Danno biologico patito dal finanziere per l’abbassamento delle note di qualifica. T.A.R. Veneto, I sez., 8 gennaio 2004 n. 2.
F a t t o e D i r i t t o
1.-Con i ricorsi in epigrafe il signor D. M., appartenente al Corpo della Guardia di finanza, assegnato alla DIA –Centro operativo di Padova, dal 1993, premesso di avere avuto, in data 18 aprile 2000, in seguito a incomprensioni emerse circa lo svolgimento di un servizio cui era stato addetto, aspre discussioni con l'ispettore superiore della Polizia di Stato O., anch'egli in servizio presso la DIA di Padova, e con il dott. C., Capo del II Settore, ha impugnato gli atti in rubrica specificati esponendo che gli stessi sono riflesso e conseguenza di una persistente condizione di disagio che il M. si è trovato a dover sopportare nel proprio ambiente di lavoro a causa dell'atteggiamento, e dei comportamenti, pregiudizialmente ostili, tenuti nei suoi confronti dal Capo Settore. Condizione di disagio che –si soggiunge- ha concretamente pregiudicato la posizione lavorativa del ricorrente e il suo stato di salute psico –fisico, il che assume “rilevanza giuridica autonoma, quale evento lesivo di un diritto soggettivo, suscettibile di dare luogo ad un corrispondente obbligo di risarcimento, rapportato al danno sofferto e da valutarsi anche in via equitativa”.
Ciò premesso il M., all'epoca della emanazione degli atti impugnati maresciallo capo della Guardia di finanza, successivamente cessato dalla assegnazione alla DIA nell'agosto del 2002 e dal gennaio del 2003 collocato in congedo, con diritto a pensione, in seguito a giudizio medico –legale di permanente non idoneità al servizio militare per “stato depressivo ansioso reattivo persistente”; il M., si diceva, con il ricorso n. 3500 del 2000 ha mosso tre censure, concernenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, nei confronti dell'ordinanza interna 18 luglio 2000 con la quale era stato assegnato al I Settore, e contro l' “abbassamento dei giudizi finali contenuti nelle note caratteristiche” relative al periodo gennaio agosto 2000. A quest'ultimo proposito, nel ricorso si parla di “grave penalizzazione” e di “importante abbassamento di giudizio” in relazione al fatto che il M., nel periodo che va dal gennaio all'agosto del 2000, ha conseguito giudizi finali di “eccellente –merita apprezzamento” senza però riportare l'espressione laudativa, ottenuta in passato, di “lodevole di vivissimo apprezzamento”.
La domanda di “risarcimento del danno professionale e biologico, da determinarsi anche in via equitativa”, appena abbozzata nel ricorso, è stata meglio precisata nella motivata istanza di prelievo del 7 aprile 2003 e, soprattutto, nella memoria in data 13 novembre 2003 nella quale, per la prima volta, la difesa del ricorrente parla di responsabilità per “mobbing” riferibile alle amministrazioni interessate, e ciò in ragione degli atti impugnati e di una “azione di intimidazione ed emarginazione dall'ambiente di lavoro” in seguito alla quale il ricorrente ha sofferto un danno biologico e professionale, danno che, in memoria per l'appunto, il difensore del M. ha provveduto a quantificare.
Con atto di motivi aggiunti proposto nell'ottobre del 2002 e con un contemporaneo, autonomo e identico ricorso, il M. ha impugnato il giudizio finale –di eccellente, senza l'aggiunta di espressioni di lode o di apprezzamento- conseguito relativamente al periodo 21 novembre 2000 -4 novembre 2001, rilevandone l'illegittimità, per eccesso di potere sotto diversi profili, nella parte in cui non gli è stata attribuita alcuna espressione laudativa. Resistono le amministrazioni intimate.
2.1.-I ricorsi proposti, che vanno preliminarmente riuniti, per evidenti ragioni di connessione soggettiva e oggettiva, per essere decisi con un'unica sentenza, non possono essere accolti.
