrazione sarebbero conferiti poteri di scelta, di guisache l’adempimento previsto dall’art. 4 in esame costituirebbe un atto didefinizione dell’assetto interno dell’apparato pubblico rispetto a ciascun tipo diprocedimento.In definitiva, l’atto di designazione dell’unità organizzativa darebbe luogo, nelprimo caso, ad una ricognizione di competenze preesistenti; nel secondo caso,invece, si determinerebbe per la Pubblica Amministrazione procedente lapossibilità di operare una distribuzione di compiti.62 Sul punto, cfr. G. BANTERLE - A. TRAVI, Artt. 4, 5, 6, op. cit., p. 20 ss..33Appare opportuno sottolineare come nei decreti emanati successivamente alla l.n. 241/90 risulti accolta l’interpretazione secondo la quale, nella fase delladeterminazione dell’unità organizzativa responsabile del procedimento, non visarebbe alcuno spazio per momenti di indirizzo politico, dovendosi addiritturadubitare della ricorrenza di margini reali di discrezionalità amministrativa63.A dubitare della correttezza del criterio seguito dai Ministeri, in ordine allanatura giuridica dell’atto di individuazione delle unità organizzative responsabili,si pone un’autorevole dottrina, affermatasi nei primi anni Novanta, a giudiziodella quale i decreti suddetti si limitavano a fornire una risposta un po’ sbrigativaalle esigenze affermate dall’art. 4, comma 1, della l. n. 241/9064.Si sottolineava come questi avessero semplicemente recepito un assettoorganizzativo già puntualmente disciplinato da norme precedenti65 e che, nellasostanza, si risolveva in attività vincolate.In particolare, si evidenziava la circostanza che l’identificazione dell’unitàorganizzativa richiede, ai sensi dell’art. 4 in esame, due ordini di operazionilogiche: innanzitutto, l’individuazione dei diversi tipi di procedimentoamministrativo che sono di competenza dell’Amministrazione procedente; diseguito, l’individuazione, rispetto a ciascun tipo di procedimento, della strutturaresponsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonchédell’adozione del provvedimento finale.Contrariamente alle argomentazioni sopra esplicitate, si poneva, subito dopol’entrata in vigore della l. n. 241/90, un orientamento giurisprudenziale maturatoin seno al Consiglio di Stato, teso ad affermare la natura regolamentare degli attidi determinazione delle unità organizzative.Con un parere reso dall’Adunanza Generale, non si esitava a sottolineare che gliatti con cui le Pubbliche Amministrazioni determinano l’unità organizzativa63 Cfr. art. 9, 10 e 11, d.m. dell’Interno, 2 febbraio 1993, n. 284.64 Per una puntuale ricostruzione di tale filone dottrinario, cfr. G. BANTERLE - A. TRAVI, Artt. 4, 5, 6, op.cit., p. 20 ss..65 Cfr. artt. 1 e 2, L. 18 marzo 1968, n. 249.34presentano i requisiti della generalità, dell’astrattezza e dell’innovatività, tipicidella fonte regolamentare66.Siffatti atti, definiti in dottrina di tipo integrativo-attuativo67, avendo contenutoregolamentare, devono essere adottati nel rispetto della procedura previstadall’art. 17, comma 3, della legge n. 400/88.Del resto, è lo stesso art. 4 della legge di riforma ad ipotizzare che, in viaordinaria, l’individuazione dell’unità organizzativa responsabile sia stabilita « perlegge o per regolamento ». Sono queste, infatti, « fonti proprie e naturali perquesto genere di disposizioni, le quali, avendo carattere generale e valendo perun numero indeterminato di fattispecie, devono rivestire natura regolamentare,anziché provvedimentale »68.In ordine alle autonomie locali, si pone, invece, a sostegno di questa tesi l’art. 7della l. n. 142/90, che richiede esplicitamente la forma regolamentare dell’atto didesignazione dell’unità organizzativa.La qualificazione dell’atto di individuazione delle unità organizzative come attoa contenuto regolamentare, proposta dal Consiglio di Stato, comportava delleconseguenze di rilievo pratico, anche ai fini della tutela giurisdizionale.Per gli atti a contenuto regolamentare si pone, infatti, la regola secondo la qualenon è ammessa l’impugnabilità immediata. In tali ipotesi, il ricorso al giudiceamministrativo è, infatti, ammesso solo dopo che sia stato emanato unprovvedimento attuativo che risulti concretamente lesivo dell’interesse delcittadino69. Al contrario, ove manchi un provvedimento attuativo, il caratteregenerale ed astratto dell’atto regolamentare comporta l’inammissibilità di unaimpugnazione diretta, per carenza del requisito dell’interesse a ricorrere.Accolta la tesi circa la natura regolamentare degli atti di individuazione delleunità organizzative, occorre ora soffermarsi sulle forme di pubblicità di tali atti.L’art. 4, comma 2, della l. n. 241/90 richiede, infatti, che le disposizioni adottate66 Cons. St., Ad. gen, 21 novembre 1991, n. 141, in Foro it.1992, III, 98, 137.67 L’espressione è di I. FRANCO, Artt. 4, 5 e 6, op. cit., p. 127.68 Così G. BANTERLE - A. TRAVI, Artt. 4, 5 e 6, op. cit., p. 27.69 Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 1985 in Giur. it., 1985, III, 1, c. 369.35in merito alla designazione delle unità organizzative responsabili seguano leforme di pubblicità tipiche dell’atto regolamentare, diversamente previste aseconda del tipo di ente di riferimento70.Appare evidente come la pubblicità dell’atto di individuazione delle unitàorganizzative rivesta un’importanza fondamentale, al fine di realizzare obiettividi trasparenza nell’assetto organizzativo degli uffici.Si tenga presente, altresì, che, tale pubblicità non riveste semplicemente unafunzione notiziale, ma identifica una condizione d’efficacia dell’atto, stante lanatura regolamentare di questo.4. La designazione del responsabile del procedimento.Con la riforma sul procedimento amministrativo, il legislatore ha intesochiaramente differenziare le due figure della « unità organizzativa » e del« responsabile del procedimento », di guisa che appaiano nettamente distinti idue momenti della determinazione dell’unità organizzativa e della designazionedella persona fisica che, nell’ambito della stessa, assumerà le vesti diresponsabile del procedimento.In tale prospettiva, l’atto di determinazione dell’unità organizzativa costituisceun presupposto del tutto infungibile rispetto alla successiva individuazione delresponsabile. Ed invero, la mancanza del primo atto finisce col precluderel’applicazione delle stesse disposizioni sull’istituto in parola, comportandol’illegittimità per violazione di legge dei relativi procedimenti.L’individuazione dell’unità organizzativa, secondo le intenzioni del legislatore,non rappresenta, pertanto, un optional, ma è un momento necessario dellasequenza del procedimento amministrativo, la cui