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Sentenza

Il vicino di casa sollecita i poteri del Comune per la demolizione di opere abus...
Il vicino di casa sollecita i poteri del Comune per la demolizione di opere abusive. Il Comune non ha un obbligo di provvedere immediatamente.
Istanza di terzo per attivazione di poteri sanzionatori di opere edilizie reputate abusive - Il Comune può prendersi … tempi lunghi

Consiglio di Stato Sez. Quarta - Sent. del 15.07.2011, n. 4350

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8881 del 2010, proposto a' sensi degli artt. 31 e 117 cod. proc. amm. da:

T. F.,

contro

Comune di San Pancrazio Salentino (Br), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'Avv. Adriano Tolomeo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Studio Massa, via degli Avignonesi, 5;
nei confronti di

M. T. S., L. C.;
per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Lecce, Sez. III, n. 1331 dd. 3 giugno 2010, concernente silenzio serbato dal Comune di San Pancrazio Salentino su istanze proposte dal Sig. F. T. per attivazione di poteri sanzionatori di opere edilizie reputate abusive.

 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di San Pancrazio Salentino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 31 e 117 cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2011 il Cons. Fulvio Rocco e udito per l'appellante l'Avv. F. G., su delega dell'Avv. T. M. e l'Avv. Vantaggiato, su delega dell'Avv. Adriano Tolomeo, per il Comune di San Pancrazio Salentino.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 
FATTO e DIRITTO

1.1.L'attuale appellante, Sig. F. T. , espone di essere proprietario nel territorio comunale di San Pancrazio Salentino (Brindisi) di un compendio di aree edificabili frontistanti su Via Fontana, angolo via Enrico Toti, contraddistinte in catasto al Fg. (…) , complessivamente esteso per mq. 1.739, già per intero destinato a zona B nel previgente Piano di Fabbricazione comunale e parzialmente destinato a sede stradale nel P.R.G. attualmente in vigore.

Il medesimo T. , richiamando la propria legittimazione di proprietario del compendio sopradescritto nonché di parte in un causa civile dichiaratamente definita a proprio favore, ha chiesto in data 16 febbraio 2009 all'Ufficio Tecnico Comunale il rilascio di copia degli atti relativi ai titoli edilizi riguardanti la posizione dominicale della Sig.ra M. T. S., e ciò in quanto - come si legge nella richiesta stessa - “dagli accertamenti peritali d'ufficio nei (noti) contenziosi civilistici del deducente con la serie di proprietari frontistanti è risultata la presenza sul confine di proprietà di un immobile “macroscopicamente” abusivo perché difforme dalle autorizzazioni assentite da codesto Ufficio; mentre non risultano adottati atti repressivi - sanzionatori di sorta. In tale prospettiva, la suddetta documentazione consentirà allo scrivente di sollecitare (specificando) i provvedimenti di competenza di codesto Ufficio, sino ad ora inerte”.

Successivamente, in data 30 aprile 2009 il patrocinio del T. ha inoltrato una diffida allo stesso Ufficio Tecnico Comunale, ricevuta il successivo 4 maggio, con la quale è stata chiesta la reiezione della domanda di condono edilizio Prot. 4479 - pratica n. 873 dd. 30 aprile 1996 presentata dalla Sig.ra M. T. S. a' sensi dell'art. 31 e ss. della L. 28 febbraio 1985 n. 47, in quanto contemplante un ampliamento asseritamente abusivo dell'abitazione di proprietà dell'interessata.

Nella stessa diffida è stata chiesta anche l'emanazione dell'ingiunzione a demolire l'immobile.

La diffida non ha peraltro sortito effetto, ed è stata rinnovata con raccomandata a.r. dd. 19 gennaio 2010, ricevuta dall'Ufficio il 25 gennaio 2010 e parimenti rimasta senza effetto.