Per dare conto delle ragioni che ostano all'accoglimento dei ricorsi il Collegio ritiene opportuno suddividere la motivazione della decisione in due parti. La prima parte riguarderà le domande di annullamento formulate (v. p. 2.2.). La seconda (v. p. 2.3.), la domanda di risarcimento del danno per “mobbing” proposta dal M..
2.2.1.-Riguardo alle domande di annullamento va evidenziato in primo luogo che, nella parte in cui è stato chiesto l'annullamento dell' “ordinanza interna” n. 125 del 18 luglio 2000 con la quale il M., già inquadrato, fino a quel momento, nel Settore II –Indagini giudiziarie, è stato assegnato al Settore I –Indagini preventive, il ricorso n. 3500 del 2000 dev'essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse giacché dall'accoglimento della censura (la prima del ricorso n. 3500/00) proposta nei confronti dell'ordinanza suddetta il M. non trarrebbe alcun vantaggio.
Infatti, sotto un primo aspetto, all'ordinanza medesima non è mai stata data esecuzione. Come afferma in memoria l'Avvocatura dello Stato, e come riconosce la stessa difesa del M., il ricorrente, anche in seguito alla formale assegnazione al I Settore, “ha continuato a svolgere incarichi di polizia giudiziaria propri del II Settore, dovendo portare a termine delicati accertamenti di polizia giudiziaria assegnatigli da lunga data” (cfr. memoria Avv. Stato).
Sotto un secondo profilo va rimarcato che, con successiva “ordinanza interna” in data 21 novembre 2000, in considerazione del trasferimento ad altra sede del responsabile del II Settore, il M. è stato assegnato nuovamente in via definitiva al Settore II –Indagini giudiziarie, presso il quale, a quanto consta, ha seguitato a prestare servizio fino al venire meno dell'assegnazione alla DIA (agosto 2002).
Appare dunque evidente la sopravvenuta carenza di interesse del M. a censurare la su citata “ordinanza interna” 18 luglio 2000 giacché, da un lato, in un primo periodo successivo alla emanazione dell'ordinanza si è prodotta una situazione di fatto tale per cui l'ordinanza medesima non è stata portata ad esecuzione. E nel novembre del 2000 l'ordinanza 18 luglio 2000 è stata formalmente superata dalla adozione di un nuovo provvedimento con il quale il M. è stato rassegnato al II Settore.
E' appena il caso di aggiungere che l'inammissibilità della censura esonera il Collegio dal prendere posizione in merito ai rilievi difensivi dell'Avvocatura dello Stato secondo i quali: a)con l'ordinanza 18 luglio 2000 è stato disposto non un trasferimento di sede in senso proprio ma un mero cambiamento di settore e di incarico mediante un ordine che, come tale, riguardando una semplice modalità del servizio, non richiedeva alcuna motivazione, e b)l'ordinanza di “trasferimento interno” dal II al I Settore si era resa comunque necessaria sia per ragioni connesse a un'esigenza generale di avvicendamento tra i diversi settori, sia per garantire all'Ufficio quella serenità, indispensabile per il proficuo svolgimento della attività istituzionale, serenità che era venuta meno a causa delle incomprensioni createsi tra il ricorrente e il Capo del II Settore (peraltro, non sembra del tutto inutile rammentare che, per giurisprudenza pacifica, all'Amministrazione non è consentito integrare in sede giurisdizionale la motivazione di un provvedimento amministrativo).
Circa poi il fatto che l'ordinanza 18 luglio 2000 non indicava il termine e l'autorità cui ricorrere, basterà ricordare che l'omissione delle indicazioni predette non comporta l'illegittimità del provvedimento lesivo ma solo la possibilità di rimessione in termini per errore scusabile (v. da ultimo Cons. St., 1231/01 e 386/01).