conduzione, altrimenti, sarebbetotalmente subordinata, circa l’an ed il quando, all’apprezzamento della P.A..In merito all’individuazione del responsabile del procedimento, possiamocoglierne il riferimento normativo all’art. 5, comma 1, della l. n. 241/90, le cuiprevisioni si rivolgono all’interno della struttura organizzativa dell’ente70 Cfr. art. 17, l. n. 400/88.36procedente e consentono di realizzare i principi di trasparenza, efficacia edefficienza dell’azione amministrativa.La disposizione in esame prevede che il dirigente di ciascuna unità organizzativa,previamente individuata sulla base del disposto di cui all’art. 4, debba provvederead assegnare a se stesso, o ad altro dipendente addetto all'unità, la responsabilitàdell’istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento,nonché, eventualmente, dell'adozione del provvedimento finale.Mentre, il comma 2 della medesima disposizione disciplina un’ipotesi patologicadel processo di individuazione del soggetto responsabile, relativa al caso in cui ilsingolo funzionario non adempia all’assegnazione di cui al comma 1. Tale ipotesisi risolve con l’assunzione delle vesti di responsabile del procedimento da partedello stesso dirigente dell’unità organizzativa.L’individuazione del responsabile del procedimento consiste, quindi,nell’assegnazione ad un dipendente della responsabilità degli adempimentirelativi al procedimento. In tal senso, ciò che conta è che, per ciascunprocedimento, sia individuato in modo certo il responsabile.In ordine ai criteri di scelta del responsabile del procedimento, la norma prescriveche questi possa essere identificato solo in un addetto all’unità organizzativacompetente, come individuata in base all’art. 4 della l. n. 241/90.L’individuazione come responsabile di un impiegato non addetto a tale unitàorganizzativa comporterebbe, infatti, una illegittimità che andrebbe a riflettersi sututti gli atti successivi del procedimento e che, dunque, inficerebbe anche lalegittimità del provvedimento finale. Si tratterebbe, più nello specifico, di unaillegittimità riferibile al vizio di incompetenza, sicché proprio l’inosservanza deicriteri relativi all’individuazione del responsabile del procedimento darebbeluogo alla incompetenza dello stesso71.L’art. 5, comma 1, in esame non prevede, invece, particolari criteri perl’individuazione del responsabile del procedimento, in ordine alla qualifica71 Sul punto, cfr. C. MIGNONE, Note sul responsabile del procedimento amministrativo, op.cit., p. 39 ss..37rivestita dall’impiegato: ciò che conta è che ciascun procedimento sia assegnatoad un responsabile, quale preciso referente individuale dello stesso.E’ ovvio, però, che le disposizioni sul responsabile del procedimento nonpossano diventare uno strumento per imporre ad un impiegato pubblico losvolgimento di attività estranee alle sue mansioni. Di conseguenza, devesussistere una coerenza di fondo tra le mansioni specifiche dell’impiegato e leattività che vengono normalmente svolte dal responsabile rispetto a quel tipo diprocedimenti.Può, pertanto, rivestire la funzione di responsabile del procedimento ildipendente pubblico che, in base alle mansioni stabilite dal contratto collettivo inordine alla sua qualifica, è deputato a svolgere funzioni istruttorie.A tal proposito, appare evidente come, nei procedimenti amministrativi piùcomplessi e che, dunque, richiedono il possesso di competenze peculiari, ilresponsabile del procedimento corrisponda normalmente ai funzionari conqualifica più elevata; mentre, con riferimento ai procedimenti più semplici, siapossibile identificare lo stesso con un impiegato di livello inferiore.Cionondimeno, va evidenziato come il responsabile del procedimento noncorrisponda ad una qualifica determinata nell’ordinamento del pubblico impiego.L’istituto, infatti, non individua mansioni nuove in capo al dipendente investitodella funzione, ma identifica un nuovo modo di organizzare e di svolgeremansioni ordinarie72.Da una lettura sistematica della norma di cui all’art. 5 della l. n. 241/90, èpossibile, inoltre, desumere ulteriori criteri per l’individuazione del responsabiledel procedimento, tra i quali, in particolare, quello della coerenza fra le attivitàrichieste al responsabile e le mansioni del dipendente prescelto.Tale criterio non ha semplicemente una rilevanza meramente interna, ma altresìesterna, poiché è interesse del cittadino che il responsabile del procedimento sia72 Sul punto, cfr. G. BANTERLE – A. TRAVI, Commento all’art. 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in A.TRAVI, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documentiamministrativi, in Nuove leggi civ. comm., 1995, p. 1 ss..; in senso analogo, Cons. Stato, sez. II, 3novembre 1999, n. 1401, in Cons. Stato, 2000, I, p. 826.38in grado di svolgere correttamente la sua attività. La violazione del criteriosuddetto comporterà, pertanto, una illegittimità, e non una mera irregolarità,dell’individuazione del responsabile.Con l’individuazione del responsabile del procedimento viene meno « quellaformidabile garanzia di impunità » che aveva caratterizzato l’Amministrazioneprima della riforma, data dall’anonimato, dall’impersonalità degli uffici e dallafungibilità fra le persone ad essi addetti, che valeva a « deviare la protesta delcittadino e a impedirgli di individuare il bersaglio »73 cui rivolgersi nelle ipotesidi deficienza del procedimento amministrativo.Si noti come, a prescindere dalle conseguenze giuridiche che sono connesse allaqualità di responsabile del procedimento, « costituisca strumento efficace diaccelerazione del procedimento amministrativo il semplice fatto che il cittadinosappia a chi rivolgersi e contro chi recriminare »74.Con la riforma del 1990 quest’ultimo, infatti, è divenuto titolare del diritto diconoscere il nome e l’identità del responsabile del procedimento, « in modo dapoter seguire puntualmente e tempestivamente l’iter di ciascun procedimento equindi svolgere in esso con consapevolezza le proprie pretese partecipative »75.Come si osserva in dottrina, « sembra così consegnata definitivamente alla storiaquell’immagine kafkiana di un’amministrazione imperscrutabile e autoritaria,fortemente gerarchizzata e assai poco collaborativa - anche al proprio interno -sfilacciata e lontana da qualsivoglia modello organizzativo capace di assicurarneimparzialità e buon andamento, secondo il dettato costituzionale »76.5. (Segue) La puntuale assegnazione dell’istruttoria.A differenza dell’unità organizzativa, la cui determinazione avviene con attoregolamentare, il soggetto responsabile del procedimento va individuato, ad73 Così G. CORSO - F. TERESI, Procedimento amministrativo e accesso ai documenti. Commento alla legge7 agosto 1990, n. 241, Rimini, 1991, p. 82.74 Ivi, p. 82.75 Così M. RENNA, Il responsabile del procedimento a (quasi) dieci anni dall’entrata in vigore della leggen. 