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Sentenza

Appartengono al demanio necessario i beni del demanio marittimo, ossia: a) il li...
Appartengono al demanio necessario i beni del demanio marittimo, ossia: a) il lido, la spiaggia, i porti, le rade; b) le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare; c). i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo (art. 822 c.c. e 28 Cod. Nav.). Nell’elencazione, da considerarsi tassativa, non sono ricomprese le isole, neanche quando queste siano interne ad una laguna (Riforma della sentenza breve del T.a.r. Veneto, Venezia, sez. I, n. 393/2014).
Cons. Stato Sez. IV Sent., 26-02-2015, n. 980

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5889 del 2014, proposto da:

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, Agenzia del Demanio, tutti rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

contro

Onlus Associazione Verdi Ambiente e Società - V.A.S., in p.l.r.p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Daniele Granara, Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso Federico Tedeschini in Roma, largo Messico, 7;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:

Società C.D.P.Investimenti S.G.R.Spa, in p.l.r.p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Vinti, Sonia Macchia, con domicilio eletto presso Stefano Vinti in Roma, Via Emilia N, 88;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 00393/2014, resa tra le parti, concernente diniego rinnovo concessione demaniale dell'isola di San Giacomo in Paludo

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Onlus Associazione Verdi Ambiente e Società - V.A.S.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 gennaio 2015 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Granara, Vinti e l'avv. dello Stato Di Carlo;
Svolgimento del processo

Con atto prot. 21345 del 3 dicembre 1999, il Ministero delle Finanze concedeva per anni sei alla Onlus associazione Verde Ambiente e Società (V.A.S.) l'isola lagunare di San Giacomo in Paludo, bene appartenente al patrimonio disponibile in forza del decreto di "sclassifica" n. 616/1974, poi ricompreso nel demanio storico artistico in forza del decreto del Ministro per i beni culturali del 25 luglio 1988 n. 4499.

La concessione era successivamente rinnovata per ulteriori anni sei, con atto prot. 11754 del 14 giugno 2006 (scadenza 13 giugno 2012).

Anteriormente alla citata scadenza, la V.A.S., con istanza del 13 marzo 2012, chiedeva ancora rinnovo per ulteriori quindici anni.

L'amministrazione disponeva istruttoria nell'ambito della quale effettuava (dapprima nel luglio 2012 e poi nel maggio 2013, a seguito di sollecito della V.A.S.) anche un sopralluogo, in esito al quale rilevava alcune criticità nella gestione del bene.

Con nota 13580 del 9 agosto 2013, l'Agenzia del Demanio: a) contestava alla V.A.S. gli inadempimenti rilevati a seguito dei sopralluoghi; b) la informava delle numerose manifestazioni di interesse ricevute in relazione alla gestione e valorizzazione dell'isola, nonchè della necessità di esperire procedura di evidenza pubblica; c) la invitava bonariamente al rilascio del compendio; d) le imponeva, infine, il pagamento di una indennità per l'utilizzo sine titulo del compendio.

L'atto era impugnato dalla V.A.S. dinanzi al TAR Veneto, con richiesta di annullamento e condanna al risarcimento del danno. L'amministrazione si costituiva in giudizio ed eccepiva il difetto di giurisdizione; in subordine il difetto di interesse a ricorrere.

Il TAR Veneto accoglieva il ricorso con sentenza in forma semplificata. In primis il TAR affermava, in considerazione della peculiare conformazione dell'isola di S.Giacomo in Paludo (isola minore della laguna nord di Venezia, estesa per circa 12.000 mq., di cui 11896 edificati dallo Stato) che la stessa potesse essere considerata parte del demanio marittimo, ex art. 28 cod. nav., sub specie di pertinenza lagunare, indipendentemente dagli altri vincoli che su di essa insistono a titolo culturale e paesistico. Accertata la demanialità marittima del bene, il TAR ha poi considerato applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio, l'art. 1 del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, così come convertito nella L. n. 25 del 2010, che dispone la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali marittime con finalità turistiche-ricreative in scadenza entro il 31 dicembre 2015, escludendo inadempimenti del concessionario.