2.2.2.-Quanto alla impugnazione delle schede valutative per i periodi 1° gennaio -17 luglio 2000 e 18 luglio -24 agosto 2000, nelle parti in cui il M., qualificato “eccellente”, è stato giudicato meritevole di “apprezzamento” anziché di vivo o vivissimo apprezzamento o di lode, nel ricorso si afferma (senza, peraltro, fornire dimostrazione alcuna: ma è vero anche che questo non è un aspetto decisivo del problema) che il M. è stato valutato, fino al 31 dicembre 1999, “eccellente” con l'aggettivazione “lodevole (probabilmente si tratta di un “lapsus calami” e il “lodevole” sta per “meritevole”) di vivissimo apprezzamento”.
Per il periodo che va dal gennaio all'agosto del 2000 il giudizio di “eccellente” è stato accompagnato dalla seguente espressione laudativa, meno soddisfacente, per il M., rispetto al 1999: “merita apprezzamento” (v. le comunicazioni per sottufficiali” sub allegati 2 e 3 fasc. ric.).
La causa di ciò che il ricorrente definisce, ora “grave penalizzazione”, ora “importante abbassamento del giudizio finale” starebbe nel fatto che la compilazione dei giudizi finali contestati è stata preceduta da “note tecniche” il contenuto delle quali avrebbe condizionato sfavorevolmente l'autorità competente a esprimere i giudizi finali.
Ciò premesso, il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse anche nella parte relativa alla impugnazione dei giudizi finali in epigrafe indicati sub b).
Come la giurisprudenza, pacifica, della IV Sezione del Consiglio di Stato, in tema di avanzamento degli ufficiali delle Forze Armate, specialmente ai gradi più elevati, ha affermato che, fermo che l'espressione di lode presuppone necessariamente l'apprezzamento, non può essere riconosciuto rilievo, ai fini valutativi, alle aggettivazioni (quali vivo, vivissimo, convinto) che accompagnano l'espressione di apprezzamento formulata dall'ultimo revisore, e ciò per non creare una ulteriore scala di valori all'interno delle formule citate così, analogamente, il Collegio, avendo riguardo alla fattispecie in esame, non riesce a individuare quale pregiudizio rilevante il ricorrente potrebbe avere subìto per avere conseguito una valutazione in ogni caso (più che) ottima, e comunque assai lusinghiera, riassunta nel giudizio finale di “eccellente –merita apprezzamento”.
A questo proposito, correttamente l'Avvocatura dello Stato evidenzia che il giudizio conseguito dal M. corrisponde alla massima qualifica attribuibile in base alle norme vigenti; che le aggettivazioni che possono accompagnare le espressioni di apprezzamento costituiscono notazioni puramente soggettive, non contemplate dalla normativa vigente in materia, conferite eccezionalmente a coloro che già emergono per requisiti di eccellenza, e che le aggiunte, o meno, di tali aggettivazioni alla qualifica di eccellente non sono in grado di alterare il giudizio complessivo dato (che, giova ripetere, nel caso del M. è stato “corroborato” dall'espressione aggiuntiva di apprezzamento).
Le osservazioni su esposte hanno indubbiamente carattere risolutivo.
Indipendentemente da ciò, e anche a volere esaminare nel merito le censure –sostanzialmente di eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta- mosse contro la mancanza di aggettivazioni specifiche con cui l'espressione di apprezzamento (non) è stata accompagnata, le censure stesse non potrebbero non essere rigettate poiché:
-le valutazioni sulla documentazione caratteristica dei militari ed equiparati sono soggette al sindacato di legittimità del giudice amministrativo solo entro limiti estremamente ristretti, dato che l'attività svolta in materia dall'Amministrazione presenta profili di ampia discrezionalità;
-i giudizi complessivi, relativi ai singoli anni, sono assolutamente autonomi e indipendenti tra loro. D'altra parte, ciascuna valutazione caratteristica sarebbe inutile se le autorità competenti non potessero formulare il proprio personale e discrezionale giudizio sui dipendenti e dovessero, invece, limitarsi a riecheggiare i giudizi dati in precedenza;
-nella specie, l'autorità competente a esprimere i giudizi finali si è legittimamente avvalsa di elementi di informazione costituiti dalle “note tecniche”, atti dovuti, in base a una circolare del 1994 del Comando generale della Guardia di finanza, in tutti quei casi in cui l'autorità dalla quale il soggetto sottoposto a valutazione dipende sotto l'aspetto funzionale non coincide con il superiore gerarchico del Corpo di appartenenza competente alla compilazione della scheda valutativa (nella specie, dal gennaio al luglio del 2000 Capo Settore del M. è stato il dott. C., V. Q. A. della Polizia di Stato, mentre dal 18 luglio al 24 agosto sempre del 2000 Capo Settore è stato il capitano CC r.n. s.p.e. .);
-note tecniche, schede valutative, giudizi complessivi e giudizi finali sono tra loro coerenti e privi di vizi logici.
