Il denunziante non ha diritto all'anonimato, anche se a presentare la denunzia è l'Ufficio delle Entrate. Diritto del contribuente di accedere agli atti della denuncia. Consiglio di Stato Sez. Quarta - Sent. del 10.08.2011, n. 4769
Consiglio di Stato Sez. Quarta - Sent. del 10.08.2011, n. 4769
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4006 del 2011, proposto da:
C. S.p.A.,
contro
Agenzia delle Entrate, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE I n. 00711/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO DI ACCESSO ALLA DOCUMENTAZIONE
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agenzia delle Entrate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 giugno 2011 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati F. S. e Luigi Andronio (avv. Stato);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l'appello in esame, la società C. impugna la sentenza 10 marzo 2011 n. 711, con la quale il TAR Lombardia, sede di Milano, sez. I, ha rigettato il suo ricorso, proposto avverso il provvedimento di diniego di accesso opposto dalla Agenzia delle entrate, e comunicato con nota 22 novembre 2010 n. 2010/92231.
L'attuale appellante aveva richiesto di accedere ad una serie di documenti, e precisamente:
- denuncia a suo carico presentata dall'Agenzia delle Entrate alla Procura della Repubblica, atto sulla base del quale la medesima Agenzia ha disposto, ai sensi dell'art. 43, co. 3, DPR n. 600/1973 e 57, co. 3, DPR n. 633/1972, l'estensione all'anno 2004 della verifica fiscale avviata per gli anni 2005-2007;
- copia dei documenti relativi al provvedimento interno con il quale l'Agenzia si è determinata a prestare acquiescenza alla pronuncia della Commissione Tributaria, che aveva respinto le sue pretese nei confronti del contribuente e a coltivare il ricorso in Cassazione, avverso detta pronuncia, soltanto sul capo riguardante la spettanza degli interessi.
La sentenza appellata ha affermato che “la denuncia alla Procura della Repubblica è sottratta all'accesso in quanto coperta dal segreto nella fase delle indagini preliminari e la determinazione dell'amministrazione di rinunciare all'impugnazione della quasi totalità dei capi della sentenza della Commissione tributaria rientra tra gli atti afferenti alla strategia difensiva di un contenzioso tributario ancora pendente”.
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
a) erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ritiene sottratta all'accesso la denuncia alla Procura della Repubblica in quanto afferente ad un procedimento penale; violazione e falsa applicazione artt. 22, 23 e 24 legge_241_1990 e dell'art. 329 c.p.p.; ciò in quanto “oggetto della richiesta di accesso è l'atto (la denuncia) che è presupposto per l'estensione della verifica al 2004, mentre nessuna richiesta viene effettuata con riferimento agli atti di indagine contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero”; né sussiste violazione dell'art. 329 c.p.p., posto che il medesimo si riferisce agli “atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria” e non può riguardare la “denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio”, disciplinata dall'art. 331 c.p.p.;
b) erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ritiene sottratto all'accesso il provvedimento interno con cui è stato a suo tempo decisa l'archiviazione della maggior parte delle pretese dell'Agenzia delle entrate in quanto trattasi di atto relativo alla predisposizione della strategia processuale e, comunque, dal momento che il relativo procedimento tributario è ancora pendente; violazione e falsa applicazione artt. 22, 23 e 24 l. n. 241/1990 e degli artt. 6 e 9 DPR n. 184/2006; ciò in quanto, poiché “proprio il provvedimento interno con cui è stata a suo tempo decisa l'archiviazione della maggior parte delle pretese dell'Agenzia delle Entrate, ha comportato il passaggio in giudicato della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia”, e pertanto “non può parlarsi di pendenza del procedimento tributario in relazione ai punti sui quali si è già formato il giudicato”. Quanto alla tutela della “strategia processuale”, essa è stata già “definita con la proposizione d ricorso per Cassazione”.
Si è costituita in giudizio l'Agenzia delle Entrate, che ha concluso chiedendo il rigetto dell'appello, stante la sua infondatezza.
All'odierna udienza in camera di consiglio, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
L'appello è parzialmente fondato e deve essere, pertanto, accolto in relazione al primo motivo proposto.
Oggetto dell'istanza di accesso (negato dall'Agenzia delle Entrate) è, innanzi tutto, la denuncia dalla stessa inoltrata alla Procura della Repubblica, che costituisce il presupposto per l'estensione all'anno 2004 della verifica fiscale già avviata per gli anni 2005 - 2007.