241, in Riv. trim. dir. amm., 2000, p. 510.76 Ivi, p. 514.39opera del funzionario più alto in grado, mediante atto di designazione puntuale,che assegna l’istruttoria del singolo procedimento alla persona fisica titolare dellarelativa funzione.Va precisato che l’atto di designazione del responsabile del procedimento nonpuò essere ricompreso nel campo di applicazione dell’istituto della delega difunzioni, quale atto con cui, all’interno di una medesima amministrazione, sitrasferisce da un organo all’altro l’esercizio del potere amministrativo, nonché laresponsabilità del provvedimento finale. Ed invero, si noti come la soladesignazione del responsabile del procedimento non sia idonea a dare luogo,all’interno dell’unità organizzativa, ad alcun trasferimento di funzioniamministrative dal dirigente dell’unità organizzativa al responsabile delprocedimento.Tuttavia, qualora alla designazione del responsabile si accompagni iltrasferimento, in capo allo stesso, della competenza ad emanare il provvedimentofinale, sarà possibile la configurazione di un atto di delega contestuale, seppurdistinto, rispetto all’atto di puntuale designazione.A tal proposito, va, peraltro, segnalato come l’operatività della delega di funzionisia molto ristretta, potendo la stessa configurarsi esclusivamente nei casi previstidalla legge, la sola che possa consentire un’alterazione delle competenzeamministrative.Una delega di firma, che comporti semplicemente il conferimento al soggettodelegato del potere di apporre la propria firma su un provvedimento, fermarestando l’esclusiva imputabilità e responsabilità dell’atto in capo al delegante,sembra potersi configurare nei rapporti tra dirigente e responsabile solo nei casiin cui il primo deleghi espressamente il secondo all’emanazione delprovvedimento finale.La legge identifica non solo la competenza ad emanare l’atto di designazione delresponsabile, ma anche un criterio da osservare per la scelta dello stesso.Rientra sicuramente nei poteri del dirigente dell’unità organizzativa il compito diattribuire la responsabilità del procedimento al funzionario all’uopo individuato,40mediante assegnazione puntuale dell’istruttoria allo stesso. Nulla, però, vieta aciascuna amministrazione di procedere all’individuazione del responsabile permezzo di criteri automatici, rendendo noto, ex ante, il soggetto che, al verificarsidi determinati presupposti, assumerà le vesti di responsabile del procedimento.Anzi, proprio la formulazione della norma in esame induce a ritenere chel’individuazione possa avvenire anche attraverso la fissazione di criteristandards, i quali consentono di suddividere i procedimenti di competenzadell’unità organizzativa fra i vari addetti alla stessa.E’ quindi legittimo che l’individuazione del responsabile del procedimento vengaeffettuata anticipatamente, in modo analogo a quanto si verifica perl’assegnazione dei procedimenti agli uffici giudiziari. In tal modo, alle singoleamministrazioni viene offerta la possibilità di attuare, con specifico ordine diservizio, una determinazione preventiva, che assegni automaticamente a ciascunprocedimento, individuato ratione materiae, il singolo soggetto responsabiledello stesso.A tal proposito, si consideri la rilevanza di quell’orientamento giurisprudenzialeper il quale « la ratio sottesa all'individuazione del responsabile del procedimentonon sia in alcun modo compromessa ove la designazione effettuata dal dirigentedell'unità organizzativa riguardi non un determinato procedimento, ma tutti iprocedimenti relativi ad una delle materie rientranti nella competenza dell'ufficio;deve anzi aggiungersi che una siffatta designazione generale essendo ancorata alcriterio obiettivo della materia garantisce il rispetto del principio di imparzialitàpiù e meglio delle designazioni effettuate caso per caso »77.6. Scomponibilità o unitarietà della figura del responsabile del procedimento.Un aspetto assai problematico, di cui l’art. 4, comma 1, della l. n. 241/90 èportatore, è quello relativo alla necessità di stabilire se la figura del responsabiledel procedimento debba essere unica per ogni procedimento amministrativo o se,77 Cfr. Tar Liguria, Genova, sez. II, 1 settembre 2006, n. 979 in Foro amm. TAR 2006, 9, 2886 (s.m.).41al contrario, vi sia la possibilità di ammettere la presenza di più soggettiresponsabili del medesimo procedimento.Tale problema, invero, sorge in tutte quelle circostanze in cui, a fronte di unprocedimento amministrativo che coinvolga più settori del medesimo ente,ovvero più amministrazioni, l’individuazione dell’unità organizzativa, qualestruttura interna a ciascuna amministrazione, possa risultare complessa e,pertanto, comportare contrasti fra i diversi settori, ovvero tra le diverseamministrazioni coinvolte.Sul punto, il Ministero della Funzione Pubblica, con la Circolare datata 5dicembre 199078, aveva stabilito, accanto all’ipotesi di una competenzaaccentrata in un’unica unità organizzativa, i diversi casi in cui le varie fasi delprocedimento amministrativo potessero essere affidate a più uffici, ciascunoresponsabile per gli adempimenti di propria competenza79. Parallelamente, insenso decisamente critico verso la predetta impostazione, si collocava la dottrinapiù qualificata, osservando che, accogliendo la soluzione favorevole alla pluralitàdi unità responsabili, si sarebbe corso il rischio di svuotare il procedimentoamministrativo di quell’unico ed unitario centro di imputazione che, secondol’intentio legis, era stato posto a garanzia del buon andamento e dellasemplificazione dell’attività amministrativa, nonché della trasparenza80.Si delineava, pertanto, in dottrina l’idea secondo la quale solo l’unificazione dellevarie fasi procedurali, sotto il profilo del soggetto responsabile, potesseassicurare l’effettiva applicazione di quei fondamentali principi innovatori che,ispirando il legislatore del 1990, avevano portato alla previsione della figura delresponsabile del procedimento.D’altronde, la stessa Commissione di studio per l’attuazione della legge diriforma si era espressa in senso favorevole all’unicità del responsabile delprocedimento, nella convinzione che la frammentazione organizzativa e78 Circ. dip. Funzione Pubblica 5 dicembre 1990, n. 58307/7463, cit..79 Per una critica alle disposizioni ministeriali cfr. V. CERULLI IRELLI, Corso di diritto amministrativo,parte III, sez. I, Milano, 1991, p. 50.80 Sul punto, cfr. M. RENNA, Il responsabile