2.2.3.-Quanto poi alla contestazione del giudizio finale di “eccellente” (senza alcuna espressione aggiuntiva di apprezzamento che, pure, era stata proposta dal compilatore: “…il suo rendimento in servizio è stato costantemente elevato e meritevole di apprezzamento”), con riferimento al periodo che va dal 21 novembre 2000 al 4 novembre 2001, giudizio impugnato, come si è già detto in premessa, nella parte in cui non è stata formulata alcuna espressione aggiuntiva di lode o di apprezzamento, va sottolineato che, se è vero che nel gennaio del 2001 al ricorrente è stato conferito un encomio semplice per avere, il M., evidenziando non comune professionalità ed elevato spirito di sacrificio, fornito un apporto determinante allo sviluppo di una complessa e prolungata attività investigativa nei confronti di un'organizzazione internazionale dedita al traffico di stupefacenti e di armi, operante tra Kosovo, Bulgaria, Ungheria e Italia, è vero anche:
-che nel giudizio complessivo del primo revisore e nel giudizio finale si rimarca che il M. (cui sono comunque riconosciute qualità ottime e preparazione tecnico –professionale vasta e approfondita), ha operato con “meno evidente entusiasmo professionale”, e
-che detti giudizi trovano riscontro nella nota tecnica 18 marzo 2002 del Maggiore CC C. nella quale, insieme con valutazioni assai lusinghiere, si afferma che “l'entusiasmo professionale (del M.) continua ad essere parzialmente influenzato da passate e irrisolte incomprensioni con parte del personale effettivo al Centro operativo”.
Ribadito, dunque, che anche per il periodo novembre 2000 –novembre 2001 non sono stati messi in discussione le ottime qualità e il rendimento costantemente elevato del ricorrente, la parziale discordanza tra giudizio finale e giudizio del compilatore risulta per le suesposte ragioni tutt'altro che immotivata o illogica.
2.3.-Per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno per “mobbing” occorre puntualizzare:
-che nell'atto introduttivo del giudizio la richiesta di “risarcimento del danno professionale e biologico, da determinarsi anche in via equitativa”, risulta correlata direttamente e immediatamente alla illegittimità degli atti impugnati (“l'illegittimità così palesata induce il ricorrente ad avanzare domanda di risarcimento del danno per le gravi conseguenze che già risultano realizzate e che comunque verrebbero a consolidarsi nel caso in cui gli atti impugnati dovessero essere confermati” –v. ricorso, pagina 12);
-che nella motivata istanza di prelievo 7 aprile 2003 il M. ha precisato di avere formulato, nel ricorso, “domanda di risarcimento del danno professionale e biologico patito in ragione di quei provvedimenti costituenti espressione di una più ampia condizione di disagio vissuta all'interno dell'ambiente di lavoro”;
-che negli atti difensivi si è soggiunto che il clima all'interno del Centro operativo di Padova della DIA si è ulteriormente appesantito sfociando nell'isolamento del ricorrente e nella messa in atto di forme di pressione psicologica nei suoi confronti, e che tale azione, qualificabile in termini di vero e proprio “mobbing”, ha raggiunto lo scopo di allontanare definitivamente il ricorrente dal Centro (nel 2002 l'assegnazione del M. alla DIA verrà revocata, nel gennaio del 2003 gli organi della sanità militare giudicheranno il M. “non idoneo permanentemente al servizio militare –dipendenza causa di servizio no –sì idoneo a essere impiegato nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa ai sensi della l. n. 266 del 1999”, e nel gennaio del 2003 il M. sceglierà –o, come viene detto in memoria, sarà “costretto ad accettare” il collocamento in congedo, peraltro con diritto a pensione);
-che in particolare con memoria in data 13 novembre 2003 il ricorrente ha sostenuto esservi un nesso causale tra la condizione psico –fisica, che lo avrebbe costretto al collocamento in congedo, gli atti impugnati e le vicende, descritte in memoria, verificatesi nell'àmbito del Centro operativo di Padova;
-che nel corso della udienza di discussione il difensore del ricorrente ha rimarcato che la domanda di risarcimento del danno per “mobbing” è correlata non solo agli atti in epigrafe, impugnati in sede giurisdizionale, ma anche al clima di sospetto nel quale il M. ha lavorato per un certo periodo;
-che l'Avvocatura dello Stato non ha controdedotto sulla domanda di risarcimento ritenendo che la stessa mancasse nel ricorso e che sia stata indebitamente introdotta, in un momento successivo, con atti e memorie non notificate alle amministrazioni.