1.2. Ciò posto, il T. ha chiesto a' sensi dell'allora vigente art. 21-bis della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 innanzi al T.A.R. per la Puglia, sezione distaccata di Lecce, la declaratoria dell'illegittimità del silenzio serbato dal Comune di San Pancrazio Salentino in relazione all'anzidetta istanza-diffida datata 30.4.2009 e depositata il 4 maggio 2009 successivo, finalizzata ad ottenere l'esercizio dei poteri repressivi-sanzionatori nei confronti delle opere realizzate da S. M. T. in asserito ampliamento abusivo della civile abitazione di sua proprietà, con conseguente emanazione del relativo ordine di demolizione, nonché in relazione alla reiterazione della diffida medesima avvenuta con raccomandata a.r. dd. 19 gennaio 2010 ricevuta il 25 successivo, con conseguente declaratoria dell'obbligo dell'Amministrazione Comunale intimata di concludere con un provvedimento espresso e motivato il relativo procedimento.

Il T. ha pure contestualmente chiesto la nomina di un Commissario ad acta per l'ipotesi di persistente inottemperanza da parte dell'Amministrazione Comunale.

1.3. Si è costituito nel giudizio di primo grado il Comune di San Pancrazio Salentino, concludendo per la reiezione del ricorso.

1.4. Con sentenza n. 1331 dd. 3 giugno 2010 la Sezione III del T.A.R. adito ha dichiarato il ricorso proposto in primo grado dal T. improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse alla sua decisione, posto che con esso si deduceva “la violazione degli art. 2 e 3 (della L. 7 agosto 1990 n. 241 e successive modifiche) e l'accertamento dell'illegittimità del silenzio serbato dal Comune di San Pancrazio Salentino su due distinte diffide (del 30 aprile 2009 e del 19 gennaio2010) volte a attivare i poteri repressivi sanzionatori nei confronti delle opere asseritamente abusive realizzate” e che “con ordinanza n. 1 del 2010, datata 4 maggio 2010, il Comune ha ingiunto ai coniugi M. T. S. e L. C. la demolizione delle opere abusive, riscontrate dal sopralluogo dei tecnici comunali, consistenti in una copertura al piano terra, costruita in aderenza al fabbricato”.

Secondo lo stesso giudice di primo grado, infatti, “il rimedio del silenzio-rifiuto va configurato come strumento diretto a superare l'inerzia della Pubblica Amministrazione nell'emanazione di un provvedimento amministrativo, a fronte di una posizione di interesse legittimo in capo al cittadino.

L'azione ex art. 21 bis della L. 1034 del 1971, come introdotta dall'art. 2 della L. 21 luglio 2000 n. 205 può essere esperita ove a fronte di un'istanza del privato l'Amministrazione mantenga un ingiustificato comportamento d'inerzia; ne consegue che, in presenza di una susseguente attività della stessa amministrazione, collegata all”istanza del privato e trasfusa in un provvedimento,non si può configurare una situazione di silenzio ed il ricorso eventualmente proposto va dichiarato improcedibile per carenza sopravvenuta dell'interesse ad agire. Nel caso odierno, l'Amministrazione non può ritenersi inerte posto che, avviata l'istruttoria procedimentale con la verifica e il sopralluogo presso la proprietà dei Signori S.e C. e considerata l'esistenza di una domanda di condono edilizio, la stessa si è determinata espressamente a ordinare la demolizione delle opere descritte nella citata ordinanza n. 1 del 2010″.

2. Con il ricorso in appello di cui in epigrafe il T. chiede peraltro la riforma della sentenza sopradescritta, affermando che “l'assunto del T.A.R., corretto in astratto, non lo è però altrettanto in relazione alla fattispecie concreta sottoposta al suo esame, nella quale, a fronte di due distinte richieste” da lui presentate (ossia “di adozione di un provvedimento sanzionatorio nei confronti delle opere abusive non assistite da alcuna domanda di sanatoria e di definizione in senso negativo della domanda di condono edilizio ancora pendente per le diverse e ben più consistenti opere nella stessa contemplate), l'Amministrazione Comunale avrebbe - per contro - “esaminato e definito solo la prima, lasciando tuttora aperta l'istruttoria relativa al procedimento di condono ex art. 31 e ss. della L. 47 del 1985″ (cfr. pag. 6 e ss. dell'atto di appello); dimodochè solo parzialmente sussisterebbero, nella specie, i presupposti per definire la fattispecie mediante una sentenza di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso.