del procedimento nell’organizzazione amministrativa, op.cit., p. 13 ss..42funzionale, derivante dalla pluralità di soggetti responsabili, avrebbe potutodeterminare una violazione della stessa ratio normativa posta alla basedell’istituzione della figura in esame81.A fronte degli orientamenti favorevoli alla c.d. tesi unitaria, emerge laconsiderazione per la quale collocare la figura del responsabile del procedimentoall’interno di una visione unitaria dell’iter procedimentale non preclude, tuttavia,di considerare l’opportunità che, all’interno del medesimo procedimento, sipossano individuare diversi soggetti, responsabili singolarmente per ciascunafase procedimentale.Alla stregua di siffatta impostazione, la suddivisione dei compiti tra i diversisoggetti responsabili acquista una valenza esclusivamente interna edorganizzativa, restando, ad ogni modo, unico l’interlocutore dei cittadini, il qualeè, parallelamente, anche il coordinatore di tutte le fasi procedimentali.La questione relativa al dibattito tra tesi unitaria ed opzione pluralista appare,tuttavia, superata in favore dell’unicità nelle previsioni normative che si sonosuccedute di seguito all’emanazione della legge n. 241/9082.In esse si prescrive, tra i criteri di organizzazione delle PubblicheAmministrazioni, quello dell’attribuzione della responsabilità complessiva perciascun procedimento ad un unico ufficio. In senso analogo, si è posta lalegislazione di settore83, prevedendo la figura del responsabile unico per lediverse fasi della programmazione della progettazione, dell’affidamento edell’esecuzione dei contratti pubblici di lavori e di servizi e forniture.Al contrario, abbastanza problematica appare, tutt’oggi, la risoluzione dellaquestione relativa all’individuazione del soggetto responsabile nelle ipotesi in cuiil procedimento coinvolga più amministrazioni differenti.81 Per una puntuale ricostruzione del tema, cfr. C. MIGNONE, Note sul responsabile del procedimentoamministrativo, op. cit., pp. 43-48.82 Cfr. art. 5, lett. c), d. lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, poi confluito nell’art. 2, c. 1, lett. d), d. lgs. 30 marzo2001, n. 165.83 Cfr. art. 10, d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163.43E’ possibile, al riguardo, registrare la presenza di un vivace dibattito dottrinaleche divide i sostenitori della tesi unitaria da coloro che, al contrario, sostengonol’opzione pluralista.Per i primi, alla luce della ratio legis che sta alla base della l. n. 241/90 ed inragione delle esigenze di semplificazione e di trasparenza dell’azioneamministrativa, sarebbe preferibile conservare l’unitarietà del soggettoresponsabile del procedimento. Per i secondi, invece, la tesi unitaria non è dasposare, in quanto, con riferimento ai procedimenti plurisoggettivi, essa andrebbeincontro ad alcune obiezioni difficilmente superabili.I sostenitori della teoria pluralista osservano, in primo luogo, che, restando sulpiano dell’interpretazione letterale dell’art. 4, comma 1, della l. n. 241/90, sipossa facilmente cogliere che la disposizione pone a carico di ogni singolo entel’obbligo di nominare l’unità organizzativa per ciascuna tipologia procedimentaledi propria competenza. In secondo luogo, essi pongono l’accento sullaconsiderazione che la nomina di più responsabili assolva alla funzione dipreservare l’autonomia organizzativa e funzionale delle diverse amministrazioniinteressate al procedimento, comportando, conseguentemente, una migliorerealizzazione degli interessi pubblici di cui le stesse sono portatrici e tutrici.In definitiva, nei procedimenti plurisoggettivi la soluzione preferibile, in ordineal problema della designazione del soggetto responsabile del procedimento,appare quella di optare per la presenza di più soggetti responsabili, anche qualorasussista un evidente rischio di frantumazione dei singoli procedimenti.L’opzione pluralista consente, infatti, da un lato, l’unificazione delleresponsabilità, sia pure a livello di singola amministrazione, mentre, dall’altrolato, rispetta gli ambiti di competenza dei diversi enti coinvolti.7. Le conseguenze dell’omessa individuazione del funzionario responsabile.L’art. 5, comma 2, della l. n. 241/90 prevede, per l’ipotesi patologica in cui ilfunzionario più alto in grado non adempia all’individuazione del soggetto44responsabile, che sia lo stesso dirigente dell’unità organizzativa ad assumere levesti di responsabile del procedimento.Tale previsione risponde alla ratio di evitare che la Pubblica Amministrazione sitrinceri dietro la mancata assegnazione della responsabilità del procedimento adun impiegato, di guisa che possa essere elusa la normativa sulle responsabilitàche derivano dall’instaurazione di un procedimento amministrativo.A ben vedere, a differenza di quanto si è riscontrato per l’unità organizzativa,l’atto di individuazione del responsabile del procedimento non costituisce unacondizione necessaria per l’attuazione del modello di procedimento delineatodalla legge n. 241/90. La disciplina sul procedimento trova, infatti, pienaattuazione anche nell’ipotesi in cui il responsabile non venga individuato.In merito agli effetti connessi alla mancata designazione del responsabile delprocedimento, la giurisprudenza si è più volte pronunciata affermandol’orientamento per il quale la circostanza in esame non è tale da determinarel’illegittimità del provvedimento, dovendosi la medesima rubricare come merairregolarità, rilevante solo sul piano della responsabilità disciplinare delfunzionario pubblico84.Si tratta di un orientamento teso a privilegiare una lettura sostanzialistica delledisposizioni, in linea, peraltro, con la tendenza legislativa espressa all’art. 21octies, introdotto nella l. n. 241/90 con la novella del 2005.Con riferimento alla necessità di una coerenza tra attività richiesta al responsabiledi un determinato procedimento e mansioni corrispondenti alla qualificadell’impiegato designato quale responsabile, la norma in esame impone,implicitamente, che nell’unità organizzativa almeno l’impiegato preposto sia diuna qualifica adeguata rispetto alle attività richieste al responsabile delprocedimento. Si tenga presente, infatti, che responsabile del procedimento può84 Cfr. Tar Piemonte, sez. I, 10 marzo 2004, n. 400; Tar Lazio, sez. III, 31 gennaio 2004, n. 917; TarAbruzzo, Pescara, 6 novembre, n. 924; Tar Lazio, Latina, 17 aprile 2003, n. 359; Tar Toscana, II, 2 aprile2003, n. 1208; Cons. St., II, 3 novembre 1999, n. 1401,; Cons. giust. Reg. Sicilia, 14 aprile 1998, n. 219,;Cons. St., V, 15 aprile 1996, n. 434.45essere solo un addetto all’unità organizzativa competente, e non ad altra, come