Cons. Stato Sez. VI, Sent., (ud. 09/02/2023) 26-04-2023, n. 4173
Cons. Stato Sez. VI, Sent., (ud. 09/02/2023) 26-04-2023, n. 4173
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3300 del 2017, proposto da P.G., rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Casetta e Lorenzo Lanzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
contro
R.C. ed altri, non costituiti in giudizio;
nei confronti
Comune di Asti, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Prima, n. 1477 del 1 dicembre 2016.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2023, il Cons. Roberto Caponigro e udito per la parte appellante l'avvocato Stefania Contaldi per delega dell'avvocato Paolo Casetta;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il Comune di A. ha rilasciato alla signora P.G. i permessi "a sanatoria" nn. 83, 84 e 85 del 19 marzo 2007 per le opere abusive consistenti, rispettivamente, nella "realizzazione di strutture pertinenziali alla residenza: locali ricovero animali domestici"; nella "realizzazione di recinzioni" e nella "realizzazione di strutture pertinenziali alla residenza: locali ricovero animali domestici" in località V. n. 73 su area individuata a catasto foglio n. (...) mappali (...) sub (...).
Alcuni proprietari di immobili confinanti con i terreni di proprietà della signora P.G. hanno impugnato tali atti dinanzi al Tar Piemonte che, con la sentenza della Prima Sezione n. 1477 del 1 dicembre 2016, ha accolto il ricorso e, per l'effetto, ha annullato i tre permessi in sanatoria.
Di talché la signora G. ha interposto il presente appello, articolando i seguenti motivi di impugnativa:
Sulla violazione del principio del ne bis in idem.
I ricorrenti avrebbero proposto dinanzi al medesimo giudice la stessa questione in fatto e in diritto, avendo già impugnato il Provv. del 2 novembre 2005 del Dirigente del Settore Urbanistica ed Edilizia.
Sul difetto di legittimazione e sulla carenza di interesse alla decisione.
I ricorrenti non avrebbero mai neppure allegato l'interesse ovvero il concreto vantaggio che potrebbe loro derivare dalla demolizione di opere di modesta consistenza ed impatto, aventi natura pertinenziale e non comportanti opere di urbanizzazione, quali recinti e ricoveri per animali domestici e relative recinzioni, sicché il ricorso sarebbe inammissibile per difetto del requisito dell'interesse ad agire.
Sulla natura pertinenziale delle opere destinate a ricovero animali.
La definizione di pertinenza in Piemonte è contenuta nell'art. 56, lett. g), della L.R. n. 56 del 1977 e, nel caso di specie, il ricovero per animali rientrerebbe a pieno titolo nella definizione di pertinenza quale individuata, in quanto funzionalmente connesso e di servizio esclusivo, nell'uso, all'edificio principale e non implicante la minima opera di urbanizzazione.
Il rapporto di servizio tra i locali sanati e l'abitazione principale, contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice, sarebbe stretto ed indissolubile.
Sulla presunta insanabilità delle opere in area soggetta a vincolo.
Il vincolo paesistico, a differenza di quanto ritenuto dal Tar, non potrebbe di per sé comportare l'esclusione della sanatoria edilizia dell'opera, in forza dell'art. 32, comma 27, lett. d), della L. n. 326 del 2003, non applicabile al caso di specie.
All'udienza pubblica del 9 febbraio 2023, la causa è stata trattenuta per la decisione.
2. L'appello è fondato e va accolto con specifico riferimento alla doglianza di rito, secondo cui i ricorrenti non avrebbero mai neppure allegato l'interesse ovvero il concreto vantaggio che potrebbe loro derivare dalla demolizione di opere di modesta consistenza ed impatto, quali recinti e ricoveri per animali domestici e relative recinzioni, sicché il ricorso sarebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per difetto del requisito dell'interesse ad agire.
In proposito, infatti, è medio tempore intervenuta la sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 22 del 9 dicembre 2021, che si è pronunciata sulla questione della sufficienza del requisito della vicinitas, inteso quale stabile collegamento tra il ricorrente e l'area dove si trova il bene oggetto del titolo in contestazione, a fondare insieme la legittimazione ad agire e l'interesse al ricorso, quali condizioni dell'azione di annullamento di titoli edilizi altrui.
In proposito, per quanto di specifico interesse in questa sede, l'Adunanza Plenaria n. 22 del 2021 ha formulato i seguenti principi di diritto:
"Nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione e l'interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, è necessario che il giudice accerti, anche d'ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato";
"L'interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall'intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall'insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso";
"L'interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d'ufficio dal giudicante, nel rispetto dell'art. 73, comma 3, c.p.a.".
Nella fattispecie in esame, se i ricorrenti hanno attestato in primo grado la sussistenza del requisito della vicinitas, avendo affermato di essere proprietari di immobili confinanti con i terreni di proprietà della signora P.G., non hanno parimenti provato la sussistenza dell'interesse al ricorso.
Infatti, nulla hanno indicato in proposito nel ricorso proposto dinanzi al Tar Piemonte, mentre il giudice di primo grado, nella sentenza impugnata, sulla specifica eccezione proposta ha così statuito:
"Rispetto alla carenza di interesse, è sufficiente richiamare l'orientamento consolidato in tema di vicinitas.
Anche senza aderire alla tesi estrema che si è spinta a postulare identità dei concetti di vicinitas e legitimatio ad causam, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il rapporto di vicinitas, ossia di stabile collegamento con l'area interessata dall'intervento edilizio contestato, è idoneo e sufficiente a fondare la legittimazione a ricorrere in presenza di una lesione concreta e attuale provocata dal provvedimento amministrativo impugnato.
Nell'ipotesi di un rilascio del permesso in sanatoria, che pone fine all'abusività dell'opera, rendendo legittima l'edificazione e perciò legittima la permanenza del manufatto sul territorio, sussiste l'interesse del vicino a impugnare detto titolo, in quanto il suo venir meno comporterà il riconoscimento dell'abusività dell'opera con la possibile applicazione delle misure demolitorie; tale legittimazione sussiste per il fatto stesso che il terzo si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona interessata dalla costruzione oggetto di sanatoria, a prescindere da ogni indagine sulla sussistenza di un ulteriore specifico interesse".
Tuttavia, tale statuizione non può essere condivisa, in quanto, come prima riportato, la sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 22 del 2021 conduce ad una soluzione diversa, avendo affermato il principio per cui il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, non vale da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato.
D'altra parte, i ricorrenti di primo grado non si sono costituiti nel presente giudizio di appello, sicché il loro eventuale interesse non può essere nemmeno aliunde percepito.
La fondatezza del detto motivo, con assorbimento necessario delle questioni di merito (cfr. punto 9.3.4.2. Ad. Plenaria Cons. Stato n. 5 del 2015), determina la fondatezza dell'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, l'inammissibilità del ricorso proposto in primo grado.
3. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti, in quanto al momento della proposizione del ricorso di primo grado, la giurisprudenza sul punto in rito risolutivo della controversia si presentava oscillante ed ha trovato un approdo solo successivamente, con la richiamata sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 22 del 2021.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, accoglie l'appello in epigrafe (R.G. n. 3300 del 2017) e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso proposto in primo grado.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2023, con l'intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti, Presidente
Giordano Lamberti, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore
Thomas Mathà, Consigliere