Ha proposto appello l'amministrazione. Ha inoltre proposto opposizione di terzo (nelle forme dell'appello) la società C.D.P. Investimenti S.G.R. S.p.a., che nelle more del giudizio ha acquistato l'isola (contratto di compravendita del 28/12/2013), siccome appartenente al patrimonio immobiliare statale oggetto di urgente dismissione, in ossequio alle finalità di contenimento del debito pubblico previste dal D.L. n. 120 del 2013, e nel rispetto della procedure di cui all'art. 11 quinquies del D.L. n. 203 del 2005, giusto decreto n. 92724 del 23/12/2013.

Entrambi gli appellanti sostengono che il giudice avrebbe deciso in mancanza di giurisdizione, ultra petita, ed erroneamente.

La VAS da canto suo, ha eccepito la nullità della notifica dell'atto di appello, con conseguente decadenza dall'impugnazione ed irricevibilità del gravame.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 20 gennaio 2015.
Motivi della decisione

A - Sulle questioni preliminari:

1. All'atto della notifica della sentenza di prime cure (nella cui premessa si dava atto della domiciliazione ex lege del ricorrente presso il TAR) all'Agenzia del Demanio ed al Ministero dell'Economia e Finanze, la V.A.S. ha eletto domicilio, ai fini e per gli effetti dell'art. 330 c.p.c., in Venezia, Dorsoduro 3936, presso il Vice Presidente dott. Mencini. E' dunque a questo indirizzo che - secondo la V.A.S. la notificazione avrebbe dovuto ritualmente avvenire. La notifica fatta, pur tempestivamente, presso la sede dell'associazione e presso il TAR, sarebbe di conseguenza affetta da nullità; nella specie da nullità insanabile essendo ormai decorso il termine per l'appello e non potendosi del resto riconoscere effetto sanante alla costituzione dell'appellato.

1.1. L'appellante replica deducendo di aver, in un primo momento (9 luglio 2014) notificato l'appello presso il domicilio eletto in primo grado con il ricorso introduttivo (Genova, presso lo studio dell'avv. Granara), nonché presso la sede dell'Associazione, ed in data 16 luglio presso la segreteria del TAR Venezia (domicilio ex lege indicato dal TAR in sentenza, in ragione dell'irritualità dell'elezione di domicilio fatta nel ricorso introduttivo), sempre nel rispetto del termine di decadenza. Solo successivamente, l'Avvocatura Generale, avendo ricevuto dalla Distrettuale di Venezia la copia notificata della sentenza si sarebbe accorta che nella relata di notifica all'Avvocatura Distrettuale di Venezia era indicato il diverso domicilio del Vice Presidente. In ogni caso, la costituzione dell'appellato costituirebbe oggettiva prova del buon esito della notifica, con conseguente sanatoria dei vizi rilevati.

1.2. L'eccezione è infondata. L'effetto sanante legato alla costituzione della controparte opera sempre - con effetto ex tunc con la costituzione del convenuto, ovvero con la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell'ordine impartito dal giudice - quando, pur eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, dall'avvenuta notifica possa ricavarsi un collegamento o elementi tali da rendere possibile e verosimile che l'atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario (su fattispecie analoga a quella odierna, in tema di notifica di atto di appello con erronea indicazione del domiciliatario, nella persona del difensore in primo grado invece di quello del domicilio eletto, che comunque abbia ricevuto l'atto, v. Cass,. civ. , n. 21001 del 2013). Per converso l'effetto sanante deve escludersi quando la notifica in questione è giuridicamente "inesistente": e per consolidata giurisprudenza nel processo sia civile che amministrativo la notificazione del ricorso deve ritenersi inesistente quando manchi del tutto ovvero sia stata effettuata in un luogo o con riguardo a persona che non abbiano alcun riferimento con il destinatario della notificazione stessa, risultando a costui del tutto estranea (v. , ex plurimis, Cass. civ. n. 8970/2009, sulla distinzione tra nullità e inesistenza della notificazione, e da ultimo Consiglio di Stato, Sez. VI, 27/11/2014, n. 5884).