sievince dal comma 1 dell’art. 5 in esame.Ciò implica che, nell’individuazione dell’unità organizzativa, l’Amministrazionedebba considerare, come criterio, anche quello della presenza nell’unità dialmeno un impiegato che abbia una qualifica adeguata per rivestire le funzioni diresponsabile del procedimento.Nel sistema delineato dalla legge n. 241/90, l’individuazione certa di unresponsabile del procedimento risponde ad esigenze di trasparenza, efficienza edefficacia, assicurando, al contempo, l'attuazione del principio di responsabilità dicui all'art. 28 Cost. ed il più celere corso dell'iter procedimentale.Tale è l’importanza annessa al superamento dei limiti di tutela e dei disguididerivanti dalla impersonalità degli uffici che è la stessa legge sul procedimentoad individuare, in prima battuta, il responsabile del procedimento nel funzionariopreposto all’unità organizzativa, di guisa che, pur in mancanza della semprepossibile designazione di altro dipendente, non venga a determinarsi alcun vuotonella titolarità dell'azione amministrativa85. Ed invero, fino a quando non vengaeffettuata l’assegnazione di cui al comma 1 dell’art. 5, il dirigente medesimo saràconsiderato responsabile del procedimento.In altri termini, la mancata nomina del responsabile del procedimento, nelvigente disegno legislativo di cui agli artt. 4 e 5 della l. n. 241/90, non determinaun vuoto normativo e procedimentale, perché, fino a quando il procedimento nonviene assegnato ad uno specifico responsabile, del procedimento medesimorisponde il funzionario preposto all'unità organizzativa competente86; parimentiavviene quando tale nomina sia avvenuta ma non sia stata comunicataall'interessato87.L’omessa designazione del responsabile del procedimento non determinaneppure illegittimità o invalidità degli atti, producendo effetti solo ai fini85 Cfr. Tar Liguria, Genova, sez. II, 1 settembre 2006, n. 979, cit..86 Cfr. Tar Abruzzo, Pescara, 6 novembre 2003, n. 924, in Foro amm. TAR 2003, 3276 (s.m.), Giur.merito 2004, 643 (s.m.).87 Cfr. Tar Lazio, Latina, 17 aprile 2003, n. 359, in Foro amm. TAR 2003, 1301 (s.m.).46dell'imputazione delle responsabilità, con la conseguenza che, ai sensi degli artt.4 e 5, della l. n. 241/90, debba considerarsi responsabile il funzionario prepostoall'unità organizzativa competente88.8. La comunicazione del nominativo del responsabile agli interessati.L’art. 5, comma 3, della l. n. 241/90 prevede l’onere della comunicazione agliinteressati di quale sia l’unità organizzativa responsabile e del nominativo delresponsabile del procedimento.Invero, nell’ambito dei lavori parlamentari per l’approvazione della legge diriforma, il riferimento all’obbligo di comunicazione del nominativo delresponsabile del procedimento veniva inserito in un secondo tempo, al fine direalizzare l’obiettivo della personalizzazione del procedimento amministrativo.Difatti, il disegno di legge presentato dal Governo alla Camera, in data 19novembre 1987, prevedeva l’obbligo di comunicare agli interessati la sola « unitàorganizzativa competente »89.Tale previsione, tuttavia, non avrebbe permesso al legislatore di incidere inprofondità nel sistema in atto ed, inoltre, avrebbe finito col rendere l’attivitàamministrativa sostanzialmente anonima, vanificandosi, nei fatti, gli obiettividella riforma.Tuttavia, già in sede di discussione nella prima commissione della Camera deiDeputati, prevaleva la diversa soluzione di rendere obbligatoria anche lacomunicazione del soggetto responsabile del procedimento, soluzione chetrovava accoglimento nel testo definitivo dell’art. 5, comma 3, della l. n. 241/90.La comunicazione in esame va effettuata, innanzitutto, ai soggetti interessaticontemplati dall’art. 7 della l. n. 241/90, ossia a coloro nei confronti dei quali ilprovvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, a quelli che per leggedevono intervenirvi, nonché a soggetti individuati o facilmente individuabili,88 Cfr. Tar Lazio, Roma, 3 ottobre 2006, n. 9876, in Foro amm. TAR 2006, 10, 3209 (s.m.).89 Cfr. art. 9, comma 2, lett. c)del disegno di legge n. 1913, presentato il 19 novembre 1987 dal Presidentedel Consiglio dei Ministri (On. Gloria), in Camera dei deputati, X legislatura, Atti Parlamentari, Disegnidi legge e Relazioni, Documenti (n. 1913); anche in Camera dei deputati, La riforma del procedimentoamministrativo (raccolta di atti), Roma, 1991, p. 10.47diversi dai diretti destinatari del procedimento, qualora dal provvedimento possaderivare loro un pregiudizio.In tali ipotesi, tuttavia, l’onere in parola è da ritenersi soddisfatto attraverso lacomunicazione di avvio del procedimento, prescritta dall’art. 8 della l. n. 241/90,con la quale deve essere indicato obbligatoriamente anche « l’ufficio e la personaresponsabile del procedimento ». Ed invero, poiché la legge non richiede formeparticolari per la comunicazione in esame, è da ritenere possibile il ricorso aqualsiasi forma idonea, ivi compresa la spedizione a mezzo postale.E’ da ritenere che la comunicazione debba avvenire contestualmente all’avvio delprocedimento e che sia a carico dello stesso responsabile del procedimento, comeevidenziato nell’art. 6, lett. d), della l. n. 241/90. Tuttavia, nell’ipotesi disopravvenienza di interesse, essa può avvenire anche in seguito90.Come si evidenzia in dottrina, se si ritiene che la comunicazione prevista dall’art.5, comma 3, della l. n. 241/90 sia analoga, per caratteri ed effetti, a quella di cuiall’art. 8 della stessa legge, allora si deve affermare che « essa non svolgaesclusivamente finalità notiziali, ma sia prevista a garanzia della trasparenza delprocedimento »91. Di conseguenza, l’omissione della comunicazionecomporterebbe l’illegittimità del procedimento per violazione di legge.Di diverso avviso risulta, invece, la giurisprudenza amministrativa, per la qualel’omessa comunicazione del nominativo del responsabile del procedimento agliinteressati non è tale da determinare l’illegittimità del provvedimento, dovendosila medesima rubricare come mera irregolarità, rilevante esclusivamente sul pianodella responsabilità disciplinare del funzionario pubblico che ha compiuto laomissione92.90 Cfr. Circ. dip. Funzione Pubblica, 5 dicembre 1990, n. 58307/7463, cit..91 Così G. BANTERLE - A. TRAVI, Artt. 4, 5, 6, op. cit., p. 33.92 Cfr. Tar Lazio, Roma, sez. I, 30 agosto 2005, n. 6359, in Giur. it. 2006, 3, 636; Tar Piemonte, Torino,sez. I, 10 marzo 2004, n. 400, in Foro amm. TAR 2004, 581 (s.m.); Tar Lazio, Roma, sez. III, 31 gennaio2004, n. 917, in Foro amm. TAR 2004, 161 (s.m.); Tar Abruzzo, Pescara, 6 novembre 2003, n. 924, inForo amm. TAR 2003, 3276 (s.m.), Giur. merito 