Osserva il Collegio che, in linea generale, non può essere negato l'accesso a documenti che riguardano espressamente la posizione giuridica dell'istante e che possono essere da questi utilizzati a fini di tutela giurisdizionale.
A tale regola non si sottrae, in virtù della sua stessa natura, la denuncia presentata da un privato ad una pubblica amministrazione, ovvero anche da un soggetto pubblico all'autorità giudiziaria, poiché, per un verso, l'ordinamento giuridico non tutela il diritto all'anonimato del denunciante (Cons. Stato, sez. VI, 25 giugno 2007 n. 3601), anzi, prevedendo espressamente il reato di calunnia, impone una precisa assunzione di responsabilità a carico dello stesso; per altro verso, non può in tal modo comprimersi il diritto costituzionalmente garantito alla tutela giurisdizionale.
Ciò a maggior ragione nel caso in cui la denuncia presentata, per un verso intende offrire alla verifica all'autorità giudiziaria la notitia criminis, e quindi la possibilità di verifica della sussistenza nel fatto degli elementi costitutivi del reato, per altro verso, costituisce il presupposto per l'estensione di una verifica fiscale ad altra annualità, e quindi l'avvio di un ulteriore procedimento di verifica tributaria.
Occorre, inoltre, osservare che l'art. 329, comma 1, c.p.p., prevede che “gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.”
L'art. 114, comma 1, c.p.p., che disciplina il “divieto di pubblicazione di atti e di immagini”, dispone, proprio in riferimento agli atti coperti da segreto ai sensi dell'art. 329 c.p.p., che “è vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto”.
Orbene, è del tutto evidente che non costituisce “atto di indagine” la notitia criminis (costituendo essa delle indagini il presupposto), e, in particolare, la denuncia inoltrata alla Procura della Repubblica (Cass. Pen., sez. I, 9 marzo 2011 n. 13494, che esclude da tale categoria i documenti di origine extraprocessuale acquisiti ad un procedimento, non compiuti dal P.M. o dalla polizia giudiziaria).
La natura di atto di indagine della denuncia presentata dall'amministrazione pubblica nell'esercizio delle proprie funzioni è stata già esclusa, peraltro, dalla giurisprudenza amministrativa, che, sussistendo i presupposti di legge, ne ha già riconosciuto l'accessibilità (Cons. Stato, sez. VI, 29 luglio 2009 n. 4716; sez. VI, 9 dicembre 2008 n. 6117).
Ed a tali fini, è del tutto inconferente che la denuncia, ex art. 373, comma 5, c.p.p., sia conservata, unitamente agli altri atti di indagine, nel fascicolo del Pubblico Ministero.
Per le ragioni esposte, l'appello deve essere accolto in relazione al primo motivo proposto, restando, ovviamente, fermo il potere dell'amministrazione di verificare l'esistenza di ulteriori ragioni ostative all'accesso all'atto suddetto.
L'appello non può essere, invece, accolto in relazione al secondo motivo proposto, in quanto, come condivisibilmente affermato dalla sentenza appellata, oggetto dell'accesso sono documenti - quali la determinazione dell'amministrazione di rinunciare all'impugnazione della quasi totalità dei capi della sentenza della Commissione tributaria - che rientrano ” tra gli atti afferenti alla strategia difensiva di un contenzioso tributario ancora pendente”.
Si tratta, dunque, di atti per i quali la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, afferendo gli stessi all'esercizio del diritto di difesa dell'amministrazione, nega la sussistenza del diritto di accesso (Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2003 n. 6200; sez. V, 26 settembre 2000 n. 5105; sez. IV, 8 febbraio 2001 n. 513; sez. V, 15 aprile 2004 n. 2163).
Né assume rilievo la circostanza, dedotta dall'appellante, della formazione del giudicato sui capi della sentenza non impugnati, posto che il giudizio è tuttora pendente, sia pure limitatamente alla parte della sentenza oggetto di impugnazione, e la decisione di prestare acquiescenza a parte della pronuncia ben può essere parte di una più complessiva strategia processuale.
Per le ragioni esposte, l'appello deve essere accolto, limitatamente al primo motivo proposto, con conseguente riforma della sentenza appellata e parziale accoglimento del ricorso proposto in I grado, limitatamente alla sussistenza del diritto di accesso alla denuncia presentata dalla Agenzia delle Entrate.
L'accoglimento solo parziale dell'appello giustifica la compensazione tra le parti delle spese, diritti ed onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da C. s.p.a. (n. 4006/2011 r.g.), lo accoglie, nei limiti di cui in motivazione, e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie in parte il ricorso proposto in I grado.
Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/08/2011
24-08-2011 00:00
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