L’esclusione dalla gara d’appalto radica l’interesse ad agire – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3555/2011 giu 30
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 3555 del 13/06/2011
FATTO e DIRITTO
1. Il Consorzio approvvigionamento idrico terra di lavoro – CE indiceva un appalto per l'affidamento in concessione esterna del servizio di censimento delle utenze e di riscossione dei canoni idrici.
L'originario bando veniva pubblicato, insieme al capitolato tecnico, in G.U.C.E. e in G.U.R.I., oltre che sulla stampa quotidiana.
Seguiva un avviso di riapertura dei termini, con le stesse modalità pubblicitarie.
Detto avviso invitava a consultare il sito internet dell'Ente “per ulteriori informazioni sul bando e sulle modifiche apportate”.
L'originaria legge di gara non prevedeva la prestazione di cauzione a corredo dell'offerta, che veniva invece prevista dal capitolato modificato, e pubblicato solo sul sito internet dell'Ente.
2. La società Maggioli Tributi partecipava alla gara senza prestare cauzione provvisoria e pertanto veniva esclusa.
Proponeva ricorso al Tar Campania – Napoli avverso il provvedimento di esclusione, e con successivi motivi aggiunti impugnava il provvedimento di aggiudicazione definitiva in favore di Teleservizi.
2.1. Nel corso del giudizio il Tar respingeva la domanda cautelare, che veniva invece accolta dal Consiglio di Stato, sez. VI, con ordinanza 12 luglio 2005 con cui si disponeva che il Consorzio fissasse al ricorrente un termine perentorio per la produzione della cauzione provvisoria.
3. Il Tar, con la sentenza in epigrafe (3 maggio 2006 n. 3908), ha accolto il ricorso, previo rigetto di alcune eccezioni di controparte.
4. La sentenza è stata appellata dalla controinteressata Teleservizi s.p.a., con atto ritualmente e tempestivamente notificato e depositato.
5. Con il primo motivo di appello si ripropone l'eccezione di difetto di interesse al ricorso di primo grado, sotto il profilo della mancata dimostrazione, da parte del ricorrente di primo grado, di avere titolo all'aggiudicazione.
5.1. Il Tar ha disatteso la censura avuto riguardo al carattere strumentale dell'interesse e alla circostanza che la ricorrente era nell'impossibilità di ricostruire la propria posizione, mai valutata dalla commissione di gara, a causa dell'esclusione.
5.2. Parte appellante censura tale capo di sentenza osservando che la ricorrente in primo grado non ha mai dedotto l'interesse strumentale, sicché il giudice avrebbe pronunciato ultra petita.
Inoltre la ricorrente sarebbe stata in grado di dimostrare se aveva o no diritto all'aggiudicazione.
5.3. Il mezzo è infondato.
Secondo consolidata giurisprudenza, l'esclusione è idonea di per sé a radicare l'interesse al ricorso, indipendentemente dall'esito della gara stessa e dalla circostanza che in caso di ammissione l'imprenditore comunque non sarebbe risultato aggiudicatario, e dunque dalla prova che l'esito della gara sarebbe stato sicuramente o probabilmente favorevole; l'interesse al ricorso in tema di procedure di gara, infatti, è un interesse strumentale a rimettere in discussione il rapporto, provocando la rinnovazione della gara con il vantaggio per l'interessato di parteciparvi [Cons. giust. sic., 22 aprile 2002 n. 203; Cons. St., sez. VI, 28 aprile 1998 n. 576; Cons. St., sez. VI, 17 giugno 1998 n. 972].
Si è anche ritenuto che l'esclusione lede l'interesse dell'imprenditore a vedersi valutare la propria offerta, indipendentemente dall'esito della gara, di talché l'interesse a ricorrere contro l'esclusione è configurabile ex se e non occorre che sia dimostrato che l'esito della gara sarebbe sicuramente o probabilmente favorevole, anche perché siffatta dimostrazione implicherebbe, da un lato, una disvelazione di dati relativi ad un'offerta ancora segreta e, dall'altro lato, l'anticipazione da parte del giudice di verifiche caratterizzate da un significativo tasso di discrezionalità tecnica, riservate alla stazione appaltante [Cons. St., sez. VI, 28 aprile 1998 n. 576].
Tale orientamento trova la sua giustificazione nella circostanza che quando viene disposta l'esclusione, normalmente non sono ancora note le offerte degli altri concorrenti, sicché è impossibile per il ricorrente escluso provare che in caso di ammissione avrebbe vinto la gara.
Tale soluzione incontra un temperamento solo nel caso in cui il sistema di gara sia quello del prezzo più basso, e al momento dell'impugnazione dell'esclusione o successivamente siano noti i ribassi offerti, sicché può evincersi con certezza se il ricorrente escluso, in caso di ammissione, avrebbe o no vinto.
Diverso discorso va fatto per il caso di sistema di gara con metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, in cui il concorrente escluso non è oggettivamente in grado di dimostrare che la propria offerta sarebbe risultata aggiudicataria, atteso che l'esito della gara dipende dalla valutazione delle offerte tecniche da parte della Commissione, e l'offerta dell'escluso non è stata, per definizione, valutata.
Pertanto, in siffatta evenienza, è inesigibile da parte del ricorrente la prova che avrebbe vinto la gara.
E' quanto si verifica nel caso di specie, in cui il metodo di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
Il ricorrente di primo grado non era tenuto a dimostrare che avrebbe vinto la gara, se ammesso, perché la sua offerta non è stata mai valutata dalla Commissione.
6. Con il secondo motivo di appello si ripropone l'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione del bando di gara.