2004, 643 (s.m.); Tar Lazio, Latina, 17 aprile 2003, n.359, in Foro amm. TAR 2003, 1301 (s.m.); Tar Toscana, Firenze, sez. II, 2 aprile 2003, n. 1208, in Foroamm. TAR 2003, 1252 (s.m.).48A tal proposito, si consideri come « la mancata formale indicazione delfunzionario responsabile del procedimento non esplichi effetto viziante delprovvedimento finale, poiché detto soggetto si identifica, in assenza di espressadesignazione, con il funzionario posto al vertice dell’unità organizzativa dalquale l'atto proviene e nei cui confronti l'interessato, in base alle indicazioni cheemergono nell'atto a lui comunicato, è posto in condizione di instaurare ogni utilecontraddittorio nelle forme previste dall'art. 10 della l. n. 241 del 1990 »93.L’indicazione dell’unità organizzativa e del responsabile del procedimento vacomunicata, a cura dell’amministrazione procedente, anche ai terzi chedimostrino di avere « interesse ». A tal proposito, la Circolare del Dipartimentodella Funzione Pubblica, datata 5 dicembre 1990, afferma che il nominativo delresponsabile del procedimento debba essere comunicato « a chiunque abbia uninteresse giuridicamente rilevante »94.Tale previsione coinvolge un profilo centrale per l’interpretazione delladisciplina del procedimento amministrativo dettata dalla l. n. 241/90, cheriguarda non solo gli artt. 5, comma 3, e 9 della legge suddetta, ma anche l’art. 7,comma 4, della l. n. 142/90 sull’ordinamento delle autonomi locali. Quest’ultimadisposizione prevede, infatti, il diritto all’informazione per tutti i cittadini circagli atti e le procedure « che comunque li riguardano ».In definitiva, l’accesso agli atti e alle informazioni in esame appare riservato aisoggetti che possono intervenire nel procedimento amministrativo, quali titolaridi un interesse legittimo o di un diritto soggettivo coinvolti nel procedimentostesso, nonché, in senso più ampio, a tutti coloro che sono « interessati »all’attività amministrativa.Questi due ordini di soggetti consentono di ammettere una distinzione trapartecipazione dei cittadini all’azione amministrativa e accesso a certi dati93 Cons. Stato, sez. II, 16 maggio 2007, n. 866, in Dir. e giur. agr. 2008, 6, 446. In senso conforme, cfr.Cons. Stato, sez. VI, 31 gennaio 2006, n. 332, Foro amm. CDS 2006, 1, 234; Cons. Stato, sez. VI, 21ottobre 2005, n. 5935, in Foro amm. CDS 2005, 10, 3030 (s.m.) (s.m.).94 Cfr. Circ. dip. Funzione Pubblica 5 dicembre 1990, n. 58307/7463, in G.U., 20 dicembre 1990, n. 296.49sull’azione amministrativa. Proprio quest’ultimo aspetto viene preso inconsiderazione nella norma in esame.9. Responsabile del procedimento e rapporti organizzativi.La figura del responsabile del procedimento incide profondamente sui rapportiorganizzativi che si instaurano all’interno dell’unità organizzativa di riferimento.L’istituto, invero, non viene a collocarsi, in tale ambito, in una posizionesovraordinata rispetto agli altri impiegati che sono coinvolti nel procedimento.Qualora lo fosse, tale sovraordinazione non si affermerebbe in forza della suaindividuazione come responsabile, bensì in ragione della gerarchia dellequalifiche dell’ufficio95.Tuttavia, per il solo fatto di essere responsabile, ossia di essere chiamato arispondere delle conseguenze degli atti e, soprattutto, delle omissioni altrui,l’istituto assume il diritto di sollecitare gli altri soggetti implicati nelprocedimento ad adottare i comportamenti dovuti. Sarà, inoltre, sua competenzaprovvedere a denunciare agli organi politici o ai dirigenti amministrativi coloroche, con le loro negligenze o omissioni, concorrono a provocare la suaresponsabilità.In tale prospettiva, l’istituto è destinato ad attivare meccanismi competitiviall’interno delle strutture amministrative, presentandosi come « antidoto a queicomportamenti collusivi che vengono propiziati da un regime di irresponsabilitàdiffusa […], che finiscono per incentivare la copertura reciproca e per occultarele responsabilità individuali »96.In altre parole, con l’individuazione del responsabile non soltanto viene fornito alprivato un ‘interlocutore’ con cui dialogare nel corso del procedimento, mavengono, altresì, messe in luce le responsabilità individuali degli altri soggettiimplicati nel procedimento amministrativo. Ne deriva, un indubbio « effetto95 Sul punto, cfr. G. CORSO - F. TERESI, op. cit., p. 88.96 Ibidem.50complessivo di chiarezza circa l’apporto che ciascuna unità lavorativa fornisce alprocedimento »97.Ai primi commentatori della legge n. 241/90 era sembrato che l’istituzione dellafigura del responsabile del procedimento potesse incontrare notevoli difficoltàapplicative nell’ambito degli assetti strutturali della Pubblica Amministrazione.Tali difficoltà venivano ricollegate, da una parte, al problema della compatibilitàdell’istituto con gli assetti organizzativi tradizionalmente gerarchizzati, dall’altra,al dubbio circa l’adeguatezza dei dipendenti, sul piano della qualificazione edella formazione professionale, a svolgere le mansioni specifiche dell’istituto98.Era stato da subito avvertito, infatti, come il responsabile del procedimento fossetale da portare con sé il germe di una chiara separazione tra politica eamministrazione e di una contestuale rottura delle tradizionali relazioni digerarchia correnti fra organi, uffici, nonché all’interno delle singole unitàorganizzative.In tale contesto, si insinuava il dubbio attinente alla circostanza che laseparazione delle funzioni, che si era voluta importare al procedimentoamministrativo tramite la legge di riforma, fosse ottenibile in assenza di unaradicale riforma dell’organizzazione. Allo stesso modo, si dubitava che, inassenza di detta riforma, la legge sul procedimento fosse in grado di cambiare ilvolto dell’amministrazione italiana.Un’autentica responsabilizzazione dell’intera classe burocratica avrebbe richiestoinfatti, come si osservava, che al modello gerarchico si avvicendasse un nuovomodello di separazione delle competenze, ove fosse possibile operare unatrasformazione dei vecchi poteri di ordine e avocazione in nuovi poteri didirezione e coordinamento. E ciò sia nei rapporti tra organi politici e organiburocratici, sia nei rapporti fra burocrati di vertice e funzionari sottordinati99.97 Così G. CORSO - F. TERESI, op. cit., p. 89.98 Sul punto, cfr. M. RENNA, Il responsabile del procedimento a (quasi) dieci anni dall’entrata in vigoredella legge n. 241, op. cit., p. 522.99 Sul punto, ivi, p. 506 ss..51Cionondimeno, le riforme dell’organizzazione amministrativa e del rapporto dilavoro dei dipendenti pubblici, operate a partire dal d. lgs. n. 29/1993, hannocontribuito in maniera decisiva a risolvere