Così riepilogati i termini della questione, il Collegio ritiene anzitutto che la domanda suesposta, concernente risarcimento del danno per “mobbing”, rientri nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. A sostegno della devoluzione della controversia risarcitoria odierna alla giurisdizione esclusiva del TAR basta richiamare succintamente le considerazioni svolte dalla V Sezione del Consiglio di Stato, con la sent. n. 5414 del 2002, relativa a vicenda sotto alcuni aspetti analoga a quella odierna, secondo cui:
-il tradizionale criterio di riparto della giurisdizione, tra giudice ordinario e giudice amministrativo, in tema di risarcimento del danno e rapporto di pubblico impiego, basato sul titolo della responsabilità fatto valere dall'interessato (responsabilità contrattuale –giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; responsabilità extracontrattuale
–giurisdizione del giudice ordinario) viene circoscritto dalla stessa Corte di Cassazione alla sola disciplina processuale antecedente alla entrata in vigore del decreto legislativo n. 80 del 1998;
-occorre valorizzare il principio di semplificazione e di concentrazione delle controversie risarcitorie presso il giudice amministrativo all'interno, per quello che qui più rileva, della giurisdizione esclusiva (come stabilito dal decreto legislativo n. 80/1998);
-in particolare, l'articolo 29 del d. lgs. n. 80 del 1998 ha sostituito l'articolo 68 del decreto legislativo n. 29 del 1993 stabilendo tra l'altro che restano devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 2 commi 4 e 5 (tra le quali vi sono quelle che riguardano il personale militare e delle forze di polizia di Stato), “ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi” (conf. articoli 3 e 63 del d. lgs. n. 165 del 2001);
-con l'ultimo inciso, il legislatore ha definito i nuovi confini della giurisdizione esclusiva in materia di pubblico impiego, superando il tradizionale limite delle controversie riguardanti i diritti patrimoniali consequenziali;
-la l. n. 205 del 2000 ha affermato, estendendola, la stessa regola di concentrazione delle controversie presso il giudice amministrativo, con riferimento a tutte le ipotesi di giurisdizione esclusiva (oltre che, in termini ancora più generali, alle domande risarcitorie correlate alla ordinaria giurisdizione di legittimità);
-la normativa sopravvenuta attribuisce dunque alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie di natura risarcitoria indipendentemente dal titolo (contrattuale od aquiliano) della responsabilità, essendo invece decisivo il collegamento della pretesa con il rapporto affidato alla giurisdizione esclusiva suddetta;
-il riferimento al danno biologico ed alla salute compiuto dalla ricorrente non è affatto decisivo per ritenere che la domanda debba essere inquadrata nel paradigma della responsabilità extracontrattuale di cui all'articolo 2043 cod. civ, dato che sul datore di lavoro gravano sia il generale obbligo di “neminem laedere” espresso dall'art. 2043 cod. civ. (la cui violazione è fonte di responsabilità extra contrattuale), sia il più specifico obbligo di protezione dell'integrità psico-fisica del lavoratore sancito dall'art. 2087 cod. civ. ad integrazione “ex lege” delle obbligazioni correlate al rapporto di lavoro (la cui violazione è fonte di responsabilità contrattuale). Conseguentemente il danno biologico inteso come danno all'integrità psico-fisica della persona in sé considerato, a prescindere da ogni possibile rilevanza o conseguenza patrimoniale della lesione può in astratto conseguire sia all'una sia all'altra responsabilità.