1.3. Non v'è dubbio che, nel caso di specie, la notifica, per la triplice modalità con la quale è stata effettuata (1. notifica al domicilio eletto tramite il ricorso di primo grado; 2. presso la sede legale, e 3. presso il TAR, così come indicato in sentenza) debba considerarsi nulla e non certo inesistente. La costituzione della V.A.S. consente quindi di ritenere sanato il vizio formale. Essa toglie altresì ogni rilevanza all'ulteriore eccezione dell'appellato, relativa alla mancata notifica all'indirizzo p.e.c.

2. Con ulteriore eccezione l'appellato deduce ancora che l'appello proposto (anche) dal Ministero dei Beni culturali sarebbe in relazione a tale soggetto, inammissibile per difetto di legittimazione ed interesse ad agire. Del resto, la notifica del ricorso originario anche a tale Ministero, sarebbe stata fatta solo per fini tuzioristici, senza proposizione di alcuna domanda.

L'eccezione è del tutto priva di pregio. A prescindere dal dubbio interesse a proporla (fra gli appellanti vi sono comunque il MEF e l'Agenzia del Demanio, indubbiamente legittimati), è lo stesso appellato che ammette di aver citato in giudizio il Ministero dei Beni culturali facendogli assumere la qualità di parte del giudizio.

B - 3. Venendo pertanto all'esame dell'atto di appello:

3.1. Con il primo motivo l'appellante deduce la nullità della sentenza per non avere - il TAR - rilevato la carenza di interesse a ricorrere da parte di V.A.S., stante l'avvenuta scadenza della concessione.

Il motivo non è fondato, essendo comunque, la nota impugnata, definitivamente lesiva dell'interesse ad ottenere un rinnovo della concessione.

3.2. Con il secondo motivo, l'appellante ribadisce l'eccezione di difetto di giurisdizione del G.A. evidenziando che trattasi di obbligazioni di consegna scaturenti dall'esecuzione del rapporto concessorio. In ogni caso il giudice avrebbe accertato la demanialità dell'isola lagunare, in assenza di un'espressa domanda, e per di più su questione naturaliter riservata al G.O.

Il motivo è infondato nella parte in cui richiama, con valenza asseritamente ostativa, la connessione della vicenda con il rapporto contrattuale intercorso tra le parti, posto che, il G.A. può ben conoscere, nell'ambito della sua giurisdizione esclusiva, anche di controversie aventi ad oggetto "atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici", con la sola eccezione delle "controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi"; eccezione non ricorrente nel caso di specie.

Quanto alle statuizioni sulla demanialità, non è vero che esse costituiscono ultra petizione del giudice, in materia tra l'altro riservata alla G.A. La V.A.S. aveva sostenuto, nell'ambito del secondo motivo del ricorso introduttivo, che il rapporto concessorio avrebbe dovuto considerarsi prorogato ex lege perché relativo a bene demaniale marittimo utilizzato per scopi turistici e ricreativi, così sollecitando un accertamento del giudice sulla demanialità e sugli usi. Inoltre, anche a voler sostenere che un siffatto accertamento esuli dalla giurisdizione esclusiva sui rapporti di concessione, non v'è dubbio il giudice amministrativo possa conoscere "senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale" (cfr. art. 8 comma 1 c.p.a.).

E' piuttosto l'affermazione circa la sussumibilità dell'isola lagunare nel demanio marittimo a non convincere.

In tema di demanio pubblico l'art. 822 c.c. opera una distinzione fondamentale tra beni che "appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico" (che sono i beni indicati nel primo comma e che costituiscono la cd. categoria del demanio necessario) e beni che "fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato" (indicati nel secondo comma e costituenti la cd. categoria del demanio non necessario ovvero legale).