gran parte dei dubbi interpretativi sorticon riferimento all’ingresso dell’istituto del responsabile del procedimento neltessuto organizzativo delle Pubbliche Amministrazioni.Inoltre, con la novella apportata dal d. lgs. n. 80/98, sembrava essere statadefinitivamente chiarita anche l’esatta portata delle relazioni fra dirigenti eresponsabili dei procedimenti100.A tal proposito, l’art. 17, lett. d), del d.lgs. n. 165/01, dispone che i dirigenti« dirigono, coordinano e controllano l’attività dei responsabili dei procedimentiamministrativi anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia ».Una breve analisi di tale disposizione appare, pertanto, fondamentale al fine dienucleare le relazioni tra dirigente e responsabile del procedimento, accertandoquale autonomia sia da riconoscere al responsabile nello svolgimento dell’attivitàistruttoria.In ordine al concetto di « direzione », va evidenziato che il termine si riferisce alpotere del dirigente di intervenire nel processo formativo della decisione,attraverso quell’attività di predeterminazione di criteri, principi e priorità checostituisco le direttive cui il responsabile del procedimento deve uniformarsinello svolgimento dell’istruttoria. Tuttavia, va precisato come la ratio di talidirettive non sia quella di incidere puntualmente e tassativamente sulleacquisizioni istruttorie, ma, al contrario, quella di lasciar spazio alledeterminazioni autonome del responsabile del procedimento, il quale ben potràdisattendere le predette direttive qualora lo ritenga necessario, purché ne forniscaadeguata motivazione.Tuttavia, è con particolare riferimento al concetto di « coordinamento » chepossono enuclearsi le concrete modalità operative a mezzo delle quali si esplica ilrapporto tra dirigente e responsabile del procedimento.100 Sul punto, cfr. C. D’ORTA, in La riforma dell’organizzazione, dei rapporti di lavoro e del processonelle amministrazioni pubbliche, Commentario a cura di A. CORPACI - M. RUSCIANO - L. ZOPPOLI, in Lenuove leggi civ. comm., n. 5-6/1999, p. 1146 ss..52A tal proposito, va osservato come la nozione di coordinamento siaassolutamente incompatibile con qualunque forma di rapporto gerarchico101,ponendosi, infatti, il vincolo fra coordinatore e coordinati solo sul piano« formale », in quanto « la sostanza dell’azione » è riservata al coordinato, chepuò svincolarsi dalle istruzioni motivando102.In altri termini, l’attività di coordinamento riguarda più che altro la metodologiacon la quale l’azione si svolge, implicando la « continuità di comunicazionereciproca » fra coordinatore e coordinato, la quale è in grado di originare« modelli consensuali o di sostanziale codeterminazione delle decisioni »103.In concreto, insomma, l’attività in parola si esprime mettendo in attocomportamenti che generano in capo al coordinato un dovere di « cooperazione »e di « collaborazione attiva » per assicurare il contenuto coerente dell’azioneamministrativa104.Infine, il potere di « controllo » intende attribuire al dirigente un potere disupervisione connesso e funzionale, da un lato, all’esercizio dei poteri didirezione e coordinamento, dall’altro, al potere di sostituzione per i casi diinerzia. Riguardo al primo aspetto, il dirigente deve controllare e monitorarecostantemente l’attività del responsabile al fine di verificare la rispondenza diquest’ultima alle direttive e alle indicazioni impartite, mentre per quantoconcerne il secondo aspetto, tale controllo impone al dirigente di svolgere inprima persona gli adempimenti che il responsabile omette di compiere105.Da quanto esposto emerge, dunque, che « il funzionario responsabile viene aporsi nei confronti del dirigente che gli ha assegnato il procedimento in una101 Sul punto, cfr. L. ORLANDO, Contributo allo studio del coordinamento amministrativo, Milano, 1974,p. 32 ss..102 Le espressioni sono di G. CORREALE, Nozioni minime su coordinamento e paraggi, in S. AMOROSINO,Le trasformazioni del diritto amministrativo, Milano, 1995, p. 79.103 Così F. MIGLIARESE TAMBURINO, Il coordinamento nell’evoluzione dell’attività amministrativa,Padova, 1979, p. 84.104 Le espressioni sono di F. PIGA, voce “Coordinamento”, in Enc. giur., vol. IX, Roma 1988.105 Si veda, in proposito, anche l’art. 3-ter, comma 1, d.l. 12 maggio 1995, n. 163, convertito conmodificazioni in l. 11 luglio 1995, n. 273, ai sensi del quale è previsto che « decorsi inutilmente i terminidi conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali, fissati aisensi dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’interessato può produrre istanza al dirigente generaledell’unità responsabile del procedimento, il quale provvede direttamente ne termine di trenta giorni ».53posizione di relativa autonomia operativa, nel senso che, nell’ambito delledirettive e dei criteri impartiti dal dirigente, egli può autodeterminare il corsodell’istruttoria »106.In tal modo, sembra essere stato ritagliato e garantito in favore dei responsabilidei procedimenti « uno spazio di autonomia manageriale, relativo allaconduzione della singola procedura, analogo a quello che è possibile riconoscereai dirigenti, davanti agli organi di governo, nella gestione degli uffici dagli stessidipendenti e nello svolgimento delle attività amministrative ad essi imputate »107.Alla luce delle argomentazioni testé esplicitate, appare, pertanto, di fondamentalerilevanza quell’impostazione dottrinaria che, analizzando il tema delle relazionifra dirigente e responsabile del procedimento, nell’ambito dell’Amministrazionestatale c.d. « di risultato », inquadra tale rapporto nel concetto di « autonomiaoperativa collaborativa »10810. (Segue) Le relazioni tra responsabile del procedimento e dirigente.In ordine agli specifici rapporti tra responsabile del procedimento e dirigentedell’unità organizzativa, si osservava, di seguito all’emanazione della legge n.241/90, che tra le due figure dovesse instaurarsi un rapporto simile a quelloriscontrabile nell’ambito dell’ufficio del pubblico ministero, per quanto attiene airapporti tra capo dell’ufficio e sostituti una volta avvenuta l’assegnazione delfascicolo.Si sottolineava, pertanto, come il responsabile del procedimento investito dellapratica, essendo titolare di una competenza propria, seppur in via derivata, nonpotesse essere sottoposto ad ingerenze indebite da parte del capo che ha ordinatol’assegnazione109.106 Così F. NICOLETTI, Dirigenti e responsabili del procedimento nell’amministrazione statale c.d. “dirisultato”, op. cit., p. 489.107 Così M. RENNA, Il responsabile del procedimento a (quasi) dieci anni dall’entrata in vigore dellalegge n. 241, op. cit., p. 525.108 