Il Collegio condivide le considerazioni su esposte.
Tornando al ricorso odierno, poiché sussiste una correlazione immediata e diretta tra la domanda di risarcimento del danno per “mobbing” avanzata dal M. e il rapporto di servizio con l'Amministrazione; poiché, in altre parole, esiste un collegamento evidente tra la domanda risarcitoria proposta dal ricorrente e atti e comportamenti dell'Amministrazione, va riconosciuta la giurisdizione esclusiva del TAR.
Ciò posto, la domanda di risarcimento del danno, così come introdotta nel ricorso e successivamente puntualizzata nell'istanza di prelievo e in memoria, in parte va rigettata e in parte dev'essere dichiarata inammissibile.
Va rigettata la domanda di risarcimento introdotta con il ricorso e correlata, in via immediata e diretta, all'annullamento –e alla ritenuta illegittimità- degli atti impugnati.
Infatti, il presupposto dal quale il ricorrente ha preso le mosse nel proporre la domanda di risarcimento; l'elemento costitutivo della fattispecie che comporterebbe, per il M., l'attribuzione del diritto al risarcimento, consiste nell'accertamento della fondatezza della domanda di annullamento e dell'illegittimità degli atti in epigrafe.
Poiché però le domande giudiziali di annullamento degli atti suddetti, ritenuti lesivi della posizione soggettiva del ricorrente, sono state respinte o dichiarate inammissibili (v. sopra, p. 2.2.), il presupposto fatto proprio dal ricorrente; l'elemento costitutivo suindicato non sussistono e, pertanto, la domanda di risarcimento, come sopra introdotta, non può che essere respinta.
Del resto, non si vede come il ricorrente avrebbe potuto ragionevolmente fondare una richiesta di risarcimento del danno su un'ordinanza interna di mutamento di settore operativo rimasta inseguita e successivamente sostituita con un'altra di segno opposto, o su note caratteristiche assai lusinghiere.
Dev'essere invece dichiarata inammissibile la domanda di risarcimento del danno per “mobbing”, specificamente proposta con l'istanza di prelievo 7 aprile 2003 e meglio precisata in memoria; domanda fondata –non sull'illegittimità degli atti impugnati ma- su comportamenti mobbizzanti che si sarebbero concretizzati in pressioni psicologiche e atti di intimidazione e di emarginazione dall'ambiente di lavoro, che avrebbero costretto il M. al collocamento in congedo.
Poiché il ricorrente, negli atti difensivi successivi al ricorso, ha indicato, a sostegno della domanda di risarcimento del danno per “mobbing”, circostanza e situazioni nuove e diverse rispetto alla “causa petendi” fatta valere nelle stringate conclusioni di cui a pagina 12 del ricorso introduttivo, il Collegio ritiene che il M., con l'istanza di prelievo e con la memoria, abbia in realtà proposto una domanda nuova e comunque abbia richiesto al giudice un ampliamento dei temi di indagine e di decisione.
E dato che né l'istanza di prelievo né la memoria risultano essere state notificate all'Amministrazione, la domanda di risarcimento, “in parte qua”, dev'essere dichiarata inammissibile.
In conclusione, i ricorsi riuniti in parte vanno dichiarati inammissibile e in parte vanno rigettati.
Concorrono peraltro giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari dei giudizi medesimi.
P. Q. M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, definitivamente decidendo sui ricorsi in premessa, previa riunione degli stessi, così provvede:
-in parte dichiara inammissibili e in parte rigetta sia le domande di annullamento sia le domande di risarcimento del danno;
-compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari dei ricorsi riuniti.
21-05-2011 00:00
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