Pertanto, sempre secondo il T. , l'Amministrazione Comunale intimata avrebbe dapprima rinviato sine die la definizione dell'istanza di condono edilizio presentata dalla S.giustificando il rinvio medesimo con la pendenza del procedimento civile tra di lui e la S. medesima, e quindi avrebbe continuato illegittimamente a serbare silenzio sull'istanza relativa all'esito del procedimento di condono rimanendo -altresì - inerte nell'esercizio del proprio potere-dovere di sanzionare l'abuso nella specie realizzato.

Il T. , da ultimo, ha pure contestato la decisione del giudice di primo grado laddove reca la statuizione di compensazione integrale delle spese tra le parti, in quanto illogica e intrinsecamente ingiusta rispetto al pur censurabile comportamento dell'Amministrazione Comunale.

2.2. Si è costituito anche nel presente grado di giudizio il Comune di San Pancrazio Salentino, concludendo per la reiezione del ricorso.

3. Alla camera di consiglio del 7 giugno 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso, il ricorso in appello di cui all'epigrafe va respinto.

4.2. E' sufficiente in tal senso rilevare che con l'ordinanza n. 1 del 2010 dd. 4 maggio 2010 l'Amministrazione Comunale non solo ha imposto alla S. e al C. la demolizione di una copertura realizzata in aderenza alle mura dell'edificio di loro proprietà la cui realizzazione non risultava assistita dal rilascio di titoli edilizi, ma ha anche - ed in via del tutto espressa - lasciato, per quanto segnatamente attiene alla pratica di condono in corso, “fermi ed impregiudicati i necessari e/o eventuali provvedimenti amministrativi … all'esito della compiuta disamina in fase di svolgimento … anche alla luce delle osservazioni pervenute” dagli interessati.

Risulta, pertanto, con ogni evidenza che l'Amministrazione intimata, contrariamente a quanto afferma il T. , si è determinata anche relativamente alla sua richiesta relativa alla pratica di condono in corso, reputando di seguitare di dar corso al procedimento mediante l'esame delle deduzioni di coloro che avevano presentato l'istanza di condono.

In tal senso questa stessa Sezione ha già chiarito che non sussiste per l'Amministrazione procedente l'obbligo di provvedere all'immediata definizione della pratica di condono, su istanza di terzo estraneo alla medesima, in quanto vero soggetto interessato è soltanto colui che ha inoltrato l'istanza (cfr al riguardo la decisione n. 7568 dd. 29 dicembre 2005).

In conseguenza di ciò il T. , ove avesse inteso idoneamente contestare sul punto in sede giudiziale tale parte del provvedimento (non soprassessoria, per quanto testè evidenziato) avrebbe dunque dovuto impugnarla con ricorso ordinario; se, viceversa, avesse voluto contestare nella competente sede procedimentale la non ancora definita istanza di condono della S., avrebbe dovuto partecipare al procedimento medesimo a' sensi dell'art. 9 e ss. della L. 7 agosto 1990 n. 241.

La materiale sussistenza di tali forme di tutela del T. (una giudiziale, l'altra amministrativa) esclude, pertanto, in radice la fondatezza del presente ricorso.

4.3. Il Collegio, da ultimo, reputa che la statuizione sulle spese contenuta nella sentenza emessa dal giudice di primo grado sia del tutto condivisibile, avendo segnatamente riguardo alla circostanza che la posizione sostanziale del ricorrente non poteva comunque ricevere tutela integrale - come visto innanzi - mediante il procedimento giudiziale di cui all'anzidetto art. 23-bis della L. 241 del 1990.

4.4. Viceversa, le spese e gli onorari del presente grado di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidati nel dispositivo.

Va - altresì - dichiarato irripetibile il contributo unificato di cui all'art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, complessivamente liquidati nella misura di € 1.500,00.- (millecinquecento/00).

Dichiara irripetibile il contributo unificato di cui all'art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/07/2011
Avv. Antonino Sugamele

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