Cfr. F. NICOLETTI, Dirigenti e responsabili del procedimento nell’amministrazione statale c.d. “dirisultato”, op. cit., pp. 483-494.109 Offre una tale ricostruzione C. MIGNONE, Note sul responsabile del procedimento, op. cit., p. 48 ss..54Si rivelava, in tal modo, la presenza di un apparato amministrativo intriso di unastruttura gerarchica all’interno dei propri uffici, ove l’attività del responsabile delprocedimento tendeva a funzionalizzarsi nei confronti del dirigente, inteso, nellasua corretta accezione, quale impiegato più alto in grado dell’unità organizzativa.In tale prospettiva, la circostanza per cui « il titolare del fascicolo non èassoggettabile a qualunque interferenza d’ufficio, né può essere con tuttaleggerezza privato della trattazione » comportava una forte attenuazione delprincipio di gerarchia110.Tale impostazione è stata, di seguito, smentita da una più recente dottrina, laquale, basandosi su talune ricostruzioni proposte nell’ambito degli studiprocessual-penalistici111, ha suggerito di valutare la relazione tra dirigente eresponsabile del procedimento sotto una diversa prospettiva112.Viene, così, rilevato come il rapporto gerarchico tra procuratore della repubblicae suo sostituto sia, in verità, assai debole, spiegandosi tale debolezza con lacircostanza che, nell’ambito degli uffici delle procure della repubblica, forte siponga l’esigenza di contemperare due fattori tra loro contrastanti: da un lato,l’obbligo di esercizio dell’azione penale; dall’altro, l’esigenza di assicurarecomunque la buona organizzazione dell’ufficio. In tale prospettiva, il poteredirettivo del capo dell’ufficio appare « finalizzato unicamente alla buonaorganizzazione dello stesso »113.Alla luce delle predette argomentazioni, si evidenzia come l’introduzione delresponsabile del procedimento abbia, invero, alterato le relazioni gerarchicheall’interno degli uffici pubblici, specie nelle ipotesi in cui la figura in parola noncoincida con quella del dirigente. Ed invero, la valutazione delle relazioni tra idue protagonisti dell’unità organizzativa impone di analizzare la questione110 Così C. MIGNONE, Note sul responsabile del procedimento, op. cit., p. 49.111Sul punto, cfr. A.A. DALIA - M. FERRAIOLI, Manuale di procedura penale, Padova, 2001, p. 165; M.NARDOZZA, Indipendenza e gerarchia negli uffici del pubblico ministero, in Giust. civ., 1994, I, p. 825ss.; G. DIOTALLEVI, L’organizzazione degli uffici del pubblico ministero, in Quest. giust., 2000, p. 723 ss..112 Offre una puntuale ricostruzione di tale prospettiva F. NICOLETTI, Dirigenti e responsabili delprocedimento nell’amministrazione statale c.d. “di risultato”, op. cit., p. 486 ss..113Così P. TONINI, Manuale di procedura penale, Milano, 2002, p. 99 ss..55tracciando una netta distinzione del fenomeno tra strutture semplici e strutturecomplesse.Appare corretto ritenere che nei casi di strutture semplici, ove tutta la sequenzaprocedimentale viene gestita dalla medesima unità organizzativa, la figura delresponsabile del procedimento normalmente non coincida con quella deldirigente preposto all’unità organizzativa, il quale potrebbe, tuttavia, assegnare ase stesso l’intera serie procedimentale.In tali ipotesi, a seguito dell’assegnazione come soggetto titolare dell’istruttoria,il responsabile del procedimento diventa titolare di una propria sfera diautonomia, riconosciuta e tutelata dall’ordinamento, ai sensi dell’art. 6, della l. n.241/90. Tale autonomia deriva, da un lato, dall’esercizio dei poteri che alresponsabile sono conferiti allo scopo di acquisire interessi e fatti rilevanti perl’emanazione del provvedimento; dall’altro, dall’impossibilità per il dirigenteamministrativo di allontanarsi dai risultati dell’istruttoria condotta dalresponsabile del procedimento, se non con espressa motivazione e a pena diillegittimità del provvedimento adottato.Al contrario, nei procedimenti gestiti da strutture complesse, ove la faseistruttoria e quella decisoria sono affidate a unità organizzative diverse, ilresponsabile del procedimento viene designato, in via generale, in relazione alladistribuzione delle competenze in capo all’ufficio e si trova a coincidere con ildirigente preposto all’unità organizzativa. In tal caso, la posizione delfunzionario che materialmente svolge l’istruttoria può correttamente configurarsicome di mera subordinazione nei confronti del dirigente responsabile dell’unitàtitolare della responsabilità del procedimento, di guisa che gravino solamente suquest’ultimo tutte le responsabilità connesse all’esercizio delle attività previstedall’art. 6 della l. n. 241/90.Un rapporto di autonomia lega, invece, il dirigente preposto all’unitàresponsabile del provvedimento e quello titolare dell’unità responsabile delprocedimento. Ed invero, spetta al primo, ai sensi dell’art. 6, lett. e), della l. n.241/90 l’onere di fornire motivazione in senso contrario laddove intenda56discostarsi dai risultati indicati nella relazione istruttoria del funzionarioresponsabile.Alla luce delle considerazioni sopra esposte, è apparso chiaro alla dottrina latendenza all’affievolimento dei rapporti gerarchici all’interno delle unitàorganizzative, a vantaggio di relazioni improntate alla pari ordinazione e alcoordinamento. Che tale fenomeno coinvolga anche le relazioni tra dirigenti eresponsabili del procedimento è testimoniato dall’art. 17, lett. d), del d.lgs.165/01, che affida ai dirigenti compiti di direzione, coordinamento e controllodelle attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili deiprocedimenti amministrativi, anche attraverso l’esercizio di poteri sostitutivi daattuare nei casi di inerzia dei loro sottoposti.I poteri di direzione e coordinamento, che la legge riconosce ai dirigenti,consistono esclusivamente nella definizione delle finalità e dei criteri generali cuiconformare l’attività di acquisizione di fatti e interessi; mentre il potere dicontrollo è strumentale a quello sostitutivo, previsto dall’art. 16 del d.lgs. n.165/01. In particolare, il potere sostitutivo è da intendersi come garanziaulteriore, concessa dall’ordinamento, per evitare che l’autonomia operativa delfunzionario possa pregiudicare, a causa di omissioni o di impedimenti, latempestiva adozione del provvedimento finale. A diversa soluzione conduce,invece, l’ipotesi in cui il soggetto designato dell’istruttoria affidi l’attività diricerca dei fatti e degli interessi rilevanti ad un dipendente della medesima unitàresponsabile. In simili ipotesi, l’impiegato risulta gerarchicamente sott’ordinatoai poteri direttivi del dirigente dell’ufficio cui appartiene
24-10-2012 20:01
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