6.1. Il Tar ha disatteso la censura osservando che non vi era necessità di impugnare l'originario bando, che non richiedeva la cauzione provvisoria, e nemmeno necessità di impugnare il bando modificato, che a sua volta non richiedeva la cauzione provvisoria; se poi si ritenesse che il secondo bando fosse lesivo perché rinviava al capitolato modificato, che prescriveva la cauzione provvisoria, neppure vi era necessità di impugnazione, perché il ricorso di primo grado non fa questione di invalidità del bando, ma di inefficacia perché non pubblicato ritualmente.
6.2. Parte appellante critica tale capo di sentenza assumendo che siccome il ricorso si duole delle modalità di pubblicazione del bando e del suo equivoco contenuto, era necessario impugnarlo, e che la motivazione della sentenza è forzata laddove distingue tra inefficacia e invalidazione del bando.
6.3. Il mezzo va disatteso.
Il ricorso di primo grado non contesta la legittimità della nuova legge di gara, e dunque della clausola sulla cauzione provvisoria, ma contesta le modalità pubblicitarie del bando, e dunque l'inopponibilità di un bando che non ha rispettato le modalità pubblicitarie.
Non vi era pertanto necessità di impugnare il nuovo bando di gara, facendosi questione, come correttamente ritenuto dal Tar, di inefficacia dello stesso per violazione delle regole di pubblicità.
7. Con il terzo motivo di appello si lamenta che il Tar non ha considerato che l'obbligo di prestare la cauzione provvisoria discendeva direttamente dalla legge, e segnatamente dall'art. 30, l. n. 109/1994, a prescindere dalla sua previsione o meno nella lex specialis di gara.
7.1. Il mezzo va disatteso.
L'appalto per cui è processo è un appalto di servizi, soggetto, come espressamente dichiarato nel bando, al d.lgs. n. 157/1995.
All'epoca dei fatti di causa per gli appalti di servizi il d.lgs. n. 157/1995 non prevedeva la cauzione provvisoria, e non si poteva ritenere automaticamente esteso un obbligo di cauzione previsto dalla legge solo per i lavori pubblici (art. 30, l. n. 109/1994).
Pertanto, l'obbligo di prestazione di cauzione provvisoria, non discendendo direttamente dalla legge primaria, doveva essere previsto dalla legge di gara, per vincolare i concorrenti.
8. Con il quarto motivo di appello si contesta la sentenza, laddove essa ritiene che la legge di gara sia stata poco chiara, atteso che la prestazione di cauzione provvisoria è stata prevista dal secondo capitolato, non adeguatamente pubblicizzato, e senza che dall'avviso di riapertura termini si potesse comprendere che il capitolato era stato modificato. Ad avviso del Tar l'amministrazione avrebbe violato il dovere del clare loqui.
8.1. Replica parte appellante che la ricorrente in primo grado aveva preso visione del nuovo bando, come si evincerebbe dalla circostanza che presentava domanda di partecipazione alla gara utilizzando gli schemi di presentazione pubblicati sul sito internet della stazione appaltante. Sicché la ricorrente in primo grado avrebbe avuto la concreta possibilità di visionare il nuovo capitolato.
Vi sarebbe stato, pertanto, al di là del vizio formale di pubblicità, il raggiungimento dello scopo.
Si assume che inoltre la stazione appaltante avrebbe informato delle modifiche del bando direttamente le ditte originariamente partecipanti, tra cui la ricorrente.
8.2. Il mezzo è infondato.
Gli originari bando e capitolato hanno seguito la pubblicità sulla GUCE e sulla GURI.
La stessa pubblicità è stato dato all'avviso di riapertura termini.
La stessa pubblicità avrebbe dovuto essere data anche alle modifiche del bando e del capitolato.
L'omissione delle formalità pubblicitarie è viziante dell'operato dell'Amministrazione, e nella specie non è dimostrato che la ricorrente in primo grado avrebbe comunque avuto la concreta possibilità di accorgersi delle modifiche intervenute.
Infatti l'avviso di riapertura termini rinvia al sito internet della stazione appaltante, testualmente, “per ulteriori informazioni sul bando e sulle modifiche apportate”, con ciò lasciando intendere che le modifiche erano state apportate solo al bando.
In nessun modo è stato chiarito, con rituali forme pubblicitarie, che era stato modificato, e in che punto, anche il capitolato.
Pertanto i concorrenti non erano tenuti a visionare il sito internet, per scovare modifiche nascoste nel capitolato, potendo ragionevolmente confidare, in base alla pubblicità dovuta per legge, che il capitolato non era stato modificato.
La circostanza che la ricorrente in primo grado avesse scaricato dal sito internet della stazione appaltante i moduli di domanda di partecipazione, non fornisce affatto la prova che abbia conosciuto anche il capitolato modificato, che non era tenuta a consultare.
Né è dimostrato l'assunto di parte appellante secondo cui la stazione appaltante avrebbe direttamente informato delle modifiche intervenute gli originari partecipanti, tra cui la Maggioli, invero la Maggioli non era tra gli originari partecipanti, avendo presentato domanda di partecipazione dopo la riapertura dei termini.
In definitiva, vi è stata una sicura violazione, da parte della stazione appaltante, del dovere di clare loqui, in aggiunta alla sicura violazione delle forme pubblicitarie della legge di gara, e nessuna prova vi è che la Maggioli fosse a conoscenza del nuovo capitolato, o che lo avesse colpevolmente ignorato.
9. Consegue il rigetto dell'appello.
Non si fa luogo a pronuncia sulle spese in difetto di costituzione delle altre parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello ( r.g. 6705/06), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese .
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente FF
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Garofoli, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 13/06/2011
01-07-2011 00:00
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