Appartengono al demanio necessario i beni del demanio marittimo, ossia: a. il lido, la spiaggia, i porti, le rade; b. le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare; c. i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo (art. 822 c.c. e 28 cod. nav.)

Nell'elencazione, da considerarsi tassativa, non sono ricomprese le isole, neanche quando queste siano interne ad una laguna.

Il giudice di prime cure ha nonostante ciò ritenuto che l'isola di San Giacomo, in quanto interamente occupata da manufatti di proprietà demaniale, potesse considerarsi una "pertinenza lagunare", ai sensi dell'art. 29 del cod. nav., a mente del quale costituiscono pertinenze le costruzioni e le altre opere appartenenti allo Stato, che esistono entro i limiti del demanio marittimo e del mare territoriale.

Tuttavia le "costruzioni" costituiscono pertinenze solo laddove insistono sul demanio marittimo o sul mare territoriale e siano caratterizzate da un rapporto di accessorietà rispetto al bene demaniale col quale si immedesimano, essendo destinate in modo durevole a servizio del demanio marittimo (com'è per i fari, i moli, gli argini).

Nel caso di specie: a) le costruzioni non possiedono, e non è stato dimostrato, il rapporto di accessorietà; b) anche a volerne ipotizzare, in astratto, la natura pertinenziale rispetto ai pubblici usi della laguna, accedono comunque ad un suolo di circa 12.000 mq che non ha le caratteristiche del demanio marittimo).

Ciò chiarito, e ritenute pertanto inapplicabili le disposizioni di cui all'art. 1 del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, così come convertito nella L. n. 25 del 2010, in materia di concessioni turistico balneari, è agevole rilevare che il rapporto concessorio di cui trattasi, fosse, all'epoca dei fatti, ormai scaduto, e che l'aspettativa di rinnovo nutrita da V.A.S. fosse posizione giuridica molto flebile, avuto riguardo, in particolare, agli obblighi di evidenza pubblica ormai pacificamente operanti anche in relazione alle concessioni, ed al carattere comunque discrezionale delle valutazioni rimesse all'amministrazione in ordine all'utilizzo e destinazione dell'immobile, una volta scaduto il rapporto concessorio.

La decisione, successiva alla scadenza del rapporto concessorio, di bandire una procedura concorsuale, o di dismettere il bene, non necessitava quindi di motivazione particolare sul piano amministrativo. L'aver individuato elementi di criticità emersi durante il rapporto ed averli posti a base della decisione di non rinnovare, costituisce, piuttosto, frutto dell'osservanza dell'art. 12 del contratto di concessione, nella parte in cui fa "salva la possibilità di rinnovo" su istanza della V.A.S.

La clausola lascia però all'amministrazione facoltà decisionale ("ove accordato dall'amministrazione": così si esprima l'art. 12 cit. in relazione alla possibilità di rinnovo), e deve comunque essere interpretata secondo buona fede, non essendo ragionevole prospettare un obbligo di rinnovo sine die. In disparte l'evidente contrasto dei contenuti, con il sopravvenuto quadro ordinamentale.

In conclusione, gli appelli devono essere accolti, e per l'effetto, in riforma della sentenza gravata, il ricorso introduttivo dev'essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l'effetto, in riforma della sentenza gravata, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna la Onlus Associazione Verdi Ambiente e Società al pagamento delle spese del doppio grado, complessivamente e forfettariamente liquidate in Euro. 2.000,00 in favore delle amministrazioni appellanti ed in Euro. 2.000,00 in favore della C.D.P. Investimenti S.G.R. S.p.a.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi,Presidente

Nicola Russo,Consigliere

Raffaele Greco,Consigliere

Raffaele Potenza,Consigliere

Giulio Veltri,Consigliere, Estensore
Avv. Antonino Sugamele

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